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Autore: GeoFra    18/02/2019    0 recensioni
“Prima di fare colazione penso a sei cose impossibili...”
Se Charlotte dovesse stilare una lista scriverebbe:
1. Arrivare in ritardo il primo giorno;
2. Sbattere contro un tipo rovesciandogli il caffè addosso;
3. Essere invitata fuori da un gnocco pazzesco dopo una figura di merda;
4. Finire in “punizione” per sbaglio;
5. Rivelare un segreto alla persona sbagliata;
6. Trovarsi nella situazione di non saper scegliere;
***
Quando Charlotte si scontra con Aaron Lewis macchiandogli la camicia, come nei più classici film d'amore, non sa ancora che quel ragazzo renderà la sua vita all'Università di Los Angeles molto più movimentata e che lei fra gli oroscopi della sua migliore amica e le battute dei due gemelli dovrà cercare di arrivare a fine anno con i nervi intatti.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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CERCARE NIENTE, TROVARE TUTTO...

*Trovate questa storia anche su wattpad*

1.

“Una macchia a forma di Russia”

 


 

 












“A tutti manca qualcosa,

persino all’infinito manca la fine”

 

«CHARLIE! » la voce squillante della mia compagna di stanza si intrufolò nel mio sogno come un eco lontanissimo, proprio mentre Leonardo Di Caprio si inginocchiava sulla sabbia bianca delle Bahamas e mi chiedeva di sposarlo.

Bofonchiai qualcosa di rimando, risvegliando le labbra intorpidite e coprendomi la testa con la coperta.

 

«SIAMO TARDISSIMO! NON HO SENTITO LA SVEGLIA, MUOVITI! » gridò la voce, non più lontana, ma nitida e presente.

Spalancai gli occhi di colpo, mentre Leonardo Di Caprio si volatilizzava inghiottito dalle onde del mare, i miei pensieri mandarono dei flash intermittenti.

 

UCLA.

Primo giorno.

Ritardo.

Ritardo?!

 

Mi sollevai di colpo, scalciando via la coperta e guardandomi intorno.

La voce che soavemente mi aveva svegliato apparteneva alla mia migliore amica Kim, la stessa che in quel preciso istante stava rivoltando la piccola stanza del dormitorio alla spasmodica ricerca di chissà cosa.

«Che ore sono? » mi informai alzandomi e cercando di attivarmi anche io.

«Le 8.30 » disse frettolosa lei, mentre rovistava in un cassetto.

«Cosa? Ma come abbiamo fatto a non sentire la sveglia? » esclamai, fiondandomi verso il bagno per prepararmi.

«Ho lasciato la sveglia in vibrazione e non l’ho sentita… » si scusò Kim, dall’altra stanza.

 

Le lezioni iniziavano alle 9.00 e dovevamo ancora fare colazione, pensai inorridita mentre mi spazzolavo i capelli. Per fortuna la sera prima l’avevamo passata a preparare le borse e gli outfit per il primo giorno altrimenti non avremmo trovato mezza maglia in mezzo al casino nel quale versava la nostra stanza: c’erano valigie aperte e scatoloni ovunque, le briciole dei pop corn, che avevamo divorato la sera prima guardando Titanic, erano sparse sul tappeto nero ai piedi del letto e il laptop sul quale avevamo visto il film giaceva storto su una sedia.

 

L’unico angolo pulito e ordinato apparteneva alla nostra bizzarra coinquilina, Natasha, con la quale avevamo scambiato sì e no 4 parole, non si era rivelata molto loquace. Sul suo letto perfettamente sistemato sembrava non ci avesse dormito nessuno e i pochi libri che aveva erano impilati sulla scrivania sgombra, in base alla dimensione.

 

«Certo che Natasha avrebbe potuto svegliarci eh! » commentò Kim, quando ritornai in camera dopo essermi lavata i denti.

«Chissà a che ora si è svegliata, quella mi sembra tutta matta» commentai mentre mi infilavo i jeans che avevo scelto la sera prima dopo un’accurata selezione.

«Uffa… Ma dove si è cacciato?!» sbuffò lamentosa Kim, scarmigliando le dita in un portagioie.

«Che stai cercando? Muoviti che sei ancora in mutande!» la ripresi, mentre mi abbottonavo la camicetta.

«Il mio braccialetto, quello con gli amuleti portafortuna » si lagnò Kim, lanciando via il portagioie.

«Mi sembra di averlo visto in bagno… » borbottai, infilandomi un maglioncino caramello e sistemandomi i capelli guardando il mio riflesso sull’anta dell’armadio.

