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Autore: Sophie Ondine    17/02/2019    4 recensioni
Dal testo:
-Un giorno, non ti è dato sapere come, non ti è dato sapere quando, tu e il tuo amore vi incontrerete nuovamente. Non avrete ricordi della vostra vita precedente, ma verrete attratti l’una all’altro senza neanche accorgervene, non potrete fare niente per impedirlo. Quello che è accaduto in questa vita, si ripeterà nuovamente e ancora e ancora, fino a quando il vostro amore non troverà realizzazione. È questo il destino delle anime gemelle.-
***
Cosa succederebbe se due anime, separate nella vita precedente, si reincarnassero? Che cosa attira una semplice ragazzina con la passione per il teatro verso un gelido demone? Nonostante la Vita si diverta a metterli sempre l'uno contro l'altra, cosa farà il Destino?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3- Lo rivedrò  ancora?

 

Dopo l’incidente Rin era scappata verso casa, dimenticandosi per un attimo del bruciore che avvertiva alle ginocchia a causa delle sbucciature. Sua nonna, appena aveva visto le condizioni della divisa e delle gambette magre, si era allarmata, ma la bambina l’aveva rassicurata sulla sua salute e pazientemente si era fatta medicare da Kaede.
Rin aveva poi avuto modo di poter gustare la torta che la nonna le aveva comprato e solo dopo aver avuto la pancia piena si decise a dirle cosa le fosse successo quel giorno stesso.
Glielo aveva raccontato con l’entusiasmo tipico dell’infanzia: gli occhi le brillavano e la voce le tremava.

-Nonna, vedessi com’è bella la signora Midoriko: ha lunghi capelli corvini e le labbra rosse, come le attrici americane! Ma tu la conoscevi? Alcuni miei compagni di scuola mi hanno detto che è un’attrice molto famosa- diceva senza sosta Rin.

Kaede l’ascoltava divertita, senza perdere di vista un aspetto pratico estremamente importante: il lato economico. Ovviamente avrebbe fatto di tutto per poter vedere felice e sorridente la sua nipotina, se lo meritava dopo la morte prematura della madre. Fortunatamente Rin non era una bambina viziata che chiedeva l’impossibile, aveva sicuramente una grande passione che era la recitazione ma oltre quello non chiedeva mai nulla di superfluo.

-Vedi, nonna, mi piacerebbe tanto andare in quella scuola perché penso che la signora Midoriko possa insegnarmi tanto. Naturalmente la signora mi ha lasciato il suo numero di telefono così potrai parlare tu con lei- specificò la bambina sempre cavalcando l’onda dell’entusiasmo.

Kaede sorrise:- Va bene, tesoro, domani telefonerò alla signora Midoriko e vedremo quello che mi dice-

-Mi manderai in quella scuola?- domandò Rin con gli occhi pieni di speranza.

-Non ho ancora detto di sì. Aspettiamo domani e poi vedremo- disse lei alzandosi lentamente- ed ora signorina sarebbe il caso che tu vada a lavarti i denti per andare a letto, è molto tardi- le ordinò.

La bambina, sperando che la nonna in questo modo l’avrebbe sicuramente mandata in quella sospirata scuola di recitazione, eseguì l’ordine come se fosse un soldatino. Si lavò accuratamente i denti, preparò il suo fouton e con precisione certosina piegò i vestiti che aveva indosso.
Mentre si infilava sotto le coperte, Kaede entrò in camera sua per sincerarsi che tutto fosse al suo posto.

-Nonna, puoi raccontarmi la storie delle anime gemelle?-chiese la bambina innocentemente.

Le piaceva tantissimo quella storia, anche la mamma gliela raccontava spesso e lei ascoltava avida ogni singola parola. Anche lei sembrava investita di un’energia del tutto diversa quando si apprestava a raccontare la storia del filo rosso del destino, sembrava una bambina che credeva ardentemente nelle favole. Gli occhi le brillavano e agitava le mani in preda all’euforia.

-Mammina, anche tu e il mio papà eravate legati dal filo rosso del destino?-

Suo padre non lo aveva mai conosciuto, era morto prima che lei nascesse. La mamma non parlava quasi mai di lui, le faceva troppo male e gli occhi le si velavano di tristezza ogni qualvolta che Rin le domandava qualcosa. Era successo anche quella volta: la mamma si era rabbuiata.

-Sì, tesoro mio. Anche noi eravamo legati- aveva detto poi con mestizia, accarezzandole teneramente i capelli.

Tante volte Rin si era chiesta cosa volesse dire avere un papà. Tutte le sue amiche lo avevano: le andavano a prendere a scuola, facevano loro i regali, insegnavano come andare in bicicletta, le prendevano in braccio e le facevano volteggiare in aria come trottole. Però lei non lo aveva e tutte quelle attività erano state rimpiazzate dalla mamma e dalla nonna. Ma a volte sentiva che non era la stessa cosa. In alcuni momenti avrebbe davvero voluto avere un papà vicino a lei. A casa non c’erano molte foto di suo padre, la mamma ne teneva solo una come segnalibro sul comodino. Era una foto consunta dal tempo, con i bordi leggermente piegati: raffigurava la mamma e il papà da giovani, forse ai tempi dell’università. La mamma era sempre bellissima, con i lunghi capelli neri sciolti lungo le spalle e la faccia sorridente. Lei e il ragazzo della foto si tenevano teneramente la mano, sembravano così felici. Quello che doveva essere suo papà aveva le fattezze di un ragazzo molto alto e atletico, aveva ricciuti capelli neri e due occhi profondi color nocciola, proprio come quelli di Rin.
Qualche volta, quando il ricordo non era troppo pesante da sopportare, la mamma le diceva che aveva ereditato da suo padre lo sguardo vispo e curioso.
Molte volte Rin aveva fantasticato sul carattere di suo padre. Chissà che persona fosse da giovane: era simpatico, amichevole o solitario e taciturno?
Ma quelle sarebbero rimaste domande senza risposta, perché Rin aveva capito che la mamma non avrebbe mai parlato di suo padre per più di cinque minuti senza mettersi a piangere. Nemmeno nonna Kaede si era dimostrata particolarmente collaborativa riguardo alla sua figura paterna, anzi sembrava provarne quasi fastidio al solo pensiero: assumeva un’ espressione contrariata e i lineamenti del viso le si contraevano involontariamente. Eludeva qualsiasi domanda in maniera brusca e Rin intuì fin dal principio che nemmeno lei avrebbe mai potuto aiutarla.

