Capitolo
3- Lo rivedrò ancora?
Dopo
l’incidente Rin era scappata verso casa, dimenticandosi
per un attimo del bruciore che avvertiva alle ginocchia a causa delle
sbucciature.
Sua nonna, appena aveva visto le condizioni della divisa e delle
gambette magre, si era allarmata, ma la bambina l’aveva
rassicurata sulla sua
salute e pazientemente si era fatta medicare da Kaede.
Rin aveva poi avuto modo di poter gustare la torta che la
nonna le aveva comprato e solo dopo aver avuto la pancia piena si
decise a dirle
cosa le fosse successo quel giorno stesso.
Glielo aveva raccontato con l’entusiasmo tipico
dell’infanzia: gli occhi le brillavano e la voce le tremava.
-Nonna,
vedessi com’è bella la signora Midoriko: ha lunghi
capelli corvini e le labbra rosse, come le attrici americane! Ma tu la
conoscevi? Alcuni miei compagni di scuola mi hanno detto che
è un’attrice molto
famosa- diceva senza sosta Rin.
Kaede
l’ascoltava divertita, senza perdere di vista un
aspetto pratico estremamente importante: il lato economico. Ovviamente
avrebbe
fatto di tutto per poter vedere felice e sorridente la sua nipotina, se
lo
meritava dopo la morte prematura della madre. Fortunatamente Rin non
era una
bambina viziata che chiedeva l’impossibile, aveva sicuramente
una grande
passione che era la recitazione ma oltre quello non chiedeva mai nulla
di
superfluo.
-Vedi,
nonna, mi piacerebbe tanto andare in quella scuola
perché penso che la signora Midoriko possa insegnarmi tanto.
Naturalmente la
signora mi ha lasciato il suo numero di telefono così potrai
parlare tu con
lei- specificò la bambina sempre cavalcando l’onda
dell’entusiasmo.
Kaede
sorrise:- Va bene, tesoro, domani telefonerò alla
signora Midoriko e vedremo quello che mi dice-
-Mi
manderai in quella scuola?- domandò Rin con gli occhi
pieni di speranza.
-Non
ho ancora detto di sì. Aspettiamo domani e poi vedremo-
disse lei alzandosi lentamente- ed ora signorina sarebbe il caso che tu
vada a
lavarti i denti per andare a letto, è molto tardi- le
ordinò.
La
bambina, sperando che la nonna in questo modo l’avrebbe
sicuramente mandata in quella sospirata scuola di recitazione,
eseguì l’ordine
come se fosse un soldatino. Si lavò accuratamente i denti,
preparò il suo
fouton e con precisione certosina piegò i vestiti che aveva
indosso.
Mentre si infilava sotto le coperte, Kaede entrò in camera
sua per sincerarsi che tutto fosse al suo posto.
-Nonna,
puoi raccontarmi la storie delle anime
gemelle?-chiese la bambina innocentemente.
Le
piaceva tantissimo quella storia, anche la mamma gliela
raccontava spesso e lei ascoltava avida ogni singola parola. Anche lei
sembrava investita di un’energia del tutto diversa quando si
apprestava a
raccontare la storia del filo rosso del destino, sembrava una bambina
che
credeva ardentemente nelle favole. Gli
occhi le brillavano e agitava le mani in preda all’euforia.
-Mammina,
anche tu e il mio papà eravate legati dal filo
rosso del destino?-
Suo
padre non lo aveva mai conosciuto, era morto prima che
lei nascesse. La mamma non parlava quasi mai di lui, le faceva troppo
male e
gli occhi le si velavano di tristezza ogni qualvolta che Rin le
domandava
qualcosa. Era successo anche quella volta: la mamma si era rabbuiata.
-Sì,
tesoro mio. Anche noi eravamo legati- aveva detto poi
con mestizia, accarezzandole teneramente i capelli.
Tante
volte Rin si era chiesta cosa volesse dire avere un
papà. Tutte le sue amiche lo avevano: le andavano a prendere
a scuola, facevano
loro i regali, insegnavano come andare in bicicletta, le prendevano in
braccio
e le facevano volteggiare in aria come trottole. Però lei
non lo aveva e tutte
quelle attività erano state rimpiazzate dalla mamma e dalla
nonna. Ma a volte
sentiva che non era la stessa cosa. In alcuni momenti avrebbe davvero
voluto
avere un papà vicino a lei.
Qualche volta, quando il ricordo non era troppo pesante da
sopportare, la mamma le diceva che aveva ereditato da suo padre lo
sguardo
vispo e curioso.
Molte volte Rin aveva fantasticato sul carattere di suo
padre. Chissà che persona fosse da giovane: era simpatico,
amichevole o
solitario e taciturno?
Ma quelle sarebbero rimaste domande senza risposta, perché
Rin aveva capito che la mamma non avrebbe mai parlato di suo padre per
più di
cinque minuti senza mettersi a piangere. Nemmeno nonna Kaede si era
dimostrata
particolarmente collaborativa riguardo alla sua figura paterna, anzi
sembrava provarne
quasi fastidio al solo pensiero: assumeva un’ espressione
contrariata e i
lineamenti del viso le si contraevano involontariamente. Eludeva
qualsiasi
domanda in maniera brusca e Rin intuì fin dal principio che
nemmeno lei avrebbe
mai potuto aiutarla.
La
sola cosa che le rimaneva erano le sue fantasie, quelle
erano la sua consolazione.
-Non
sei stanca di sentire sempre la stessa cosa?- domandò
Kaede mentre le rimboccava le coperte.
Rin
scosse la testa.
