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Autore: Eevaa    17/02/2019    7 recensioni
...perché Kaarot, del resto, era l'unico che avrebbe potuto capirlo veramente, era l'unico il quale, per altri motivi, stava subendo il suo stesso identico destino. E, proprio come lui, aveva un'altra vita intera da vivere, da scrivere. Per un attimo, per qualche breve secondo, provò compassione per quell'uomo così come l'aveva per se stesso.
Erano entrambi sulla stessa barca e, volenti o nolenti, avrebbero dovuto cominciare a remare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 69 - SEPARATI



Shadows settle on the place, that you left.
Our minds are troubled by the emptiness.
My eyes are damp from the words you left,
Ringing in my head, when you broke my chest.

And if you're in love, then you are the lucky one,
'Cause most of us are bitter over someone.
Setting fire to our insides for fun,
To distract our hearts from ever missing them.

It was a flood that wrecked this
and you caused it.


Youth: https://www.youtube.com/watch?v=2QT5eGHCJdE
 

 
 
Geloso.
Goku camminò di soppiatto in quel vicolo, più che intento a non farsi vedere da nessuno. Con tutta probabilità le strade erano gremite di gente per bene, in quel posto. Non percepiva malvagità nelle loro auree, probabilmente quella era una città democratica. Avrebbe dovuto trovare il modo per convincere quelle persone a collaborare nell'assalto al parlamento nel quale si trovava il tiranno e le Sfere del Drago, da quel che riusciva a percepire erano tutti molto forti. Avrebbe dovuto ingegnarsi e attuare il piano proposto da Kibitoshin ma la sua mente era altrove, lontana centinaia di chilometri.
Geloso. Il principe l'aveva accusato di essere geloso. Ma, in effetti, non aveva senso. Come avrebbe potuto essere geloso di una persona morta sei anni prima? Della sua migliore amica, per giunta. No! Lui era solo arrabbiato perché Vegeta si era lasciato fregare mettendo a repentaglio la sua pelle.
Goku si appoggiò con la schiena al muro in mattoni, volgendo il proprio sguardo verso il cielo nuvoloso. Ma a chi voleva darla a bere? A se stesso?
Forse il principe aveva ragione: si era trattato di gelosia. Pura e infelice gelosia. Un sentimento da lui mai provato nei confronti di nessuno.
La verità era che si era sentito morire dentro, quando aveva visto Bulma. Non perché non sarebbe stato felice se fosse viva - avrebbe anche lui tanto voluto poterla riabbracciare - ma perché la resurrezione di Bulma avrebbe comportato qualcosa di molto più spaventoso. Una minaccia. Una minaccia verso i suoi sentimenti verso Vegeta, verso quella che era la loro relazione.
Chiuse gli occhi, Goku. Immaginò di nuovo quella scena per l'ennesima volta: il principe dei saiyan che, guardandolo dritto negli occhi, aveva deciso di correre nella direzione opposta alla sua, verso quella che si era poi rivelata una copia di Bulma. Forse il fatto che avesse tentato di ucciderlo, che egli avesse rischiato la pelle e che non avesse quindi potuto dargli manforte nella conquista di Tahab non era davvero il reale motivo per il quale era stato colto dalla rabbia, su quel pianeta. Era per gelosia.
E se fosse veramente stata lei? Se fosse tornata per davvero? Cosa diamine sarebbe potuto succedere? Sarebbe mai riuscito a competere con la donna che Vegeta aveva amato per tutta la vita?
Diamine, non si era mai immaginato di poter soffrire in quel modo e, per un istante, avrebbe preferito tornare nella completa ignoranza di cosa volesse dire provare qualcosa di reale per qualcuno.

 

