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Autore: queenjane    17/02/2019    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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La Crimea era un punto incantato, pieno di fiori e profumi, poteva ricordare la costa mediterranea, annotavo, talmente il clima era mite e dolce.  Di una bellezza struggente, che sotto la superficie nascondeva punti oscuri.
Sulle colline intorno a Livadia, sorgevano molti sanatori, che necessitavano di perenni donazioni,  e la zarina per sovvenzionarli organizzò un evento di beneficenza, The White Flower Day.
Un bazar benefico, tipico evento di noblesse oblige, cui partecipava tutta la famiglia imperiale, che dovevano rendersi conto della tristezza che albergava dietro al mondo e alle sue bellezze, una definizione di Alessandra, le sue figlie avevano buona salute, Alessio no, era la prima vittima.
Sua madre era sempre ossessionata dalla tristezza, rifletteva Olga, non trovava requie in nessun posto, neanche in Crimea, ove si sentiva di certo a maggior agio rispetto alla capitale, sciolta da indiscrezioni e obblighi sociali.  E tanto, si finiva sempre lì.
Anche quando dava attenzione e ricordava le cose liete, tipo i soggiorni in Inghilterra del passato, alla fine rimarcava la tristezza, la tragicità.
Nel 1909, i Romanov erano  stati a Cowes, ove in estate Alix e i suoi famigliari usavano passare l’estate, ospiti di Vittoria, regina, imperatrice, settimane a Osborne House, in cima a una  scogliera,  sopra Cowes, mentre le rose  esotiche fiorivano,  i giardinieri rasavano l’erba sui prati che digradavano sul mare, sotto i cedri  e le magnolie  sventolava il vessillo inglese. In quella magione tutto celebrava Vittoria e il suo defunto marito, dalle iniziali nei camini, fino alle serrature, V e A, intrecciate, in ogni dove.  Quando servivano il tè, Alix sedeva sulla sedia che era spettata a sua madre.  E il castello di Windsor era molto amato da Alix e i suoi fratelli, ne esploravano ogni dove, dalla base al tetto, le scorribande sfrenate spesso erano interrotte da un valletto della regina che invitava al silenzio  e il castello di Balmoral, in Scozia, era fatato, con i prati pieni di erica e dolci brezze, camminavano a piedi, lunghe escursioni e un negozietto nei dintorni che vendeva dolciumi era una meta ambita, lì la zarina aveva imparato a fare le focaccine. O così diceva, Olga la vedeva comandare, di rado fare qualcosa oltre al ricamo, piangeva e aveva spesso l'emicrania.
Alla lunga, sua madre non sapeva amare davvero, era troppo oppressa  dall’infelicità, dalle ombre, quando le dava attenzione pretendeva sempre qualcosa in cambio. Una sinfonia amara, come quando nel 1910 erano stati qualche settimana in Germania, il passato pareva davvero una terra straniera, un perduto eco che non sarebbe più tornato.
Dovere, sempre e comunque, e tanto la zarina era la prima a sottrarsi ai suoi doveri, adducendo la sua cattiva salute, una contraddizione in termini che a Olga non tornava. La compagnia di Catherine era un sollievo e un tonico, era davvero la sua migliore amica, una sorella, i tentativi della zarina di allontanarla per una supposta cattiva influenza erano naufragati, grazie e soprattutto ad Alexei che la adorava. Gli avrebbero dato la luna in un vassoio, lui voleva la compagnia di Catherine e alla fine l’aveva ottenuta, per quanto lo riempissero di moine e giocattoli. Uno stratega, un comandante in fieri..
Ancora, Alix menava vanto di essere una guida, un faro e un soccorso, la aveva istruita sulle buone maniere, il ricamo, la compostezza, il dovere ma non sui misteri esatti del corpo femminile, quando le era venuto il ciclo era stato un trauma, la mamma di Catherine aveva provveduto al necessaire, quando aveva bisogno di lei, sua madre, pensava Olga, non vi era mai e il giorno successivo era già troppo tardi.
Rigurgiti amari, come un temporale primaverile, cercava di scacciarli.
A 15, 16 anni era stupenda, senza alcuna goffaggine di adolescente, snella e leggera,  i capelli dorati e screziati di castano, le iridi di zaffiro, venate di grigio o indaco nelle sfumature quando era in collera o pensierosa, amava vestire di rosa o in altri chiari colori, incantata ed incantevole.
E si muoveva leggera e senza peso nella corsa, raccoglieva le gonne nel passeggiare con suo padre o nel cavalcare, era un portento.
Eravamo amiche io e lei, fine del dettato e molto più ancora.
E avevo dei segreti che non osavo confidare a nessuno, nemmeno a lei. Della violenza del principe Raulov, che aveva angariato me e mia madre, con le parole, la violenza e le botte, fino alle cicatrici che avevo sulla schiena.. avevo solo 16 anni..