La sola cosa che le rimaneva erano le sue fantasie, quelle erano la sua consolazione.

-Non sei stanca di sentire sempre la stessa cosa?- domandò Kaede mentre le rimboccava le coperte.

Rin scosse la testa.

-Wei era un uomo che, rimasto orfano di entrambi i genitori in tenera età, desiderava sposarsi e avere una grande famiglia; nonostante i suoi sforzi era giunto all'età adulta senza essere riuscito a trovare una donna che volesse diventare sua moglie. Durante un viaggio Wei incontrò, sui gradini di un tempio, un anziano appoggiato con la schiena a un sacco che stava consultando un libro. Wei chiese all'uomo cosa stesse leggendo; l'anziano rispose di essere il Dio dei matrimoni e, dopo aver guardato il libro, disse a Wei che sua moglie ora era una bimba di tre anni e che avrebbe dovuto attendere altri quattordici anni prima di conoscerla. Wei, deluso dalla risposta, chiese cosa contenesse il sacco; l'uomo rispose che lì dentro c'era del filo rosso che serviva per legare le mani di mariti e mogli. Quel filo è invisibile e impossibile da tagliare, per cui una volta che due persone sono legate tra loro saranno destinate a sposarsi indipendentemente dai loro comportamenti o dagli eventi che vivranno. Queste parole non convinsero Wei che, per sentirsi libero di scegliere da solo la donna da sposare, ordinò al suo servo di uccidere la bambina destinata a diventare sua moglie. Il servo pugnalò la bambina ma non la uccise: riuscì soltanto a ferirla alla testa e Wei, dopo quegli eventi, continuò la sua solita vita alla ricerca della moglie. Quattordici anni dopo Wei, ancora celibe, conobbe una bellissima ragazza diciassettenne e si sposò con lei. La ragazza portava sempre una pezzuola sulla fronte e Wei, dopo molti anni, le chiese per quale motivo non se la togliesse nemmeno per lavarsi. La donna, in lacrime, raccontò che quando aveva tre anni fu accoltellata da un uomo e che le rimase una cicatrice sulla fronte; per vergogna la nascondeva con la pezzuola. A quelle parole Wei, ricordandosi dell'incontro con il Dio dei matrimoni e dell'ordine che dette al suo servo, confidò alla donna di essere stato lui a tentare di ucciderla. Una volta che Wei e la moglie furono a conoscenza della storia si amarono più di prima e vissero sereni e felici-

-Quindi, nonna, secondo questa leggenda, anche io sono legata ad una persona?- domandò Rin alzandosi di scatto.

Kaede la guardò con dolcezza.

-Sei ancora così giovane, bambina mia. Non è ancora il momento di pensare a queste cose- disse mentre le depositava un bacio sulla fronte e con la mano destra la rispingeva nuovamente sul fouton.
Rin però sentiva che quella risposta non le bastava.

-Però nella storia la bambina ha tre anni, io invece ne ho undici… e se l’avessi già incontrato senza saperlo?-

-Potresti, è vero- le confermò la nonna, mentre spegneva la luce.

-Nonna!- la richiamò Rin poco prima che Kaede chiudesse la porta e sparisse dalla sua vista.

-Dimmi, bambina mia-

-Ricordi la storia delle anime gemelle?- domandò ed ottenne un verso di affermazione.

-Se è vero che le anime gemelle sono destinate ad incontrarsi nuovamente in un’altra vita, forse io ho già incontrato la persona destinata a me in una vita precedente- disse dolcemente Rin, mentre il sonno si impossessava del suo corpicino.

Kaede sorrise, poi chiuse la porta e lasciò la bambina in balia dei suoi sogni.

 

***

Il campanello della porta suonò insolitamente presto nonostante fosse domenica mattina. Rin si trovava in cucina in quel momento, completamente immersa nei compiti di matematica per il giorno dopo.
Chissà chi era, eppure non aspettavano nessuno.
Si alzò e corse ad aprire.
Si ritrovò davanti un signore molto alto, con indosso una divisa che sembrava uscita da una tintoria pochi istanti prima, tanto era pulita e ben stirata. Rin osservò i tratti del suo viso piuttosto marcati, che davano all’uomo un’espressione dura e severa. Se ne stava lì in piedi con un pacchettino in mano.

-Desidera?- chiese Rin, rimanendo ben salda alla porta.

-È lei la signorina Rin Damashita?- domandò lo sconosciuto in tono professionale.

-Sì- rispose confusa lei.

Subito si ritrovò sotto il naso in pacchetto bianco che l’uomo teneva in mano.

-Questo è per lei- la informò, poi si girò e se ne andò veloce come era arrivato.

Rin non ebbe nemmeno il tempo per realizzare cosa stesse succedendo, che l’uomo se n’era già andato a bordo della sua macchina scura. Sempre più confusa, la ragazzina si chiuse la porta alle spalle. In quel preciso istante fece la sua apparizione anche sua nonna.

-Chi era Rin?-

-Non ne ho idea nonna, era un signore che mi ha consegnato questo pacchetto- rispose sinceramente Rin.

Si avviò in cucina, agguantò un paio di forbici per tagliare in nastro rosso che teneva unito il pacco e con verace curiosità svelò il contenuto. Rin rimase, se possibile, più sorpresa di prima quando vide una divisa scolastica, la divisa della sua scuola, nuova di zecca.