Bastardo.
Si era fatto dare del bastardo da quell'insulsa terza classe, e non l'aveva trasformato in concime per crisantemi. Come diamine aveva osato dirgli una cosa del genere?
Vegeta prese tra le mani la testa dell'ennesimo namecciano, torcendogli il collo fino a spezzarlo. Urla di terrore risuonarono dalla città, gente scappava, gente provava a frenarlo. Ma lui era talmente arrabbiato da non farsi fermare da nessuno anche se, doveva ammetterlo, la mole dei nemici di alto livello era sufficientemente massiccia da rallentarlo. Sembrava di stare in mezzo alla tormenta, di nuovo, a combattere contro l'esercito dei resuscitati. Un pugno violento lo colpì, facendolo atterrare con la schiena in un cumulo di macerie. Tossì, poi si rialzò illuminandosi ancor di più di oro prezioso, aprendo quindi le braccia verso l'esterno esplodendo in una bolla di energia che travolse in pieno un'orda di namecciani dall'aria minacciosa.
E io sarei ancora con Chichi, se non fosse morta un mese e mezzo fa.
Hah. Cazzate! Quel deficiente non aveva mai provato nulla se non affetto per quella terrestre piantagrane e lo sapevano entrambi. Non aveva motivo di farsi scalfire da quelle parole. Eppure... eppure il solo pensiero di immaginarlo a fianco di un'altra persona faceva ribollire in lui il sangue nelle vene. Quell'idiota, ridicolo, cretino di terza classe.
Dalla furia fece partire un'altra esplosione, ancora più potente, che con tutta probabilità non coinvolse solo i nemici. Alcuni namecciani rivoluzionari, infatti, cogliendo al balzo lo scompiglio che si era creato in città, avevano tentato di addentrarsi come lupi solitari nel parlamento. Ma in così pochi non erano riusciti a far nulla, si erano gettati al macello senza rifletterci troppo.
C'erano troppe persone a presidiare quella fortezza, e con tutta probabilità quel luogo era anche schermato da magia oscura, in quanto il principe dei saiyan non riusciva a percepire alcuna aura al suo interno. Ma, qualunque fosse l'entità del pericolo al quale stava andando contro, Vegeta non si sarebbe arreso facilmente. Nessuno di quei musi verdi avrebbe fermato il principe dei saiyan. Tuttalpiù che il principe dei saiyan, quel giorno, era davvero di pessimo umore.

 


«MA MI STATE ASCOLTANDO?» urlò Goku al centro della strada, sorpassato e scansato da decine e decine di persone mormoranti. Stava per andare su tutte le furie, ma del resto non avevano certo torto: chi avrebbe creduto al primo alieno capitolato dallo spazio che prometteva loro conquiste gloriose? E se fosse stato un trucco dei tiranni per colpire gli infedeli all'impero?
«È solo un povero pazzo» sussurrò un uomo vecchio a quello che era senza dubbio il nipotino, spingendolo oltre fino ad allontanarsi dalla piazza.
«Un colpo di stato, adesso? Ci stiamo ancora riprendendo dall'ultima rivoluzione. Sarebbe un suicidio» commentò rabbiosamente un giovane con una grossa cicatrice che segnava a metà il suo volto.
«È un altro di quei farabutti» caricò ulteriormente un ragazzino scappando in un vicolo.
«DOVETE ASCOLTARMI! IO POSSO AIUTARVI, MA VOI DOVETE AIUTARE ME!» gridò nuovamente Goku per farsi sentire, ma percepì oramai che la pazienza stesse venendo meno. Eppure no, non avrebbe dovuto cedere, non avrebbe assolutamente dovuto compiere un altro gesto come quello su Tahab. Non avrebbe ucciso altri innocenti, non avrebbe più distrutto nessun pianeta. Tuttavia, per entrare in quel dannatissimo parlamento con il meno dispendio di vite possibili, avrebbe dovuto creare un diversivo e quel diversivo avrebbe potuto crearlo solo una folta folla.
«Bel tentativo, sul serio» disse una voce sarcastica e riconoscibile alle sue spalle. Goku si girò di scatto, con occhi gravi. Se persino una divinità dei suoi livelli usava il sarcasmo con lui, voleva dire che aveva toccato davvero il fondo.
«Kibitoshin, devo dargli forse una dimostrazione della mia forza per guadagnarmi la loro fiducia?» domandò Goku.
«Io credo che, invece, non dovresti partire da così in basso. Siamo molto lontani dal parlamento, qui la rivoluzione non è sentita come laggiù, e non puoi pretendere di reclutare tutto il pianeta. È talmente immenso e popoloso che è impensabile!» spiegò accuratamente il Kaiohshin al suo alleato il quale, confuso, aggrottò le sopracciglia.
«Ma avevi detto che-»
«Ho detto di farvi degli alleati, non di aiutare tutta Namirah a sconfiggere il loro male. Questa è la vostra guerra contro i Draghi, non dei namecciani democratici di Namirah contro i servi dell'impero» lo interruppe la divinità, osservando però un cruccio molto più profondo nel volto di Goku. «Smettila di sentirti in colpa per quel pianeta distrutto. Non è pensabile affrontare la tua missione senza mettere in conto l'eventualità di dover uccidere delle persone».
«Ma sono innocenti!» 
«Anche voi lo siete. E allora? Cosa facciamo? Stiamo qui a vedere chi ha più colpa? Non ti sto dicendo di far saltare in aria questo pianeta, ti sto dicendo di tornare a combattere senza farti scrupoli inutili. Neanche il vecchio Goku di vent'anni fa l'avrebbe fatto!»
Il vecchio Goku. Già, a volte - ripensando alla vecchia parte di sé - riusciva perfettamente a comprendere il concetto di “beata ignoranza”. Kibitoshin prese Goku sotto un braccio e lo accompagnò verso un luogo meno affollato, incamminandosi insieme fuori dal centro della città.
«Sai perché sei in crisi?» iniziò nuovamente a parlare la divinità, mostrando in tutto e per tutto la saggezza acquisita durante quei nuovi anni di incarico. «Perché sei da solo. Hai iniziato a entrare in crisi da quando Vegeta è stato messo al tappeto da quella finta Bulma».
Goku interruppe per un attimo il suo cammino, sospirando. Dannazione. Quel ricordo era come una pallottola dritta nel cuore.
«Quando Vegeta era al tuo fianco in questa battaglia non ti saresti mai sognato di farti tutte queste paranoie. Lui ti guidava, e tu guidavi lui. Vi sostenevate l'un l'altro senza nemmeno rendervene conto» continuò Kibitoshin, senza mai guardare il suo interlocutore negli occhi. «Io non sono in grado di comprendere i sentimenti umani e quello che provate, ma sono assolutamente certo che per andare avanti in questa battaglia non potete stare separati perché, come tu sei caduto in crisi perché ti manca la sua guida accanto, anche lui sta combinando dei gran casini perché non ci sei tu a tenerlo sotto controllo».