Li avevo sentiti discutere, era molto tardi, i miei genitori, lui aveva perso non so quale cifra al tavolo verde e chiedeva a mia madre di intercedere con R-R, il mio caro zione, che si era stufato di pagare a nastro.
Aveva un frustino e..Le assestò una scudisciata in viso” una rosa di sangue fiorì sulle sue guance delicate.
Era  mia madre e veniva frustata.
Ero schizzata a difenderla, la rabbia e la frustrazione di anni esplose in un solo ruggito, ero una fiera leonessa, una combattente, gli avevo strappato di mano quell’arnese di tortura ed era andato fuori controllo, mi aveva colpito sulla schiena, in rapida successione, poi aveva smesso, che mia madre gli aveva tirato in testa una caraffa di brandy vuoto, ecco la leonessa che difendeva i suoi cuccioli, lui era stramazzato per terra.
Con lui avevamo finito entrambe, che si arrangiasse. Poteva sopportare per sé, Ella, non che toccasse i suoi figli.
Tra le scapole avevo un geroglifico di cicatrici grazie alle staffilate, lasciamo stare gli altri segni sulla spina dorsale, squarci che  avevano messo una lunga eternità a saldarsi, io a non impazzire per il dolore. Quando  mio zio le aveva viste, fresche,  aveva perso la calma, come Ella lanciando la caraffa, non lo aveva inibito mentre mi assisteva, disse solo che lei era lei, adulta, io solo una ragazzina che le aveva prese per averla difesa e  non era giusto, che quei segni me li sarei portati per sempre addosso. E mi cambiavo e vestivo da sola, ero indipendente fino alla nausea.
La bambina che ero stata, arrabbiata, sempre sulla difensiva.. che temeva gli sguardi del principe padre, i movimenti sofferti di sua madre, fino a esplodere, furia cieca, una ribelle ora e per sempre.
Da allora facevo conto di essere orfana, la figlia di Ella e basta, lui era solo una figura di rappresentanza,  se succedeva qualcosa mio zio o  chi per lui lo ammazzavano, Raulov, dopo averlo pestato a sangue.
 
