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Autore: _Schwarz    18/02/2019    0 recensioni
Storia partecipante al COW-T 9
Una mia personale interpretazione su come possa essere andata avanti la vita di Alistair e Anora dopo che i due vengono praticamente costretti a sposarsi. Perché, sinceramente, la AlistairxAnora è estremamente sottovalutata dal fandom e dalla stessa Bioware!
Dalla fic: "Pensare a quella scena di prima mattina non era la cosa migliore da fare, specie visto che la prima faccia che vedeva ogni mattina era quella di Anora Theirin, e i suoi occhi blu uguali a quelli del suo dannato genitore."
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alistair Therin, Anora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sun and Moon, Guide Us
 
“What is needed now is not another good man, but a good ruler”
Anora Mac Tir, Dragon Age Origins
 
 
 
Denerim, Ferelden; Guardian, 9.31 Dragon.
 
 
Regnare era difficile, Alistair non aveva mai avuto alcuna illusione del contrario, ma questo suo nuovo dovere riusciva a essere più pesante e arduo di quello precedente, ossia fermare il Flagello, e molti avrebbero concordato che non era una vittoria facile.
Alzarsi ogni mattina, affrontare i nobili e i problemi di un regno che faticava a rialzarsi dopo la guerra civile – maledetto Loghain e il suo pensare che solo lui poteva salvare il dannato regno – e i Darkspawn.
Certi giorni Re Alistair avrebbe solo voluto prendere armi e bagagli e correre ad Amarantine per rientrare tra i ranghi dei Custodi, ma non avrebbe mai potuto farlo, non dopo la scenata che aveva fatto durante il Landsmeet, il giorno in cui la ormai Comandante dei Custodi Grigi del Ferelden aveva deciso di risparmiare suo suocero; ricordava ancora la scena come se fosse ieri, la furia negli occhi di Lenore Cousland, il gelo nel suo tono lo avevano quasi paralizzato.
 
 
«Accetto la tua resa, Loghain Mac Tir» aveva detto, rinfoderando i pugnali con inciso il sigillo dei Cousland, gli stessi che l’avevano accompagnata da quando la sua famiglia era stata assassinata nella loro casa da colui che chiamavano amico, più di un anno prima. I pugnali che nemmeno due giorni prima avevano reso giustizia a due genitori morti per quel tradimento, a una cognata lasciata in una pozza di sangue, e a un nipote acuto e gentile, a cui non avrebbe più potuto cantare alcuna nenia, né insegnare nulla.
Quella frase aveva gelato Alistair nel profondo, riportando alla mente i visi di Duncan, di Cailan, dei suoi fratelli Custodi e di tutti gli altri morti di Ostagar, uccisi dal tradimento di quel mostro, lì in ginocchio davanti a loro, finalmente a portata di spada.
La ridicola offerta di Riordan di far diventare quel bastardo un Custode Grigio, dopo quello che aveva fatto passare loro, lo aveva solo fatto infuriare ancora di più insieme all’irragionevole testardaggine di Lenore nel non volerlo uccidere.
A quel punto aveva rifiutato di continuare con quella farsa: non poteva andare contro ogni suo principio, contro ogni insegnamento che aveva ricevuto durante tutta la sua vita, solo perché lei gli stava ordinando di farlo.
A sconvolgerlo definitivamente furono però le frasi di furia cieca che pochi minuti dopo Lenore, figlia di Bryce Cousland e Teyrna di Highever, rivolse a lui e a tutto Ferelden.
«Ora basta» aveva sibilato, guardando tutti loro con gli occhi stretti e l’espressione di chi avrebbe voluto solo spaccare la testa a tutti i presenti e farla finita, «Basta. Tutto questo deve finire: io ho perso
tutto in questa maledetta guerra, la mia famiglia, la mia casa, il mio nome, e non mi sono lamentata una volta. Ho fatto ciò che mi veniva chiesto, ho ucciso, rubato e fatto cose che mai mi sarei aspettata di dover fare, tutto perché ho giurato. Ho giurato ai miei genitori che non sarei morta per mano di Howe, ho giurato che avrei portato loro giustizia; ho giurato a Duncan che avrei fatto di tutto per fermare questo maledetto flagello e lo fermerò, fosse l’ultima cosa che faccio.
Teyrn Loghain ha tradito il re, è vero, lo abbiamo visto io e te, Alistair, come lo hanno visto Morrigan e Wynne e tanti altri, ma quest’uomo è uno stratega nato, è l’uomo che ha sgominato le truppe di Orlais, e se tenerlo in vita ci porterà anche solo un passo più vicina a fermare il flagello, allora resterà in vita.
Ora fai quel che ti pare, Alistair, rimani nei Custodi Grigi o lasciaci, ma siediti su quel trono, perché questo regno ha bisogno che la sua gente inizi a prendersi le sue maledette responsabilità e io sono sinceramente stufa di sobbarcarmi quelle altrui».
E così, in quel modo vile, era finita la più bella amicizia che Alistair Theirin avesse mai potuto dire di avere.
 
