Anime & Manga > Card Captor Sakura
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Autore: steffirah    16/02/2019    2 recensioni
A causa del lavoro del padre Sakura verrà ospitata a casa di una sua cugina, in una cittadina dal nome mai sentito prima, nell'estremo nord del Paese. Qui farà nuovi incontri, alcuni dei quali andranno oltre la sua stessa comprensione, mettendo a dura prova le sue più grandi paure. Le affronterà con coraggio o le lascerà vincere?
Una storia d'amore e di sangue, di destino e legami, avvolta nel gelo di un cielo plumbeo, cinta dalle braccia di una foresta, cullata dalla voce di un lupo.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eriol Hiiragizawa, Sakura, Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Festeggiamenti

 
           
Per il compleanno di Naoko-chan, come previsto, andammo in una caffetteria a cenare a base di dolci. Eravamo soltanto noi cinque del nostro gruppetto e ognuno di noi scelse un tipo di torta diversa, così che potessimo assaggiarcele a vicenda, accompagnandole con del tè caldo: io ne presi una fetta al cacao composta da tre strati di pan di spagna intervallati da panna, Chiharu-chan ordinò una crostata all’arancia e nocciole, Yamazaki-kun un ciambellone alle arachidi, Rika-chan un soufflé di castagne e la festeggiata una morbida torta alla zucca con gocce di cioccolato.
Quella sera Naoko-chan era bellissima: indossava una camicetta con colletto alto d’una calda tonalità di arancio a maniche lunghe, su una gonna rossa con fantasia a scacchi che le arrivava alle ginocchia, calze scure e Vans dal colore bruciato, che richiamavano la stessa fantasia della gonna. Chiharu-chan indossava un vestitino stretto in vita da una fascia velata color giallo canarino, fatto d’un tessuto con un pattern floreale molto solare ed estivo, venendo a contrastare con la stagione – sebbene fosse pur sempre a maniche lunghe. Rika-chan, invece, aveva un che di sofisticato, col suo abitino di un celeste pallido, più corto sul davanti rispetto al retro, il cui tessuto mi sembrava tulle. Anche Yamazaki-kun era abbastanza elegante, nonostante fosse vestito con un semplice e comodo jeans blu acceso e Converse della stessa fattura, cui aveva abbinato una camicia con scollo alla coreana di una tinta neutra.
I capelli delle ragazze erano tutti raccolti in acconciature poco elaborate, mentre con me mia cugina si era divertita a mettere in atto tutto il suo talento non solo come stilista, ma anche come acconciatrice, facendosi aiutare da due cameriere mentre realizzava il suo operato. Così mi aveva alzato i capelli in due trecce riuscendo in qualche modo a prendermi la maggior parte delle corte ciocche, arricciando col ferro quelle che restavano sciolte, truccandomi leggermente in viso, e mi aveva cucito apposta per l’occasione un abito lungo fino al ginocchio, dallo scollo a barca arricciato con un elastico – lasciandomi quindi scoperte le spalle – e le maniche lunghe rigonfie. Esso era bianco crema fino alla vita, da cui si apriva un’ampia gonna liscia piena di organza sotto per essere gonfia, sulla cui stoffa sembravano essere direttamente dipinti ciliegi – non escludevo che potesse averli disegnati davvero lei, viste le sue doti artistiche –, mentre in vita c’era un nastro nero legato in un fiocco sul davanti.
A detta sua e di Eriol-kun sembravo una bambolina. Non potevo dire di sentirmi propriamente a mio agio, non essendo abituata ad indossare abiti tanto… belli. Più adatti ad una principessa che a me, che solitamente mi vestivo da maschiaccio – il che era piuttosto inevitabile dopo aver vissuto esclusivamente con due uomini per circa sedici anni e considerando che fino a un certo periodo rubavo, letteralmente, le maglie di mio fratello, trovandole comodissime nella loro ampiezza e larghezza. Ciononostante sembravo aver sviluppato da sola una certa femminilità, caratteristica che mio padre elogiava spesso visto che era ciò che mi faceva somigliare maggiormente a mia madre, la quale la si poteva ben considerare come il prototipo della donna ideale. Era un angelo sceso in Terra lei, con la sua bellezza serafica.
