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Autore: WhiteLight Girl    17/02/2019    2 recensioni
Sembra che tutto sia normale nella vita di Marinette, tra la scuola e la vita da supereroe, finché all'improvviso succede qualcosa e Ladybug si ritrova incapace di lasciarsi scivolare addosso le avance di Chat Noir. La sensazione di aver dimenticato qualcosa si fa largo nella testa della ragazza e si rifiuta di passare, mentre il suo istinto inizia a gridare di non fidarsi di Gabriel Agreste. Marinette si convince che ci sia sotto qualcosa, ma sarà davvero così o si sta solo allarmando per nulla?
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 3
Concorso


Sorridendo mentre Chat Noir le accarezzava una guancia, Marinette pensò che era proprio così che aveva sempre immaginato fosse il tocco di un pianista. I polpastrelli di lui le sfioravano la guancia premurosamente mentre le sorrideva.
La familiare fossetta che il suo sorriso generava si muoveva ogni volta che l’espressione di lui cambiava anche solo minimamente, Marinette non sapeva se fosse una sua impressione, ma le pareva quasi di non riuscire a mettere a fuoco bene i contorni del suo viso, concentrata com’era sui suoi occhi.
«Oh, Marinette...» sussurrò Chat Noir.
Lei inclinò il capo, lui si sporse verso di lei e premette il pollice sul suo mento. Con le labbra dischiuse, Marinette abbassò le palpebre, il cuore le batteva forte nel petto mentre sentiva il fiato di Chat Noir sul volto. Nulla e nessuno che avrebbe potuto risvegliarla da quel sogno.
«Adrien...» sussurrò.
Lui gemette, le loro labbra si sfiorarono.
«Marinette.» disse ancora una volta.
«Marinette!»
Il suo nome le rimbombò nelle orecchie, sollevò il mento dalla scrivania e sgranò gli occhi; era certa che tutti in classe la stessero guardando. Di sicuro lo stava facendo Adrien che, leggermente voltato verso di lei, aveva le sopracciglia corrucciate.
Non ho parlato nel sonno, vero? Si domandò Marinette. E deglutì, i pugni stretti sulle ginocchia per mascherare la tensione.
«Io... Scusate...» sussurrò con le guance accaldate.
Evitò lo sguardo degli amici, concesse solo una breve occhiata a Nino, poi puntò gli occhi contro la signorina Bustier che, notò con sollievo, la guardava comprensiva.
«Temo che sia ora di iniziare la lezione, Marinette, o preferisci forse andare a riposare fuori?»
Marinette si morse il labbro mortificata. «No, mi dispiace, signorina, non accadrà più.»
Lei annuì. «Me lo auguro, anche perché credo proprio che sarai molto interessata all’annuncio che sto per fare.» disse.
Il proiettore era già acceso, la lavagna interattiva pronta per ciò che la signorina stava per spiegare e, quando lei prese tra le mani il mouse del computer e aprì il file, restituì ai loro occhi un elenco di regole per qualcosa che Marinette non ebbe chiaro da subito.
«Il signor Agreste ha indetto un altro concorso di moda per studenti» annunciò «chiunque voglia partecipare è invitato ad iscriversi entro la fine della settimana ed a elaborare l’idea per un paio di scarpe alla moda che potranno essere inserite nella collezione del prossimo autunno.»
L’intera classe sospirò, i ragazzi iniziarono a borbottare qualcosa tra loro e, uno alla volta, tutti finirono per voltarsi verso Marinette.
Sentitasi all’improvviso al centro dell’attenzione, Marinette deglutì ed incassò la testa nelle spalle. «Cosa?» domandò.
Alya le sorrise. «Probabilmente sono tutti ancora troppo colpiti dal modo in cui l’ultima volta li hai stracciati e preferirebbero tenersi fuori dalla competizione.»
Scuotendo il capo, Marinette strinse le labbra. «Oh, ma non è detto che accada ancora, pensare di potercela fare è il primo passo per farcela davvero.»
Scorse il sorriso di Alix dall’altra parte dell’aula, Rose portò le mani alle guance arrossate.
«Quanto è vero!» la sentì dire.
«Quindi credi che dovremmo partecipare anche noi?» chiese Juleka.
Marinette annuì: «Certo, non dovreste mai permettere a qualcuno di impedirvi di farlo.»
Tutti sembrarono felici del suo parere, sollevati dall’incoraggiamento e propensi a darle ascolto, ma c’era comunque qualcuno che aveva preferito tenersi fuori da quell’atmosfera di fiducia e positività. Chloe non ci mise molto a farsi avanti per rovinare l’umore. «Come se non si sappia già come andrà a finire.» sbottò. Adrien le lanciò un’occhiata. «Chloe!»