-Wei
era un uomo che, rimasto orfano di entrambi i genitori
in tenera età, desiderava sposarsi e avere una grande
famiglia; nonostante i
suoi sforzi era giunto all'età adulta senza essere riuscito
a trovare una donna
che volesse diventare sua moglie. Durante un viaggio Wei
incontrò, sui gradini
di un tempio, un anziano appoggiato con la schiena a un sacco che stava
consultando un libro. Wei chiese all'uomo cosa stesse leggendo;
l'anziano
rispose di essere il Dio dei matrimoni e, dopo aver guardato il libro,
disse a
Wei che sua moglie ora era una bimba di tre anni e che avrebbe dovuto
attendere
altri quattordici anni prima di conoscerla. Wei, deluso dalla risposta,
chiese
cosa contenesse il sacco; l'uomo rispose che lì dentro c'era
del filo rosso che
serviva per legare le mani di mariti e mogli. Quel filo è
invisibile e
impossibile da tagliare, per cui una volta che due persone sono legate
tra loro
saranno destinate a sposarsi indipendentemente dai loro comportamenti o
dagli
eventi che vivranno. Queste parole non convinsero Wei che, per sentirsi
libero
di scegliere da solo la donna da sposare, ordinò al suo
servo di uccidere la
bambina destinata a diventare sua moglie. Il servo pugnalò
la bambina ma non la
uccise: riuscì soltanto a ferirla alla testa e Wei, dopo
quegli eventi,
continuò la sua solita vita alla ricerca della moglie.
Quattordici anni dopo
Wei, ancora celibe, conobbe una bellissima ragazza diciassettenne e si
sposò
con lei. La ragazza portava sempre una pezzuola sulla fronte e Wei,
dopo molti
anni, le chiese per quale motivo non se la togliesse nemmeno per
lavarsi. La
donna, in lacrime, raccontò che quando aveva tre anni fu
accoltellata da un
uomo e che le rimase una cicatrice sulla fronte; per vergogna la
nascondeva con
la pezzuola. A quelle parole Wei, ricordandosi dell'incontro con il Dio
dei matrimoni
e dell'ordine che dette al suo servo, confidò alla donna di
essere stato lui a
tentare di ucciderla. Una volta che Wei e la moglie furono a conoscenza
della
storia si amarono più di prima e vissero sereni e felici-
-Quindi,
nonna, secondo questa leggenda, anche io sono
legata ad una persona?- domandò Rin alzandosi di scatto.
Kaede
la guardò con dolcezza.
-Sei
ancora così giovane, bambina mia. Non è ancora il
momento di pensare a queste cose- disse mentre le depositava un bacio
sulla
fronte e con la mano destra la rispingeva nuovamente sul fouton.
Rin però sentiva che quella risposta non le bastava.
-Però
nella storia la bambina ha tre anni, io invece ne ho
undici… e se l’avessi già incontrato
senza saperlo?-
-Potresti,
è vero- le confermò la nonna, mentre spegneva la
luce.
-Nonna!-
la richiamò Rin poco prima che Kaede chiudesse la
porta e sparisse dalla sua vista.
-Dimmi,
bambina mia-
-Ricordi
la storia delle anime gemelle?- domandò ed ottenne
un verso di affermazione.
-Se
è vero che le anime gemelle sono destinate ad
incontrarsi nuovamente in un’altra vita, forse io ho
già incontrato la persona
destinata a me in una vita precedente- disse dolcemente Rin, mentre il
sonno si
impossessava del suo corpicino.
Kaede
sorrise, poi chiuse la porta e lasciò la bambina in
balia dei suoi sogni.
***
Il
campanello della porta suonò insolitamente presto
nonostante fosse domenica mattina. Rin si trovava in cucina in quel
momento,
completamente immersa nei compiti di matematica per il giorno dopo.
Chissà chi era, eppure non aspettavano nessuno.
Si alzò e corse ad aprire.
Si ritrovò davanti un signore molto alto, con indosso una
divisa che sembrava uscita da una tintoria pochi istanti prima, tanto
era
pulita e ben stirata. Rin osservò i tratti del suo viso
piuttosto marcati, che
davano all’uomo un’espressione dura e severa. Se ne
stava lì in piedi con un
pacchettino in mano.
-Desidera?-
chiese Rin, rimanendo ben salda alla porta.
-È
lei la signorina Rin Damashita?- domandò lo sconosciuto
in tono professionale.
-Sì-
rispose confusa lei.
Subito
si ritrovò sotto il naso in pacchetto bianco che
l’uomo teneva in mano.
-Questo
è per lei- la informò, poi si girò e
se ne andò
veloce come era arrivato.
Rin
non ebbe nemmeno il tempo per realizzare cosa stesse
succedendo, che l’uomo se n’era già
andato a bordo della sua macchina scura.
-Chi
era Rin?-
-Non
ne ho idea nonna, era un signore che mi ha consegnato
questo pacchetto- rispose sinceramente Rin.
Si
avviò in cucina, agguantò un paio di forbici per
tagliare
in nastro rosso che teneva unito il pacco e con verace
curiosità svelò il
contenuto. Rin rimase, se possibile, più sorpresa di prima
quando vide una
divisa scolastica, la divisa della sua scuola, nuova di zecca.
-Ma…
ma chi può avermi mandato un uniforme nuova? Proprio
ora che ho rovinato la mia?- si domandò la bambina.
Poi
come un fulmine a ciel sereno, le venne in mente chi
potesse essere l’autore di quel regalo: l’uomo che
qualche giorno prima aveva
rischiato di investirla con la macchina.
Prese la divisa tra le mani e, stringendola, sussurrò un
impercettibile grazie.
***
2
ANNI
DOPO
Rin
non capiva dove si trovasse, era un luogo così
misterioso, avvolto nella nebbia. Teneva nella mano delle redini, ma
quello che
stava guidando non era un cavallo, bensì un essere a due
teste, che le
ricordava un drago. Eppure quella creatura non le faceva per niente
paura, anzi
sentiva dentro al petto un sentimento di affetto.
-Vai
Ah-un!- gridava continuando a ridere.