 
Pensare a quella scena di prima mattina non era la cosa migliore da fare, specie visto che la prima faccia che vedeva ogni mattina era quella di Anora Theirin, e i suoi occhi blu uguali a quelli del suo dannato genitore.
Alistair l’aveva odiata inizialmente, così uguale a suo padre da ricordargli ogni giorno che nessuno dei morti di Ostagar – non Duncan, non suo fratello, né tutti gli altri – avevano avuto uno straccio di giustizia; ci erano volute diverse settimane, mesi in realtà, prima che iniziasse a distinguere tra loro: nel momento in cui aveva iniziato a fare questa distinzione, era riuscito a vedere Anora come una persona e non solo come l’ennesimo pezzo di Loghain Mac Tir rimasto nella sua vita.
Questo non significava che l’apprezzasse, né che accettasse di essere sposato con lei, ma era anche disilluso al riguardo, e sapeva che quella era l’ennesima decisione che altri avevano fatto per lui con il quale avrebbe dovuto convivere.
 
 
***
 
Denerim, Ferelden; Bloomingtide, 9.31 Dragon.
 
 
Non importava quanto tempo passasse, regnare non faceva per lui: l’imparzialità sempre e comunque, il tenere le proprie opinioni dentro le proprie stanze e lontane dalle orecchie di tutti, il non potersi fidare di praticamente nessuno.
Era una vita dura, in cui si sentiva continuamente come un albero di frutta, mentre i nobili erano gli uccellini che lo beccavano fino a che di lui non rimaneva nulla.
Gli mancava il suo tempo tra i Custodi più di quanto avrebbe mai potuto pensare, gli mancavano i suoi fratelli e sorelle, le risate e la costante consapevolezza che erano lì tutti insieme.
Gli mancava Lenore, che in quel momento sicuramente stava rigirando le terre di Amarantine come un calzino, cercando di capire chi o cosa ci fosse dietro i nuovi Darkspawn parlanti – l’ironia che una delle sue reclute fosse proprio Nathaniel Howe, figlio di quel Rendon Howe, non gli era sfuggita, come probabilmente non era sfuggita a lei – gli mancava Tyrion, il mabari che la giovane Cousland aveva mandato ad Highever per fare la guardia a suo fratello; gli mancavano Leliana e Oghren, e nei giorni peggiori anche Sten, Shale, Zevran e Morrigan.
No, ecco, magari Morrigan no: era felice di esserersi liberato di quella strega. Ancora si chiedeva come avesse fatto l’altra Custode a fidarsi così tanto di lei.
E ora anche Wynne era partita per il Collegio degli Incantatori e nessuno restava in quell’enorme palazzo a parte Arl Eamon e la sua leggiadra sposa.
La stessa con cui ancora non aveva consumato le nozze e che non avrebbero consumato mai probabilmente, e grazie al Creatore per questa piccola grazia.
Anora era bella, molto bella, nessuno sano di mente avrebbe potuto negarlo: era più bella di Lady Isolde, di Lenore, di Morrigan e di Leliana, ma ciò non la rendeva desiderabile agli occhi di Alistair, nulla sembrava rendere sua moglie desiderabile ai suoi occhi, e da una parte questo lo rattristava enormemente.
L’unica cosa per cui davvero ringraziava che fosse presente era mandare avanti il regno: non avrebbe potuto farcela da solo, non sapeva come gestire i nobili, non sapeva come rivolgersi a nessuno nella sua nuova posizione, e lei riusciva sempre ad aiutarlo nei suoi doveri di re, senza essere rallentata nei suoi di regina.
Era perfetta in quel ruolo, avrebbe dovuto nascere una Theirin, il regno avrebbe avuto molti meno problemi, ma evidentemente il Creatore e Andraste avevano altro in mente.
Quei pensieri scorrevano veloci nella sua testa mentre frugava tra la posta di palazzo, e fu sorpreso di trovare una lettera della Comandante dei Custodi Grigi: lui e Lenore non erano nei migliori rapporti, la sua scelta aveva bruciato troppo nel profondo, ma a volte si chiedeva se davvero non potevano ricostruire la loro amicizia.
Così aprì la busta.
 
Alistair,
posso ancora chiamarti così, o anche io sono oramai costretta a rivolgermi a te con “Vostra Maestà”?
Vorrei chiederti come vanno le cose lì a Denerim, ma so che pur di non darmela vinta mentiresti. Sai essere un tale bambino, a volte, che mi chiedo come tu sia lo stesso uomo che mi ha fatto da supporto durante Ostagar e tutto ciò che ne è seguito.
Qui a Vigil’s Keep le cose vanno abbastanza bene, sto facendo fare parecchi lavori, giacché ho la sensazione che questo castello vedrà presto altri combattimenti, e solo Andraste sa quanto il maledetto Howe l’ha trascurata.
Crea problemi anche da morto, il bastardo. Spero che il Creatore lo abbia sputato nel posto più oscuro che è riuscito a trovare.
Meglio che questo mio pensiero rimanga tra di noi però: Nathaniel non sarebbe felice di sapere che scrivo cose del genere su suo padre.
Sì, se non lo sai una delle mie reclute è Nathaniel Howe, il Creatore ha proprio uno strano senso dell’umorismo! E non nominiamo Anders e Velanna, un mago fuggiasco con la lingua lunga e un’elfa che sputa veleno con la sua sola presenza, a volte mi chiedo che ho fatto di male per meritare tutto ciò.
E Oghren è sempre lui, non ha nemmeno bisogno di presentazioni.
L’unica vagamente carina è Sigrun, un membro della Legione dei Morti che ho reclutato a Kal Hirol: è una donna normale, e mi serviva qualcuno di normale in questo gruppo di pazzi.
Mi manca il vecchio gruppo in realtà. Le mie reclute sono brave – Anders è un guaritore eccezionale e Nathaniel con quell’arco è bravo almeno quanto Leliana – ma mi mancate tu e il resto del gruppo.
Mi manca la saggezza di Wynne, mi manca la presenza solida di Sten alle mie spalle. Mi mancano persino i tuoi litigi con Morrigan, pensa un po’!
Ma passando alle cose importanti, visto che so quanto sei impegnato: sono stata informata – ma non ho le prove, ovviamente – che alcuni nobili della zona stanno progettando qualcosa di poco simpatico nei miei confronti; probabilmente alcuni di loro hanno anche partecipato nel piano contro la mia famiglia.
Sono insicura su cosa dovrei fare: fosse per me li farei semplicemente sparire, ma vorrei il benestare tuo e della regina. Non voglio provocare scontri, ma non posso nemmeno lasciarli andare impuniti, o rischio di trovarmi nuovamente un esercito dentro casa e gradirei non ripetere l’esperienza.
 
