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Autore: Tatuata Bella    16/02/2019    0 recensioni
Un viaggio attorno all’Italia che assomiglia più ad una fuga senza meta, l’unico scopo andare via dalle proprie case, dalle proprie vite.
C’è anche l’amore di due diciottenni, un amore che è paura. Terrore. Incertezza. Ansia. Panico. E infine follia.
Questa è la storia della vita di cinque ragazzi, la storia di un viaggio tragico, malato, ma intenso e vero. Una storia di droga, di devastazione, di squallore, di tragedia.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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6- Ad occhi chiusi osserverò ogni piccolo gesto che inconsapevolmente fai
 
Betty aspettava spiando dalla fessura della porta.
“Finalmente siete arrivati! Stavo facendo le ragnatele, cazzo!” esclamò facendo entrare il fratello e il suo seguito di amici dentro la sua camera.
“Piera!” esclamò poi, stupita, sorridendo alla ragazza “Ti hanno lasciato uscire!”
Piera rivolse ad Angelo, che era il più vicino, un sorriso allusivo: “Sì beh. Più o meno.”
Ma Betty ormai non la ascoltava più: “Allora, Luca?”
Luca si tolse dalla tasca il famoso metadone che aveva portato con sé tutto il giorno.
“Se ti fai beccare da mamma ti ammazzo…” la avvertì Luca e Betty rispose annuendo velocemente e afferrando in fretta la bustina e cominciando a farla sciogliere in un bicchiere d’acqua. Mentre sua sorella beveva il bicchiere tutto di un fiato, Luca non si mosse di un millimetro, Niki non distoglieva lo sguardo dal viso del suo ragazzo, preoccupata per lui più che per sua sorella.
Luca non avrebbe alzato lo sguardo dal tappeto per nessun motivo al mondo, e Niki lo sapeva, lo sapeva benissimo quanto male gli faceva vedere la sorella in quelle condizioni. E d’accordo, il metadone faceva parte della terapia, ma Luca sapeva benissimo quanto fosse facile non controllare più la dipendenza anche da esso, soprattutto se ne prendeva più del dovuto.
Niki decise di trovare un modo per fare uscire il suo ragazzo dalla stanza, almeno per pochi secondi: “Luca, perché non vai a prendere qualcosa da mangiare?” Si pentì subito di quello che aveva appena detto. Meglio non coinvolgere nulla che c’entrasse col cibo quando c’era Piera nei dintorni, ma ormai il danno era fatto.
“Certo. Vado subito.” Dice Luca uscendo in fretta dalla stanza di sua sorella senza voltarsi nemmeno un istante. Piera non disse nulla, erano tutti troppo impegnati a guardarsi l’un l’altro cercando di evitare accuratamente di guardare Betty.
“Ho preso dei panini... un po’ di patatine...” disse Luca riaprendo la porta e chiudendola subito a chiave. “Ci sono i miei di là…” aggiunse, rispondendo allo sguardo interrogativo di Angelo.
“Vanno benissimo.” disse Niki guardando Luca con uno sguardo intenso.
Luca sistemò il vassoio in mezzo alla stanza, Angelo allungò una mano afferrando deciso un panino, ma senza guardarlo: teneva gli occhi fissi su Piera, come se la stesse sfidando. Lei gli sorrise, facendo finta di non capire; in realtà capiva benissimo.
“Uuuuuuuuh. Voglio le patatine anche io” disse Betty, che era già molto più serena; le sue gambe avevano smesso di tremare.
Luca si alzò in fretta e raccolse il bicchiere che la sorella aveva lasciato in terra, mettendolo in alto su uno scaffale; doveva lavarlo personalmente per essere sicuro che nessun altro ci bevesse per sbaglio.
Betty si impossessò del piattino con le patatine, ingoiandole praticamente senza masticarle. Luca la fissava. Non era facile notarlo, ma Niki si era accorta che aveva gli occhi lucidi. Gli si avvicinò per baciarlo.
“Non è che potrei avere dell’acqua?” chiese Piera, e Niki si fermò e ritornò a sedersi a gambe acciambellate sul pavimento.
“Sì.” dice Luca, facendo per alzarsi.
“Vado io.” Disse Betty, a voce troppo alta.
“No. Tu non ti muovi da qui.” Le intimò Luca. Lei si zittì.
Luca tornò dopo qualche istante con una bottiglia da due litri. Piera la prese, la aprì e cominciò a berla con ampi sorsi, senza mai prendere fiato, finché non la vuotò.
Angelo non le tolse gli occhi di dosso nemmeno un istante.
“Non mangi niente?” chiese.
“Ho già mangiato in clinica. Avevo solo un po’ sete.” Rispose Piera.
Angelo si spostò un po’ più vicino a Piera: “Avevi detto che stavi meglio...” bisbigliò in modo che solo lei potesse sentirlo.
“Infatti sto meglio. Davvero.” Rispose lei.
Angelo non disse nulla, si limitò a fissare la bottiglia vuota che adesso giaceva in mezzo alla stanza. 
Era sempre la stessa storia, il motivo per cui Piera era ricoverata in clinica: non mangiava nulla per giorni e in compenso si riempiva lo stomaco d’acqua, ne beveva così tanta che aveva l’illusione che le passasse la fame. Piera conviveva costantemente con la sua fame, la faceva sentire quasi sollevata, una specie di prova del nove che stava facendo bene. Era un anno che cercava di uscirne. O meglio, era un anno che sua madre si era stufata di vivere lì, si era sposata un industriale che aveva sborsato una dose di soldi per sistemare Piera in clinica. Non andavano spesso a trovarla, in verità, ma di questo, a Piera non interessava più di tanto, il suo unico pensiero era il cibo, e non c’era spazio per molto altro. Nonostante tutte le balle che raccontava agli amici, non aveva nemmeno iniziato a provare a uscirne, non aveva speranza di riuscirci, non finché c’era la bilancia. In clinica c’erano bilance soltanto negli studi dei medici, nelle camere erano assolutamente proibite, ma lei trovava sempre qualche scusa per riuscire a pesarsi, era una specie di droga, era felice solo se ogni volta che si pesava vedeva una tacca di meno su quel dannato quadrante.
“Stai attenta, Piera, ti prego.” Bisbigliò Angelo.
Piera si voltò stupita verso di lui: non le aveva mai parlato così. Lei gli sorrise, allungando un braccio magrissimo quanto bastava per sfiorargli una mano: “E’ tutto a posto” disse.
 
  
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