Fatto sta che ricevetti molti complimenti dalle mie amiche, le quali mi consigliarono di vestirmi più spesso con abiti tanto delicati e morbidi, poiché a loro detta mi donavano. Se Tomoyo-chan le avesse sentite avrebbe fatto le capriole, sia per l’orgoglio che per la felicità. Dovevo riferirglielo una volta tornata a casa.
Restammo nel locale per quattro ore buone, cantando anche al karaoke che era lì installato, finendo col coinvolgere con nostro grande piacere anche gli altri clienti, al punto che tutti fecero gli auguri a Naoko-chan quando giunse il momento di soffiare sulle candeline. Subito di seguito le demmo i nostri regali. Eravamo andati tutti sul sicuro acquistando un libro – naturalmente ci eravamo messi d’accordo per non rischiare di comprare tutti lo stesso – e ad esso Chiharu-chan e Yamazaki-kun, che l’avevano fatto in coppia, allegarono un cofanetto con dodici segnalibri, uno per ogni mese dell’anno con caratteristiche stagionali. Parve apprezzare tutto perché quando ci ringraziò aveva gli occhi lucidi per la commozione.
Dopo un altro giro di canto uscimmo dalla bakery e ci salutammo, ognuno incamminandosi per la sua strada. Purtroppo dovevo andarmene da sola verso la tangenziale, visto che nessun altro abitava in quella direzione, per cui dopo che voltai loro le spalle accelerai il passo, mettendomi le cuffie nelle orecchie, svuotando la mente. Mi strinsi nel cappotto, notando che facesse più freddo del previsto, e per non vedere ombre dove neppure c’erano mi distrassi, canticchiando silenziosamente quel che ascoltavo. Sulla strada principale, tuttavia, inciampai e per poco non sarei caduta oltre il marciapiede se non fossi stata afferrata al volo.
Mi voltai verso il mio ignoto salvatore, sgranando occhi e labbra per l’incredulità. Tolsi le cuffie, esclamando contenta: «Li-kun!»
«Kinomoto» ricambiò il saluto, rivolgendomi un’occhiata di rimprovero. «Sempre con la testa tra le nuvole, eh?»
Gonfiai le guance, riponendo gli auricolari in borsa. «Ma no, ascoltavo la musica.»
«Senza guardare dove mettevi i piedi.»
«Che ne sapevo che ci sarebbe stata una pietra nel mio percorso.» Alzai gli occhi al cielo, passandovi attorno e superandola, guardandolo poi soddisfatta allargando le braccia. «Ta-dan, non sono caduta!»
Lui scosse il capo, trattenendo un sorriso, ma non lo scherno nella voce. «Sei assurda.»
«Da quale pulpito» borbottai.
Non replicò nulla, semplicemente mi affiancò, avviandosi verso casa di Tomoyo-chan.
«Hoe? Stavi venendo da noi?»
«No, tornavo a casa» negò, guardando dritto davanti a sé.
«Anche tu abiti qui?!» Ero sconvolta. Possibile che non mi fossi mai accorta che facevamo lo stesso percorso per rincasare?
«Non esattamente. Abito nella foresta.»
Le sue risposte erano costantemente secche e imprecise, il che mi induceva a ficcanasare solo di più.
«Hai una casa nel bosco? Meraviglioso! Mi piacerebbe tanto vederla!» mi illuminai, immaginandomi quanto potesse essere bella.
«Non ti perdi nulla.»
«Invece scommetto che è stupenda! La condividi con le tue sorelle e i tuoi genitori?»
Mi fulminò guardandomi di sbieco, contrariato.