 

«DANNAZIONE!» urlò il principe, cadendo sui gomiti sul ciottolato freddo e angusto di quel piazzale gremito di gente.
Troppi, ce ne erano decisamente troppi. Per quanto egli si trasformasse e aumentasse la propria aura a dismisura, quei namecciani – a parere di Vegeta geneticamente modificati, perché era impossibile che quei musi verdi raggiungessero un livello di forza simile – continuavano ad apparire.
E più tentava di raggiungere l'ingresso di quel palazzo bianco e argentato, più i namecciani comparivano e arrivavano in volo da altri posti nel pianeta. Ma dove diamine erano finiti gli alleati? Perché accidenti nessuno in quel posto lo aiutava in quella sottospecie di colpo di stato? Qualcuno era accorso in suo aiuto, inizialmente, ma tutti i ribelli sembravano essersi volatilizzati nel nulla.
«ORA BASTAAAAA!» continuò a urlare con furia battendo i pugni al terreno, colpito più e più volte alla schiena da fasci di energia proveniente da chissà chi e chissà dove. Si alzò a fatica, con la pazienza rasentante il fondo del barile, esplodendo in mille scintille.
Si librò alto nel cielo, iniziando a colpire e sganciare attacchi veloci a ripetizione, completamente a caso e senza un obiettivo preciso.
«Mi sono stufato!» soffiò il principe dei saiyan creando un gran polverone - come di consueto ogni talvolta che si era lasciato trasportare solo dalla cieca e mera furia. Piccole e potenti bolle di energia si innescarono a partire dai suoi palmi aperti, ma a nulla valsero quegli sforzi, solo ad accrescere di più la sua rabbia e a far diminuire l'energia rimasta. Si era ripromesso che non avrebbe più agito così, aveva già appurato che fosse da stupidi, da stolti, eppure in quell'istante non riusciva davvero a controllarsi. Gli eventi recenti lo avevano soffocato, era stato tutto così difficile ma, almeno, aveva sempre sperato di poter confidare ciecamente nell'appoggio di quel cretino. Ma, evidentemente, non era così. Kaarot aveva deciso di perdere la testa, di diventare ancora più rincitrullito di come lo era di solito, sradicando tutte le certezze nei suoi riguardi. Il solo pensiero lo mandò completamente in ebollizione.
Si sentì di nuovo quello sconsiderato e malvagio principe che si era lasciato impossessare da Babidi, e non gli piacque per niente. E, nel considerare quella grave regressione, venne raggiunto da quattro namecciani di dimensioni mastodontiche i quali, senza troppi complimenti, gli afferrarono le braccia e le gambe e iniziarono a tirare uno dalla parte opposta dell'altro.

