Capitolo 12 -
Invenzioni e nascondigli
Lettera 86
Goditi questo
momento,
fratello, perché dubito che ti ricapiterà tanto
presto l’occasione di
utilizzare contro di me le mie stesse battute. È ovvio che
io e il guardone
ficcanaso dobbiamo essere davvero
disperati, per essere costretti a scambiarci le informazioni[1].
La cosa fa già ridere di
per sé, oltretutto. Il dio bianco capace di vedere ogni cosa
che deve chiedere
aiuto a me. Non ti nascondo che ho provato un brivido di soddisfazione,
quando
è venuto nel mio grazioso studio sopraelevato. Mi sono
crogiolato del suo
disagio, ho fatto pesanti allusioni alla mai abbastanza maledetta
ironia delle
Norne. Lui, con tutta probabilità, deve averti raccontato
che l’ho accolto al
mio solito, tronfio, modo: stravaccato su una poltrona con un sorriso
di
scherno sulle labbra e l’aria strafottente di chi crede che
tutto sia un gioco,
uno scherzo. Così ha detto, vero?
Heimdall ha un
cuore
puro: troppo, per i miei gusti. La sua volontà è
retta solamente dal desiderio
che Asgard prosperi e che nulla possa turbarla, ma se dovesse scegliere
tra te
e il nostro vecchio e glorioso padre, chi pensi seguirebbe? I suoi
occhi
gialli, a mio modesto parere, oscillerebbero verso la speranza
racchiusa nella
giovinezza[2].
Mi detesta perché gli
porgo queste domande schiette e crudeli e lui non sa cosa rispondermi,
dilaniato
tra il senso del dovere e la rettitudine che lo spingono a essere
sincero in
qualsiasi circostanza, anche con me. So di metterlo a disagio;
è abituato a usare
i suoi poteri per tenere d’occhio i Nove Regni tutti, ma io
riesco a
sfuggirgli, a nascondermi, a tessere magie tanto potenti da celarmi al
suo
sguardo impietoso. Lui non conosce le mie ombre o, perlomeno, non era
riuscito
a distinguerle quando avrebbe dovuto farlo e io questo lo so
– lo sappiamo
entrambi. Ha fallito.
Si muoveva a
disagio, il
guardiano. Non gli piaccio, non gli sono mai piaciuto; troppo mutevole,
caotico, ingestibile, ma ieri sera tu non c’eri e lui aveva
bisogno di
ripristinare l’ordine e proteggere gli Asi. A chi rivolgersi,
se il tonante è
assente, lontano, alla ricerca di un potere che condannerà
tutti a morte? Al
secondo in comando, ovviamente. A colui che crea e, allo stesso tempo,
risolve
i problemi di Asgard. Al principe bugiardo e malfattore. Ho accolto
Heimdall
come se lo aspettassi perché, in effetti, ero certo che,
prima o poi, sarebbe
passato da me. Ha inghiottito il suo orgoglio in nome
dell’Yggdrasill, si è
convinto a darti retta. È il tuo primo ammiratore, temo. I
convenevoli che ci
sono stati tra noi sono serviti unicamente a studiarci l’un
l’altro. Parole
vuote, senza un reale significato. Mi ha chiesto come stessi e non ha
mancato
di ringraziarmi per aver sostenuto la sua innocenza quando il sospetto
si era
abbattuto persino su di lui. Il fatto che il corpo di una delle vittime
fosse
proprio a casa sua lo ha offeso e indignato: il dio bianco è
troppo retto e
giusto per commettere un crimine, non ti pare? Eppure, nei suoi occhi
gialli,
ho letto anche altro: l’ombra del sospetto che io sappia
più di quanto non
ammetta. Come facevo a essere così sicuro che lui era
innocente? Perché lo
avevo difeso con forza, io, che ero e sono il dio della menzogna e
dell’inganno
e che avrei potuto vendicarmi del suo disprezzo anche solo rimanendo
neutrale?
Gli ho risposto
che si
trattava del potere. Potevo salvarlo e l’ho fatto. Sono un
principe
lungimirante e benevolo, gli ho detto col peggiore dei miei sorrisi.
Lui mi ha
guardato a lungo, con severità.