«No, niente Chloe! Sappiamo che vincerà lei, partecipare non serve a nulla. Tu e tuo padre potreste anche smettere con questi concorsi ed assumerla direttamente a lavorare per voi, visto quanto la adorate.»
Marinette si sentì arrossire e strinse i pugni, ma prima che potesse ribattere la signorina Bustier esclamò: «Non dovresti fare un dramma se qualcuno è più bravo di te in qualcosa, sai? Se Marinette vincerà lo farà perché lo merita, non perché qualcuno la preferisce a chiunque altro.»
Mordendosi il labbro, Marinette chinò il capo grata per quelle parole. Fu allora che si ritrovò a leggere il labiale di Adrien, e lo scoprì a dire a Nino: «La mia Marinette vincerà di nuovo, lo so, perché lei è la più brava di tutti.»
Sentì il sangue ribollirle, il cuore che rimbombava nelle orecchie mentre il cervello metabolizzava come meglio poteva quelle parole. Poteva essere sicura che lui le avesse dette davvero? Alla fine della lezione aveva ancora quella domanda fissa in testa e, se non fosse stato per Alya e per la sua gomitata nelle costole data al momento giusto, non avrebbe neanche alzato la mano quando la signorina Bustier aveva chiesto chi volesse una copia del regolamento. Di nuovo, c’era scritto nell’ultimo punto della lista, Adrien avrebbe indossato il paio di scarpe che avrebbero vinto la competizione, c’era una possibilità che quelle scarpe fossero opera sua e, decisamente, questa volta non aveva intenzione di fare alcun errore.
Non ci sarebbero state piume, fu la sua prima decisione, perché già una volta aveva sfidato la salute di Adrien con un cappello ed ora voleva solo assicurarsi che non ci fosse nient’altro a cui fosse allergico.
Ripensò anche a come Gabriel Agreste si era comportato in quella situazione, a come avesse permesso che il ragazzo indossasse la bombetta anche se lo faceva stare male, ripensò a come – l’aveva realizzato solo dopo settimane – sarebbe bastato sostituire una piuma con qualcosa di artificiale e lui non avesse neanche provato a proporlo. Pensare a quell’uomo ed al suo comportamento le fece venire i brividi, non le fu chiaro il perché, ma quel giorno qualcosa le impediva di fidarsi e godersi a pieno l’annuncio del nuovo concorso.
Ferma sulla porta mentre aspettava che Adrien uscisse dall’aula, sospirò e si sforzò di calmarsi per permettersi di avere una conversazione civile e chiara con il ragazzo.
Stringeva ancora tra le dita il foglio con le istruzioni per il concorso, quando lui uscì dall’aula e la notò. Marinette gli sorrise, mentre lui si fermava e le sorrideva a sua volta.
«Volevo solo assicurarmi che non fossi allergico ad altro oltre che alle piume,» gli spiegò «così mi terrò alla larga da ciò che può farti male, nel caso dovessi vincere.»
Il sorriso di Adrien si allargò ulteriormente, quasi le parve che le gote si arrossassero sotto gli occhi lucidi e brillanti.
«Oh! Nient’altro, tranquilla!» le rispose, poi si chinò verso di lei e le baciò la guancia, prima di voltarsi e correre via.
Marinette rimase lì ferma, immobile e con la spalla premuta contro l’ingresso dell’aula, le gambe tremanti che non riuscivano a sorreggerla, le dita contratte che stropicciavano il foglio che stringevano, la mente immersa in una bolla piena di ovatta tiepida e leggera ed il cuore che batteva forte nel petto. Era come se la lava scorresse nelle sue vene dalla punta delle dita alle guance e fino alle orecchie; sarebbe rimasta lì a crogiolarsi in quella sensazione in eterno, se avesse potuto, ma qualcun altro sembrava avere altri piani.
Alya le sfiorò il fianco, solo allora Marinette si ricordò di lei e la trovò alle sue spalle, sorridente e con le braccia incrociate in attesa che si riprendesse dallo shock.
«Sembra che qualcuno sia improvvisamente finito in paradiso...» commentò la ragazza.
Marinette strinse le labbra, incapace di cancellare dal volto quello che era certa fosse un sorriso idiota, e si voltò verso di lei tremando.
Alya sospirò. «Voliamo via, farfallina, hai un paio di scarpe a cui lavorare.» commentò strofinando il dito sulla radice del naso.
   
 
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