 

«Dov'è andato Vegeta?» domandò Goku nel raggiungere finalmente la fine di quella via, quella che portava all'uscita della città diroccata.
«Al parlamento. Ma ha perso subito la pazienza e ha attirato un sacco di nemici verso di sé. L'esatto opposto di ciò che hai cercato di fare tu, insomma» spiegò Kibitoshin, avendo osservato il comportamento di Vegeta prima di accorrere in aiuto dell'altro saiyan. «Voi due funzionate bene in battaglia perché vi controbilanciate, in tutto e per tutto».
«Non credo che ora come ora funzioneremmo così bene» rispose Goku amareggiato, affranto. Già, se solo avesse provato ad avvicinarsi a Vegeta in quel momento egli gli avrebbe sbranato via la faccia, come minimo.
«Dovete mettere un attimo da parte i vostri problemi personali che, a quanto ho capito, sono risolvibili in un momento di calma» commentò la divinità elargendo al ragazzo un ampio sorriso. Che dire, era ovvio che sapesse tutto il loro trascorso. Nell'Aldilà oramai si era sparsa la voce a partire dai Kaioh che era risaputo fossero dei gran pettegoli.
Goku sollevò i lati della bocca, affranto. Geloso. Si dannazione, era stato geloso da morire e si era comportato da perfetto idiota. Del resto Vegeta aveva semplicemente cercato di salvare Bulma da una fine orribile, ed era esattamente la cosa più giusta da fare. Ma Goku aveva avuto paura, una paura quasi soffocante di perderlo. Paura che, tra lui e Bulma, egli avrebbe sempre scelto Bulma. Ma il principe aveva ragione: il problema non sussisteva. Lei non sarebbe mai e poi mai tornata in vita, non ci sarebbe mai stato motivo di preoccuparsene. 
Avrebbe dovuto imparare a convivere con quel dubbio esistenziale, avrebbe dovuto imparare ad accettare che lui non sarebbe mai stato l'unico nel cuore di Vegeta e che, una piccola parte di esso, sarebbe appartenuto sempre a Bulma, com'era giusto che fosse.
Il principe non aveva colpe in questo. E non aveva nemmeno colpe nei gesti che aveva fatto. Si sentì un cretino, Goku, un immaturo proprio come il suo rivale l'aveva definito ma, finalmente, trovò pace nel proprio cuore. Il fuoco della gelosia si spense e, con una nuova consapevolezza nella mente, si sentì pronto a perdonarsi per tutto ciò che aveva combinato nelle ultime ore. Sperò solo che, in qualche modo, anche Vegeta sarebbe stato disposto a perdonarlo.
«Hai bisogno di lui. E lui di te. Per questo vi avevo detto fin dall'inizio di non stare mai separati: solo insieme potete vincere questa battaglia».
Goku incrociò lo sguardo di Kibitoshin e, di rimando, riuscì finalmente a sorridere. Sorrise sereno, seppur stremato, e si sentì finalmente pronto a compiere quegli ultimi due grandi passi prima della fine della guerra. Si sentì pronto ma non si era affatto accorto che, alle loro spalle, i namecciani di un'intera città li avevano seguiti fin lì azzerando completamente le loro auree e, con i volti contratti e la mente offuscata, erano pronti a porre fine alle loro vite.

 

