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Autore: Andy Tsukimori    18/02/2019    1 recensioni
Le parole di Zenya Byonkan:
Non immedesimatevi in me, non compatitemi, leggete la mia furia, il mio rancore, la mia perversione, il mio odio e fatene una sensazione, un’idea, un parere.
Genere: Dark, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Io  sono  il cattivo 

 

Mi asciugo il sudore dalla fronte mentre guardo Meran bruciare. La cittadella dell’impero. Il cuore pulsante della Confederazione dei Pianeti Liberi. Paradossale l’idea che qualcosa di grezzo e primordiale come il fuoco distrugga tanta sapienza, cultura, tecnologia, progresso.

 

Ci sono voluti quindici anni, io che da povera bambina rifugiata di un pianeta colonizzato, giungo fin qui, il cuore dell’universo e lo pugnalo tra gli sguardi attoniti e inorriditi di coloro che bruciano, soffocano, urlano e implorano.

 

Tra lo strepitare metallico di circuiti, arcate di ferro che si sgretolano, colonnati che crollano, il crepitio del fuoco sembra il grido più forte. 

 

Non sono serviti a nulla gli anni di tormento, l’illusione di aver finalmente trovato un posto per me. 

 

Non è servito a nulla il fugace amore di un generale interstellare.

 

Oh Kain, mi sembra già di sentire il suo sguardo di odio addosso. 

 

Il ricordo dei suoi occhi di ghiaccio che mi scrutano e dei suoi capelli mogano che mi solleticano il viso, si impossessa di me.

 

 

Perché non l’ho ascoltato? Lui voleva che scappassi, che mi ricostruissi una vita, per un breve ma splendido momento ci siamo amati, con foga, passione, rabbia. 

 

Ma poi è arrivata quella puttana dai capelli di fuoco. Sorridente, buona da far venire la nausea. La sua voce Argentina risuonava per tutta la nave madre. Si prodigava per i deboli e sbatteva in faccia la sua perfezione a me, divorata dall’odio e dal senso di inadeguatezza.

 

A suon di buone azioni, sorrisi sdolcinati e propensione all’immolarsi per gli altri, Kain è caduto vittima di quello stucchevole sortilegio. Stronzetta dai capelli rossi. Shirie, brucia puttana, assieme alle tue belle parole del cazzo.

 

Forse sulla nave madre mi sono accorta di tutto? No, non credo. Era troppo presto.

 

 

Un uomo cerca di sfuggire alle fiamme, sporgendosi da un parapetto pericolante. Lo osservo, sono curiosa di vedere se sceglierà il fuoco o la caduta libera nel vuoto. 

 

 

Si butta, prevedibile.

 

 

Mi torna in mente quella volta che io sono saltata giù dalla nave madre, che atterrava nell’astroporto di Meran. Per sfuggire al controllo di quella marmaglia di idioti che si era autoproclamata salvatrice del mondo. Mi sono rotta le caviglie, ma quel dolore secco era meglio del fischio alle orecchie che mi pervadeva ogni volta che Shirie decideva per tutti, ogni volta che faceva quei discorsi inutili sull’amore, i buoni e qualsiasi altro delirio le passava per la mente. Meglio delle parole insensate di Kain per convincerci a dialogare e di tutto il resto dei discorsi della combriccola di esaltati. 

 

 

Impugno i comandi della navicella, spostandomi alla ricerca del mio piacere finale. Non è facile distinguere le persone tra fiamme e distruzione.

 

 

Voglio che mi veda, voglio sentire le sue ultime parole, ho avuto premura che tutto bruciasse per ultimo nel punto in cui si trovava. Doveva essere ancora viva, beh forse.

 

 

Sobbalzo e sul mio volto si dipinge per la prima volta, dopo quindici anni, un sorriso.

 

 

Urla qualcosa, ma i microfoni delle telecamere di bordo sfarfallano.

 

 

Non resisto, mi avvicino lentamente al grande spiazzo in fiamme, l’acciaio strutturale comincia a fondere, manca poco. 

 

 

-Zenya! Come hai potuto farci questo?- grida a pieni polmoni la ragazza, dei suoi lunghi capelli fulvi è rimasta solo una zazzera bruciacchiata. 

 

 

-Muori Shirie, morite tutti!- gli dico dal microfono della plancia di comando.

 

 

Il suo sguardo di puro shock mi riempie il cuore. Una vera gioia. La struttura sotto di lei, si scioglie leggermente, inciampa e si incastra in una lamiera, le fiamme la ghermiscono e urla atroci di sofferenza riecheggiano nel cosmo, l’ultima cosa che sento dire da Shirie è anche l’unica cosa che abbia mai voluto sentire uscire da quella bocca larga. 

 

Osservo ogni secondo di quello scempio, ogni attimo in cui le fiamme deturpano quel corpo, sono un po’ delusa.

 

Ero certa che farfalle e arcobaleni sarebbero fuoriusciti. Invece è anche lei di carne, sangue e ossa, o meglio, lo era.

 

 

Non c’è più tempo per gioire, Meran sta cadendo, gli stabilizzatori, i razzi, i campi gravitazionali, tutto sta cedendo e tra poco collasserà su se stessa, prima di vagare alla deriva nello spazio profondo, come memento per tutti coloro che cercheranno di ricostituire una simile follia. 

