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Autore: NyxTNeko    17/02/2019    3 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 4 - La mano del diavolo -


- Buongiorno, ragazzi - esordì sorridendo lo zio maestro non appena li vide entrare impolverati e leggermente scombinati.

- Buongiorno zio - risposero in coro i due fratelli, accompagnato da un breve inchino. Il giovane rise vedendo quella consueta e mai dispiaciuta accoglienza da parte di quei due birbanti, era sempre un piacere andare a trovarli.

- Buongiorno madre - emisero nuovamente in coro.

- Siete arrivati finalmente - sbottò la donna severa, poggiando le mani sui fianchi - Come mai ci avete messo tanto?

- È colpa mia - spiegò Napoleone, prima che Giuseppe prendesse la parola, rimase imbambolato, con il dito sollevato in aria - Gli ho indicato una strada diversa da quella che prendiamo di solito...

- Sì, era un percorso molto suggestivo, perciò ci siamo soffermati di più nell'osservarlo - completò il maggiore, si voltò per vederlo, trattenendo un'occhiataccia - Trova sempre dei posti interessanti...

- Allora dovete portarmi qualche volta ragazzi - propose Fesch sorridente, li guardava con stima, ciò non sfuggì a Letizia, contagiata da tanta allegria. I due ragazzini annuirono entusiasti.

Lo zio li osservò con orgoglio, in particolare il più piccolo, fin dalla prima volta aveva notato le straordinarie capacità mnemoniche e di ragionamento, che lo avevano lasciato di sasso. Non poteva eliminare dalla mente il giorno in cui Napoleone, poco più che cinquenne, di sua spontanea volontà gli si avvicinò afferrandolo per il vestito, chiedendogli un libro da leggere.

Non troppo facile, gli aveva detto, perché si sarebbe annoiato, ne desiderava uno che lo emozionasse talmente tanto da farlo piangere per la commozione. Dopo una lunghissima lista trovò quello giusto, gli rimase particolarmente a cuore, cosicché lo zio stesso glielo regalò come presente per il suo compleanno; quella fu una delle poche volte in cui lo vide sorridere come un comune bambino della sua età. Poco tempo dopo lo zio decise di istruirlo, insieme al fratello, e sveglio come era non perse occasione per arricchire le sue conoscenze.

Quando il maestro scoprì che  Napoleone era mancino, il nipotino ebbe paura di essere punito, la madre, infatti, gli rimproverava, anzi, quasi gli impediva l’utilizzo di quella mano che ai suoi occhi non era diversa dall’altra. Ma per quanto si sforzasse di usare la destra per mangiare, scrivere, l’impulso di impiegare la sua parte naturale era forte e con la complicità silenziosa del fratello, quando poteva, la adoperava di nascosto. La reazione dello zio fu, però, inaspettata poiché anziché correggerlo, come avrebbe fatto un qualsiasi altro uomo del suo tempo, lo incoraggiò ad usarla, con grande fortuna e sollievo per Napoleone, comprendendo le potenzialità del ragazzino.

- Ah, Nabulio ti ho portato il libro di cui ti parlavo l'altra volta - si ricordò lo zio, alzandosi per andarlo a prendere.

Gli occhi di Napoleone si illuminarono quando si ritrovò tra le mani quel libro, ossia una raccolta di tutti i miti Greci e Romani, lo desiderava da tempo - Vi ringrazio infinitamente - s'inchinò con profondo rispetto.

Quel nipote era una delizia, un piccolo uomo insaziabile e avido di sapienza e curiosità; ne aveva incontrati di ragazzini curiosi e spigliati nella sua esperienza di precoce educatore, ma Napoleone possedeva qualcosa in più, una luce negli occhi che mai intravide negli altri suoi coetanei. Era bramoso di apprendere tutto, dal passato più remoto al presente più prossimo, ogni evento, per quanto piccolo ed insignificante, era importante per capire i mutamenti della storia. Gli somigliava davvero tanto. Successivamente il ragazzino corse nella sua stanza a leggerlo immediatamente.

20 novembre

Nella sua piccola stanza, Napoleone si stava esercitando con la spada per migliorare la sua abilità e velocità. Avanzò lentamente con la gamba destra in avanti e tese il braccio con l'arma ben impugnata dinanzi a sè, mostrando la punta al suo avversario immaginario.

Anche se non aveva sfidato nessuno, aveva sudato molto e si sentiva affannato. Tuttavia non poteva fermarsi a riposare, doveva abituare il corpo alla fatica ancora maggiore a quella con cui era cresciuto.

- Affondo! - urlò con determinazione e, dopo essere rimasto in quella posizione per diverso tempo, si raddrizzò e rivolse lo sguardo in direzione della finestra. Da parecchi giorni infuriava una tempesta di forte intensità, che stava causando non pochi problemi a quel popolo di pescatori che erano gli ajaccini. Non si ricordò mai in vita sua un temporale di quella portata.

- Assorto nei tuoi pensieri, fratello? - ridacchiò Giuseppe, entrato nella stanza di Napoleone da parecchi minuti senza che il fratello se ne accorgesse. Aveva lasciato la porta aperta.