Dai quaderni di Olga alla principessa Catherine “ ..l’anima nuda su un quaderno, come la schiena, ho deglutito per l’orrore, e sì che le avevo già viste, una sola volta, eri di spalle e oltre ai geroglifici tra le scapole altre cicatrici correvano traversali fino alla vita, incise sulla pelle come monito di un incubo. Linee contorte e trasversali, ormai rimarginate, bianche, ogni tanto un reticolo  od un nodo in un punto, provocato da un colpo che aveva lasciato una ferita troppo larga e i lembi non erano rimarginati bene Squarci su squarci, dolore su dolore.E ti eri girata, solo pochi attimi, non volevi mostrare quelle sulle braccia, rivestendoti come un fulmine, Tata si premette le dita sugli occhi, per non mettersi a piangere”
Dai quaderni di Catherine“.. sono contenta che voler fare da sola, senza cameriere, passasse per l’ennesima delle mie stramberie, a dire la verità questo arsenale che ho sulla schiena mi ha sempre fatto vergognare. Per settimane ho dovuto dormire sul fianco, sorvoliamo che quando mia madre mi medicava le ferite mi cacciavo un lenzuolo in bocca per non urlare.. E mettere il busto, con le fasciature, era una tortura, ho sempre evitato, il più possibile.. E da allora ho chiuso con il principe Raulov, come mia madre..Diciamo che gli tirò in testa una caraffa di brandy vuoto per farlo smettere dal suo zelante e nuovo passatempo.. Mio zio andò fuori controllo, credo che tra lui e Andres gliele abbiano ben suonate, ormai è andata.. “
Andres dei Fuentes, pupillo di mio zio e mio futuro marito, amore di una vita.
Avevo solo 16 anni e quelle cicatrici le ho portate per tutta la vita.
Ci pensavo amara, anche quella mattina in Crimea, era il giorno dell’evento di beneficenza, The White Flower Day.
La zarina presiedeva una bancarella e vendeva gli squisiti lavori di ricamo e cucito, oltre che acquarelli, fatti da lei e dalle sue figlie, perfino lo zarevic faceva fronte ai suoi obblighi, seduto vicino a sua madre si inchinava a chi comprava e ringraziava.
 E venivano acquistati fiori candidi, sempre a beneficio degli ospedali, una benefica gara che riempiva di gioia.
Io compravo, che io ed il cucito eravamo sempre agli antipodi, come gli acquerelli, e vendevo fiori, sorridendo, il bianco dei miei denti sotto il grande cappello con la tesa fiorita, mi imposi di scacciare il pensiero della mia schiena devastata e continuai a ridere e distribuire gli steli profumati, gli orecchini di opale che portavo annuivano, luminosi e scintillanti.

“Cat.. hai visto Alessio?” un piccolo sussurro di Marie, preoccupata.
“Pochi minuti fa.. era da quella parte..” ne erano passati giusto due o tre.

Vidi la sua faccia, una sfumatura di spavento, i suoi grandi occhi così immensi che li chiamavano i piattini di Maria  parevano raddoppiati.
“Sì ma..”
Oddio.
Era sparito.
Non si trovava.
Approfittando dell’assenza dei suoi marinai, si era accodato a suo padre, che si intratteneva con i vari personaggi, era vestito da marinaretto, come molti ragazzini, si mimetizzava bene.
I bambini sono assi a sparire, basta girarsi un minuto, distrarsi e ..
Lo guardavano più le sue sorelle degli adulti, come al solito.
“Facciamo un giro ..” mi incuneai nella folla scalpitante e festosa, la granduchessa mi prese per il gomito “Se tra quattro minuti non salta fuori avvisiamo..” E potevano essere quattro minuti di troppo, pure.. Non potevano averli rapiti, erano due assi a sparire, la sorveglianza era parte della loro vita, per prevenzione, ma Alessio e Anastasia erano curiosi e .. INSOFFERENTI, due campioni di monellerie.
“Tata è andata di là, ha detto la stessa cosa.. Olga è con mamma, aspettiamo ad agitarla.. “ Già, le fosse venuta una crisi di nervi per una volta avrebbe avuto ragione, ma .. il legame tra noi, ragazze e Alessio, il coprirci le spalle davanti e dietro gli adulti.. Sempre. Come in quel momento. 
“Anastasia dove è infilata..a proposito “strinsi il ciondolo con la perla che mi avevano regalato tanti anni prima, come a trovare un riparo, un’idea “Il gelataio, Marie, proviamo lì.. Piano, per non attirare l’attenzione” un punto che attraeva i ragazzi, il carretto  che elargiva coni e dolcezze, già pagato dall’imperatore, li vidi e ripresi a respirare, me ne ero dimenticata.
Aleksej si girò sulla spalla, fece per venirmi incontro, festoso, come sempre, ma vide la mia espressione rabbuiata e si astenne.
“Non mi prendere in braccio, Catherine”prevenendo quello che mi accingevo a fare, giuro, lo volevo legare.
“Zarevic, dammi la mano, guai a te .. se lo rifai” dura, obbedendo, il palmo più piccolo si serrò nel mio, avevo sussurrato, scandendo un duro mormorio. Strinsi Anastasia per la spalla.