Non
sapeva quale fosse la sua direzione, ma non le
interessava nemmeno. Le bastava essere lì in compagnia di
quel drago. Alzò lo
sguardo e vide ancora una volta la figura di un uomo, una figura bianca
e
lucente. I lunghi capelli che volavano nel vento. Era molto
più avanti di lei.
Rin sentiva in quel momento il desiderio crescente di
raggiungere quella sagoma che a poco a poco diventava sempre
più piccola, quasi
non si curasse del fatto che lei fosse rimasta indietro.
Voleva andare più veloce, voleva stargli accanto. Vicino a
quella figura che per lei significava protezione e ammirazione. Doveva
assolutamente raggiungerlo.
-Aspettatemi…-
urlò la bambina.
E
poi la sveglia suonò ancora una volta e la
strappò
nuovamente da quel sogno così eccitante.
Rin, automaticamente, la spense e si alzò subito.
Un’altra mattina, un nuovo giorno. Eppure ora non le
pesavano più i giorni che si susseguivano veloci, anzi non
vedeva l’ora ogni
sera di cominciare un nuovo giorno. Ormai era una ragazzina di tredici
anni e
in due anni molte cose erano cambiate. Per prima cosa aveva iniziato la
scuole
medie, diventando a tutti gli effetti una teenager, la sua altezza
aveva
guadagnato alcuni centimetri extra, il suo corpo pure accennava una
leggera
maturazione: il seno aveva iniziato a crescerle timidamente e i fianchi
avevano
assunto una leggera curvatura.
Ma la cosa più importante era che quello era il suo secondo
anno nella scuola della signora Midoriko no Tama, la compagnia Sengoku.
Rin era grata alla nonna per ogni singolo giorno che
trascorreva in quelle quattro mura, circondata da tanti studenti come
lei. Non
sapeva come, ma Kaede, dopo aver parlato con la signora Midoriko, le
aveva
detto che avrebbe potuto frequentare la scuola senza alcuna esitazione.
In quel
momento non si era domandata come fosse stato possibile, anche se la
piccola
sapeva che non erano una famiglia ricca e che la nonna faticava molto
per
garantirle una vita confortevole. La verità era che la gioia
e l’eccitazione
avevano preso il sopravvento e aveva travolto la nonna con la sua
allegria: le
era saltata al collo, riempendola di lunghi e appassionati baci.
Anche Kanna ora faceva parte della scuola, ma per lei era
abbastanza scontato: la sua famiglia era benestante e non esistevano
problemi
di soldi.
In
quegli ultimi due anni era cresciuta molto come attrice e
aveva imparato tanto, molto più di quanto pensasse. La
signora Midoriko era
molto severa, ma Rin capiva che spesso era necessario per far crescere
gli
studenti e per spronarli a migliorare.
La scuola di recitazione le occupava quattro pomeriggi a
settimana, inoltre aveva molte materie da studiare, tra cui anche
dizione e
danza tradizionale giapponese. All’inizio non le piaceva
molto il fatto di
dover studiare anche danza, ma in maniera progressiva si era sempre
più
appassionata a quelle lezioni. Spesso danzava da sola in camera sua,
facendo
finta di essere un’eterea geisha vestita con abiti suntuosi e
pregiati,
ammirata e acclamata da tutti.
Per
ora avevano messo in scena quattro commedie: durante
l’anno scolastico erano previsti due spettacoli, tenuti a
Natale e prima delle
vacanze estive.
Il
primo era stato “Le avventure di Tom Saywer” ma sia
Rin
che Kanna avevano ottenuto delle parti minori, in quanto ritenute
ancora
inesperte dai loro insegnati. In estate era stato allestito lo
spettacolo
“Alice nel paese delle meraviglie”, dove questa
volta lei aveva ricoperto il
ruolo dello stregatto. E ancora c’erano stati “Il
flauto magico” e poi “Il
gatto con gli stivali”.
Anche
in queste ultime rappresentazioni, Rin non aveva
ottenuto un grande ruolo e la cosa l’aveva delusa non poco.
Un
giorno si era fermata più del dovuto a scuola e stava
provando a una parte che non era la sua.
Il caso volle che in quel momento stesse passando accanto
alla porta dell’aula la signora Midoriko, la quale si era
fermata ad osservare
la sua allieva. Guardava i suoi movimenti, la vivacità che
cercava di infondere
ai suoi personaggi. Secondo lei Rin era una ragazzina davvero dotata,
ma aveva
bisogno di crescere a livello professionale. Ma dentro di sé
sapeva che un
giorno sarebbe diventata una bravissima attrice. Non lo aveva ancora
detto alla
bimba perché non voleva che si rilassasse troppo, al
contrario cercava sempre
un modo per spingerla a migliorarsi.
Mentre continuava a studiarla da dietro la porta, decise che
era arrivato il momento di insegnarle qualcosa di nuovo:
aprì la porta ed entrò
nella sala silenziosamente.
Rin
era completamente assorbita dalla sua privata
performance, non si accorse minimamente della presenza della sua
insegnante.
-Come
mai non stai imparando la tua parte?- le domandò poi
all’improvviso la maestra.
Rin
sobbalzò dallo spavento. Si girò lentamente e la
vergogna si impossessò di lei. Accidenti che brutta figura!
-Sensei,
mi perdoni… è che ero molto attratta dalla parte
della protagonista, anche se…-
-Anche
se non è stata assegnata a te?-completò Midoriko
al
suo posto.
Rin
annuì.
-Sai,
Rin, anche io quando ho iniziato a recitare non ho
ottenuto fin da subito le parti della protagonista e la cosa mi
dispiaceva
molto, mi sentivo poco brava per ricoprire un ruolo principale-
-Davvero,
sensei?- chiese stupita la ragazzina. Le sembrava
così difficile da credere: per lei la signora era nata per
le parti da
protagonista.
-Sì.
Anche io come te mi nascondevo da qualche parte a
provare un ruolo che non mi era stato assegnato. Ma sai una cosa? Con
il tempo
ho imparato che non esistono parti piccole, ma solo piccoli attori-
Rin
la guardò confusa, cosa stava cercando di dirle?