«TROVATO! Grazie… » Kim riemerse con il braccialetto in mano, e solo allora riprese a vestirsi.

 

Sbuffai roteando gli occhi, Kim viveva con la testa immersa in un mondo tutto suo,

fatto di oroscopi, tarocchi, cristalli e amuleti magici. Non c’era verso di farla ragionare

razionalmente, lei partiva snocciolando frasi sul destino, il fato e fili invisibili che legavano gli innamorati.

Quando entrambe fummo pronte uscimmo, chiudendoci la porta alle spalle.

 

A quanto pare non eravamo le uniche ad essersi svegliate tardi: il lungo corridoio che univa tutte le stanze era pieno di persone che correvano affaccendate, teste assonnate sbucavano dalle camere maledicendo il chiasso che si andava creando e

nonostante fosse contro il regolamento la presenza dei maschi nel dormitorio femminile assistemmo ad un agguato, organizzato da quelli che sembravano studenti dell’ultimo anno che assalirono una povera disgraziata, ancora in pigiama e con il segno del cuscino sulla faccia, riempiendola di panna montata con delle bombolette spray.

 

Io e Kim ci dirigemmo verso uno dei bar del campus dell’UCLA, ovviamente ghermito di persone a quell’ora. Controllai l’orologio, avevamo un quarto d’ora.

«Ci conviene prenderlo e portarlo via, così lo beviamo in classe… » suggerii, torcendo nervosamente la bretella della borsa.

«Io mi sa che prendo solo la briosche, il caffè non mi serve… Sono troppo eccitata!» squittì Kim, prendendomi la mano e stringendomela forte.

 

La guardai sorridendo, ero ancora incredula di essere lì con lei, nella nostra università preferita a frequentare i corsi dei nostri sogni.

Io mi ero iscritta a Scienze Letterarie, Dipartimento di Italiano, avevo sempre amato l’Italia, sin da piccola quando i miei genitori mi portavano a trascorrere l’estate lì, dalle rive del Gargano alla Costiera Amalfitana, mentre Kim inseguiva il sogno di lavorare in TV e perciò si era iscritta alla School of Theater, Film and Television, aveva già prenotato delle audizioni per il progetto teatro della scuola e intendeva cimentarsi nella creazione di un cortometraggio sugli astri e sui segni zodiacali.

 

Ordinai il caffè che mi fu subito servito all’interno di un grande bicchiere di plastica con il coperchio, lo sorseggiai piano mentre Kim accanto a me addentava la briosche; entrambe guardavamo la splendida facciata color mattone dell’Università, illuminata dagli ultimi raggi estivi aveva un’aspetto accogliente, quasi caldo.

Controllai l’ora, mancavano cinque minuti.

 

«Dovrei arrivare giusta giusta in classe! » dissi, bevendo un lungo sorso di caffè e salutando Kim che doveva andare in tutt’altra direzione.

«Ci vediamo a pranzo! » rispose lei agitando una mano.

 

Percorsi il lungo porticato, decorato di portentose arcate arancioni e salii la lunga scalinata, con passo veloce, saltando due gradini alla volta.

Fortunatamente avevo memorizzato il percorso per arrivare agli edifici e alle mie classi durante il weekend che io e Kim avevamo dedicato alla perlustrazione del campus universitario. Anche la posizione del dormitorio era strategica per raggiungere quel particolare dip…

 

Lo schianto fu talmente improvviso che mi strappò ai miei pensieri con una violenza tale che temetti di aver preso in pieno qualche statua di marmo, di quelle che l’UCLA sfoggiava vanitosa in ogni angolo degli edifici.

 

Invece mi atterrì scoprire che non era affatto una statua quella che avevo travolto, ma un ragazzo in carne e ossa, che a quanto pare stava scendendo a passi spediti la scalinata sopra di me, diretto nella mia stessa direzione.

 

A togliermi totalmente il fiato fu l’accartocciarsi del mio bicchiere di plastica, che sputò via il coperchio liberando tutto il caffè rimasto verso la camicia bianca e inamidata del ragazzo.

Io saltai all’indietro cercando di evitare gli schizzi di quello che sapevo essere ancora caffè bollente, ma lui non si salvò e una macchia grande come la Russia si riversò sul suo petto ampio.

 

«MA… Porca Puttana! » lo sentii gridare, mentre saltava all’indietro cercando di allontanare dalla pelle il tessuto bagnato e bollente.

«Oddio… » esalai prendendo fiato tutto d’un colpo « Scusa! Scusami! Non ti avevo visto… » farfugliai, arrossendo e appoggiando il bicchiere ormai vuoto e stroppicciato sul cornicione.