 

 

Oh e poi c’è Kain. Mi darà la caccia finché vivrà ne sono certa. Peccato che lui non sia al Congresso dei mondi come la puttana fulva. Anche la sua voce, un tempo sinuoso canto da cui farsi ipnotizzare, aveva assunto un suono insopportabile, odioso. 

 

 

Se mai mi prenderanno, mi picchieranno tortureranno, forse stupreranno, mutileranno e, infine, giustizieranno. Non mi spaventa morire, non mi piegherò mai più. 

 

 

Il radar a campo esteso della plancia di comando comincia ad emettere un timido bip, come se anche lui temesse la mia furia.

 

 

Una nave in avvicinamento. 

 

 

Il suono intermittente si intensifica e l’IA della navicella si attiva.

 

 

Comandante Byokan, le consiglio di attivare il protocollo di ritirata. 

 

 

-Sta’ zitto Blip Blop- ringhio innervosita.

 

 

Per la 1347esima volta, comandante, il mio nome è Unità di comando K-20, per gli amici Kwenty.

 

-E per la 1347esima volta Blip Blop, smettila di contarle, non sono tua amica, fattene una ragione, ti chiamo Blip Blop-

 

Silenzio.

 

L’intelligenza artificiale non dovrebbe avere circuiti adibiti all’offendersi, eppure sembra che Blip Blop se la sia presa.

 

Appena trovò un posto in cui atterrare, distruggo anche Blip Blop. Mi riprometto.

 

-Avvio delle manovre di dispersione e attivazione scudi magnetici-

 

Procedo, comandante, inserimento pilota automatico, motori al novanta percento della portata.

 

 

Mi appoggio sullo schienale della poltrona del comandate, tiro su i piedi, incrociandoli sulla plancia di comando e mi godo la folle velocità in cui Blip Blop ci ha lanciati attraverso lo spazio.

 

 

Riapro gli occhi, destata dall’allarme intrusione, non ricordo nemmeno di essermi addormentata.

 

 

-Che cazzo succede?- 

 

 

Comandante, una nave della federazione si è agganciata, ha forzato i miei codici di accesso.

 

-Che nave?- 

 

Un blitzer-chaser.

 

Conosco solo una persona in grado di pilotare quelle bizzarre navi-proiettile.

 

Faccio per uscire dalla sala di comando, ma i portelloni si aprono, sparendo nelle pareti metalliche. Una mano mi aggancia la giugulare, l’intruso ruota su se stesso e mi sbatte contro la parete.

 

 

-Dovevo vederti prima di tutti gli altri che ti stanno dando la caccia- sibilò.

 

 

-Quanto zelo, generale- tossisco.

 

 

Mi sorprendo per un attimo di quanto la sua espressione furibonda non mi tocchi minimamente. Non lo credevo possibile.

 

 

-Zenya Byokan, sei accusata di aver fatto saltare in aria il parlamento della federazion, di aver ordito l’attentato al Congresso, nonché dell’omicidio di diciannovemila persone- la sua voce era incredibilmente distorta dalla rabbia.

 

 

Lo osservo e lo trovo terribilmente bello, quell’espressione funesta, gli occhi iniettati di sangue, le labbra serrate.

 

 

-Risparmi le accuse generale, sono stata io- rispondo.

 

 

Lui per un attimo allenta la presa e appoggia la fronte sulla mia guancia, espira, poi si riprende, stringendomi forte la mano sul collo. 

 

Preme con forza il suo corpo sul mio, per evitare che scappi o cerchi di ferirlo. Poi mi pianta addosso i suoi splendidi occhi azzurri.

 

 

-Perché?- sussurra.

 

 

Posso giustificarmi in molti modi, per esempio dicendo che il mio pianeta era stato messo a ferro e fuoco dalla federazione, che da bambina ho visto uccidere la mia famiglia, i miei amici, i miei vicini. Posso dire che l’ho fatto perché la federazione è una tirannia, una dittatura senza scrupoli e io desidero che finisca. 

 

 

Ma la realtà dei fatti è che lentamente Zenya è morta dentro di me. Non è rimasto più niente all’interno, c’è solo aridità. Gioisco delle disgrazie altrui, vivo per far soffrire gli altri.

 

La verità è che ho bruciato diciannovemila persone perché mi andava di farlo.

 

 

-Perché voglio vedervi tutti morire- rispondo con lo stesso tono, gli faccio la premura di non illuderlo che ci sia qualche altra motivazione dietro il peggior gesto terroristico del millennio. 

 

-Sono a buon punto, la puttana rossa ci ha già lasciati- sputo fra i denti. 

 

 

Una scarica elettrica mi trapassa il corpo, i miei muscoli si tendono e irrigidiscono tutto d’un tratto.

 

Perso i sensi.

 

 

Ormai avrete che capito in questa storia di buoni, combattenti, federazioni, colonie planetarie, 

 

 

io sono il cattivo.

 

 

Non immedesimatevi in me, non compatitemi, leggete la mia perversione, il mio odio e fatene una sensazione, un’idea, un parere. 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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