Midoriko
fece un passo avanti verso di lei, le poggiò una
mano sulla spalla e disse:- Ogni ruolo è importante Rin,
senza i personaggi
minori un’opera non potrebbe esistere. Il più
delle volte un personaggio minore
serve per dare un pizzico di colore e di brio allo svolgimento della
trama, che
se si reggesse solo sui protagonisti, risulterebbe anche noiosa.
Potranno
sembrarti ruoli di poco conto, ma non è così:
ogni ruolo serve per portarti un
passo avanti, verso l’abilità di poter indossare
ogni maschera-
Rin
l’ascoltava rapita. Le parole della sua sensei le
avevano posto sotto un’altra luce la realtà. Si
sentì molto stupida ad aver
preso sottogamba quel ruolo.
-Ed
ora, fammi vedere come pensavi di interpretare il tuo
personaggio- disse Midoriko mentre prendeva posto su una sedia vicina
al muro.
Rin
sorrise e annuì travolta da un ritrovato entusiasmo.
Aprì il copione e mostrò alla sua insegnante
tutto quello che aveva capito
riguardo al suo ruolo.
Midoriko,
a braccia conserte, la osservava in silenzio.
Pensò dentro di sé quanto fosse straordinaria
quella ragazzina: le erano
bastate le sue parole per ritrovare l’energia necessaria ad
impegnarsi. Fin dal
primo giorno, quando l’aveva vista recitare alle scuole
elementari, aveva visto
in lei uno straordinario talento, un desiderio bruciante che in pochi
avevano.
Rin era quel tipo di persona che all’apparenza sembrava
uguale a tutti gli
altri, ma non appena saliva su un palco si faceva trascinare da quel
demone
chiamato ispirazione. Per lei era naturale salire su un palco e
riuscire a
catalizzare l’attenzione su di lei, a suo modesto parere Rin
era destinata a
diventare una grande attrice. Sicuramente c’erano tante cose
da correggere e da
insegnarle, ma era una giovane ragazza, aveva davanti a sé
tutto il tempo per
imparare.
Rin, nel frattempo, continuava a recitare le sue battute. Si
muoveva come le avevano detto i suoi insegnanti, cercava di colorire
ogni
parola, di darle una sfumatura diversa. Sotto l’occhio vigile
della signora
Midoriko si sentiva al sicuro. Adorava recitare, era una cosa che non
poteva
assolutamente controllare. Ci metteva tutta sé stessa.
Quel
giorno Rin imparò a non sottovalutare nulla e promise a
sé stessa che si sarebbe impegnata al massimo in ogni ruolo,
poco importava se
fosse grande o piccolo. Se questo era il prezzo da pagare per diventare
un’attrice talentuosa in un prossimo futuro, lo avrebbe
pagato senza alcuna
esitazione.
Nei
quattro anni precedenti la il Destino aveva dato alla
piccola Rin un piccolo assaggio, quasi una sorta di anteprima, di come
sarebbe
cambiata la sua vita, ma lei non ci aveva fatto minimamente caso. Tutto
cambiò un
tiepido giorno di autunno: la scuola era da poco iniziata, quello era
il suo
ultimo anno delle scuole medie e per la compagnia teatrale Sengoku si
annunciava un periodo di grandi cambiamenti: per prima cosa la
compagnia di
attori stabili stava iniziando ad assumere contorni ben definiti, molti
erano i
ragazzi che a poco a poco avevano abbandonato le dure lezioni a cui la
signora
Midoriko sottoponeva i suoi allievi, affiancata dall’altro
maestro, il signor
Saya.
Rin
aveva finito da poco le lezioni e aveva raggiunto subito
la scuola, pronta per cimentarsi nelle prove dello spettacolo di
Natale. I
ruoli non erano ancora stati definiti, per ora la compagnia si era
limitata
alla prima lettura del copione. Quell’anno avrebbero messo in
scena “Sogno di
una notte di mezza estate”, il capolavoro di William
Shakespaere. Rin sperava
con tutto il cuore di poter ottenere una parte importante. Dentro di
sé sapeva
di essere cresciuta molto come attrice, i suoi stessi insegnanti glielo
riconoscevano: aveva imparato a controllare la sua voce, si era
esercitata ogni
sera con la dizione per poter cancellare qualsiasi inflessione
dialettale e si era applicata sempre di più nella danza
tradizionale
giapponese.
Ricordava
bene la lezione che alcuni anni prima Midoriko le
aveva insegnato, ma ora in cuor suo si sentiva pronta per poter
cimentarsi in
qualcosa di più.
Stava
pensando questo mentre si apprestava a varcare la
soglia della porta, quando una voce familiare la riportò
alla realtà.
-Ciao
Rin cara!- trillò una voce maschile, mascherata da un
pretenzioso falsetto, dandole una leggere pacca sulla spalla sinistra.
La
ragazzina si girò verso il suo interlocutore e rispose:-
Ciao, Jakotsu! Ti vedo radioso oggi, novità
all’orizzonte?-
Jakotsu,
sfoderando un sorriso a trentadue denti e con gli
occhi luccicanti, le fece capire che qualcosa di importante era
accaduto.
Anche lui faceva
parte della compagnia Segonku ed era uno dei ragazzi più
stravaganti che Rin
avesse mai conosciuto: spesso si presentava a scuola con un filo di
ombretto e
le labbra velate da un burro cacao alle fragole che conferiva un colore
più
intenso alle sue labbra. Solitamente i capelli erano raccolti in
un’elaborata
acconciatura, tenuta da un fermaglio dal gusto vintage. Jakotsu aveva
due anni
in più di Rin ed era uno dei ragazzi più
poliedrici della compagnia: era bravo
nel cimentarsi nell’interpretazione di ruoli femminili, ma
anche nel sapere
calarsi nei panni di un uomo forte e virile.
