Film > The Phantom of the Opera
Segui la storia  |       
Autore: eliseCS    16/02/2019    1 recensioni
Cosa succede se Des si annoia, Amy e Una si impicciano un po’ troppo e Morty si fa prendere la mano?
Succede che un teatro prende fuoco, risponderebbe T. guardando tutti con disapprovazione.
Ma d’altronde, essendo il maggiore, scuotere la testa alle azioni dei suoi fratelli è quello che sa fare meglio.
È per questo che cerca di convincersi che se ancora sta aiutando Des è solo perché vuole evitare di far precipitare gli eventi un’altra volta – decisamente quel lampadario non avrebbe sopportato una seconda caduta.
E se stavolta Des sembra sicuro di quello che sta facendo, Amy è come sempre entusiasta e Morty sembra non interessato, dovrà ricordarsi che a Una non piace essere lasciata in disparte.
.
Perché forse la Musica della Notte non era ancora arrivata alle sue ultime battute e quella Christine era semplicemente quella sbagliata.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/The Phantom, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1
magical lasso
 
 
 
Christine si fece strada dietro i camerini cercando di seguire le indicazioni che la madre le aveva lasciato su quello strano biglietto.
Là dietro era un labirinto in cui lei sapeva destreggiarsi solo fino a un certo punto.
Per quanto fosse ovvio che il tutto fosse stato ristrutturato, anche più volte, nel passare degli anni, era comunque rimasto qualcosa che ricordava il passato, l’antico, il misero...
Poteva solo immaginare cosa volesse dire per ballerine, ètoiles, cantanti e prime donne calcare quel palcoscenico e ritirarsi in quei camerini che, nonostante le necessarie modernizzazioni, erano stati mantenuti il più possibile simili a com’erano originariamente.
Ma d’altronde si stava parlando nientemeno che dell’Opéra Garnier di Parigi: persino lei, che era una semplice ballerina alle prime armi e che frequentava solo la sala prove e lo stanzone adiacente che fungeva da spogliatoio, restava in soggezione ogni volta che ci metteva piede.
 
Christine Rose De Chagny.
Un nome importante, da qualsiasi parte lo si leggesse.
Dal 1895 il suo tris-nonno e la sua famiglia erano stati i patroni del teatro e quel cognome era ancora ben conosciuto visto che suo padre, Claude De Chagny, nonostante fosse un chirurgo, aveva continuato la tradizione di famiglia con regolari e generose donazioni al teatro.
Era stato ad un galà di beneficenza di anni prima, quando ancora gli affari relativi al teatro erano gestiti da suo nonno, che aveva incontrato quella che sarebbe diventata sua moglie.
Elèonore era una giovane fisioterapista fresca di studi di qualche anno più giovane di lui, e all’epoca aveva appena iniziato a lavorare a sua volta per lo studio di famiglia che era in rapporti col teatro già da anni per quanto riguardava l’assistenza del corpo di ballo dell’Opéra.
Inutile dire che alla fine anche i loro figli erano stati introdotti a quel mondo di fondali, costumi, musica e balletto.
Gabriel, il suo fratellino di sette anni più piccolo, aveva cominciato con le lezioni di violino solo quell’anno ma già dimostrava di essere incredibilmente portato per lo strumento.
E poi c’era lei, Christine: tredici anni, il nome della sua tris-nonna e la stessa passione e attitudine per la danza prima che diventasse uno dei soprani più famosi dell’epoca.
Quando si presentava e la gente sentiva il suo nome non era raro vedere più di qualche espressione scettica: pensare che avesse avuto un posto nella Ballet School solo per il suo cognome era quasi automatico.
Almeno poteva dire che quando la vedevano danzare cambiavano tutti opinione all’istante e lei non aveva intenzione di dare ascolto a pettegolezzi e malelingue: se era lì era per il suo talento e l’impegno che metteva ogni giorno nelle prove. Era una delle migliori e più promettenti del suo corso e aveva tutte le intenzioni di mantenere quello standard.
 