In Pace, Vigilanza.
Lenore Margaret Cousland,
Comandante dei Custodi Grigi del Ferelden.
 
 
Perché scrivere buone notizie, quando le si poteva mandare orribili?
Una dozzina di Custodi scomparsi, un nuovo tipo di Darkspawn parlanti e intelligenti, attacchi in tutto l’Arling di Amarantine, e ora nobili in procinto di una lotta per il potere. Meraviglioso.
Alistair si alzò dalla sua scrivania e si diresse verso lo studio privato di Anora, giacché il suo consiglio sarebbe stato semplicemente quello di metterli a morte, ma probabilmente non era praticabile, o Lenore avrebbe fatto sparire quei maledetti nobili senza nemmeno scrivergliela, la lettera.
Le stanze reali erano collegate da un enorme salotto completo di statue, quadri, divani, tappeti e pellicce: le grandi vetrate colorate davano una splendida vista sulle foreste che circondavano Denerim, e ogni tanto qualche cervo faceva capolino, per poi sparire di nuovo tra la vegetazione.
Se le sue stanze erano però ancora vagamente spartane – abituato com’era a una vita in cui avere poco era la norma – quelle di Anora erano piene di libri e manufatti di varia provenienza, che le rendevano calde e accoglienti: la donna stava seduta alla scrivania, anche lei presa dalle missive che abbondavano sulla superficie di legno.
Alzò lo sguardo e non parve troppo sorpresa di vederlo lì: non era la prima, né sarebbe stata l’ultima, volta che la cercava per consigli su come gestire il suo lavoro di re, anche se la cosa l’aveva stupita spesso e volentieri inizialmente.
Se si era aspettata un altro Cailan, lui era riuscito a dimostrarle che si sbagliava e, pur essendo tutto fuorché a suo agio nei panni di re, si impegnava al massimo delle sue capacità per imparare a fare il suo dovere.
«Che succede, Alistair?» chiese, alzandosi e raggiungendolo, quando lui non si inoltrò oltre la porta dello studio.
L’uomo le consegnò la parte della missiva che l’avrebbe interessata, e le spiegò la situazione.
«Oh, meraviglioso. Mancavano i nobili di Amarantine oggi!» esclamò lei, restituendogli la lettera e prendendo a passeggiare nervosamente per lo studio.
«Anora, è successo altro di cui ancora non so?» chiese lui, sapendo già di avere ragione: la regina non si agitava per un nonnulla, aveva nervi che si sarebbero potuti definire d’acciaio.
«Certo che è successo qualcosa! Quando mai, dall’inizio della dannata era del Drago, qualcosa va bene in questo regno?!» sbottò lei, prima di respirare profondamente e fargli cenno di sedersi con lei davanti al camino.
«Sta per arrivare un ospite importante a palazzo per parlare della ricostruzione della città, la nuova Arlessa di Denerim, Orlana Kendells. Quella donna è una vecchia strega, furba e perfida: sapeva che avrei dato il titolo alla figlia minore di Arl Uriel per controllarla, e per impedirmelo ha mandato la ragazza dai loro parenti a Starkhaven e ha reclamato il titolo per sé. Nessuno ovviamente ha contestato» spiegò la regina, la bocca stretta per la furia – a quella donna non piaceva perdere, quello era certo.
«E ora minimo verrà qui per chiedere i fondi per ricostruire la sua villa!».
«Che cosa? Perché dovremmo pagarla noi la sua villa?!» domandò Alistair.
«Antichi patti tra l’Arl di Denerim e la Corona: i danni derivanti da guerre li deve pagare quest’ultima, ossia noi».
«Come ne usciamo?» chiese allora Alistair, che nemmeno per un momento pensò che Anora non avesse un asso nella manica.
«Non possiamo “uscirne”: dobbiamo fare ciò chiede lei…».
«Anora, Denerim non è l’unico posto che ha bisogno di ricostruire! Se gli altri nobili vedono che quella donna riesce ad estorcere denaro alla Corona senza problemi, pretenderanno lo stesso!».
Lei sorrise, un sorriso strano, quasi compiaciuto: «Non essere sciocco, Alistair: come ho detto, l’Arl di Denerim può chiedere denaro solo per danni derivanti da guerre. Il Flagello non rientra nei trattati, e anche se i danni alla sua villa fossero stati provocati dalla guerra civile, ormai l’Arlessa non può più provarlo, visto lo sfacelo in cui versa la città».