Rin aveva stretto una bella amicizia con lui, sincera e
irriverente.
Entrarono
in un grande ingresso che ospitava un gabbiotto,
quello della segretaria della scuola: era una donna sulla cinquantina,
dal
fisico tendente alla pinguetudine, con i capelli tagliati in un
caschetto
disordinato, il tutto contornato da un paio di buffi occhiali rotondi.
-Buonasera,
ragazzi!- li salutò, accogliendoli
calorosamente.
Sia
Rin che Jakotsu ricambiarono il sorriso, poi si
avviarono verso un corridoio sulla sinistra e, successivamente,
entrarono in
una sala prove. Alcuni attori della compagnia già erano
all’opera e si stavano
scaldando con alcuni esercizi vocali.
-Ciao,
Shippo- cinguettò Rin affettuosamente al ragazzino
dai capelli rossi. Shippo era l’ultimo arrivato nella scuola
di recitazione,
aveva quattordici anni e frequentava il primo anno delle superiori.
Nella
sala prove c’era anche un ragazzo con una lunga
treccia nera che gli ricadeva lungo la schiena, Bankotsu, uno dei
ragazzi più
grandi, nonché cugino di Jakotsu.
Gli altri attori non erano ancora arrivati, quindi Rin e
Jakotsu ne approfittarono per cambiarsi e indossare una comoda tuta per
le
prove al posto della divisa scolastica.
A poco a poco tutti gli altri arrivarono puntuali: Ayame,
una ragazza coetanea di Rin dai lunghi capelli rossi; Koga e Miroku,
studenti
del liceo e compagni di classe di Bankotsu e Jakotsu; Sango, Kohaku ed
infine
Hakudoshi. A tutti questi si aggiungeva anche Kanna.
Si
ritrovarono tutti a chiacchierare amabilmente in attesa
dell’arrivo del loro insegnante, il signor Saya.
Rin,
nel corso di quei due anni, aveva avuto modo di
stringere un rapporto molto stretto anche con le altre due ragazze
della
compagnia: Ayame, che tra tutti gli attori si distingueva per la sua
vivacità
ed i suoi modi esuberanti; e Sango, una ragazza dai lunghi capelli
scuri, di un
anno appena più grande di Rin, Kanna e Ayame. Sango era una
ragazza dal
carattere molto forte, che difficilmente parlava a vanvera, ma che
sapeva anche
essere molto dolce con le persone a cui voleva davvero bene. Madre
natura,
inoltre, l’aveva dotata di un fisico alto e slanciato, che
difficilmente
passava inosservato, e che la ragazza curava con una buona dose di
attività
fisica, in particolare con le arti marziali, apprese dal padre fin
dalla tenera
età.
Miroku,
anche soprannominato “il maniaco”, soprattutto da
Jakotsu, era un ragazzo di sedici anni dai profondi occhi azzurri.
Aveva da
sempre una cotta per Sango, anche se lei faceva di tutti per respingere
le sue
avances, salvo poi arrabbiarsi quando il ragazzo rivolgeva le sue
attenzioni
altrove. Al gruppo si aggiungeva poi Koga, demone lupo dai modi
arroganti.
Ayame, come Miroku per Sango, aveva una cotta disperata per lui, ma al
contrario dell’amico faceva di tutto per non far trapelare i
suoi sentimenti.
Molte volte si era confidata con Rin, incapace di riuscire a trovare
una
soluzione alla sua situazione, senza nemmeno una volta prendere in
considerazione l’idea di dichiararsi.
Hakudoshi,
invece, era un ragazzino di dodici anni, che
sembrava la versione maschile di Kanna: alto, magro, dalla pelle
diafana ed i
capelli chiari. Non parlava molto, spesso sul suo viso era stampata un
espressione enigmatica. Per Rin era davvero difficile capire cosa gli
passasse
per la testa.
Infine
c’era Kohaku, fratello di Sango e coetaneo di Rin.
Kohaku era un dolce ragazzo, timido e dal viso puntellato di simpatiche
lentiggini. Lui e Rin andavano molto d’accordo e la ragazza
si sentiva legata a
lui in modo particolare, vedendo in lui una sorta di fratello maggiore.
Molto
spesso Kanna aveva chiesto alla sua amica se per caso non ci fosse
qualcosa in
più tra di loro, ma Rin aveva sempre negato in maniera
insistente.
-Insomma,
oggi si decideranno ad assegnarci i ruoli?- sbottò
Koga una volta che furono tutti presenti in sala prove.
-Spero
proprio di sì- intervenne Ayame- perché io ho
paura
di non fare in tempo a memorizzare il copione per Natale!-
-Ma
cosa dici, Ayame?- la sbeffeggiò Bankotsu- Mancano
ancora tre mesi e tu hai paura di non farcela?-
La
diretta interessata arrossì leggermente, infastidita per
essere stata ripresa davanti a Koga:- Guarda che se le conti non sono
così
tante le prove!- sottolineò lei, ancora più rossa
di prima.
-Mi
chiedo che ruolo avrà in mente di assegnarci Midoriko-
disse pensierosa Sango.
-Io
credo che Jakotsu sarebbe una Ermia perfetta!- insinuò
Hakudoshi, guardando il diretto interessato.
-Puoi
dirlo forte, mio caro!- rispose subito il ragazzo,
alzando il mento verso l’alto ed assumendo
un’espressione di trionfo.
Le
risate che seguirono queste parole furono subito
interrotte dal battito di mani del maestro Saya e della signora
Midoriko.
Gli allievi, alla loro presenza, fecero subito silenzio e si
posizionarono all’interno della sala, pronti per cominciare i
loro esercizi.
Rin, che si trovava di fianco a Kanna, come sempre non riusciva a non
rivolgere
uno sguardo pieno di ammirazione nei confronti della signora Midoriko.