- Da quanto tempo piove? - chiese asciugando la fronte con il braccio; lo sguardo di Giuseppe si corrucciò e divenne pensieroso. Era strano che il fratello, dotato di una prodigiosa memoria, non si ricordasse che quel temporale durava da quasi una settimana.

- Da una settimana! Ma perché lo chiedi?  

- Niente - rispose laconico il minore - Era per conferma - aggiunse quasi come se non gli interessasse più; un altro pensiero aveva preso il posto del precedente.

Si girò lentamente e lo scrutò con intensità dalla testa ai piedi; pacatamente gli si avvicinò fino a trovarselo davanti al naso - Vorresti duellare con me? - gli propose sorridendo.

Giuseppe non riusciva mai a capire come facesse a cambiare personalità ed espressione in pochi istanti. Lo aveva notato spesso ed ogni volta lo lasciava turbato e smarrito - Se proprio ci tieni, va bene - lo accontentò dopo essere tornato alla realtà - Anche se non sono particolarmente bravo - precisò imbarazzato. Aveva imparato a maneggiare la spada, fin da piccolino, in contemporanea con Napoleone, era stato difatti lo zio Giuseppe ad insegnargli le basi; come ogni gentiluomo che si rispetti era fondamentale che sapesse tirare di spada, seppur non fosse abilissimo come il fratello.

- Non fa nulla, Giuseppe, l'importante è che tu abbia accettato - emise senza curarsi dell’affermazione del fratello. Sapeva delle sue capacità minime però, non avendo altri appigli, doveva accontentarsi per il momento.

Gli lanciò un'altra sciabola di ferro che aveva con sé - Ma...ma sei sicuro? - domandò il maggiore preoccupato, aveva paura di farlo innervosire con la sua goffaggine.

- Pensa solo a combattere contro di me da vero uomo! - ghignò sinistramente. Sguainò la sua spada con sicurezza e decisione. La lama brillò al pari dei suoi occhi grigi.

Giuseppe replicò il suo gesto, ingoiò la saliva e lo fissò timoroso, cercando di non farsi cogliere impreparato.

"Non è molto sicuro" pensò Napoleone, lo osservava senza perderlo di vista un solo istante "La presa non è decisa e inoltre le mani gli tremano con evidenza". Compì un piccolo passo in avanti, mentre Giuseppe indietreggiava quasi simultaneamente, impugnava la spada tremolante con entrambe le mani. "Però ha la guardia alzata, e quindi dovrò attaccarlo di sorpresa in maniera del tutto imprevedibile" constatò elaborando in pochi secondi il suo piano; balenò i suoi grandi occhi glaciali e mosse il piede destro di un passo in avanti ed eseguì una finta: un colpo obliquo verso il basso, diretto alla spalla sinistra scoperta dell’avversario, cercando d’indurre la parata in lui.

Giuseppe, più sicuro di prima, tentò di parare il colpo, opponendo la propria lama, uscì dalla posizione di guardia e diede così la possibilità al fratello di attaccarlo;  si rese conto in ritardo, però, che la mossa eseguita da Napoleone era una finta e perse l'equilibrio, per fortuna il fratello lo afferrò per il braccio con un tempismo fulmineo- Me l'hai fatta! - rise nuovamente aggiustandosi i vestiti - Grazie, comunque - lo ringraziò gentilmente. 

Napoleone lo guardava rabbioso e deluso - Sei prevedibile, fratello - gli rimproverò gironzolando per la stanza - Quella finta era fin troppo evidente! Non diventerò più bravo di così! 

- Te lo avevo detto che non sono abile con le armi - brontolò Giuseppe con volto spento, voleva proprio chiudere quell’argomento ostico.

- E pensare che non ho usato neanche la mano sinistra! - evidenziò Napoleone, sottolineando il fatto di averlo avvantaggiato.

Giuseppe lo aveva intuito, non era precoce e sveglio come il fratello, di certo non era uno stupido, almeno di questo poteva vantarsi - Con questo? Lo sai che non è lecito usarla - replicò Giuseppe rompendo il silenzio che si era creato tra i due. L’arroganza con cui, a volte, il fratello elogiava le sue diverse abilità fisiche gli creava fastidi mal digeriti, quasi a voler sottolineare la sua superiorità rispetto a tutti, come se gli altri ragazzi, più o meno dotati, non esistessero o fossero moscerini in confronto a lui.

- Mi devi spiegare perché dobbiamo essere noi mancini ad adattarci! Non potremmo usarla come ci pare questa parte del corpo...ah maledetta superstizione! - urlò furibondo posizionando ambo le braccia sulla testa in un atteggiamento teatrale.

- Senti, io non ci posso fare niente... - ribattè Giuseppe allargando le braccia e gesticolando - Io non ho mai avuto pregiudizi verso di te, e questo dovresti saperlo, anzi ti ho sempre lodato, perché sei più abile e intelligente di me e di tutti i nostri coetanei, però... - aggiunse con enfasi, l’utilizzando un po’ di retorica per calmare Napoleone. L’ultima cosa che desiderava, in quell’istante, era di litigare con quel fratello così difficile.