Continuò a seguire le indicazioni scritte sul pezzo di carta entrando nell’area che non era stata toccata dalle ultime ristrutturazioni e veniva riservata alle visite scolastiche per far vedere com’era il teatro una volta.
Il corridoio in cui si affacciò però non lo conosceva.
Non che avesse così tanta familiarità con il posto, ma riusciva ad orientarsi abbastanza bene con i camerini dietro le quinte perché spesso si fermava con sua madre prima o dopo le lezioni per osservare e occasionalmente aiutarla mentre faceva il suo lavoro.
Visto che però quella era la parte volta quasi a museo non riusciva proprio a capire per quale motivo sua madre avesse lasciato lì il suo borsone con l’equipaggiamento per le visite.
Aprì quella che, sperava, fosse la porta giusta e fece scattare l’interruttore della luce che si accese con uno sfarfallio.
A suo tempo anche lei aveva fatto la sua visita guidata, ma quel camerino in particolare non se lo ricordava.
Sembrava davvero che l’introduzione della luce elettrica fosse l’unica cosa modificata da quando il teatro era stato aperto, pareva di essere in un’altra epoca.
La moquette per terra, il divanetto e le poltroncine imbottite, gli arazzi ai muri, il guardaroba, il tavolo da toeletta in legno massiccio... ogni singolo elemento d’arredo urlava antico e autentico.
Accanto al tavolo da toeletta ce n’era un altro leggermente più basso sul quale svettava il borsone di sua madre, stonando incredibilmente con il resto della stanza.
Fece per prenderselo e andarsene, prima che qualcuno la trovasse in un posto dove non sarebbe dovuta essere nonostante tutto, ma la sua attenzione venne irrimediabilmente attirata dal quadro appeso al muro esattamente davanti a lei.
 
La ballerina indossava un costume di scena, di quelli con la gonna lunga in tulle bianco e le spalline che scivolavano dalle spalle, il corpetto ricamato con un ricco ed elaborato motivo floreale.
Era raffigurata interamente, le braccia alzate in quarta posizione.
Sorrise studiando la posizione dei suoi piedi: mettendo insieme il tutto sembrava proprio l’intermezzo della sequenza di salti che avevano inaugurato il giorno prima durante il riscaldamento.
Se fosse mancata per altri trenta secondi non se ne sarebbe accorto nessuno...
Si tolse svelta i sandali scalciandoli sotto la scrivania e rimanendo a piedi nudi, raddrizzò testa e spalle arcuando appena la schiena copiando la posizione della ballerina del dipinto.
Chiuse gli occhi immaginando di essere lei a indossare quel magnifico tutù, di esibirsi sul palco che tutti sognavano e cominciò a saltare.
E uno... e due... e tre... e il pavimento si aprì sotto i suoi piedi.
 
Cadde nel vuoto senza neanche gridare visto che la voce sembrava esserle rimasta bloccata in gola.
Un paio di gemiti le sfuggirono quando il suo corpo si scontrò con quelle che sembravano essere corde che però si spezzarono sotto il suo peso. Scendendo diventarono più fitte e intricate e Christine si sentì avvolgere senza che potesse fare nulla per impedirlo. In più il fatto che il punto da cui era caduta di fosse richiuso quasi subito sopra la sua testa lasciandola nell’oscurità più totale non aiutava affatto.
Non riusciva a capire cosa fosse successo: come poteva il pavimento essersi semplicemente dissolto?
Incontrò un groviglio di funi che arrestò finalmente la sua discesa pur legandola in modo tale da impedirle qualsiasi movimento, finchè non incontrò quell’ultima che le si strinse attorno al collo.
Aveva paura persino a respirare, se fosse scivolata un altro po’ la stretta sarebbe aumentata e lei... beh, non c’era un modo carino per dirlo: sarebbe stato come se l’avessero impiccata.
 
 
 
♫♪♫
 
 
 
Quel rumore... quella sinfonia di campanelli che suonavano in modo tanto armonioso quanto crudele era la trappola a cui erano collegati.
Riaprì gli occhi ritrovandosi esattamente nella stessa posizione in cui si era messo quando li aveva chiusi.
I campanelli continuavano a suonare, i toni soavi come la voce di... no, non poteva pensare a lei. Aveva fatto la sua scelta, preso le sue decisioni. Pensarla gli avrebbe portato solo altra sofferenza, e lui era stufo di soffrire.
Non aveva forse sopportato abbastanza fin da quando era venuto al mondo?
Lo scampanellio si era finalmente fermato.
Richiuse gli occhi nel giaciglio che si era creato con l’intenzione di rimettersi in attesa che la morte venisse a prenderlo.
Era consapevole che fosse passato troppo poco tempo: non si sentiva ancora neanche fiaccato dall’assenza di cibo e acqua, e aveva sempre avuto un fisico forte nonostante tutto. Ma avrebbe avuto pazienza.
Eppure...
Il silenzio era tornato a regnare in quel cunicolo sotterraneo ma per qualche motivo il suono delle campanelle continuava a riverberare nella sua testa, una scintilla di curiosità riaccesa in lui.
Dopo l’incidente chi mai sarebbe stato così stupido da girare per quella parte del teatro dopo così poco tempo?
Si ritrovò in piedi suo malgrado dopo un attimo di instabilità dovuto al fatto che fossero giorni che non si muoveva da quella posizione. Sbattè appena le mani sui vestiti per togliere la polvere, passandosi poi una mano sulla parte sana del viso ed evitando accuratamente il lato destro.
Se lo sfortunato non era morto nella trappola probabilmente sarebbe deceduto quando avrebbe realizzato chi aveva davanti.
Era da quando aveva impostato la trappola che non tornava lì, essendo quel camerino inutilizzato il più delle volte. In realtà la botola che aveva ideato sarebbe dovuta servire più come una via di fuga per lui in caso di bisogno: c’erano dei punti esatti dove esercitare pressione in un determinato ordine per farla aprire – una persona non ci sarebbe riuscita solo camminandoci sopra – e ricordandosi l’accortezza del tenere la mano all’altezza degli occhi, aspettandosi la caduta, le funi sottostanti non sarebbero state un problema: lui non avrebbe avuto problemi ad arrivare intero e senza un graffio al fondo del pozzo.
La stessa cosa non si sarebbe potuta dire di chiunque altro.
 