La
trovava fonte di grande ispirazione per il suo futuro, magari un giorno
anche
lei sarebbe diventata una donna come lei.
La donna, facendo due passi avanti, guardò i suoi allievi e
cominciò a parlare:- Bene, ragazzi, come sapete questo
Natale metteremo in
scena “Sogno di una notte di mezza estate”. Ho
assegnato i ruoli, in modo da
poter lavorare sodo fin da ora e poter portare in scena uno spettacolo
ben
studiato-
Nessuno
disse una parola: erano troppo curiosi di sapere
quale sarebbe stato il loro personaggio. Rin dentro di sé
pregava con tutto il
cuore di poter avere il ruolo del folletto Puck: in quei giorni in cui
era a
stata a casa a leggere il copione, aveva avuto modo di innamorarsi di
questo
personaggio. “Sarebbe bello potergli dare un volto”
aveva pensato tra sé e sé
mentre il sonno prendeva il sopravvento su di lei.
-I
ruoli di Oberon e Titania sono stati assegnati
rispettivamente a Miroku e Sango-
Miroku
non stava più nella pelle: avere un ruolo con la sua
Sango era un sogno che si realizzava. Dal canto suo la ragazza assunse
un’espressione preoccupata: chissà quante volte
quel maniaco avrebbe allungato
le mani con la scusa della finzione scenica!
-Ermia
sarà interpretata da Kanna, mentre Elena la farà
Ayame. I ruoli di Lisandro e Demetrio, vanno a Kohaku e Koga. Abbiamo
poi
Shippo, Hakudoshi, Bankotsu e Jakotsu nel ruolo degli artigiani. E per
finire
Rin, che ricoprirà il ruolo del folletto Puck-
Rin,
che in quel momento si stava stritolando le mani per
l’agitazione,
alzò subito gli occhi verso la sua insegnante, incredula.
-Io…
Puck?- chiese la ragazza, come se pensasse che quello
fosse solo uno scherzo di pessimo gusto.
Midoriko
la osservò con un sorriso appena accennato sulle
labbra.
-Non
mi deludere Rin- disse poi la donna, confermandole che
non si trattava di un sogno.
Rin
sentì il petto esploderle dalla felicità.
Finalmente,
dopo un duro allenamento, era arrivato il momento in cui aveva ricevuto
un ruolo
che desiderava.
Ce l’avrebbe messa tutta, promise a sé stessa che
non
avrebbe deluso le aspettative della sua insegnante.
-Bene,
ora se volete scusarmi, vi lascio nelle mani di Saya.
Io ho delle questioni da risolvere. Buon lavoro ragazzi-
annunciò poi la donna,
uscendo dalla stanza e avviandosi verso il suo ufficio.
Si
diresse lungo il corridoio, facendo ticchettare i tacchi
delle scarpe sul pavimento appena lucidato. Nonostante
l’espressione fiera,
dentro di sé Midoriko si sentiva inquieta, poco sicura di
sé stessa. Sapeva che
dietro la porta che stava per aprire, si sarebbe di lì a
poco svolta una
battaglia, dalla quale lei doveva uscirne più che mai
vincitrice.
Poggiò la mano sulla maniglia della porta,
abbassò lo
sguardo e prese fiato, sperando di trovare un po’
più di coraggio. Poteva udire
distintamente i battiti accelerati del suo cuore.
Non era la prima volta che lottava per qualcosa, lo aveva
sempre fatto del resto e la vittoria era sempre arrivata puntuale.
Anche
stavolta avrebbe tirato fuori le unghie e i denti per tenersi stretta
ciò che
era suo.
Aprì la porta con decisione ed entrò nel suo
studio.
Ad attenderla c’erano due persone, per la precisione due
giovani uomini, i quali si girarono subito al rumore della porta che si
apriva.
Midoriko
non potè fare a meno di notare che i due non
potevano essere più diverse che mai, non solo fisicamente ma
anche negli
atteggiamenti.
Studiò
prima il ragazzo che si trovava alla sua destra: era
un ragazzo alto, dai lunghi capelli neri e gli occhi stranamente rossi,
che
incutevano un certo timore in chiunque vi si soffermasse. Midoriko
sentì un
brivido di inquietudine salirle lungo la schiena. Non le piaceva la
sensazione
che stava provando in quel momento. Notò che ostentava
un’espressione sicura,
fin troppo. Il ragazzo se ne stava in piedi, con una mano dentro la
tasca dei
pantaloni ad osservarla con un ghigno beffardo sul volto.
Da
quanto ricordava, Midoriko non aveva mai incontrato una
persona così sgradevole al primo sguardo. Non le piaceva per
niente quell’uomo.
Cercò
in tutti i modi di non farsi dominare da quel senso di
rifiuto che sentiva crescere in lei nei confronti del ragazzo e
passò poi ad
osservare il giovane alla sua destra: anche lui era notevolmente alto,
ma al
contrario del suo contraltare, aveva i capelli lunghi e argentei, con
un viso
dai lineamenti affilati ed eleganti, abbelliti da due occhi color
ambra. La
donna notò i segni demoniaci sul volto: doveva essere un
demone maggiore, senza
alcun dubbio.
Il secondo ragazzo, nonostante la freddezza che trapelava
dal suo sguardo, ispirava molta più fiducia a Midoriko. Non
che fosse una
persona alla quale affidare la propria vita, ma sicuramente sembrava
molto più
leale dell’altro ragazzo.
-Bene,
ma che onore trovare nel mio ufficio i due rampolli
dell’industria dell’intrattenimento-
esclamò Midoriko per spezzare il silenzio.
Poi,
con calma studiata, chiuse lentamente la porta alle sue
spalle. Con altrettanta lentezza si avvicinò alla sua
scrivania, superò i due
ragazzi e si trincerò dietro la protezione della sua
scrivania di legno scuro.