«Che razza di imbranata! Ma tu guarda che disastro… » ringhiò lui, lasciando cadere per terra la sua borsa a tracolla e slegandosi i primi bottoni della camicia.

«Mi dispiace tanto… » balbettai, mortificata, estraendo un pacchetto di fazzoletti dalla tasca della giacca.

«Impara a guardare dove vai… » borbottò il ragazzo, sbuffando, mentre io cercavo di tamponargli la camicia osservandolo sottecchi.

 

Aveva un viso limpido deformato solo da una smorfia di disappunto, folti capelli neri  in contrasto con la sua carnagione chiara, i lineamenti equilibrati rendevano il suo volto piacevole anche mentre la sua bocca sparava a raffica una marea di bestemmie a mezza voce.

 

Ma più di tutto a colpirmi fu il suo corpo ben definito sotto la camicia, aveva un torace scolpito e mentre premevo inutilmente fazzoletti su fazzoletti contro la macchia a forma di Russia (la quale stava inesorabilmente estendendo i confini a discapito dei miei sforzi) potei notare che anche a livello di pettorali non era messo per niente male.

 

Quando una sua mano mi scostò bruscamente e incontrai i suoi occhi accesi di rabbia e frustrazione, ritornai alla realtà: gli avevo appena rovesciato del caffè addosso e ora probabilmente lui avrebbe fatto tardi ovunque stesse andando.

Pessima figura, Charlie, complimenti! Mi rimproverai, mentre fissavo sconsolata il caffè imprimersi sul suo torace rendendo inutile qualsiasi tentativo di assorbimento e smacchiatura.

 

«Mi dispiace un sacco… Io non ti avevo visto… » mi giustificai per l’ennesima volta «Ti dò i soldi della lavanderia… Anzi se mi lasci un tuo contatto la porto io a lavare… Qualsiasi cosa... » mi offrii, escogitando soluzioni a raffica.

«Che ne dici di far tornare indietro il tempo e darti una svegliata… » ringhiò lui, sbuffando.

Lo guardai scioccata: quel tizio si ostinava a rispondermi male e se c’era una cosa che detestavo era la maleducazione!

 

Non l’avevo mica inseguito per rovesciarglielo addosso! Ci tenevo al mio caffè e averlo sprecato sulla sua camicia non mi rendeva affatto contenta!

 

« Guarda che magari il caffè ti serve proprio siccome qui quello che dorme sei tu! » gli risposi con rabbia, trucidandolo con lo sguardo.

 

Lui spalancò la bocca, guardandomi sorpreso per un brevissimo istante, poi assunse nuovamente un’aria ostile.

 

« Non ho altro tempo da perdere… » sibilò incendiandomi con lo sguardo e sorpassandomi con una spallata, mi voltai a guardarlo inviperita mentre lui accennava una corsa verso il dormitorio maschile.

 

Mi chinai per asciugare le ultime gocce di caffè da terra e poi mi fiondai verso la mia aula, maledicendo quell’inizio traumatico.

 

***

[Aaron]

 

Tu mi imbarazzi.

Mia madre aveva chiuso la discussione sferzando l’aria con quelle parole taglienti.

 

Quelle parole mi risuonavano nella mente mentre scendevo frettolosamente le scale, con la tracolla che rimbalzava sulle gambe ad ogni passo.

Incredibile, quella che doveva essere la mia sostenitrice numero uno si opponeva ancora con tutte le sue forze a quella decisione.

Non avrei mai seguito le sue orme e tanto meno quelle di mio padre, pensai fermamente.

 

Del resto cosa ne poteva sapere mia madre di sentimenti quando tutto ciò con cui aveva a che fare erano numeri e calc…

 

Qualcosa mi investì violentemente proprio mentre scendevo l’ultimo scalino, intravidi con la coda dell’occhio un profilo rossiccio prima che un’ondata di liquido bollente mi travolgesse inevitabilmente.

 

«MA... Porca Puttana! » le mie labbra si mossero praticamente da sole.

 

Ero andato a sbattere contro il distributore di caffè?

Fu quello il primo pensiero irrazionale che fece capolino nella mia testa quando avvertii l’aroma e il calore del liquido ormai versato sul mio petto.

 

Fu allora che il profilo rossiccio che avevo notato prima cominciò a balbettare scuse una dietro all’altra.

 

Allentai qualche bottone della camicia sperando di limitare i danni: «Che razza di imbranata! Ma tu guarda che disastro…» commentai, aspro.

 

Ma è possibile andare in giro senza guardare nemmeno dove si mettono i piedi?!