Avrebbe dovuto immaginarlo. Del resto già lo sapeva che i Draghi erano in grado di manipolare la mente delle persone. Che madornale errore di valutazione per una divinità di alto rango come lui!
Come aveva potuto Kibitoshin sperare di trovare degli alleati su quel pianeta, se già era a conoscenza che anche le persone buone sarebbero potute finire sotto controllo nemico?
Successe tutto in una frazione di secondo, nemmeno il tempo di rendersi conto che ci fosse qualcosa di estremamente silenzioso in quella città prima brulicante di voci e suoni. Vennero attaccati alle spalle, senza remore, senza grida di battaglia per annunciarsi.
Kibitoshin cadde di petto sulla strada sterrata e Goku, al suo fianco, fece a malapena in tempo a schivare un precisissimo fascio di luce rivolto al proprio cranio. Con il cuore alle stelle per lo spavento e un'innata prontezza di riflessi prese per le spalle il suo alleato divino, trascinandolo per alcuni metri in una posizione meno scoperta.
«Kibitoshin! Kibitoshin mi senti?» lo strattonò, sganciando nella direzione dei nemici una bolla di energia volta a frenarli per qualche istante.
«G-Goku!» balbettò lui dolorante. La sua schiena era completamente bruciata e i drappi della lunga tunica rossa si erano sciolti e incollati alle scottature.
«Vai via da qui, torna nell'Aldilà e fatti curare da Dende!» lo esortò Goku, poi lo guardò scomparire nel nulla con estrema difficoltà. Sarebbe stato un vero smacco se, arrivati a quel punto, li avesse abbandonati anche la loro guida.
Il diversivo che aveva creato durò ben poco e, dal fumo causato dal suo attacco, apparvero centinaia di namecciani minacciosi. Goku strinse le labbra pronto a lottare di nuovo, ancora e ancora. Ma ad ogni nemico caduto, proprio come sulla Terra, si susseguiva un'immediata resurrezione, e Goku si ritrovò in seria difficoltà.
Fortunatamente, dopo cinque minuti di infuriante battaglia, una mano conosciuta lo prese per la caviglia e si lasciò teletrasportare lontano, altrove, atterrando in malo modo su una baia sabbiosa.
«Come ti senti?» domandò immediatamente Goku. Azzerò la propria aura e si alzò dalla battigia sbattendo con le vigorose mani la tuta nera e verde.
«C'è mancato poco, ma sto bene. Grazie per avermi salvato, Goku» rispose Kibitoshin, completamente rigenerato dai poteri curativi di Dende. In tutti quegli anni non aveva mai pensato che non avrebbe potuto curarsi da solo, con le sue capacità. Fortunatamente avevano a disposizione un altro alleato con quel tipo di dono.
«Kibitoshin, perché i Draghi non riescono a controllare anche le nostre menti e quelle dei nostri amici?» chiese incuriosito Goku, riprendendo fiato. Doveva ammettere che avere a che fare con una schiera di nemici così forti da solo non era esattamente stata una passeggiata, persino per lui che era uno dei combattenti più forti dell'universo.
«Ci ho pensato anche io, e credo che la risposta sia abbastanza semplice: voi tutti siete in allerta a riguardo. Queste persone invece... sono state colte alla sprovvista. Non hanno nemmeno idea di chi stia controllando la propria mente, per questo è più facile addentrarvisi e offuscare i loro pensieri» spiegò Kibitoshin, camminando avanti e indietro sulla sabbia, lasciando delle leggere impronte con i suoi stivali dorati.
«Cielo, vorrei trovare il modo di risvegliarli come ho fatto con Juno, ma non li conosco. Non so proprio come potrei riportarli ad essere coscienti!» si infuriò Goku stringendo i pugni, frustrato.
«Non c'è tempo per questo!» lo ammonì Kibitoshin, contemplando con l'occhio della mente un punto indefinito oltre quell'oceano. «Dobbiamo andare subito al parlamento e aiutare Vegeta!»
Goku si allarmò e spalancò gli occhi dal terrore. Nella confusione e nella sorpresa si era persino dimenticato di tenere sotto controllo l'aura del suo amico.
«Vegeta è in pericolo?»

 