«Come fai a sapere che ho sorelle?»
«Me l’ha detto Eriol-kun.»
Si arrestò, fissando truce la casa di mia cugina che si intravedeva da lì, per poi rivolgermi un’occhiata che osavo definire impermalita.
«Spero non ti abbia raccontato troppo di me.»
«No, resti un grande mistero» lo rassicurai ridacchiando, guardando a destra e sinistra per accertarmi che non venissero macchine prima di attraversare.
Lo percepii a poca distanza, continuava a sembrare seccato dalla cosa.
«Non dovevo saperlo?» domandai dispiaciuta.
«Non vedo come possa esserti utile come informazione.»
«Non capisco cosa intendi.»
A volte parlare con lui mi mandava in un labirinto di confusione di cui avevo difficoltà a trovare via d’uscita.
«A che ti serve sapere che ho quattro sorelle?» sbottò piccato.
«A capire meglio che tipo di persona sei.»
Si fermò di nuovo sotto un lampione, alzando un sopracciglio. Stava per replicare qualcosa, ma poi parve ripensarci. Era una cosa che faceva spesso con me, il che in parte mi lasciava insoddisfatta. Avrei voluto conoscere tutti i suoi pensieri, sempre.
Sorprendentemente, in mezzo al silenzio, allungò una mano verso la mia sciarpa, alzandomela fin sopra il naso con aria burbera. Chissà che non fosse per mettermi a tacere.
«Copriti bene o prendi freddo» borbottò, voltandomi le spalle.
Fui spiazzata da quella gentilezza inaspettata, ma il mio cuore parve riempirsi di un sentimento caldissimo, palpitando pieno di emozione. No, non poteva essere soltanto riconoscenza quella. Mi affrettai a raggiungerlo, sorridendo tra me, lieta che lui non potesse vedermi.
Proseguimmo in silenzio finché non giungemmo dinanzi al cancello di casa Daidouji. Qui mi si pose di fronte e, sfruttando la luce fioca che giungeva dalla lanterna bianca sulla colonna accanto all’inferriata, mi scrutò da capo a piedi. Mi sentii arrossire dinanzi all’intensità di quello sguardo, soprattutto perché era come se, in qualche modo, riuscisse a vedermi al di sotto del cappotto, scoprendo il vestitino che portavo. Incrociai le braccia, ritraendomi dalla sua vista, imbarazzata.
Lui parve accorgersene solo allora perché guardò altrove, rimbrottandomi: «Non dovresti uscire da sola di notte, è rischioso. Non sai mai chi puoi incontrare.»
Sorrisi sbilenca, considerando che il mio spiacevole incontro era già avvenuto. Ma era meglio che lui non lo sapesse.
«Grazie per la tua premura.»
Mi inchinai di poco e lui mi fece solo un cenno di saluto con la mano, prima di augurarmi la buonanotte e andarsene senza aggiungere altro. Senza voltarsi indietro. Svanendo nell’ombra in men che non si dica.
Una volta rientrata non c’era bisogno che parlassi dell’incontro avvenuto casualmente con Li-kun, visto che per qualche ragione Eriol-kun sembrava già saperlo. Mi chiesi se lui e mia cugina non ci avessero spiato da una qualche videocamera nascosta, dato che entrambi mi fronteggiarono non appena misi piede oltre la soglia; con entusiasmo mi spinsero fino al salone, indagando sul dove ci fossimo incontrati, se ci fossimo dati appuntamento per vederci e proseguendo su questa linea, ma quando sfatai le loro supposizioni essi elogiarono a lungo il suo altruismo nel decidere di accompagnarmi fino a casa. In realtà, non li capivo. A volte sembravano contrariati all’idea che io potessi provare un qualsiasi tipo di attrazione nei confronti di Li-kun, altre volte invece pareva che la cosa li deliziasse. Ero certa che, una volta resi chiari i miei sentimenti, nel caso in cui avessi scoperto di essere sul serio innamorata di lui – per quanto il mero pensiero ipotetico mi facesse desiderare di sprofondare dalla vergogna – loro mi avrebbero sostenuta con tutti se stessi. Ciononostante mi davano l’idea che in parte si sforzassero di appoggiarmi, quasi fossero combattuti se fosse la cosa giusta o meno da fare.