-Ma… ma chi può avermi mandato un uniforme nuova? Proprio ora che ho rovinato la mia?- si domandò la bambina.

Poi come un fulmine a ciel sereno, le venne in mente chi potesse essere l’autore di quel regalo: l’uomo che qualche giorno prima aveva rischiato di investirla con la macchina. Ma come aveva fatto a trovarla? Lei non aveva detto quale fosse il suo nome. Il viso di Rin si distese in un sorriso dolce. Era stato un gesto estremamente gentile e galante. Forse era davvero un principe quell’uomo, come aveva pensato quel giorno che lo aveva visto scendere dalla macchina.
Prese la divisa tra le mani e, stringendola, sussurrò un impercettibile grazie.

 

***

2 ANNI DOPO

Rin non capiva dove si trovasse, era un luogo così misterioso, avvolto nella nebbia. Teneva nella mano delle redini, ma quello che stava guidando non era un cavallo, bensì un essere a due teste, che le ricordava un drago. Eppure quella creatura non le faceva per niente paura, anzi sentiva dentro al petto un sentimento di affetto. Stava cavalcando sopra una grande distesa verde, sotto di lei alberi e praterie. Era una sensazione piacevole sentire il vento che le sferzava il viso. Lei rideva contenta.

-Vai Ah-un!- gridava continuando a ridere.

Non sapeva quale fosse la sua direzione, ma non le interessava nemmeno. Le bastava essere lì in compagnia di quel drago. Alzò lo sguardo e vide ancora una volta la figura di un uomo, una figura bianca e lucente. I lunghi capelli che volavano nel vento. Era molto più avanti di lei.
Rin sentiva in quel momento il desiderio crescente di raggiungere quella sagoma che a poco a poco diventava sempre più piccola, quasi non si curasse del fatto che lei fosse rimasta indietro.
Voleva andare più veloce, voleva stargli accanto. Vicino a quella figura che per lei significava protezione e ammirazione. Doveva assolutamente raggiungerlo.

-Aspettatemi…- urlò la bambina.

E poi la sveglia suonò ancora una volta e la strappò nuovamente da quel sogno così eccitante.
Rin, automaticamente, la spense e si alzò subito.
Un’altra mattina, un nuovo giorno. Eppure ora non le pesavano più i giorni che si susseguivano veloci, anzi non vedeva l’ora ogni sera di cominciare un nuovo giorno. Ormai era una ragazzina di tredici anni e in due anni molte cose erano cambiate. Per prima cosa aveva iniziato la scuole medie, diventando a tutti gli effetti una teenager, la sua altezza aveva guadagnato alcuni centimetri extra, il suo corpo pure accennava una leggera maturazione: il seno aveva iniziato a crescerle timidamente e i fianchi avevano assunto una leggera curvatura.
Ma la cosa più importante era che quello era il suo secondo anno nella scuola della signora Midoriko no Tama, la compagnia Sengoku.
Rin era grata alla nonna per ogni singolo giorno che trascorreva in quelle quattro mura, circondata da tanti studenti come lei. Non sapeva come, ma Kaede, dopo aver parlato con la signora Midoriko, le aveva detto che avrebbe potuto frequentare la scuola senza alcuna esitazione. In quel momento non si era domandata come fosse stato possibile, anche se la piccola sapeva che non erano una famiglia ricca e che la nonna faticava molto per garantirle una vita confortevole. La verità era che la gioia e l’eccitazione avevano preso il sopravvento e aveva travolto la nonna con la sua allegria: le era saltata al collo, riempendola di lunghi e appassionati baci.
Anche Kanna ora faceva parte della scuola, ma per lei era abbastanza scontato: la sua famiglia era benestante e non esistevano problemi di soldi.

In quegli ultimi due anni era cresciuta molto come attrice e aveva imparato tanto, molto più di quanto pensasse. La signora Midoriko era molto severa, ma Rin capiva che spesso era necessario per far crescere gli studenti e per spronarli a migliorare.
La scuola di recitazione le occupava quattro pomeriggi a settimana, inoltre aveva molte materie da studiare, tra cui anche dizione e danza tradizionale giapponese. All’inizio non le piaceva molto il fatto di dover studiare anche danza, ma in maniera progressiva si era sempre più appassionata a quelle lezioni. Spesso danzava da sola in camera sua, facendo finta di essere un’eterea geisha vestita con abiti suntuosi e pregiati, ammirata e acclamata da tutti. Man a mano che passavano i giorni, nella mente di Rin si faceva strada l’idea di voler diventare un’attrice in futuro. Sapeva che non era una strada facile, ma era l’unica cosa che la facesse sentire viva e piena di entusiasmo nei confronti della vita. Non aveva ancora detto nulla a sua nonna, forse per paura di non essere presa sul serio. In ogni caso avrebbe capito da sola quando sarebbe arrivato il momento di dare l’annuncio  alla vecchia Kaede.

Per ora avevano messo in scena quattro commedie: durante l’anno scolastico erano previsti due spettacoli, tenuti a Natale e prima delle vacanze estive.

Il primo era stato “Le avventure di Tom Saywer” ma sia Rin che Kanna avevano ottenuto delle parti minori, in quanto ritenute ancora inesperte dai loro insegnati. In estate era stato allestito lo spettacolo “Alice nel paese delle meraviglie”, dove questa volta lei aveva ricoperto il ruolo dello stregatto. E ancora c’erano stati “Il flauto magico” e poi “Il gatto con gli stivali”.

Anche in queste ultime rappresentazioni, Rin non aveva ottenuto un grande ruolo e la cosa l’aveva delusa non poco.