Entrambi i ragazzi la guardarono compiere quei movimenti
silenziosamente. Se uno spettatore fosse entrato in quel momento,
avrebbe
sicuramente detto che quei tre personaggi stavano mettendo in scena una
scena di
caccia del regno animale, tanto prestavano attenzione al movimento e
dalla
mancanza di movenze e parole superflue.
Midoriko si sedette, poggiando la schiena sul morbido
schienale della sua sedia girevole.
-Comincio
a pensare di essere una persona molto importante,
se mi sono stati mandati qui i due futuri presidenti delle due
emittenti più
famose del Giappone: la No Taisho production e la Onigumo co.- disse
lei
rompendo il silenzio, cercando di dominare la sua voce il
più possibile- a cosa
devo la vostra visita, Naraku e Sesshomaru?-
I
due rivali, perché tali erano in ogni circostanza
lavorativa, si scambiarono una leggera occhiata carica però
di spirito
battagliero. Sesshomaru non lasciava molto spazio alle emozioni,
sembrava quasi
impassibile. Intrappolato in quel vestito elegante, sembrava che poco
gli
interessasse di quella visita. Quando suo padre lo aveva incaricato di
recarsi
dalla famosa attrice Midoriko No Tama per convincerla a vincolare la
sua scuola
in un contratto con la loro società, non immaginava
minimante che si sarebbe
dovuto trovare a stretto contatto con Naraku, primogenito del fondatore
della
Onigumo co.: Ryukotsusei Onigumo.
Sesshomaru mal sopportava la sua presenza, lo trovava un
borioso fin troppo convinto nell’efficacia delle proprie
abilità. Poco gli
interessavano le voci dei tabloid che gli attribuivano una vita sociale
molto
promiscua e vivace, non era quello che lo interessava; lo disprezzava
perché
aveva avuto modo di constatare quanto fosse subdolo e manipolatore con
le persone.
Molte volte aveva approfittato di giovani attrici, solo per il gusto di
poter
avere un rapporto più intimo con loro, o aveva rubato un
lavoro originale di
qualche sconosciuto e squattrinato giovane sceneggiatore in cerca di
fortuna.
Ma soprattutto, prima di tutte le ragioni etiche, Sesshomaru non
sopportava il
suo status sociale di mezzo demone.
Non solo lui provava un inimmaginabile rifiuto nei
confronti di questi ibridi, ma la cosa che lo faceva infuriare di
più era la
sicurezza con cui Naraku, ogni volta in cui si erano incontrati, gli si
rivolgeva, quasi come se si sentisse un suo pari.
Nella
mente di Sesshomaru una cosa del genere era del tutto
impossibile: erano i demoni gli unici esseri superiori, gli umani ed i
mezzi
demoni erano alla stregua di scarafaggi. Nonostante ciò non
poteva sottrarsi
dal mandare avanti la società che suo padre aveva messo in
piedi nel corso
degli anni e si era dovuto sforzare molte volte per mascherare il suo
disgusto
nei confronti del genere umano, dal momento che avrebbe dovuto aver a
che fare
con loro a causa del lavoro.
Dal canto suo Naraku sembrava provare una certa
soddisfazione dal fastidio di Sesshomaru, quasi come se per lui il
fatto di
renderlo nervoso fosse un piacevole passatempo.
-Credo,
signora Midoriko, che sia io che il mio collega- e
Naraku ci mise molta cura nel sottolineare con enfasi quella parola-
abbiamo
entrambi fatto male i nostri calcoli per poter parlare con lei-
Midoriko
rimase in silenzio. Sapeva perfettamente che cosa
volessero entrambi da lei.
-Non
mi sarei mai aspettata una visita di cortesia da voi,
naturalmente- controbattè Midoriko in tono sarcastico. A
quelle parole Naraku
scoppiò in una risata.
-Suvvia,
non sia così guardinga…-
-Quello
che sta cercando di dire il signore è che siamo venuti
per presentarle delle proposte vantaggiose per lei e la sua piccola
compagnia.
Ovviamente, quella proposta dalla No Taisho prevede dei grandi vantaggi
per lei
ed i suoi allievi- lo interruppe Sesshomaru, arrivando al dunque e
battendo sul
tempo il suo rivale.
-E
ditemi- continuò Midoriko, poggiandosi comodamente sulla
poltrona- che vene fate di un’attrice ormai ritiratasi dalle
scene, che ha
messo in piedi una piccola compagnia di attori?-
Midoriko
ancora una volta cercava di prendere alla larga il
discorso. Intrecciò le dita delle mani tra di loro, come se
fossero una sorta
di scudo protettivo.
-Non
giriamoci troppo intorno- continuò Sesshomaru, che
ormai aveva preso il posto di Naraku nella contrattazione- ovviamente,
quello
che vogliamo è rimettere in scena ciò che tutto
il Giappone considera un
capolavoro: il “Sengoku Monogatari”-
La
donna sentì qualcosa crescerle dentro al petto: un misto
tra fastidio e preoccupazione. Non avrebbe mai permesso che qualcuno
glielo
rovinasse.
-Come
sapete, sono anni che altre società mi propongo
contratti allettanti, ma io non ho intenzione di rovinare
un’opera così bella
solo per poterla vendere al grande pubblico- sentenziò
Midoriko.
-Lo
dice perché l’autore del libro è il suo
defunto marito?-
sottolineò Naraku ancora una volta con cattiveria.
Midoriko
si sentì punta sul vivo. Appoggiò i palmi delle
mani sulla scrivania, fece un respiro profondo e lentamente si
alzò in piedi.
-Forse
lei è ancora troppo giovane per poter capire, ma quel
libro è un tesoro che mio marito ha lasciato a me. Non mi
farò abbindolare da
false promesse di ricchezza. Ho soldi a sufficienza per poter mandare
avanti la
scuola-
Fu
Sesshomaru questa volta a parlare:- Sappiamo benissimo
che lei ha delle persone che le finanziano questa struttura. Ma mi
creda,
signora, le converrebbe valutare l’ipotesi di appoggiarsi ad
una società grande
quanto quella di mio padre: i soldi prima o poi finiscono-
-Siamo
entrambi disposti a tutto pur di averla con noi-
continuò infine Naraku, alzandosi all’altezza
della donna.