«AHHHH!» urlò il principe del saiyan, martoriato dal dolore. Le sue giunture si stavano per spezzare, non era riuscito a liberarsi in nessun modo dalla presa di quei quattro namecciani i quali, senza pietà, lo stavano ancora tirando per le braccia e per le gambe due dalla parte opposta degli altri.
Aveva provato ad alimentare sfere di energia dalle proprie mani, ma essi stavano esercitando troppa trazione su di lui. Aveva provato a calciarli via, a divincolarsi, ma a nulla era servito. Ridacchiavano, quei maledetti bastardi, continuando a tirare, tirare e tirare. Ancora qualche secondo e si sarebbe spezzato a metà ma, d'istante, un lampo di genio. Non ci aveva mai fatto troppo caso, e si sentì parecchio stupido. Erano anni e anni che non se ne rendeva conto, in quanto durante la vita di tutti i giorni non possedeva quel prolungamento, quell'arto che invece compariva durante la trasformazione in Super Saiyan di quarto livello e che in quel momento era l'unico libero di muoversi.
Vegeta si ricordò improvvisamente di avere la coda e, con un ultimo grande sforzo, la sfoderò aggrappandosi al collo del namecciano che tratteneva il braccio destro, stringendo con forza. Colto alla sprovvista, questi lasciò andare il braccio per aggrapparsi a quel prolungamento rosso ricoperto di pelo, e il principe dei saiyan si mise a ridere.
«Hah! Imbecille!» soffiò. Lo afferrò per il cranio e ritrasse la coda, polverizzandolo in un unico istante riuscendo così finalmente a liberarsi da quella stretta e, uno ad uno, anche da quella degli altri tre.
Li ridusse in brandelli e osservò i loro corpi cadere rovinosamente sul grande piazzale gremito di altri nemici. Erano tanti, troppi, sempre di più, e lui era estremamente stanco. Stanco e soprattutto nervoso. E si innervosì ancora di più quando, finalmente, capì da solo cosa diamine stesse succedendo su quel pianeta di musi verdi troppo cresciuti: la stessa cosa che era accaduta sulla Terra.
E lo capì perché i quattro energumeni che avevano tentato di spezzare il suo corpo si erano rialzati dalla piazza per capitolare nuovamente di fronte a lui, senza più ferite, con l'aura completamente rinvigorita.
Li stavano resuscitando. Quei maledettissimi Draghi stavano resuscitando le loro pedine, ed era pronto a scommettere che molti di essi non sapevano nemmeno perché stessero combattendo. Ecco perché i ribelli avevano smesso di tentar di accedere al parlamento, ecco perché sembravano essere rimasti solo nemici e difensori dell'impero su quel pianeta: stavano controllando anche le menti dei buoni.
«Figli di...» mormorò il principe dei saiyan a denti stretti, sputando sangue e saliva al terreno, sprezzante.
Lo attaccarono in centinaia, tutti insieme, tutti forti e agguerriti. E poco avrebbe potuto fare Vegeta, se non tentare in tutti i modi di difendersi, perché attaccare in quel momento sembrava a dir poco impossibile. Erano infiniti e a ogni suo tentativo di avvicinarsi al parlamento ne comparivano altri, decine e decine; arrivavano da altre città e da terre lontane.
Di Final Flash, esplosioni energetiche e altri cento, mille attacchi, pochi sortivano l'effetto desiderato. Era solo contro centinaia. E sebbene fossero tutti meno forti di lui, erano comunque centinaia contro uno solo.
Tuttavia, il principe si rese presto conto di non essere più solo come immaginava perché, in lontananza, scorse una figura conosciuta. I suoi occhi azzurri si accesero di rabbia e il cuore, martellante nel petto, sembrava volergli sfondare la cassa toracica.
Cosa diamine ci faceva lui lì?

 
Continua...
 


ANGOLO AUTRICE:
Bomba, ragazzi! Finalmente ecco a voi il capitolo numero 69, capitolo che vede come protagonisti unicamente, appunto, i due protagonisti. 
Sulla Terra sta succedendo un casino infernale ma, solo per questo capitolo, lo lasciamo da parte. Scopriremo la prossima volta come se la cavano i nostri saiyan "mezzosangue".
Eeeee niente, i due testoni hanno litigato pesantemente. Sono stata molto felice di avere tutti i vostri pareri su questo importante litigio, avete avuto tutti dei pensieri molto interessanti ed è stato veramente bello discuterne insieme. E' un tema piuttosto complesso! 
Tornando invece a questo capitolo penso che il nostro Kibitoshin abbia immensamente ragione. Quei due, separati, non stanno combinando proprio niente di buono; hanno bisogno l'uno dell'altro per vincere, e l'abbiamo visto da quello che sta succedendo. Devono stare uniti se vogliono sperare di poter combattere questa calamità. 
La situazione su Namirah sta degenerando, oltre alla loro grande guerra contro i draghi c'è in corso da tempi immemori una guerra civile piuttosto aspra. Spero che anche questa tematica vi sia piaciuta, personalmente mi sono divertita molto a scrivere delle peripezie di questo pianeta. 
Adesso non ci resta che vedere se i nostri due eroi metteranno da parte l'ascia di guerra. Faranno pace o continueranno a fare i testoni fino ad un punto di non ritorno?
Non vedo l'ora di pubblicare il capitolo numero SETTANTA (incredibile!!!) per farvelo scoprire. 
A domenica prossima miei cari/mie care!
Eevaa
  
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