Un giorno si era fermata più del dovuto a scuola e stava provando a una parte che non era la sua.
Il caso volle che in quel momento stesse passando accanto alla porta dell’aula la signora Midoriko, la quale si era fermata ad osservare la sua allieva. Guardava i suoi movimenti, la vivacità che cercava di infondere ai suoi personaggi. Secondo lei Rin era una ragazzina davvero dotata, ma aveva bisogno di crescere a livello professionale. Ma dentro di sé sapeva che un giorno sarebbe diventata una bravissima attrice. Non lo aveva ancora detto alla bimba perché non voleva che si rilassasse troppo, al contrario cercava sempre un modo per spingerla a migliorarsi.
Mentre continuava a studiarla da dietro la porta, decise che era arrivato il momento di insegnarle qualcosa di nuovo: aprì la porta ed entrò nella sala silenziosamente.

Rin era completamente assorbita dalla sua privata performance, non si accorse minimamente della presenza della sua insegnante.

-Come mai non stai imparando la tua parte?- le domandò poi all’improvviso la maestra.

Rin sobbalzò dallo spavento. Si girò lentamente e la vergogna si impossessò di lei. Accidenti che brutta figura!

-Sensei, mi perdoni… è che ero molto attratta dalla parte della protagonista, anche se…-

-Anche se non è stata assegnata a te?-completò Midoriko al suo posto.

Rin annuì.

-Sai, Rin, anche io quando ho iniziato a recitare non ho ottenuto fin da subito le parti della protagonista e la cosa mi dispiaceva molto, mi sentivo poco brava per ricoprire un ruolo principale-

-Davvero, sensei?- chiese stupita la ragazzina. Le sembrava così difficile da credere: per lei la signora era nata per le parti da protagonista.

-Sì. Anche io come te mi nascondevo da qualche parte a provare un ruolo che non mi era stato assegnato. Ma sai una cosa? Con il tempo ho imparato che non esistono parti piccole, ma solo piccoli attori-

Rin la guardò confusa, cosa stava cercando di dirle?

Midoriko fece un passo avanti verso di lei, le poggiò una mano sulla spalla e disse:- Ogni ruolo è importante Rin, senza i personaggi minori un’opera non potrebbe esistere. Il più delle volte un personaggio minore serve per dare un pizzico di colore e di brio allo svolgimento della trama, che se si reggesse solo sui protagonisti, risulterebbe anche noiosa. Potranno sembrarti ruoli di poco conto, ma non è così: ogni ruolo serve per portarti un passo avanti, verso l’abilità di poter indossare ogni maschera-

Rin l’ascoltava rapita. Le parole della sua sensei le avevano posto sotto un’altra luce la realtà. Si sentì molto stupida ad aver preso sottogamba quel ruolo.

-Ed ora, fammi vedere come pensavi di interpretare il tuo personaggio- disse Midoriko mentre prendeva posto su una sedia vicina al muro.

Rin sorrise e annuì travolta da un ritrovato entusiasmo. Aprì il copione e mostrò alla sua insegnante tutto quello che aveva capito riguardo al suo ruolo.

Midoriko, a braccia conserte, la osservava in silenzio. Pensò dentro di sé quanto fosse straordinaria quella ragazzina: le erano bastate le sue parole per ritrovare l’energia necessaria ad impegnarsi. Fin dal primo giorno, quando l’aveva vista recitare alle scuole elementari, aveva visto in lei uno straordinario talento, un desiderio bruciante che in pochi avevano. Rin era quel tipo di persona che all’apparenza sembrava uguale a tutti gli altri, ma non appena saliva su un palco si faceva trascinare da quel demone chiamato ispirazione. Per lei era naturale salire su un palco e riuscire a catalizzare l’attenzione su di lei, a suo modesto parere Rin era destinata a diventare una grande attrice. Sicuramente c’erano tante cose da correggere e da insegnarle, ma era una giovane ragazza, aveva davanti a sé tutto il tempo per imparare.
Rin, nel frattempo, continuava a recitare le sue battute. Si muoveva come le avevano detto i suoi insegnanti, cercava di colorire ogni parola, di darle una sfumatura diversa. Sotto l’occhio vigile della signora Midoriko si sentiva al sicuro. Adorava recitare, era una cosa che non poteva assolutamente controllare. Ci metteva tutta sé stessa.

Quel giorno Rin imparò a non sottovalutare nulla e promise a sé stessa che si sarebbe impegnata al massimo in ogni ruolo, poco importava se fosse grande o piccolo. Se questo era il prezzo da pagare per diventare un’attrice talentuosa in un prossimo futuro, lo avrebbe pagato senza alcuna esitazione.

Nei quattro anni precedenti la il Destino aveva dato alla piccola Rin un piccolo assaggio, quasi una sorta di anteprima, di come sarebbe cambiata la sua vita, ma lei non ci aveva fatto minimamente caso. Tutto cambiò un tiepido giorno di autunno: la scuola era da poco iniziata, quello era il suo ultimo anno delle scuole medie e per la compagnia teatrale Sengoku si annunciava un periodo di grandi cambiamenti: per prima cosa la compagnia di attori stabili stava iniziando ad assumere contorni ben definiti, molti erano i ragazzi che a poco a poco avevano abbandonato le dure lezioni a cui la signora Midoriko sottoponeva i suoi allievi, affiancata dall’altro maestro, il signor Saya.

Rin aveva finito da poco le lezioni e aveva raggiunto subito la scuola, pronta per cimentarsi nelle prove dello spettacolo di Natale. I ruoli non erano ancora stati definiti, per ora la compagnia si era limitata alla prima lettura del copione. Quell’anno avrebbero messo in scena “Sogno di una notte di mezza estate”, il capolavoro di William Shakespaere. Rin sperava con tutto il cuore di poter ottenere una parte importante. Dentro di sé sapeva di essere cresciuta molto come attrice, i suoi stessi insegnanti glielo riconoscevano: aveva imparato a controllare la sua voce, si era esercitata ogni sera con la dizione per poter cancellare qualsiasi inflessione dialettale e si era applicata sempre di più nella danza tradizionale giapponese.