“Ti
servo, Loki.” Questo
mi ha detto.
Non è
poi così sciocco il
nostro caro guardiano, non trovi?
Lettera 87*
Non eri tenuta a
farmi
avere tue notizie.
Lettera 88
Moriremo, per
quello che
abbiamo fatto. La tua cieca speranza nella vittoria mi appare come
nient’altro
che l’illusione di un bambino. Ti stai crogiolando in un
sogno che renderà
solamente più doloroso il risveglio.
Moriremo, e io
spero solo
di farlo lontano da queste quattro, insopportabili mura.
L’universo intero
dipende dall’efficacia del nostro nascondiglio, dalla potenza
d’un incantesimo
che non dovrà essere rivelato nemmeno sotto tortura. Quello
che mi hai chiesto
di fare è proibito in così tanti modi e con tali
e tante leggi che violarle
tutte, lo ammetto, è stato quasi divertente. E poi,
diciamolo: cosa c’è di più
tremendamente ironico del nobile dio del tuono che chiede al fratello
maledetto, al figlio ingannato, alla reliquia rubata, al traditore di
Asgard,
di collaborare come ai vecchi tempi in nome di un fine più
alto? Siamo davvero
in una condizione disperata, fratello. La nostra unica speranza
è che non
riesca a trovare un veicolo, un oggetto magico capace di contenere,
canalizzare
e gestire tutte le pietre. C’è un solo luogo, in
tutto il cosmo, dove questo
potrebbe essere costruito[3].
Lettera 89
Ti sbagli, Thor.
Sei
totalmente, disperatamente, tristemente fuori strada. Non guardare a me
come la
fida spalla che sono stato, come l’alleato che ti ha salvato
da mille battaglie.
Secoli di combattimento spalla a spalla non significano più
niente. Soffoca la
speranza che ti ha animato nell’ultima lettera. Ancora non lo
comprendi? Di me non puoi fidarti e
io ho sacrificato
troppo alla causa di tuo padre per decidere di mettermi alla tua destra
e
aiutarti a riportare l’ordine nel caos. Sono il lupo che
ringhiava e rifiutava
il cibo, il trofeo, esibito ed esposto che testimonia
l’ennesima, crudele,
vittoria del dio delle forche, il grande Odino. Non confondere il mio
aiuto
come il segno di chissà che pentimento: prendi esempio dal
buon vecchio
Heimdall, che non si illude delle mie intenzioni e continua a essere
cieco di
fronte all’ombra che si è abbattuta su Asgard e
ora, silenziosa, tace. Nessuno
mette in dubbio che sia stato giustiziato un innocente e
l’apparente
tranquillità che regna ad Asgard fortifica questa patetica
quanto miope
considerazione. Padre Tutto, ovviamente, non è di questo
avviso. Vedo le rughe
che gli segnano il volto farsi ogni giorno più profonde.
Lettera 90
Bjorn
è il solito idiota. Gli ho chiesto di portarmi il
diciassettesimo volume di Storia della
magia e dell’oreficeria nanica e lui, per ben due
volte, ha sbagliato.
Avrei dovuto prenderlo a calci, altro che[4].
Gli ho dato un solo
compito – uno solo, per le Norne – e lui
è stato capace di confondersi, di
sbagliare, di scontentare il suo principe. Il diciottesimo volume o il
diciannovesimo non sono il diciassettesimo; persino tu dovresti
capirlo.
Ovviamente, lei non si sarebbe
sbagliata, mai. Qualora disgraziatamente il volume non fosse stato
reperibile,
si sarebbe adoperata per cercarlo in qualche collezione privata e mi
avrebbe
fatto avere prima che glieli chiedessi altri testi
sull’argomento. Non
offendere la mia intelligenza con altre domande sul perché
non desidero più che
venga qui. Il Cacciatore deve credere di essere al sicuro, ritenere di
avermi
sconfitto.
