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Autore: Ronnie the Fox    16/02/2019    0 recensioni
Villa Van Dahl è un dannato labirinto.
Il pensiero di chiamare qualcuno perché gli venga in aiuto lo sfiora per un istante, ma viene subito messo da parte. Inaccettabile, così come la prospettiva di tornarsene a letto e rassegnarsi. Ed Nygma non si lascerà sconfiggere da una villa signorile di metà '800, nossignore!
[Nygmobblepot | fluff, solo fluff]
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Edward Nygma, Oswald Cobblepot
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Villa Van Dahl è un dannato labirinto.
 
Va bene che è ancora mezzo-addormentato, senza occhiali, e non ha mai avuto un gran senso dell'orientamento - ma il senso del tempo ce l'ha, in compenso, e non ha bisogno di un orologio per sapere che è da quarantacinque minuti che sta vagando per i corridoi semibui della villa in cerca di un bicchiere d'acqua. E della cucina neanche l'ombra.
 
Dopo essere passato davanti a talmente tante porte chiuse da averne perso il conto, aver salito tre rampe di scale e averne discese altrettante, è con estremo sconcerto e un pizzico di fastidio che si rende conto di essere tornato al punto di partenza: nell'ala sud, a davanti alla stanza degli ospiti.
 
Il pensiero di chiamare qualcuno perché gli venga in aiuto lo sfiora per un istante, ma viene subito messo da parte. Inaccettabile, così come la prospettiva di tornarsene a letto e rassegnarsi. Ormai non è nemmeno più una questione di bisogni primari, è una questione di orgoglio. Ed Nygma non si lascerà sconfiggere da una villa signorile di metà '800, nossignore!
 
«Posso essere gentile abbastanza per lenire la pelle, così leggera da toccare il cielo e abbastanza solida da scalfire la pietra. Cosa sono?» Borbotta tra sé e sé mentre attraversa l'ennesimo corridoio in penombra sotto gli sguardi severi di generazioni e generazioni di Van Dahl, che sembrano giudicarlo dall'alto delle loro cornici dorate.
 
Non avrebbe mai pensato di rimpiangere il suo piccolo loft in centro, eppure eccolo lì a maledire l'intera dinastia Van Dahl, il senso estetico di un architetto morto da ormai più di due secoli e, ultimo ma non per importanza, se stesso per essersi concesso una seconda porzione di gulash per cena.
 
Edward svolta un angolo, poi un altro ancora, finché l'impressione di udire un rumore in lontananza non lo porta a fermarsi sui propri passi. Il leggero raschiare di qualcosa di metallico, accompagnato dal suono di qualcuno che canticchia una canzone a bassa voce. Il momento di esitazione, tuttavia, è di breve durata e Edward prosegue imperterrito con la propria esplorazione. La casa è antica e infestata da fantasmi - almeno così sosteneva il precedente proprietario, ma Ed fatica a reprimere lo scetticismo. Soprattutto quando esistono spiegazioni perfettamente logiche, basate su solidi fondamenti scientifici, in grado di spiegare il fenomeno.
 
«Allucinazioni,» constata con un sospiro. «Tipico sintomo di disidratazione.»
 
Appena varcata la soglia di una delle poche stanze rimaste aperte, Edward è costretto a strizzare gli occhi per convincersi che la scena a cui si trova davanti non è un prodotto della sua povera mente disidratata. Perché a notte fonda, appoggiato al tavolo della sala da pranzo che dà sulla cucina (finalmente!) non c'è uno spettro vendicativo pronto a scagliarsi su chiunque osi violare la sua dimora, ma c'è lui, il sindaco di Gotham in persona, Oswald Cobblepot in vestaglia e tutto il resto. Nel mezzo secondo che Oswald impiega per riconoscere il suo sottosegretario, Edward vede chiaramente l'istinto di allungare la mano per afferrare uno degli affilatissimi coltelli da portata venire sostituito da quello di cercare invano di nascondere quella che ha tutta l'aria di essere l'ultima fetta di sachertorte rimasta dal dessert della sera precedente. O quel che ne resta, in ogni caso.
 