Ricordava bene la lezione che alcuni anni prima Midoriko le aveva insegnato, ma ora in cuor suo si sentiva pronta per poter cimentarsi in qualcosa di più.

Stava pensando questo mentre si apprestava a varcare la soglia della porta, quando una voce familiare la riportò alla realtà.

-Ciao Rin cara!- trillò una voce maschile, mascherata da un pretenzioso falsetto, dandole una leggere pacca sulla spalla sinistra.

La ragazzina si girò verso il suo interlocutore e rispose:- Ciao, Jakotsu! Ti vedo radioso oggi, novità all’orizzonte?-

Jakotsu, sfoderando un sorriso a trentadue denti e con gli occhi luccicanti, le fece capire che qualcosa di importante era accaduto.

 Anche lui faceva parte della compagnia Segonku ed era uno dei ragazzi più stravaganti che Rin avesse mai conosciuto: spesso si presentava a scuola con un filo di ombretto e le labbra velate da un burro cacao alle fragole che conferiva un colore più intenso alle sue labbra. Solitamente i capelli erano raccolti in un’elaborata acconciatura, tenuta da un fermaglio dal gusto vintage. Jakotsu aveva due anni in più di Rin ed era uno dei ragazzi più poliedrici della compagnia: era bravo nel cimentarsi nell’interpretazione di ruoli femminili, ma anche nel sapere calarsi nei panni di un uomo forte e virile.
Rin aveva stretto una bella amicizia con lui, sincera e irriverente.

Entrarono in un grande ingresso che ospitava un gabbiotto, quello della segretaria della scuola: era una donna sulla cinquantina, dal fisico tendente alla pinguetudine, con i capelli tagliati in un caschetto disordinato, il tutto contornato da un paio di buffi occhiali rotondi.

-Buonasera, ragazzi!- li salutò, accogliendoli calorosamente.

Sia Rin che Jakotsu ricambiarono il sorriso, poi si avviarono verso un corridoio sulla sinistra e, successivamente, entrarono in una sala prove. Alcuni attori della compagnia già erano all’opera e si stavano scaldando con alcuni esercizi vocali.

-Ciao, Shippo- cinguettò Rin affettuosamente al ragazzino dai capelli rossi. Shippo era l’ultimo arrivato nella scuola di recitazione, aveva quattordici anni e frequentava il primo anno delle superiori.

Nella sala prove c’era anche un ragazzo con una lunga treccia nera che gli ricadeva lungo la schiena, Bankotsu, uno dei ragazzi più grandi, nonché cugino di Jakotsu.
Gli altri attori non erano ancora arrivati, quindi Rin e Jakotsu ne approfittarono per cambiarsi e indossare una comoda tuta per le prove al posto della divisa scolastica.
A poco a poco tutti gli altri arrivarono puntuali: Ayame, una ragazza coetanea di Rin dai lunghi capelli rossi; Koga e Miroku, studenti del liceo e compagni di classe di Bankotsu e Jakotsu; Sango, Kohaku ed infine Hakudoshi. A tutti questi si aggiungeva anche Kanna.

Si ritrovarono tutti a chiacchierare amabilmente in attesa dell’arrivo del loro insegnante, il signor Saya.

Rin, nel corso di quei due anni, aveva avuto modo di stringere un rapporto molto stretto anche con le altre due ragazze della compagnia: Ayame, che tra tutti gli attori si distingueva per la sua vivacità ed i suoi modi esuberanti; e Sango, una ragazza dai lunghi capelli scuri, di un anno appena più grande di Rin, Kanna e Ayame. Sango era una ragazza dal carattere molto forte, che difficilmente parlava a vanvera, ma che sapeva anche essere molto dolce con le persone a cui voleva davvero bene. Madre natura, inoltre, l’aveva dotata di un fisico alto e slanciato, che difficilmente passava inosservato, e che la ragazza curava con una buona dose di attività fisica, in particolare con le arti marziali, apprese dal padre fin dalla tenera età.

Miroku, anche soprannominato “il maniaco”, soprattutto da Jakotsu, era un ragazzo di sedici anni dai profondi occhi azzurri. Aveva da sempre una cotta per Sango, anche se lei faceva di tutti per respingere le sue avances, salvo poi arrabbiarsi quando il ragazzo rivolgeva le sue attenzioni altrove. Al gruppo si aggiungeva poi Koga, demone lupo dai modi arroganti. Ayame, come Miroku per Sango, aveva una cotta disperata per lui, ma al contrario dell’amico faceva di tutto per non far trapelare i suoi sentimenti. Molte volte si era confidata con Rin, incapace di riuscire a trovare una soluzione alla sua situazione, senza nemmeno una volta prendere in considerazione l’idea di dichiararsi.

Hakudoshi, invece, era un ragazzino di dodici anni, che sembrava la versione maschile di Kanna: alto, magro, dalla pelle diafana ed i capelli chiari. Non parlava molto, spesso sul suo viso era stampata un espressione enigmatica. Per Rin era davvero difficile capire cosa gli passasse per la testa.

Infine c’era Kohaku, fratello di Sango e coetaneo di Rin. Kohaku era un dolce ragazzo, timido e dal viso puntellato di simpatiche lentiggini. Lui e Rin andavano molto d’accordo e la ragazza si sentiva legata a lui in modo particolare, vedendo in lui una sorta di fratello maggiore. Molto spesso Kanna aveva chiesto alla sua amica se per caso non ci fosse qualcosa in più tra di loro, ma Rin aveva sempre negato in maniera insistente.

-Insomma, oggi si decideranno ad assegnarci i ruoli?- sbottò Koga una volta che furono tutti presenti in sala prove.

-Spero proprio di sì- intervenne Ayame- perché io ho paura di non fare in tempo a memorizzare il copione per Natale!-

-Ma cosa dici, Ayame?- la sbeffeggiò Bankotsu- Mancano ancora tre mesi e tu hai paura di non farcela?-

La diretta interessata arrossì leggermente, infastidita per essere stata ripresa davanti a Koga:- Guarda che se le conti non sono così tante le prove!- sottolineò lei, ancora più rossa di prima.