Quello che alla fine lo destò definitivamente dal suo torpore fu la vista della sua vittima.
Doveva essere in deshabillé: anche se non aveva la più pallida idea di come fosse potuto succedere doveva essere caduta mentre si stava cambiando.
Studiò scrupolosamente quello che stava indossando. Aveva i piedi nudi, le gambe fasciate da quella che pareva essere una calzamaglia nera e per fortuna coprente a cui era stata tagliata la parte del piede. La canottiera, di fattura a lui sconosciuta, si era alzata durante la caduta lasciando scoperto l’addome snello e stretto tra diverse corde. I capelli raccolti in uno chignon al quale sfuggiva ormai ben più di qualche ciuffo gli fece immaginare fosse una delle ballerine di Madame Giry.
Il suo sguardo passò così al viso, facendogli realizzare con stupore che quella sospesa sopra di lui non era altro che una ragazzina. Si domandò distrattamente se qualcuno si sarebbe mai accorto della sua sparizione se l’avesse semplicemente lasciata lì...
Studiando però più attentamente i suoi lineamenti assottigliando gli occhi nell’oscurità il suo cuore saltò un battito. Non era possibile, quella era...
Che qualcuno avesse ascoltato le sue preghiere facendolo tornare indietro nel tempo in modo da poter ricominciare tutto da capo con la sua Christine? Perché quella era lei, non avrebbe mai potuto sbagliarsi, l’avrebbe riconosciuta sempre...
Il boccheggiare della ragazza lo riportò alla realtà. Il suo volto stava diventando sempre più paonazzo, e ciò non era dovuto solo alla posizione inclinata leggermente a testa in giù in cui era rimasta intrappolata.
Quella corda, quel cappio che aveva attorno al collo... era un miracolo che non fosse già morta.
Attivò il meccanismo per far calare le funi procedendo con lentezza e attenzione: un movimento sbagliato o troppo brusco e la ragazzina sarebbe rimasta appesa solo per il collo.
Quando finalmente arrivò a prenderla tra le braccia dopo averla liberata da tutte le funi che le si erano attorcigliate attorno al corpo gli sembrò di stringere una piuma tanto era leggera.
Le sue palpebre sfarfallarono appena mentre tornava a respirare normalmente ma non si svegliò.
Lasciandosi alle spalle il salto dell’impiccato portò la ragazzina con sé nelle tenebre.
 
 
 
♫♪♫
 
 
 
No, no e ancora no.
Non poteva essere.
Lui non si sbagliava. Mai.
Doveva essere colpa di quelle due incompetenti impiccione: Una aveva preso fin troppo in simpatia il Visconte De Chagny mentre Amy aveva sempre avuto un debole per gli uomini biondi e aveva solo confuso le cose provocando una catastrofe che era andata al di là della sua immaginazione.
Morty era rimasto deliziato per come si era svolta e conclusa la vicenda, cosa che l’aveva fatto irritare ancora di più di quanto già non fosse e T. ...
«Mi hai mandato a chiamare Des? Se è per il disastro che si è verificato all’Opéra Populaire la settimana scorsa non hai che da biasimare te stesso. Dopotutto anche i più infallibili sbagliano prima o poi»
«Oh, sta zitto. Non ti ho chiamato per sentire i tuoi rimproveri»
Il suo interlocutore si accomodò sul divanetto dello studio ravvivandosi con una mano i capelli bianchi.
 