Lettera 91
Non ho la
benché minima intenzione di giustificare con te le
mie azioni. Non sei il mio re, Thor. Non avrai la mia eterna
fedeltà, non ti
presterò omaggio. Circondati dei saltimbanchi che ti
accompagnano nelle tue avventure
e che si beano del riflesso della tua gloria. Fatti aiutare da Fanfaral, da quell’ubriacone di
Volstagg,
dall’imperscrutabile Hogunn o dalla nostra cara Sif, che non
disdegna l’idea di
frequentare entrambi i nostri letti. Le tue accuse scivolano su di me
come
acqua piovana sui tetti, le tue minacce mi fanno ridere. Non
impicciarti
ulteriormente dei miei affari. Ciò che ho fatto per te con
la Gemma non
significa niente; non fare in modo che debba ripeterti questo concetto
un’altra
volta. È nel mio interesse che il Titano non diventi ancora
più potente. L’ho
deluso, ho intralciato i suoi piani smarrendo qualcosa che gli era
caro, ho
perduto un’intera armata. Tu credi che mi
perdonerà, dopo questo? Cosa mi
faresti, al suo posto? Quale punizione infliggeresti al servo incauto
che ti ha
provocato un danno? La clemenza non è nella mia natura e gli
insegnamenti del
nostro ipocrita padre forse hanno finito per attecchire persino nel tuo
petto
indomito.
Le mie azioni
sono meschine e riprovevoli, dici? Allora girati,
non guardare, torna a occuparti di questioni lontane e irrisolvibili,
anziché
mettere bocca negli affari della terra che ti spetta di diritto
governare, ma che,
in fondo, non ti interessa quanto dovrebbe. Come Midgard, del resto. La
tua
presenza su quel mondo esposto e delicato ha provocato una moltitudine
pressoché infinita di problemi: come puoi definirti il
protettore dei suoi
abitanti? Con che faccia ne calpesti la terra ora fertile ora brulla,
tu che
hai portato, come me, come gli Asi
tutti, guerra, distruzione e morte? Ciò che faccio di Sigyn e con
Sigyn non
ti deve importare.
Lettera 92
Mi pare ovvio
che mi facciano
ancora male la mano, la spalla e persino le costole, se proprio ci
tieni a
saperlo, motivo per cui non mi sento affatto in colpa per il tuo piccolo incidente. Del resto, era
abbastanza scontato che prima o poi sarebbe successo, non credi? Bjorn,
vedendoci
litigare, ha spalancato la bocca tanto che ho creduto gli si sarebbe
staccata
la mascella, povero il mio sciocco carceriere che spesso si trasforma
in
tirapiedi.
Sono convinto
del fatto
che Padre Tutto e nostra madre non siano rimasti particolarmente
colpiti dal
nostro allegro diverbio. Piuttosto, immagino che l’avranno
considerato un
ritorno ai cari, vecchi tempi, quando ogni scusa era buona per
azzuffarci. Quanti
banchetti abbiamo rovinato con le nostre intemperanze? Per lo sguardo
ambiguo
di un’ancella o uno scherzo non gradito ci siamo presi a
pugni infinite volte, in
un’occasione persino nella stanza antistante il trono
– anche se, a essere
sinceri, quella avremmo proprio potuto risparmiarcela, considerato quanto si inferocì con noi
Odino. Ecco
perché non ho mai avuto paura di scontrarmi con te. Lo
abbiamo sempre fatto, lo
faremo sempre. Fa parte di noi stessi e della nostra natura. Non temo
né la tua
ira né il tuo martello perché li conosco, so
cosa possono fare.
Tu, invece,
guardi con sospetto alla mia magia. Te l’ho letto
negli occhi e non solo ieri sera. La prima volta che ho mutato forma
davanti a
te, eravamo ancora bambini: mi hai rivolto un sorriso sdentato e hai
battuto le
mani, entusiasta, ma dopo, quando la mia abilità nel
manipolare il seiðr si è
accresciuta, nel momento in cui ha assunto tinte inquietanti, ho
sentito sulla
mia pelle il tuo sguardo severo, accigliato. Il seiðr
è qualcosa di antico, di
oscuro, di potente e difficilmente controllabile. Che non ti
apparteneva né lo
avrebbe fatto mai, sebbene, in fondo, anche reliquie come Mjollnir ne
siano
profondamente intrise. Quando la mia capacità di pronunciare
le giuste rune e
di evocare il potere che tanti ha spaventato si è
manifestata in tutta la sua
devastante potenza, qualcosa è cambiato, in te. Di fronte ai miei
incantesimi, a volte sei stato
tentato di indietreggiare, dio del tuono. L’ho visto, come
ieri notte ho scorto
il tuo volto impallidire di fronte alla mia trovata. Ammettilo.