«… Sei più furba di una volpe, non c’è che dire» le rispose Alistair impressionato.
«È per questo che mi hai sposata» entrambi risero di una risatina incerta ma davvero divertita, per una volta.
Parlavano poco, e i loro rapporti, oltre a quelli regali, erano praticamente inesistenti, però Alistair non poteva fare a meno di sperare che potessero almeno diventare amici, visto che avrebbero passato tutta la vita insieme, chiusi in quel palazzo.
«Tornando alla Comandante, la scelta migliore è far sparire quei nobili in silenzio: condannarli senza prove inconfutabili è impossibile e scatenerebbe una rivolta, lasciarli fare sarebbe altrettanto dannoso. Scrivile e dille di ucciderli, gli altri nobili si metteranno in riga, se non vorranno fare la stessa fine».
«Non potrebbe semplicemente farli condannare a morte? Ha diritto di giudizio su quelle terre! Farli sparire in questa maniera è così… da orlesiani».
«Sei proprio il fratello di Cailan…» disse Anora, dopo un attimo di esitazione, «lui avrebbe fatto la stessa obiezione, con lo stesso tono e quella stessa espressione» sorrise poi tristemente.
«Maestà! Le Arlesse Orlana di Denerim e Shianni dell’Enclave Elfica sono arrivate» li interruppe in quel momento la voce squillante di una delle serve.
«Anche Shianni ora…» fu il commento asciutto di Anora.
Suo marito la seguì verso la sala delle riunioni, dove era usanza incontrare i nobili in visita ufficiale, e lì si trovarono di fronte a una scena inusuale: due donne, un’umana molto anziana, ma ancora dritta come un fuso e dall’aspetto inflessibile e un’elfa minuta persino per la sua razza, si fronteggiavano come se avessero davanti un drago pronto a staccare loro la testa.
«Immagino che voi siate la famosa Arlessa dell’Enclave Elfica: siete il pettegolezzo dell’anno, mia cara, e non è cosa da poco, visto che abbiamo appena sconfitto il quinto Flagello» stava dicendo l’anziana: era davvero molto vecchia, almeno sulla settantina, se la ragnatela di rughe che le copriva il volto era una qualche indicazione; ma bastava lo sguardo a farti capire che la sua mente era tutto fuorché invecchiata. C’era un’attenzione, una brama costante di vedere in quegli occhi, che era quasi spaventosa: niente sfuggiva a occhi così, niente.
Indossava un abito di varie tonalità di rosso ricamato d’oro, in barba al fatto che metà della popolazione moriva di fame, eppure aveva pochi gioielli addosso e molto sobri.
Alistair non sapeva cosa pensare, ma sapeva una cosa: se avesse dovuto parlarci da solo, quella donna se lo sarebbe mangiato per colazione e avrebbe usato Shianni come spuntino.
Ancora una volta dovette ringraziare che al suo fianco c’era una donna come Anora.
«Voi invece dovete essere la zia di Vaughan Kendells. Spero vi offenda sapere che non mi aspetto granché da voi» sibilò Shianni, tenendosi a distanza.
«Ah, ragazza, sei molto divertente!» rise la vecchia, per poi notare la presenza dei sovrani e affrettarsi in una riverenza.
«Vostre Maestà, è un onore incontrarvi finalmente».
«Ci siamo già incontrati all’incoronazione in realtà, Lady Orlana» rispose cortese Anora, facendo cenno alle due donne di sedere.
«Non fate la finta tonta, maestà, non avete risparmiato nemmeno un minuto per questa povera vecchia quel giorno» ribatté l’altra, con un tono così lieve da sembrare più una constatazione, che il velato rimprovero che era.
«E lei, invece, è Re Alistair: è un onore, maestà» continuò poi, senza lasciare alla regina il tempo di ribattere, e mettendo in chiaro che il suo intento quel giorno era seppellirli a parole, «Sì, la somiglianza con Re Maric è innegabile, ha anche lo stesso sguardo frustrato che aveva lui nel dover avere a che fare coi noi nobili, non che non lo capisca, sappiamo essere davvero delle scocciature a volte».
Quella frase pose definitivamente fine a qualunque tentativo di risposta da parte di Alistair, che si limitò a guardare verso Anora, per farle capire il suo disagio.
Discutere la sua famiglia era già abbastanza difficile per lui, senza che una completa estranea ci mettesse il becco.