 

Lei si avvicinò cercando di tamponare la macchia con dei fazzoletti, permettendomi così di guardarla. Il rossiccio che avevo visto prima apparteneva ai suoi capelli che ora le scivolavano spettinati sul viso ricoperto di lentiggini, aveva una bocca carnosa di uno spiccato color ciliegia e occhi luminosi verdi giada.

 

Dai Aaron.. smettila di guardarla, è l’imbranata che ti ha rovesciato addosso il caffè, mi rimproverai mentalmente, ripensando a cosa avrebbe comportato quel incidente.

 

Ritardo. Litigio con il professor Nucci. Crediti saltati.

 

Le sue labbra si muovevano veloci, farfugliava suggerimenti su come rimediare al danno sulla mia camicia nuova di zecca.

 

«Che ne dici di far tornare indietro il tempo e darti una svegliata… » le risposi più aggressivo di quanto volessi.

 

La sua espressione mortificata si tramutò in un’occhiataccia fulminea che mi fece pentire di aver aperto bocca.

 

« Guarda che magari il caffè ti serve proprio siccome qui quello che dorme sei tu!» replicò seccamente.

 

Rimasi interdetto per un secondo, assimilando quelle parole taglienti.

 

Io non stavo mica dormendo in piedi!

 

« Non ho altro tempo da perdere… » sbuffai sorpassandola e dirigendomi verso i dormitori quasi correndo.

 

Sarei arrivato in ritardo proprio durante la prima lezione, nella quale avrei dovuto fare da assistente al professor Nucci.

Ormai la camicia era andata quindi optai per una semplice maglietta bianca prima di correre verso l’aula di Letteratura italiana dove una strigliata era praticamente garantita.

 

Feci un respiro profondo e aprii la porta che dava accesso all’aula, trovandomi davanti due occhi incazzati a fissarmi.

«Signor Lewis, faccia pure con comodo» esordì Nucci.

«Io.. Mi scusi.. Non si ripeterà»

Ma da quando avevo cominciato a balbettare? Soprattutto di fronte ad un innumerevole numero di studentesse nuove?!

«E pensare che lui è il mio assistente… Quello che dovrebbe darvi l’esempio...» commentò sarcastico Nucci, facendo ridere alcuni.

 

Cercai di ricompormi un attimo e neanche a farlo a posta percorrendo l’aula con uno sguardo incrociai gli occhi della rossa che aveva firmato la mia condanna a morte, lei assunse un’espressione sorpresa che subito sfociò in un ghigno compiaciuto.

 

Maledetta...

 

Sapevo bene che Nucci me l’avrebbe fatta pagare in qualche modo, non era tipo da risparmiare punizioni.

Se avesse deciso di non darmi più i crediti necessari a passare il suo corso avrei dato fuoco a tutto il Dipartimento di Italiano. Rossa compresa.

 

Lei non si sognava minimamente la fatica che avevo fatto a conquistare una seconda possibilità per guadagnarmi i crediti di Nucci senza dover ridare l’esame dopo l’estate.

 

A fine lezione, mentre raccoglievo le mie cose Nucci si avvicinò:

« La prossima volta che mi fai fare brutta figura con ritardi simili non azzardarti nemmeno a presentarti in classe » pronunciò burbero.

 

« Ma c’è stato un equivoco… Mi hanno rovesciato del caffè sulla camicia… » provai a spiegare, mentre gli studenti sfilavano via in silenzio.

« Non me ne potrebbe fregare  di meno della tua camicia! » ringhiò a voce alta Nucci, chiudendo con uno scatto secco il suo laptop.

 

Strinsi le labbra frustrato e in quel momento colsi di sfuggita una figura rossa sgattaiolare via dall’aula. Sulle sue labbra, le stesse su cui il mio sguardo non poteva fare a meno di scivolare, un sorriso soddisfatto.

 

Quella tipa aveva sentito tutto e non solo non aveva provato nemmeno a dire mezza parola per assumersi le colpe ma se la rideva pure! Pensai furioso.

 

« Ricordati che sei ancora bocciato nella mia materia e di nuovi assistenti ne trovo a palate!  » sibilò il professore, riportandomi alla realtà.

Sospirai nervoso mentre Nucci usciva dall’aula, lasciandomi solo.

____
Salve a tutti, qui a scrivere ci sono Georgeta e Francesca!
Speriamo che questa storia vi appassioni esattamente come ha appassionato noi durante le ore più noiose di IOT.
Un bacio, 
Geo. 

ps. Ricordatevi di aggiungerla alle preferite/seguite e di lascarci una recensione se vi fa piacere (rispondiamo volentieri a tutti, anche alle critiche!) 

 
   
 
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