Questa
volta fu difficile riuscire a dominare le emozioni,
Midoriko respirava affannosamente, incapace di reprimere la rabbia che
sentiva
crescere dentro di lei.
-Mi
state minacciando?- domandò.
Entrambi
i ragazzi sogghignarono.
-Assolutamente
no. Le stiamo solo spiegando quanto sia forte
il nostro desiderio di averla con noi. Dopotutto lei è
stata, e rimane ancora
oggi, una stella del teatro giapponese- concluse Naraku.
-Se
non vi dispiace, vi chiedo cortesemente di andarvene.
Non abbiamo altro da dirci-
Nella
testa di Midoriko non c’era più niente da fare.
Una
battaglia del genere non poteva essere vinta da lei, che si trovava
sola a
fronteggiare due avversari tanto diversi ma temibili allo stesso modo.
Con
passo nervoso si avviò verso la porta e
l’aprì.
In
quel momento, quasi come una sorta di sipario, comparve
sulla soglia la piccola Rin, la quale assunse un’espressione
confusa e
sorpresa.
Sia Naraku che Sesshomaru guardarono quella ragazzina, uno
con il solito ghigno beffardo, mentre l’altro con
indifferenza.
Rin dal canto suo si sentiva piccola e indifese, forse aveva
scelto un momento sbagliato per far visita alla sua sensei.
-Hai
bisogno di qualcosa, Rin?- chiese poi Midoriko.
A
quel nome le orecchie di Sesshomaru iniziarono a prestare
più attenzione alla piccola umana che tremava come una
foglia. La guardò
attentamente e subito riconobbe ancora una volta la buffa ragazzina che
si era
trovata sul suo cammino per ben due volte. Notò che era
leggermene cambiata da
quando aveva rischiato di investirla con la macchina: il viso era
sempre
innocente e fanciullesco, ma a poco a poco i tratti del viso stavano
cambiando
e il corpo iniziava a prendere forme femminili. Era ancora acerba
però, ci
sarebbe voluto del tempo per poterla vedere trasformata in una donna.
-Sensei,
chiedo scusa per l’interruzione, ma speravo potesse
aiutarmi con il mio personaggio…- disse la ragazzina,
cercando di
giustificarsi.
Mentre
parlava pose lo sguardo sulle due figure che aveva
davanti. Si soffermò soprattutto sulla figura di un uomo
alto, dai capelli
argentati e dagli occhi dorati. Si fermò e lo
guardò per qualche istante in
maniera interrogativa. Chiuse leggermente gli occhi, riducendoli a due
fessure,
come se così potesse essere agevolata con la memoria.
Poi improvvisamente si ricordò tutto.
-Ma…
ma lei è il signore che mi ha ripagato la divisa
scolastica!- esclamò Rin guardandolo negli occhi.
Tutti
i presenti si voltarono a guardare Sesshomaru, il
quale non si scompose. Si limitò a guardare di rimando la
ragazzina che si
trovava di fronte a lui e che ora avanzava timidamente verso di lui.
Rin aspettò di essere abbastanza vicina a lui, poi si
piegò
in un inchino e disse:-Non ho mai avuto modo di ringraziarla! Grazie
mille,
davvero!-
Nella
sala però riecheggiò solo una risata. Rin si
sentì
alquanto sorpresa, e anche un po’ infastidita,
alzò lo sguardo per vedere se
stesse ridendo di lei, ma quando incontrò le iridi color
ambra di Sesshomaru
lesse sul suo viso un’espressione infastidita, quasi quanto
la sua. Rin era sempre
più confusa: da chi proveniva quella risata di scherno? Di
certo non dalla
signora Midoriko, lei non si sarebbe mai permessa di ridere di lei e
della sua
educazione.
Poi si ricordò che nella stanza c’era anche
un’altra
persona, per la precisione un altro uomo. Si voltò lentamente guardarlo e vide che si
era portato una mano
alla bocca e cercava di mascherare malamente le sue risate.
-Sesshomaru,
non sapevo fossi un tale gentiluomo con le
ragazzine indifese!- sbottò lui punzecchiandolo, mentre si
avviava verso la
porta per congedarsi d quell’incontro.
Ancor
una volta Sesshomaru represse l’istinto di strappargli
via la giugulare e poi, quando Naraku sparì del tutto alla
vista, si rivolse
verso Rin e disse:-Spero che la misura andasse bene-
E
poi anche lui, salutando prima la signora Midoriko, si
congedò.
Rin rimase alquanto sorpresa: aveva usato un modo del tutto
personale per dirle che aveva gradito il suo ringraziamento.
Che strano personaggio, ogni volta che lo incontrava era
sempre per qualcosa di fugace e bizzarro.
Dentro di sé Rin si chiese se lo avrebbe rivisto ancora.
***
Salve
a tutti voi, miei cari
lettori. Chiedo scusa per la lunghezza del capitolo, ma quando inizio a
scrivere mi vengono in mente mille idee e cerco di metterle tutte su
carta.
Spero che il capitolo vi sia
piaciuto. Come avevo promesso, da adesso in poi gli incontri di
Sesshomaru e
Rin diverranno sempre più frequenti e il loro rapporto
avrà modo di crescere e
svilupparsi. Mi dispiace se può sembrare un po’
lenta la storia, ma vorrei di
darle uno stampo il più veritiero possibile. Inoltre vorrei
dare spazio anche
agli altri personaggi.
Ringrazio
ancora una volta
Gaudia, Yuzar, Maria76 e Seydna per aver commentato il capitolo
precedente.
Fatemi
sapere se il capitolo è
stato di vostro gradimento.
Al
prossimo capitolo!!!