«E somiglia molto anche a Re Cailan…» stava proseguendo l’anziana, ma a quel punto la regina perse la pazienza: «Se abbiamo finito di rimarcare l’ovvia somiglianza di mio marito con suo padre e suo fratello, possiamo anche arrivare al motivo della vostra visita, Arlessa, giacché sono certa che non siate venuta a scambiare cortesie e, soprattutto, abbiamo tutti, voi compresa, cose più importanti da fare».
«Maestà, sempre prima il dovere con voi. Molto bene, come immaginerete sono qui per chiedere accesso a fondi per la ricostruzione di Denerim. Penso che la scelta più saggia sia partire dalla zona del mercato inferiore e da quelle circostanti: a parte le varie ville dei nobili e dei mercanti, che possono tranquillamente ricostruirsele da soli, sono le zone che hanno subito più danni, insieme all’Enclave Elfica, e quelle maggiormente popolate. Una volta sistemate quelle potremmo rivolgere la nostra attenzione a…» spiegò la donna e il Re non poté trattenersi dal chiedere: «E il vostro palazzo?».
«Alistair!» sibilò Anora furiosa.
«Maestà, se volete sprecare denaro nel mio palazzo non sarò certo io a fermarvi, ma al momento ritengo che le centinaia di umani, elfi e nani senza un tetto sulla testa abbiano la priorità» non lasciò loro tempo di litigare l’anziana, intromettendosi immediatamente e pareva davvero che volesse controllare ogni centimetro di quella conversazione.
«Non è ciò che ci aspettavamo da questa visita, come potrete immaginare, ma ovviamente avrete tutto il denaro che occorre» promise subito Anora.
«Anche io ho una richiesta da fare» parlò a quel punto Shianni, aprendo bocca per la prima volta: «Come ha già fatto notare l’Arlessa, anche l’Enclave Elfica è stata colpita duramente nella Battaglia di Denerim. Non era una zona solida e curata già da principio, ma le condizioni in cui versa ora nemmeno gli elfi più anziani ricordano di averle viste, e loro erano vivi durante la guerra contro Orlais» sottolineò la giovane, «Maestà, le nostre case sono distrutte, come se gli schiavisti e Rendon Howe non avessero già fatto abbastanza danno. Anche noi abbiamo bisogno di aiuto nella ricostruzione, vi prego di non lasciarci per ultimi in tutto ciò».
«La scelta più saggia sarebbe, in effetti, coordinare la ricostruzione del mercato con quella dell’Enclave» disse allora Orlana, che probabilmente aveva pensato alla cosa durante tutta la conversazione.
«Se pensi di poter mettere le mani sui nostri fondi, shem, allora...!» le ringhiò contro Shianni, ma fu subito interrotta dal gelo che discese sulla sala quando l’Arlessa Kendells cambiò tono ed espressione di colpo.
«Prima di tutto, non ti permettere mai più di chiamarmi così, ragazzina. Sono certa che il rispetto venga insegnato anche nell’Enclave, perciò usalo. Secondo, non mi servono i tuoi fondi: se si sa come spenderlo, di denaro ne avanza sempre; terzo, ho fatto questa proposta perché penso che coordinando i lavori di ricostruzione, si possa ricostruire meglio, oltre al fatto che volevo chiedere il permesso di allargare l’Enclave».
«Allargare l’Enclave? E perché mai?» chiese Anora.
«L’Enclave, maestà, è sovraffollato: tutte le malattie e pestilenze iniziano lì, se si vuole che la città migliori, si deve fare qualcosa ora, e approfittare dell’unica cosa buona che ha fatto il flagello, ossia buttare giù un po’ di muri».
«Non mi sarei mai aspettata questo… interesse da voi, Arlessa» disse Shianni sospettosa.
«Non lo faccio per spirito di carità, Tabris: fino a che l’Enclave sarà in quelle condizioni, questa città non potrà mai andare avanti. Ora, siamo d’accordo sì o no?» domandò infine la vecchia, allungando una mano rugosa e pallida verso l’elfa, che la strinse: «Siamo d’accordo».
«Molto bene, istruirò immediatamente Arl Eamon a riguardo, i lavori partiranno dal mercato e dall’Enclave Elfica, per poi allargarsi alle zone circostanti e verranno supervisionati da voi due congiuntamente» mise fine alla discussione Anora, alzandosi in piedi.
 