Di loro cinque T. era sempre stato quello con l’aspetto più peculiare.
Amy era la classica bellezza dai lineamenti dolci, le labbra a cuore, i boccoli biondi e gli occhi azzurri come il cielo.
Morty, nonostante fosse il suo gemello, ne condivideva solo i tratti avendo sia gli occhi che i liscissimi capelli neri come la notte.
Una aveva un profilo più affilato e sfuggente, labbra sottili, verdi occhi furbi che possedevano la vista di un’aquila – anche se a volte pareva fosse cieca, ma Des sospettava lo facesse apposta – e indomabili ricci rossi che le facevano guadagnare numerose occhiate e commenti quando si decideva ad uscire di casa.
Lui era convito di avere un aspetto nella norma: altezza nella media, capelli castano chiaro appena mossi, occhi color miele.
E poi c’era T. Era il maggiore, ma il fatto che fosse albino – pallido, capelli bianchi, occhi chiarissimi con qualche sfumatura rossastra – non avesse un filo di barba e i lineamenti delicati quanto quelli di Amy glielo facevano spesso dimenticare.
 
«Si può sapere cosa speravi di ottenere esattamente?» T. lo richiamò dalle sue elucubrazioni mentali.
Des rispose con un grugnito continuando a camminare su e giù per la stanza: «Lo sai...»
«Evidentemente no. Hai ragione, non ti sei mai sbagliato prima, ma qui non si è trattato di un semplice errore»
«Sistemerò le cose, è stata solo una
svista...»
«Una svista grande quanto quel teatro!» capitava di rado di sentire T. che alzava la voce, e quando succedeva non era mai un buon segno.
«Cosa vorresti che faccia, eh? Non posso tornare indietro nel tempo...»
«Voglio che tu trovi una soluzione al casino che hai combinato»
Des chiuse gli occhi cercando di concentrarsi.
Di soluzioni non ne vedeva e il suo... chiamiamolo
istinto, continuava a dirgli che non aveva fatto nulla di sbagliato.
Non era colpa sua. Era colpa di...
«Christine, quella sciocca ragazza. È tutta colpa sua!» esclamò. «Sua e di quelle due pettegole delle nostre sorelle, non avrei mai dovuto coinvolgerle»
«Lascia in pace Amy e Una, e anche quella povera ragazza. Davvero stai cercando di addossare le tue colpe a lei?»
«Ha rovinato tutto»
«Lei è felice e prossima al matrimonio col Visconte De Chagny. Ed Amy sembra alquanto sicura che tra loro le cose funzioneranno alla grande. Accettalo: non era quella giusta»
«Sì che lo era, dannazione! Christine...» si interruppe bruscamente a metà frase.
Accanto a quel nome che aveva sempre visto appaiato con estrema chiarezza a quello di Erik Destler si era appena fatto chiaro un cognome...

Christine De Chagny
«Non era quella giusta...» sussurrò.
T. annuì soddisfatto: «Vedi, non era così difficile ammetterlo, no?»
«No, non hai capito: non era
quella giusta!» ripetè Des con rinnovato entusiasmo mentre nuove immagini riempivano la sua testa.
Il fratello lo guardò preoccupato: «Des...»
«Ho bisogno del tuo aiuto!»
«Assolutamente no! Per caso stavolta vuoi rischiare di far saltare in aria la città?»
«Non ho
sbagliato... ho solamente calcolato male i tempi»
«Ah beh, questo giustifica tutto allora»
«Non usare quel tono con me. Se non fosse stato il teatro sai che Morty avrebbe comunque trovato il modo di...»
«Non tirare in ballo tuo fratello e dimmi cosa ti serve»
Gli occhi dell’uomo brillarono e si sedette finalmente di fronte a T. mentre cominciava ad esporre la sua idea.













Buonasera a tutti.
Come promesso ecco il tanto atteso primo capitolo di questa storia... e con esso l'introduzione del nuovo personaggio principale (oltre alla nostra primadonna preferita...). Qualche prima opinione su questa "nuova" Christine, così a caldo?
E avete capito di chi era il secondo POV, non c'è bisogno di specificarlo, vero? ;)
Spero che pur non rivelando ancora molto il capitolo sia stato di vostro gradimento e vi lascio alle vostre teorie - che siete benvenuti a condividere se volete...
Chiedo lo stesso anche se sono abbastanza sicura di non ricevere risposta: vi piacerebbe se alla fine del capitolo lasciassi un paio di righe di spoiler dal capitolo successivo?
Appuntamento tra due sabati (salvo recensioni, altrimenti anticipo a sabato prossimo).


I remain, gentlemen, your obedient servant

E.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Phantom of the Opera / Vai alla pagina dell'autore: eliseCS