-Mi chiedo che ruolo avrà in mente di assegnarci Midoriko- disse pensierosa Sango.

-Io credo che Jakotsu sarebbe una Ermia perfetta!- insinuò Hakudoshi, guardando il diretto interessato.

-Puoi dirlo forte, mio caro!- rispose subito il ragazzo, alzando il mento verso l’alto ed assumendo un’espressione di trionfo.

Le risate che seguirono queste parole furono subito interrotte dal battito di mani del maestro Saya e della signora Midoriko.
Gli allievi, alla loro presenza, fecero subito silenzio e si posizionarono all’interno della sala, pronti per cominciare i loro esercizi. Rin, che si trovava di fianco a Kanna, come sempre non riusciva a non rivolgere uno sguardo pieno di ammirazione nei confronti della signora Midoriko. La trovava fonte di grande ispirazione per il suo futuro, magari un giorno anche lei sarebbe diventata una donna come lei.
La donna, facendo due passi avanti, guardò i suoi allievi e cominciò a parlare:- Bene, ragazzi, come sapete questo Natale metteremo in scena “Sogno di una notte di mezza estate”. Ho assegnato i ruoli, in modo da poter lavorare sodo fin da ora e poter portare in scena uno spettacolo ben studiato-

Nessuno disse una parola: erano troppo curiosi di sapere quale sarebbe stato il loro personaggio. Rin dentro di sé pregava con tutto il cuore di poter avere il ruolo del folletto Puck: in quei giorni in cui era a stata a casa a leggere il copione, aveva avuto modo di innamorarsi di questo personaggio. “Sarebbe bello potergli dare un volto” aveva pensato tra sé e sé mentre il sonno prendeva il sopravvento su di lei.

-I ruoli di Oberon e Titania sono stati assegnati rispettivamente a Miroku e Sango-

Miroku non stava più nella pelle: avere un ruolo con la sua Sango era un sogno che si realizzava. Dal canto suo la ragazza assunse un’espressione preoccupata: chissà quante volte quel maniaco avrebbe allungato le mani con la scusa della finzione scenica!

-Ermia sarà interpretata da Kanna, mentre Elena la farà Ayame. I ruoli di Lisandro e Demetrio, vanno a Kohaku e Koga. Abbiamo poi Shippo, Hakudoshi, Bankotsu e Jakotsu nel ruolo degli artigiani. E per finire Rin, che ricoprirà il ruolo del folletto Puck-

Rin, che in quel momento si stava stritolando le mani per l’agitazione, alzò subito gli occhi verso la sua insegnante, incredula.

-Io… Puck?- chiese la ragazza, come se pensasse che quello fosse solo uno scherzo di pessimo gusto.

Midoriko la osservò con un sorriso appena accennato sulle labbra.

-Non mi deludere Rin- disse poi la donna, confermandole che non si trattava di un sogno.

Rin sentì il petto esploderle dalla felicità. Finalmente, dopo un duro allenamento, era arrivato il momento in cui aveva ricevuto un ruolo che desiderava.
Ce l’avrebbe messa tutta, promise a sé stessa che non avrebbe deluso le aspettative della sua insegnante.

-Bene, ora se volete scusarmi, vi lascio nelle mani di Saya. Io ho delle questioni da risolvere. Buon lavoro ragazzi- annunciò poi la donna, uscendo dalla stanza e avviandosi verso il suo ufficio.

Si diresse lungo il corridoio, facendo ticchettare i tacchi delle scarpe sul pavimento appena lucidato. Nonostante l’espressione fiera, dentro di sé Midoriko si sentiva inquieta, poco sicura di sé stessa. Sapeva che dietro la porta che stava per aprire, si sarebbe di lì a poco svolta una battaglia, dalla quale lei doveva uscirne più che mai vincitrice.
Poggiò la mano sulla maniglia della porta, abbassò lo sguardo e prese fiato, sperando di trovare un po’ più di coraggio. Poteva udire distintamente i battiti accelerati del suo cuore.
Non era la prima volta che lottava per qualcosa, lo aveva sempre fatto del resto e la vittoria era sempre arrivata puntuale. Anche stavolta avrebbe tirato fuori le unghie e i denti per tenersi stretta ciò che era suo.
Aprì la porta con decisione ed entrò nel suo studio.
Ad attenderla c’erano due persone, per la precisione due giovani uomini, i quali si girarono subito al rumore della porta che si apriva.

Midoriko non potè fare a meno di notare che i due non potevano essere più diverse che mai, non solo fisicamente ma anche negli atteggiamenti.

Studiò prima il ragazzo che si trovava alla sua destra: era un ragazzo alto, dai lunghi capelli neri e gli occhi stranamente rossi, che incutevano un certo timore in chiunque vi si soffermasse. Midoriko sentì un brivido di inquietudine salirle lungo la schiena. Non le piaceva la sensazione che stava provando in quel momento. Notò che ostentava un’espressione sicura, fin troppo. Il ragazzo se ne stava in piedi, con una mano dentro la tasca dei pantaloni ad osservarla con un ghigno beffardo sul volto.

Da quanto ricordava, Midoriko non aveva mai incontrato una persona così sgradevole al primo sguardo. Non le piaceva per niente quell’uomo.

Cercò in tutti i modi di non farsi dominare da quel senso di rifiuto che sentiva crescere in lei nei confronti del ragazzo e passò poi ad osservare il giovane alla sua destra: anche lui era notevolmente alto, ma al contrario del suo contraltare, aveva i capelli lunghi e argentei, con un viso dai lineamenti affilati ed eleganti, abbelliti da due occhi color ambra. La donna notò i segni demoniaci sul volto: doveva essere un demone maggiore, senza alcun dubbio.
Il secondo ragazzo, nonostante la freddezza che trapelava dal suo sguardo, ispirava molta più fiducia a Midoriko. Non che fosse una persona alla quale affidare la propria vita, ma sicuramente sembrava molto più leale dell’altro ragazzo.