 
***
 
Denerim, Ferelden; Harvestmere, 9.31 Dragon.
 
 
«I lavori di ricostruzione della città stanno procedendo bene, non mi aspettavo una tale collaborazione tra Orlana e Shianni» commentò Anora, mentre entrambi sedevano sulle poltrone davanti al camino, circondati da documenti, lettere e cibo – non smettevano di lavorare nemmeno per mangiare, perciò i servi avevano preso a servire loro i pasti direttamente nel salotto, e il freddo ormai iniziava a essere troppo per lavorare nei gelidi studi delle loro stanze.
«Nemmeno io, ma quella vecchia si è dimostrata parecchio aperta verso gli elfi, al contrario di suo nipote e di quel mostro del pronipote» rispose Alistair, scartando l’ennesima richiesta di denaro, quelle le controllavano sempre insieme, lui e Anora, per decidere chi escludere e chi aveva invece priorità.
«Più che verso gli elfi, verso il fatto che i tempi stanno cambiando: non è una donna sciocca, e il fatto che l’Eroina del Ferelden in persona abbia marciato dentro i vari Enclave per chiedere volontari tra gli elfi prima che chiederli tra gli umani, ha fatto scalpore. Non sono cose che come Arlessa puoi ignorare» rimarcò Anora, scartando anche lei una richiesta nel mucchio tra le loro poltrone.
«La Comandante Cousland sta facendo un ottimo lavoro ad Amarantine, su quello non ho dubbi; pare che abbia anche mandato una richiesta formale ad Orzammar per reclutare e che Re Bhelen abbia organizzato una serie di Prove davanti agli Antenati e ai Paragon» disse allora Alistair, riferendo ciò che aveva saputo da Arl Teagan.
«Per quanto continuerai a non dire il suo nome?» chiese Anora, guardando fugacemente verso di lui, per poi tornare a scorrere la lettera che teneva tra le mani.
«Cosa vuoi dire?» domandò Alistair, e il suo tono prometteva un litigio a chilometri di distanza.
«Io… Niente, non volevo dire niente» chiuse l’argomento lei: non avrebbe dovuto chiedere, era da poco passato il periodo in cui si squadravano come nemici dai due lati del campo di battaglia, non avrebbe dovuto presumere di poter parlare di Lenore Cousland liberamente.
Il loro rapporto era ancora davvero strano: alternavano momenti in cui parlavano tranquillamente ad altri in cui praticamente non riuscivano né volevano guardarsi in faccia; giornate in cui lavoravano fianco a fianco e altre in cui lui si chiudeva in uno dei tanti salotti e lei in biblioteca; erano migliorati rispetto all’inizio, quando oltre che per i doveri reali non si rivolgevano la parola nemmeno per sbaglio, ma erano ancora lontani da una vera amicizia.
E quando pensava a ciò, ad Anora Cailan mancava ancora di più: Cailan Theirin, prima che suo marito, era stato il suo migliore amico, il suo primo e unico compagno di giochi; il ragazzino prima, e l’uomo poi, che l’aveva accompagnata da quando a dieci anni suo padre l’aveva portata con sé a Denerim per la prima volta.
Ma Alistair non era Cailan, e Anora questo lo sapeva fin troppo bene.
 
***
 
Denerim, Ferelden; Firstfall, 9.31 Dragon.
 
 
Era ormai passato quasi un anno dalla vittoria contro l’arcidemone Urthemiel, ma Ferelden era ancora pieno di problemi: le zone più a sud, un tempo campagne e campi coltivati, erano ormai una zona desolata e morta, a causa del Flagello, e ci erano voluti mesi per sistemare le migliaia di rifugiati nelle terre dei vari Bann e Arl, che non sempre erano stati contenti di aiutare.
Fortunatamente Fergus Cousland, Teyrn di Highever, e Lenore Cousland ad Amarantine avevano dato il buon esempio, accettando di sistemare un numero non esattamente esiguo di rifugiati – e avevano presto trasformato i più promettenti in truppe, così che si guadagnassero il pane da sé, senza essere un peso per le terre.
La loro lungimiranza – ma soprattutto, il fatto che Lenore fosse l’Eroina del Ferelden – aveva fatto sì che i nobili del regno seguissero a ruota.
E la prima a farlo, sorprendendo un po’ tutti, era stata Orlana Kendells, che non solo aveva accettato molti rifugiati come nuovi membri della guardia cittadina, ma aveva anche pagato per far allenare una buona parte degli elfi dell’Enclave: questi ultimi si erano rivelati molto portati con gli archi e l’Arlessa aveva fatto creare una squadra d’arcieri d’élite composta quasi solo da elfi.
Il mese di Firstfall era alle porte, e con lui la festa di Satinalia: era usanza fare dei doni durante la festa – Arl Eamon mandava qualcosa ogni anno per lui nella chiesa quando era ancora un bambino – e Alistair si chiedeva se avrebbe dovuto prendere qualcosa per Anora, e nel caso, cosa prendere a una donna che poteva avere praticamente tutto schioccando le dita?
 
Fu così che Alistair Theirin, re del Ferelden, si trovò ben poco sottilmente a chiedere a Eamon cosa avrebbe potuto regalare a sua moglie per Satinalia.
La risposta del vecchio Arl – a parte una sonora risata – fu: «Quella donna è figlia di suo padre, Alistair».
E non era una risposta vera e propria, ma di certo aveva risolto i suoi dubbi.
 
«Che cos’è, Alistair?».
«Aprilo, e… Dimmi se ti piace».
«Ma è una mappa di Gwaren!  È bellissima, dove l’hai trovata?».
«Ti piace quindi?».
«Sì, moltissimo… Ma perché me la stai regalando?».
«È Satinalia oggi, Anora».
«Io… Io non ti ho preso niente».
«I regali non si fanno aspettandosi qualcosa in cambio. Mi basta che ti piaccia».
«… Grazie, Alistair».
 
***
Denerim, Ferelden; Drakonis, 9.32 Dragon.
 
 
«MAESTÀ!» urlò un servo, spalancando la porta del salotto in cui sedevano facendo una pausa e Alistair fu in piedi prima che il povero elfo avesse il tempo di gettarsi in ginocchio di fronte a lui.
«Cosa succede?» domandò sconcertata Anora, alzandosi a sua volta.
«I Darkspawn hanno attaccato Amarantine e Vigil’s Keep!».
«Chi ha vinto?» domandò Alistair, portando la mano a una spada che non c’era sulla sua schiena.
«Amarantine è salva, l’Eroina del Ferelden ha combattuto lì, e Vigil’s Keep ha resistito all’attacco! L’orda di Darkspawn è stata annientata!».
Anora si lanciò tra le braccia del marito e i due risero, quando lui la fece volteggiare un paio di volte.
«Direi che abbiamo una festa da organizzare!».
 