Passando a
discorsi senz’altro più utili, sai bene che
rivelare
cosa abbiamo fatto non è nei miei piani. Sarebbe una mossa
stupida, che
peggiorerebbe notevolmente la mia già spiacevole e
fastidiosa condizione. O credi
che questa soffitta dalla vista incantevole mi faccia dimenticare che
sono
imprigionato per aver preteso ciò che mi spetta di diritto?
Ora devo
lasciarti: nostra madre ha deciso di allietarmi donandomi
un divertente gioco di strategia elfico, uno di quelli composto da un
piano su
cui si muovono le pedine colorate. L’altra sera abbiamo
giocato insieme, io e lei,
e devo dire che è stato piacevole. Ho tentato di insegnarlo
a quella zucca
vuota di Bjorn, ma con scarsi risultati, visto che per fare la mossa
sbagliata
che porterà me all’ovvia vittoria in sole tre
mosse, ci sta mettendo più del
tempo utilizzato da me per scriverti questa lettera. Cielo, forse ce
l’ha fatta!
Siano ringraziate le Norne, ha mosso!
Lettera 93
C’è
ancora veleno nel mio cibo, fratello. Lo dice il
guaritore di fiducia di nostra madre, lo dice il sangue che mi
è rimasto sulla
mano stamattina dopo un colpo di tosse particolarmente violento. Si
tratta di
un peggioramento leggero, lievissimo, ma che non ci sarebbe stato, se
il
Cacciatore fosse morto. Invece è vivo, da qualche parte. La
mia improvvisa
ricaduta ha limitato nuovamente la già precaria
libertà di cui godevo, ma,
soprattutto, ha avuto come conseguenza che quell’idiota di
tuo fratello è
venuto a tediarmi con la sua insopportabile presenza. Non
c’è niente che il
nobile Balder desideri di più che sentirmi affermare come il
mio avvelenamento
sia opera di un terzo soggetto che ha sfruttato la questione del
Cacciatore per
colpirmi. Del resto, Asgard pullula di gente che avrebbe più
di un motivo per
vendicarsi della mia persona, ti pare? Persino lei,
la mia esca dai capelli d’oro.
Continua…
L’angolo
di Shilyss
Cari
Lettori che siete arrivati fin qua,
Avevo
promesso un aggiornamento in tempi umani, e invece… perdono!
Davvero, amo questa
long e non ho nessuna intenzione di abbandonarla o lasciarla
incompleta. Come avrete
avuto modo di notare, poi, l’ultima parte del capitolo ha un
colpo di scena
abbastanza succoso, eh eh eh.
Voglio
ringraziare tutti coloro che hanno recensito, preferito, ricordato e
seguito
questa storia. Grazie davvero, ogni riga è per voi
♥: vi invito, anzi, a
utilizzare le liste di Efp. Per voi è solo un clic, per noi
Autori una grande
soddisfazione. **
La
Fatina dell’Ispirazione necessita sempre delle vostre cure
per poter spandere i
suoi glitter! Per ulteriori info e un po’ di
divertimento… c’è la mia pagina
facebook ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/
Ricordo
che il
personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla
voce “Sigyn” su
Wikipedia, è una mia personale
interpretazione/reinterpretazione/riscrittura. Che
Loki si occupi di giustizia e sia
conte è un mio headcanon.
Shilyss
[1]
La battuta è presente in TDW, ovviamente.
[2]
La storia è un TDW alternativo, quindi Loki non sa che
Heimdall sarebbe in grado
di seguire Thor anziché Odino, come il dio bianco in effetti
fa.
[3]
Loki si riferisce al fatto che, negli scorsi capitoli, Thor ha trovato
una
gemma e gli ha chiesto aiuto per nasconderla. Il riferimento al Guanto
dell’Infinito
credo vi sia noto, giusto?
[4]
Non ha valenza di esclamazione affermativa, dunque va scritto
così.