-Bene, ma che onore trovare nel mio ufficio i due rampolli dell’industria dell’intrattenimento- esclamò Midoriko per spezzare il silenzio.

Poi, con calma studiata, chiuse lentamente la porta alle sue spalle. Con altrettanta lentezza si avvicinò alla sua scrivania, superò i due ragazzi e si trincerò dietro la protezione della sua scrivania di legno scuro.
Entrambi i ragazzi la guardarono compiere quei movimenti silenziosamente. Se uno spettatore fosse entrato in quel momento, avrebbe sicuramente detto che quei tre personaggi stavano mettendo in scena una scena di caccia del regno animale, tanto prestavano attenzione al movimento e dalla mancanza di movenze e parole superflue.
Midoriko si sedette, poggiando la schiena sul morbido schienale della sua sedia girevole.

-Comincio a pensare di essere una persona molto importante, se mi sono stati mandati qui i due futuri presidenti delle due emittenti più famose del Giappone: la No Taisho production e la Onigumo co.- disse lei rompendo il silenzio, cercando di dominare la sua voce il più possibile- a cosa devo la vostra visita, Naraku e Sesshomaru?-

I due rivali, perché tali erano in ogni circostanza lavorativa, si scambiarono una leggera occhiata carica però di spirito battagliero. Sesshomaru non lasciava molto spazio alle emozioni, sembrava quasi impassibile. Intrappolato in quel vestito elegante, sembrava che poco gli interessasse di quella visita. Quando suo padre lo aveva incaricato di recarsi dalla famosa attrice Midoriko No Tama per convincerla a vincolare la sua scuola in un contratto con la loro società, non immaginava minimante che si sarebbe dovuto trovare a stretto contatto con Naraku, primogenito del fondatore della Onigumo co.: Ryukotsusei Onigumo.
Sesshomaru mal sopportava la sua presenza, lo trovava un borioso fin troppo convinto nell’efficacia delle proprie abilità. Poco gli interessavano le voci dei tabloid che gli attribuivano una vita sociale molto promiscua e vivace, non era quello che lo interessava; lo disprezzava perché aveva avuto modo di constatare quanto fosse subdolo e manipolatore con le persone. Molte volte aveva approfittato di giovani attrici, solo per il gusto di poter avere un rapporto più intimo con loro, o aveva rubato un lavoro originale di qualche sconosciuto e squattrinato giovane sceneggiatore in cerca di fortuna. Ma soprattutto, prima di tutte le ragioni etiche, Sesshomaru non sopportava il suo status sociale di mezzo demone.
Non solo lui provava un inimmaginabile rifiuto nei confronti di questi ibridi, ma la cosa che lo faceva infuriare di più era la sicurezza con cui Naraku, ogni volta in cui si erano incontrati, gli si rivolgeva, quasi come se si sentisse un suo pari.

Nella mente di Sesshomaru una cosa del genere era del tutto impossibile: erano i demoni gli unici esseri superiori, gli umani ed i mezzi demoni erano alla stregua di scarafaggi. Nonostante ciò non poteva sottrarsi dal mandare avanti la società che suo padre aveva messo in piedi nel corso degli anni e si era dovuto sforzare molte volte per mascherare il suo disgusto nei confronti del genere umano, dal momento che avrebbe dovuto aver a che fare con loro a causa del lavoro.
Dal canto suo Naraku sembrava provare una certa soddisfazione dal fastidio di Sesshomaru, quasi come se per lui il fatto di renderlo nervoso fosse un piacevole passatempo.

-Credo, signora Midoriko, che sia io che il mio collega- e Naraku ci mise molta cura nel sottolineare con enfasi quella parola- abbiamo entrambi fatto male i nostri calcoli per poter parlare con lei-

Midoriko rimase in silenzio. Sapeva perfettamente che cosa volessero entrambi da lei.

-Non mi sarei mai aspettata una visita di cortesia da voi, naturalmente- controbattè Midoriko in tono sarcastico. A quelle parole Naraku scoppiò in una risata.

-Suvvia, non sia così guardinga…-

-Quello che sta cercando di dire il signore è che siamo venuti per presentarle delle proposte vantaggiose per lei e la sua piccola compagnia. Ovviamente, quella proposta dalla No Taisho prevede dei grandi vantaggi per lei ed i suoi allievi- lo interruppe Sesshomaru, arrivando al dunque e battendo sul tempo il suo rivale.

-E ditemi- continuò Midoriko, poggiandosi comodamente sulla poltrona- che vene fate di un’attrice ormai ritiratasi dalle scene, che ha messo in piedi una piccola compagnia di attori?-

Midoriko ancora una volta cercava di prendere alla larga il discorso. Intrecciò le dita delle mani tra di loro, come se fossero una sorta di scudo protettivo.

-Non giriamoci troppo intorno- continuò Sesshomaru, che ormai aveva preso il posto di Naraku nella contrattazione- ovviamente, quello che vogliamo è rimettere in scena ciò che tutto il Giappone considera un capolavoro: il “Sengoku Monogatari”-

La donna sentì qualcosa crescerle dentro al petto: un misto tra fastidio e preoccupazione. Non avrebbe mai permesso che qualcuno glielo rovinasse.

-Come sapete, sono anni che altre società mi propongo contratti allettanti, ma io non ho intenzione di rovinare un’opera così bella solo per poterla vendere al grande pubblico- sentenziò Midoriko.

-Lo dice perché l’autore del libro è il suo defunto marito?- sottolineò Naraku ancora una volta con cattiveria.

Midoriko si sentì punta sul vivo. Appoggiò i palmi delle mani sulla scrivania, fece un respiro profondo e lentamente si alzò in piedi.