 
Ferelden era una nazione semplice: sterminate distese di campi coltivati, innumerevoli allevamenti di Mabari e foreste e boschi la facevano da padrone sul territorio dal clima mite ma spesso freddo del regno. Non c’erano le grandi strade e il commercio fiorente di Orlais e Antiva ad aiutare l’economia, molto poco sviluppata rispetto all’impero e agli altri regni liberi.
Ma questo non scoraggiava la popolazione, e tantomeno i suoi regnanti.
La cerimonia che venne organizzata in onore della loro eroina fu maestosa: Denerim, ormai ricostruita in buona parte sotto la guida puntigliosa di Orlana Kendells, fu tirata a lucido con bandiere appese alle finestre e la gente nei suoi vestiti migliori si riversò nelle strade per salutare la Comandante dei Custodi Grigi.
Enormi tavolate furono allestite nelle piazze ed imbandite dalle donne e dalle ragazze che cucinavano ormai da ore; elfi, nani e umani festeggiavano insieme, ignorando per una volta le differenze e i pregiudizi.
«Per il Creatore, dov’è Anora? Arriveremo in ritardo!» alzò le mani al cielo Alistair nella sua veste reale verde e oro, un semplice cerchio d’oro gli cingeva il capo, quasi indistinguibile dai suoi capelli.
«Sono qui» rispose lei, e suo marito si voltò, ma qualunque cosa volesse dirle le parole gli morirono in gola, di fronte a sua moglie: era ancora più bella del solito, fasciata in un abito celeste con finiture d’oro che faceva risaltare i suoi occhi blu; i lunghi capelli biondi legati in una elegante crocchia, e un piccolo cerchio d’oro cingeva anche la sua fronte.
«Allora, che te ne pare?» chiese quando lui rimase in silenzio a fissarla.
«Sei… Stai molto bene» fu la risposta, e lei rise ancora una volta.
 
***
 
Denerim, Ferelden; Justinian, 9.32 Dragon.
 
 
 
Erano abbandonati sul tappeto – e la montagna di cuscini che ci avevano gettato sopra – nel bel mezzo del salotto che univa le loro stanze; era notte fonda, gli unici suoni che si sentivano erano i versi dei gufi che chiamavano mentre volteggiavano nell’aria fuori dal castello, e la poca luce veniva dalle candele sparse per la sala; entrambi avevano indosso la loro tenuta da notte, i capelli di Anora legati in due trecce perché non si annodassero durante il sonno e un libro tra le mani, mentre Alistair aveva calati sul naso un paio di occhiali rotondi, l’unico modo in cui poteva leggere la corrispondenza che ancora lo occupava.
Improvvisamente sua moglie alzò lo sguardo su di lui e gli sfilò gli occhiali, veloce ma attenta a non fargli male.
«Anora, ma cosa…?» tentò di chiederle lui, ma fu interrotto dalle labbra di lei che si posavano sulle sue.
Continuarono a baciarsi per diverso tempo, ma quando le mani di lei aprirono la sua camicia si trovò a bloccarla, balbettando un sommesso: «Anora, io… Io non ho mai…».
E lei capì e quasi se ne meravigliò – aveva sempre sospettato che ci fosse stato qualcosa, tra lui e la Comandante Cousland, ma forse aveva giudicato troppo in fretta, ricordando quest’ultima tra le braccia di un elfo tatuato – ma poi si limitò a sorridere: «Io sì».
 
La nuova, ma non per questo poco gradita, dimensione fisica del loro rapporto aveva modificato le loro dinamiche, creando qualche momento di imbarazzo e parecchi di tensione, specie quando Eamon approcciò incautamente il tema “eredi”.
Anora e Cailan erano stati sposati per cinque anni e non avevano avuto figli: e nonostante Eamon avesse più volte cercato di convincere il nipote a cambiare sposa, Cailan non aveva voluto sentire ragione.
Alistair aveva sempre desiderato dei figli, ma se anche Anora non avesse potuto dargliene non gli sarebbe interessato, e non avrebbe accettato le eventuali pressioni dell’Arl per lasciarla: Anora era una risorsa per Ferelden, molto più di quanto non lo sarebbero stati degli eventuali eredi.
Ricordava ancora le lettere trovate tra gli averi di suo fratello a Ostagar, e non aveva intenzione di lasciare che Eamon dettasse legge sul suo matrimonio.
 
***
 
Denerim, Ferelden; Haring, 9.32 Dragon.
 
 
 
Il rumore dello stomaco di Anora, mentre rigettava tutto ciò che aveva mangiato per la terza mattina consecutiva, pareva quasi il gorgoglio del fiume che traversava la foresta di Brecilian.
Alistair le teneva i capelli lontano dalla fronte – aiutato dal fatto che erano racchiusi nella solita treccia che sua moglie teneva a letto – e le disse, quando vide che si rialzava lentamente: «Devi vedere un medico, Anora».
«Sto bene, Alistair» gli rispose lei, ma era pallida e davvero poco convincente.
«Anora, non costringermi a chiamarlo personalmente».
«Siamo in visita a Vigil’s Keep, Alistair! Posso aspettare di rientrare a palazzo!».
«Anora».
La regina si arrese con uno sbuffo poco regale e spedì la sua fedele elfa, che fino ad allora aveva osservato lo svolgersi della scena a distanza, a cercare un medico.
Il re lasciò la stanza al suo arrivo, non volendo sembrare irrispettoso e andò alla sala da pranzo dove probabilmente Lenore era già intenta a fare colazione.
Parlarono tranquillamente di vari argomenti, tra cui la ricostruzione di Denerim – oramai quasi ultimata – e quella di Amarantine e Vigil’s Keep: non avevano più il rapporto di una volta, ma non erano nemmeno più le stesse persone di una volta, e forse andava bene così.
 