“Siete due cretini, che avevate in mente..” Tatiana  dura, secca, li avrebbe appesi al muro.
“Di fare un giro senza guardie al seguito..”Anastasia, sollevando il viso e prendendo suo fratello per mano, nel combinare guai erano due assi imbattibili, attaccava per difendersi, sapendo di essere in torto marcio. “Eravamo poco lontani comunque.. “
“A prendere il gelato e guardare l’organetto” Alessio “Catherine ci ha recuperato in pochi minuti”
“Hai preso urti, qualcuno ti ha tirato un pestone?”
“No..”
Anastasia, lui non è come gli altri bambini, non può .. lo sai, lo sai pure tu, Aleksey che non puoi” era più lo spavento  della rabbia, eravamo insieme in carrozza, sulla via del ritorno.
 Aleksej alzò la testa, arrabbiatissimo.“Io...”
“Tu fai le cose senza pensare, come al solito, come Anastasia.. Come sempre “Sospirò Tata, ogni traccia di collera era caduta, era solo desolata, io  muta.
“Catherine, dille qualcosa!!! “ mi tirarono per la manica
Io ho finito con voi due, Aleksey, Anastasia, per un pezzo, pensai, tenni chiusa la bocca e gli scoccai una dura occhiata, scura e gelida. E intanto me lo ero serrata addosso, Alessio, me ne sarei andata, era una litania, lui mi si era raccolto addosso, con dolcezza, capiva che ero nera, appunto, non esplodevo per mera cortesia. Dopopranzo mi chiese di rimanere con lui, per il suo riposino, avevo mugugnato un sì e mi ero stesa sulla schiena e lui si era sdraiato sopra la mia pancia, lo serravo tra le braccia, cercando gonfiori e affanni, non ve ne erano, solo pura fortuna, annegavo nella melassa della paura. Lo amavo e avevo paura, da brava vigliacca avevo paura, appunto, Scrutavo il suo amato visetto, era tenero affettuoso, e tanto, mi ripetevo, me ne dovevo andare. E gli sussurravo una favola, gli avevo messo il pannolone per il riposino pomeridiano, appunto, tenendolo poi abbracciato, nulla,stretto stretto, il passato e il presente, aveva tre anni o quasi otto? Cat.. il pomeriggio eravamo andati in spiaggia.. Non ci riesco, devo andare via, Alessio intuiva che avevo qualcosa in mente, mi tirava per la gonna, raccolse delle conchiglie, lo lodai, e tanto ero altrove con la testa. E lo avevo preso in braccio, ridendo. "Cat, tutto a posto?" "Io sto bene e tu?" "SIII" Uno dei nostri infiniti segreti condivisi. "SSST" implorai dopo cena "Dormi" mi si era attaccato alle braccia, tenace, lo strinsi, da capo, con cura "Non mi lasciare" "Ti lascio quando dormi" fingendo di non avere compreso. 

Non ne posso più..
Non ne potevo più davvero.
E quello era l’ennesimo segreto, se Alix avesse saputo della fuga di Alessio le conseguenze sarebbero state devastanti, lo avrebbe ingabbiato ancora di più.

 
E fui di parola, mia madre, che continuava a marinare nel senso di colpa, per la mia schiena, accolse con gioia la mia idea estemporanea di andare a Parigi e Londra  per il resto della primavera, mi avrebbe concesso tutto pur di farmi stare bene, o sollevarmi dall’ansia, dall’ineludibilità.