-Forse lei è ancora troppo giovane per poter capire, ma quel libro è un tesoro che mio marito ha lasciato a me. Non mi farò abbindolare da false promesse di ricchezza. Ho soldi a sufficienza per poter mandare avanti la scuola-

Fu Sesshomaru questa volta a parlare:- Sappiamo benissimo che lei ha delle persone che le finanziano questa struttura. Ma mi creda, signora, le converrebbe valutare l’ipotesi di appoggiarsi ad una società grande quanto quella di mio padre: i soldi prima o poi finiscono-

-Siamo entrambi disposti a tutto pur di averla con noi- continuò infine Naraku, alzandosi all’altezza della donna.

Questa volta fu difficile riuscire a dominare le emozioni, Midoriko respirava affannosamente, incapace di reprimere la rabbia che sentiva crescere dentro di lei.

-Mi state minacciando?- domandò.

Entrambi i ragazzi sogghignarono.

-Assolutamente no. Le stiamo solo spiegando quanto sia forte il nostro desiderio di averla con noi. Dopotutto lei è stata, e rimane ancora oggi, una stella del teatro giapponese- concluse Naraku.

-Se non vi dispiace, vi chiedo cortesemente di andarvene. Non abbiamo altro da dirci-

Nella testa di Midoriko non c’era più niente da fare. Una battaglia del genere non poteva essere vinta da lei, che si trovava sola a fronteggiare due avversari tanto diversi ma temibili allo stesso modo. Con passo nervoso si avviò verso la porta e l’aprì.

In quel momento, quasi come una sorta di sipario, comparve sulla soglia la piccola Rin, la quale assunse un’espressione confusa e sorpresa.
Sia Naraku che Sesshomaru guardarono quella ragazzina, uno con il solito ghigno beffardo, mentre l’altro con indifferenza.
Rin dal canto suo si sentiva piccola e indifese, forse aveva scelto un momento sbagliato per far visita alla sua sensei.

-Hai bisogno di qualcosa, Rin?- chiese poi Midoriko.

A quel nome le orecchie di Sesshomaru iniziarono a prestare più attenzione alla piccola umana che tremava come una foglia. La guardò attentamente e subito riconobbe ancora una volta la buffa ragazzina che si era trovata sul suo cammino per ben due volte. Notò che era leggermene cambiata da quando aveva rischiato di investirla con la macchina: il viso era sempre innocente e fanciullesco, ma a poco a poco i tratti del viso stavano cambiando e il corpo iniziava a prendere forme femminili. Era ancora acerba però, ci sarebbe voluto del tempo per poterla vedere trasformata in una donna.

-Sensei, chiedo scusa per l’interruzione, ma speravo potesse aiutarmi con il mio personaggio…- disse la ragazzina, cercando di giustificarsi.

Mentre parlava pose lo sguardo sulle due figure che aveva davanti. Si soffermò soprattutto sulla figura di un uomo alto, dai capelli argentati e dagli occhi dorati. Si fermò e lo guardò per qualche istante in maniera interrogativa. Chiuse leggermente gli occhi, riducendoli a due fessure, come se così potesse essere agevolata con la memoria.
Poi improvvisamente si ricordò tutto.

-Ma… ma lei è il signore che mi ha ripagato la divisa scolastica!- esclamò Rin guardandolo negli occhi.

Tutti i presenti si voltarono a guardare Sesshomaru, il quale non si scompose. Si limitò a guardare di rimando la ragazzina che si trovava di fronte a lui e che ora avanzava timidamente verso di lui.
Rin aspettò di essere abbastanza vicina a lui, poi si piegò in un inchino e disse:-Non ho mai avuto modo di ringraziarla! Grazie mille, davvero!-

Nella sala però riecheggiò solo una risata. Rin si sentì alquanto sorpresa, e anche un po’ infastidita, alzò lo sguardo per vedere se stesse ridendo di lei, ma quando incontrò le iridi color ambra di Sesshomaru lesse sul suo viso un’espressione infastidita, quasi quanto la sua. Rin era sempre più confusa: da chi proveniva quella risata di scherno? Di certo non dalla signora Midoriko, lei non si sarebbe mai permessa di ridere di lei e della sua educazione.
Poi si ricordò che nella stanza c’era anche un’altra persona, per la precisione un altro uomo. Si voltò lentamente  guardarlo e vide che si era portato una mano alla bocca e cercava di mascherare malamente le sue risate.

-Sesshomaru, non sapevo fossi un tale gentiluomo con le ragazzine indifese!- sbottò lui punzecchiandolo, mentre si avviava verso la porta per congedarsi d quell’incontro.

Ancor una volta Sesshomaru represse l’istinto di strappargli via la giugulare e poi, quando Naraku sparì del tutto alla vista, si rivolse verso Rin e disse:-Spero che la misura andasse bene-

E poi anche lui, salutando prima la signora Midoriko, si congedò.
Rin rimase alquanto sorpresa: aveva usato un modo del tutto personale per dirle che aveva gradito il suo ringraziamento.
Che strano personaggio, ogni volta che lo incontrava era sempre per qualcosa di fugace e bizzarro.

Dentro di sé Rin si chiese se lo avrebbe rivisto ancora.

***

Salve a tutti voi, miei cari lettori. Chiedo scusa per la lunghezza del capitolo, ma quando inizio a scrivere mi vengono in mente mille idee e cerco di metterle tutte su carta.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Come avevo promesso, da adesso in poi gli incontri di Sesshomaru e Rin diverranno sempre più frequenti e il loro rapporto avrà modo di crescere e svilupparsi. Mi dispiace se può sembrare un po’ lenta la storia, ma vorrei di darle uno stampo il più veritiero possibile. Inoltre vorrei dare spazio anche agli altri personaggi.

Ringrazio ancora una volta Gaudia, Yuzar, Maria76 e Seydna per aver commentato il capitolo precedente.

Fatemi sapere se il capitolo è stato di vostro gradimento.

Al prossimo capitolo!!!

 

  
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