«Allora, che succede? Stai bene?» domandò Alistair una volta tornato in camera dove Anora stava terminando di vestirsi, dopo la visita del medico.
«Siediti» rispose lei vagamente secca, e lui non poté che obbedire, notando gli occhi lucidi di lei.
«Alistair… Sono incinta» gli disse e tutto ciò che lui riuscì a fare fu sollevarla da terra e farla roteare, come una bambina.
 
***
 
Denerim, Ferelden; Kingsway, 9.33 Dragon.
 
 
 
Le urla della regina si sentivano per tutto il palazzo, a ormai quasi 30 anni non era più una ragazzina, ma i guaritori gli avevano assicurato che non era più a rischio di una ventenne al primo parto.
Anora non lo aveva voluto nella stanza con lei: appena arrivate le prime doglie lo aveva scacciato e lui non poteva far altro che girare per il castello come l’anima in pena che era. Cosa avrebbe fatto se Anora fosse morta? Non poteva governare da solo, non era abbastanza forte.
Quella donna era la sua roccia, la sua unica certezza in un mondo su cui non ne aveva alcuna.
“Ah…”, si rese conto Alistair, fermandosi per un attimo davanti a una bella armatura dorata dell’era precedente: “Forse la amo”.
Un altro grido di sua moglie lo distolse dai suoi pensieri, ma era diverso dai precedenti, pareva quasi liberatorio; corse verso le sue stanze e allora lo sentì, forte, chiaro e continuo: il pianto di un bambino.
Spalancò la porta senza attendere che qualcun altro lo facesse per lui e si trovò di fronte la scena cui mai avrebbe pensato di assistere: Anora, sudata, con il viso rosso e i capelli sfatti teneva tra le braccia un fagotto strillante e lo guardava come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
Si avvicinò registrando solo vagamente i visi emozionati dei servi – e quelle piangenti di Erlina e Soris – e giunse al fianco di sua moglie, che alzò uno sguardo emozionato su di lui e gli porse il fagotto.
Se non fosse stato che il bambino urlava ancora come un ossesso, lo avrebbe creduto una bambola, tanto era perfetto: dieci dita delle mani e dei piedi, un bel colorito rosa chiaro e radi capelli biondi contornavano il viso paffuto.
«È un maschio, sire» disse la levatrice, che guardava la scena da alcuni rispettosi passi di distanza.
«È perfetto, Anora» bisbigliò alla sua stanca sposa, che però lo guardava sorridendo – ma lui lo notava, il suo desiderio di riavere l’infante, e così glielo rimise tra le braccia.
«Lo è» rispose orgogliosamente lei, per poi corrucciare la fronte: «Come lo chiamiamo?».
«Scegli tu il nome» replicò lui, guardandola stringere le labbra.
«Alistair, è tradizione che sia il re a…» tentò di rifiutare lei, ma lui la bloccò: «Andraste ha scelto il nome dei suoi figli, non Maferath. Scegli tu il nome, Anora».
Lei lo fisso per un attimo, forse sconvolta dal fatto che la avesse appena paragonata alla divina profeta, ma non contestò oltre; riportò lo sguardo sul loro bambino e, infine, disse: «Maric»
 
Maric venne seguito l’anno dopo da Moira, e poi da Celia: i tre principi richiedevano tempo e attenzioni che la coppia reale non era abituata a dare, ma che non fecero mai mancare ai loro figli.
Preferivano trascorrere del tempo con loro e recuperare il lavoro di notte, mentre i figli dormivano, piuttosto che farli allevare dalle balie; Anora li aveva addirittura allattati tutti e tre, cosa che aveva creato uno scandalo non da poco a palazzo.
Probabilmente averli desiderati così tanto aveva cambiato la percezione di ciò che avrebbe dovuto fare per i suoi figli: lei stessa ammetteva che, forse, se li avesse concepiti a vent’anni non avrebbe agito nello stesso modo.
Le sale del castello di Denerim risuonavano spesso, la sera, di una particolare nenia che Alistair non aveva mai udito prima, ma scoprì che gli piaceva ascoltarla cantare mentre lavorava, immaginando le sue figlie che si addormentavano mentre Anora le cullava.
E la vita non era perfetta – regnare ancora non gli piaceva, probabilmente non gli sarebbe piaciuto mai, gli impegni erano tanti e i momenti con i suoi bambini davvero troppo pochi – ma aveva una moglie che amava, dei figli meravigliosi, ed era molto più bella di quanto avrebbe potuto immaginarla pochi anni prima.
 

 
Little baby, hear my voice
I’m beside you, O maiden fair
Our young Lady, grow and see
Your land, your own faithful land
Sun and moon, guide us
To the hour of our glory and honour
Little baby, our young Lady
Noble maiden fair
   
 
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