«Forse si sarà preoccupato e avrà deciso di accompagnarti per non farti tornare da sola» meditò Tomoyo-chan quando scemò la sua eccitazione.
«In effetti mi è sembrato abbastanza apprensivo. Sono comuni gli incidenti in questo paesino?» mi informai, impensierita.
«Non esattamente, ma quando arrivano stranieri non si sa mai che intenzioni hanno.»
Tacqui, capendo quel discorso. Sapevo bene che nel mondo non c’erano solo oro e meraviglie, onii-chan mi aveva istruita a sufficienza a riguardo, soprattutto nei mesi che avevano preceduto il suo trasferimento all’estero.
«Però lui non sa cos’è successo» obiettai, al che entrambi si scambiarono un’occhiata colpevole. «… Vero?»
Eriol-kun sorrise appena, ammettendo: «Quella sera uscii per parlargli.»
«Perché?» domandai sconvolta, spiazzata.
«Questo non posso dirtelo.»
Scosse il capo, alzandosi per augurarci la buonanotte e andandosene, non degnandomi di risposta.
«Tomoyo-chan -» Provai con lei, ma mia cugina mi stroncò prima ancora che formulassi qualsiasi frase, spostando la nostra attenzione altrove.
Si alzò con eleganza per porsi davanti a me, congiungendo le mani in preghiera.
«Sakura-chan, non so se ti hanno già detto che ogni anno per Halloween si fa una parata in paese. Posso realizzare anche il tuo abito?»
Sospirai rassegnata, sapendo che non sarebbe servito a nulla rifiutare, avrebbe insistito fino a farmi cambiare idea.
«No, non lo sapevo, ma d’accordo» approvai, ricevendo in risposta due sfere d’ametista luccicanti di lieto fervore.
«Evviva!» esclamò raggiante, sprizzando felicità da tutti i pori. «Vedrai, sarai la più bella in assoluto!»
Ammiccò e io risi, informandomi: «Hai già qualche idea su che costume fare?»
Ci pensò su, portandosi un indice al mento.
«Mmh… Ci sarebbero sette opzioni per ora.»
«Già così tante?!»
«Strega occidentale, cappuccetto rosso, zucca, maga, angelo, gatto o principessa goth» elencò sulle dita. Rise brevemente dinanzi al mio tacito stupore, proponendo poi: «Oppure preferisci fare gruppo con noi?»
«Con voi?»
«Me, Eriol, Li-kun, le sue sorelle e Meiling-chan.»
«Vi travestite ogni anno?» domandai sorpresa, riflettendo intanto sul quanto dovessero andare d’accordo se addirittura si vestivano tutti facendo gruppo.
«Sì.»
«Da cosa?»
«Vampiri» sogghignò e io fui attraversata da un inspiegabile brivido, cui lei parve non fare caso, essendo totalmente persa nella sua immaginazione dalle tinte dark. «Tu saresti la regina delle tenebre, la più elegante dei dannati, di una bellezza immortale, intaccabile, letale. La gente cadrebbe ai tuoi piedi.»
Ridacchiai, sebbene quelle sue fantasie le trovassi un po’ macabre e grottesche, ma se ci teneva tanto….
«Va bene» accettai. «Rendimi una vampira.»
I suoi occhi si accesero d’eccitazione più di prima e cominciò a saltellare sul posto, congedandosi immediatamente per iniziare a lavorare su qualche bozza.
Lasciata sola, ci pensai su. Più tempo passava, più mi convincevo che, dopotutto, quel sogno che feci non era altro che un innocuo messaggio per il futuro.
  
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