Non avevo il potere di metterli in punizione, mica erano i miei fratelli, però sapevo colpire duro, mettendo la distanza.
E allora avevamo un’idea, io e mia mamma, che volevamo mettere in attuazione, eravamo un pezzo avanti, la sapeva giusto Olga e poi Tata, ce la potevamo fare, anche se mi venivano i sensi di colpa a chiedere quella cifra esorbitante.
“.. allora, cara la mia enciclopedia Raulov, hai avuto successo nel nuovo obbiettivo ? una bella trovata, un poco da outsider come te, e non ne dubitavo affatto, solo  che .. “ la frase si interrompeva, proseguiva poi con i saluti
“Solo che a cosa è ..riferito?” chiese Tatiana, finendo di spazzolarsi i capelli, flettendo il collo “Che inventa? Si sposa?”
“No.. è andata a visitare la Sorbona e Cambridge, tra le altre cose” citando due famose università. “Sentendo vari cicli di lezioni”
“E allora..? “
“Hanno preso le informazioni per frequentare i corsi.. “ avesse detto che mi era spuntata la gobba si sarebbe sorpresa meno, poi si mise a ridere “Ce la vedo, però.. E’ intelligente, e .. sì sarebbe bello, per lei”
Ma non per loro, che implicava un trasferimento, tralasciando che mancava veramente poco e me ne sarei andata, sia pure per altri motivi, oltre che denaro, una volta ammessi ai corsi, gli esborsi monetari erano assai alti.
“Mi mancherebbe, in caso..”
“E piacerebbe anche a te, Olga, il ciclo di lezioni l’hai finito, completato e più che altro ora segui programmi universitari” lei fece le spallucce. “Lingue e letteratura, storia e storia dell’arte.. “
“Vallo a dire ai due disgraziati” riferito ad Anastasia e Alessio, che vedevano gli studi come il fumo negli occhi. “Per la crociera torna, a proposito..?”
“Sì..”
“Il cliché sarebbe bella ma oca.. “
“Sì, magari..lei è una ribelle nata.. vai a sapere che si inventerà una volta o l’altra”


Parigi, in quel 1912, era uno splendore, io e mia madre consumammo le suole delle scarpe a (ri)vedere i monumenti, salimmo sulla Torre Eiffel, ridendo come due amiche, scarpinammo nei giardini del Lussemburgo.. a quelli delle Tuileries mio fratello Sasha fece navigare una barchetta dentro una fontana, salì su un asinello e assistemmo a uno spettacolo di burattini, mi girai e .. cercavo Alexei. Mi mancava.. Ora lo capivo, la sua manina che serrava la mia, voleva essere come tutti e non poteva, il distacco, la punizione era per me, oltre che per lui, stargli lontano era una penitenza.. Che mi faceva ridere e gli volevo bene, la grande ero io, se combinava una marachella o peggio .. Cercai di non pensarci, immenrgendomi in una sessione di acquisti nelle case di mode di Rue Cambon et simili, lo shopping era un’ottima panacea, al pari di  quei cieli immensi, pura meraviglia, come un bicchiere di vino Sauvignon Blanc della Loira, territorio vinicolo francese di cui aveva parlato Plinio il Vecchio nella sua “Storia Naturale”.. quando Olga lesse l’appunto, in una delle nostre lettere, verificò e si mise a ridere da sola.. io e lei, per i nostri brindisi estemporanei, a qualche festa o occasione importante, gradivamo lo champagne o lo Chablis, quando persi la  testa per Andres, spagnolo fino al midollo, era il Roja, pregiato vino iberico .. argh.. me lo sarei divorato seduta stante, Andres, non la bottiglia-.

“Si era arrabbiata e spaventata, tesoro” come me, come Tata, pensò, con i fiocchi, abbiamo mantenuto il silenzio, a torto o a ragione, ormai è andata, che lo opprimerebbero ancora di più, tranne che gli manca, come all’altra peste.
“Torna ..?”ansioso. “Certo.. lo sai che tutte le primavere va all’estero”gli diede un bacio. Se non altro si era calmato,  “Ragiona, tesoro.. Se Anastasia si butta in un pozzo, che fai, le vai dietro?” “Con una corda per uscire sì” enunciò Alessio ridendo, orgoglioso della sua arguzia. “Olga.. ti voglio bene” “Anch’io, tesoro..”
Near so far, vicino eppure lontano..
   
 
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