- Ti ringrazio, ma questo non risolve la situazione - lo interruppe; comprese di aver esagerato con Giuseppe usando quelle parole e quell’atteggiamento ostile - Non puoi immaginare quanta rabbia io provi ogni volta per le discriminazioni subite, persino a scuola ed anche tu ne sei stato testimone, fratello...

Gli voltò le spalle. Come fosse attirato da una calamita, iniziò a fissare con intensità la sua mano sinistra e si mise a ridere; Giuseppe gli si avvicinò per comprendere il suo comportamento insolito e lo guardava stupito. Che cosa gli era preso in quel momento? A cosa diavolo stava pensando di tanto divertente?

 - Quegli stupidi! - esordì dopo un lungo silenzio passato a contemplare quella mano al pari di un oggetto di inestimabile valore. La sue pupille splendevano allo stesso modo di quelli di una gazza ladra dopo aver avvistato un oggetto luccicante - Non capiscono che questa mia diversità, come la denominano loro, è una manifestazione delle mie capacità! - si vantò utilizzando un tono talmente imperioso e solenne da spaventare Giuseppe.

La sua mente era rivolta a grandi uomini del passato come il grande imperatore macedone Alessandro Magno che conquistò e formò in pochissimi anni un impero immenso che si estendeva dalla Macedonia all’India; il suo maestro Aristotele, filosofo il cui pensiero sul mondo, sulla realtà terrena ed ultraterrena aveva dominato la mentalità degli uomini per parecchi secoli. 

L’abile stratega e grandissimo generale Giulio Cesare che riuscì a sottomettere il popolo dei Galli, a conquistare il potere, ad annientare i suoi rivali e ad eliminare la Repubblica Romana, inaugurando il periodo d’oro di Roma, l’Impero, e il cui nome rifulge ancora nonostante i millenni trascorsi.

Il re ed imperatore franco Carlo Magno che riportò in vita l’Impero Romano e istituì la società feudale e latifondista che ancora regnava in Europa.

Ma anche geni universali come Leonardo da Vinci: architetto, pittore, scrittore, filosofo, inventore, scienziato, scultore, dalla mente brillante e versatile, che sognava di far volare l’uomo, ed aveva dipinto uno dei quadri più famosi, studiati ed ammirati del mondo: l’enigmatica Gioconda.

Pittori rinascimentali come Michelangelo Buonarroti il quale ha compiuto un vero e proprio miracolo: affrescare la Cappella Sistina e che aveva reso vivo il marmo di Carrara con l’imponente David, la dolce Pietà mariana ed altri.

Non disdegnava neanche Raffaello Sanzio dal tocco sensuale, dolce e aveva completato la trinità dei pittori rinascimentali.

Senza dimenticare il precocissimo musicista Mozart che a soli 5 anni scrisse il suo primo spartito e il cui nome era divenuto celebre in tutta Europa.

Infine matematici come Isaac Newton che aveva scoperto la legge di gravità universali tra i corpi.

Erano tutti mancini che avevano lasciato un'impronta molto evidente nella storia, nell'arte e nell’anima umana. Si identificava in loro e quando li scoprì tra i libri di scuola, ammirandone le capacità e le gesta immortali, giurò a sè stesso che non avrebbe mai permesso a nessuno di correggere il 'difetto di natura' come denominato dai colti e la 'mano del diavolo' ribattezzata dagli ignoranti.

Il ragazzino si ridestò come da un sogno coinvolgente rimasto impresso nella mente; fissò il fratello, gli era così vicino da riuscire ad udire il suo respiro regolare. Era seriamente preoccupato in quanto nell’ultima mezz’ora era rimasto immobile in piedi davanti la finestra con la mano sinistra alzata.

- Per oggi basta così! - proruppe poi Napoleone, controllando l’orologio - Non credi che nostra madre abbia preparato la cena? - aggiunse sorridendo.

- Credo di sì - tentennò tornando in sé - Anzi ne sono certo

- Allora ci conviene uscire di qui, se vogliamo sopravvivere! - sussurrò complice, soffocò una risata.

- Anche tu hai paura di nostra madre? - chiese sempre più stupito.

Napoleone posò la spada a fianco al libro semiaperto all'ingiù sul letto duro e freddo e si sfilò i guanti di pelle con naturalezza - No - rispose in modo secco - Temo per la tua incolumità - ironizzò.

- Ecco - sorrise divertito Giuseppe - Adesso ti riconosco! Mi sembrava davvero strano che tu avessi paura di qualcosa!

Giuseppe conosceva la gelosia e il profondo affetto che il fratello provava verso la madre, era davvero legata a lei, era probabilmente l’unica persona che amava più di se stesso. Napoleone avrebbe fatto qualunque cosa per accontentarla e vederla sorridere, l’avrebbe difesa con le unghie e i denti. Avrebbe rinunciato anche alla propria felicità, come un gentiluomo verso la propria amata.

- Allora andiamo?

- Sì, andiamo, fratello - sorrise nuovamente il maggiore.

   
 
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