Oswald si schiarisce la voce, spostando il peso da una gamba all'altra - con evidente difficoltà dettata dalle sue condizioni.  «Ed? Posso aiutarti?»
 
«Cercavo solo un bicchier d'acqua.»
 
I due si squadrano dai lati oppositi della stanza, Ed domandandosi se farebbe meglio a fare dietro front e lasciare che l'altro finisca in pace il suo spuntino di mezzanotte e Oswald probabilmente considerando la possibilità di ucciderlo seduta stante per impedire che il suo piccolo segreto non diventi di dominio pubblico. Potrebbe sembrare un'esagerazione, ma Edward sa benissimo con chi ha a che fare e sa anche che il Pinguino ha ucciso per molto meno.
 
Ancora una volta, è proprio quest'ultimo a rompere il silenzio. «Voglio sperare che tutto questo rimarrà confidenziale.»
 
Oswald pronuncia le parole “tutto questo” come se si trattasse di un crimine atroce e non di una singola, insignificante fetta di torta al cioccolato e marmellata.
 
Ed si concede un sorriso. «Certamente. Sono pur sempre vincolato dal segreto professionale.»
 
Non è necessario che la città sappia che il sindaco si alza nel pieno della notte per mettere le mani sull'ultima fetta di torta. Il fatto che si preoccupi più di celare un vizio insignificante come la passione per i dolci piuttosto che occuparsi del suo passato criminale la dice lunga su che genere di persona sia in realtà, al di là dei sorrisi e delle buone maniere. C'è chi lo troverebbe inquietante, disgustoso perfino; per Ed è semplicemente affascinante.
 
Tranquillizzato dalla sua professione di lealtà, Oswald può finalmente procedere a eliminare tutte le prove del suo misfatto, raccogliendo una per una tutte le briciole e riponendo il piatto pulito nella credenza. Ed, nel frattempo, ha conquistato il tanto agognato bicchiere d'acqua e tirato un sospiro di sollievo nel sentire finalmente la sete placarsi.
 
E' di tacito accordo che il sindaco e il suo fidato assistente decidono infine di lasciarsi la cucina alle spalle e tornare a immergersi nella silenziosa oscurità della villa, camminando fianco a fianco così vicini da permettere, di tanto in tanto, alla spalla dell'uno di sfiorare quella dell'altro. Edward non fatica a prendere il giusto ritmo; il suo passo si è ormai adattato a quello di Oswald, al punto che gli viene naturale rallentare per non correre il rischio di lasciarlo indietro. E' il minimo che possa fare, davvero. Dopo tutto quello che Oswald ha fatto per lui, potrebbe versare sangue e sudore per aiutarlo ad elevarsi a re non solo di Gotham City, ma del mondo intero e ancora non sarebbe sufficiente a ripagare tutta la sua gentilezza.
 
«Posso accompagnarti fino alla tua stanza, se vuoi.» Si offre, dimenticandosi che se si trova lì un motivo c'è, e a che a fare soprattutto con il suo disastroso senso dell'orientamento.
 
Ma Oswald si rivela ancor più perspicace di quanto non avrebbe mai immaginato - o quanto meno dimostra di conoscerlo fin troppo bene, forse ancor più di quanto lui non conosca se stesso. «Non preferiresti che fossi io ad accompagnarti?»
 
Ed si lascia sfuggire una risata imbarazzata. «Ottima idea.»
 
Le labbra di Oswald hanno il sapore del cioccolato, quando gli augura la buonanotte con un bacio sull'uscio della sua camera. E' allora che Edward si ritrova a pensare che forse, forse smarrirsi nei labirintici corridoi di Villa Van Dahl ne è valsa la pena.
 
 
 
 
 
Note dell'autrice: Non lo so, ho cominciato Gotham da meno di un mese e mi sono già sparata tre stagioni. Aiuto. E niente, avevo voglia di scrivere qualcosa di fluff per riprendermi da tutto quello che è successo nella terza stagione e prepararmi psicologicamente alla quarta - che immagino sarà ancora peggio se la serie non si smentisce.
Nel frattempo, grazie per aver letto/recensito/quello che volete/, e alla prossima!
 
- Ronnie
  
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