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Autore: totalip    18/02/2019    3 recensioni
Ambientato all'isola d'Elba. Tra la guerra, prima i tedeschi e poi amercinani, sciupano la quieta di questa Isola dove regna la pace e il buon senso, l'amiciza. Ma in questi avvenimentisi conclude la storia d'amoe tra Giulio e Fabiana. I due non hannofatto i conti conil destino.
Genere: Generale, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                                                                         SCRITTO NEL DESTINO



 
Nella saletta di prima classe del piroscafo partito da Piombino alle ore dieci, due viaggiatori, un uomo e una ragazza, consultavano una piccola carta geografica. Ad un certo momento uscirono e si affacciarono al parapetto della motonave per osservare il panorama e individuare le località indicate sulla cartina.

«Non credevo che questa isola fosse così grande,» disse la ragazza, «è così montuosa e frastagliata di punte e insenature.»

Il mare era calmo, la giornata settembrina non aveva nulla da invidiare ad una delle più belle giornate di primavera. Il piroscafo scivolava leggero su quella superficie azzurrina, senza alcuna oscillazione, all’infuori di una certa vibrazione causata dal pulsare sordo ed uniforme delle macchine. Due delfini facevano le capriole di fianco sul battello, e la ragazza si divertiva un mondo e quell’inaspettato spettacolo.

Giunti a Cavo, la barca che fa servizio di posta e passeggeri si affiancò, trasbordò alcune persone sul piroscafo e da questo altre ne imbarcò.

Terminata l’operazione di sbarco e imbarco, filò svelta entro il piccolo molo del ridente villaggio.

«Grazioso questo paesetto,» disse la ragazza.

«Questo è il Cavo,» aggiunse l’uomo, «il primo agglomerato di case più vicino al continente. Vi abbiamo impiegato, per raggiungerlo, appena trenta minuti. È una frazione di Rio Marina.

«E dove sono le miniere di ferro?» domandò la ragazza.

«Al di là di questi monti. Ma il ferro affiora un po’ dappertutto in questo versante. Vedi quei filoni rossastri? È tutto minerale.»

«E quello là che pare un castello medioevale seminascosto da una fitta selva di alberi?»
«Quello? È il castello dove fu rinchiusa Pia de’ Tolomei.»

La ragazza proruppe in una risata argentina.

Quell’uomo doveva essere un bello spirito, burlone ed allegro quanto mai. La giornata era così bella ed il mare così tranquillo, disponevano l’animo alla gioia.

Intanto il piroscafo, ripresa dopo la breve sosta e sorpassato l’isolotto dei Topi, drizzò la prua verso Portoferraio.

Sulla destra si scorgevano nettamente le due isole: Pianosa e Capraia, e laggiù in lontananza si profilavano i monti della Corsica.

«Meraviglioso questo mare: sembra dipinto.»

«Già,» riprese l’uomo, «hai detto bene: è proprio un mare artificiale, come quelli che dipingi tu. Ma non c’è gusto a fare una traversata simile. Non ce ne siamo accorti neppure quando eravamo in canale. No, no: senza un po’ di maretta, senza nessuna emozione, senza offrire ai pesci il caffelatte, con relativi biscottini, preso a Piombino, non c’è proprio gusto a viaggiare in mare.»

La ragazza rise di nuovo e aggiunse: «Vorrei vederti!...»

Il viaggiatore domandò ad un giovane che gli stata vicino: «Mi dica, per favore, tra quanto tempo giungeremo a Portoferraio?»

«In poco più di un’ora,» rispose il giovane.

«Benissimo. Giusto all’ora di colazione.

«Non pensavo che fosse così grande,» continuò a dire la ragazza. «Quanti abitanti ha?»
«Circa trentaduemila, di cui diecimila solo nel comune di Portoferraio.»

«Allora vi sono più comuni?»

«I comuni dell’isola sono otto, signorina,» rispose il giovane, guardandola meglio.

«Quali sono,» domandò l’uomo, «le risorse economiche dell’isola?»

«Le miniere di ferro, la pesca, l’agricoltura, o meglio la viticoltura, e gli altiforni, dove lavorano circa duemila operai.»

«Dunque non c’è miseria.»

«Eh, caro signore: la miniera c’è e non c’è. Tutto sta a sapere che cosa si intende per miseria.»

«Intendo dire che dove c’è lavoro c’è pane.»

«Sì, ha perfettamente ragione, Questo motto latino sta scritto sugli architravi delle finestre di un palazzo di stile medioevale, a Portoferraio.»

«È proprio là, che l’ho letto.»

«Allora non è la prima volta che loro vengono a Portoferraio!»

«Mia figlia sì, è la prima volta, ma io ci sono stato l’anno scorso in gita turistica, e me ne sono innamorato.

 
Il piroscafo si avvicinava alla “scoglietto”, già biancheggiava la spiaggia delle “Ghiaie”.

Uno stormo di gabbiani volteggiava a poppa. Ogni tanto qualcuno di essi sfiorava la superficie dell’acqua, si tuffava con tutto il collo, innalzandosi nuovamente spesso con un pesciolino nel becco. La ragazza si divertiva a gettare loro qualche midolla di pane.


«Mi dicono che il clima dell’isola è dolce e le popolazioni molto civili ed ospitali. È vero?», domandò il viaggiatore.

«Signore,» rispose il giovane, «e perché queste popolazioni non dovrebbero essere civili? Perché non ospitali? Magari ancora un po’ primitive, negli usi e costumi, attaccate alle tradizioni, ma di carattere buono ed espansivo, e soprattutto laboriose ed oneste.

«Napoleone scelse bene, quando gli inglesi lo invitarono a ritirarsi… a vita privata.»

«Già, Napoleone! Non c’è forestiero, specialmente se viene dalla Francia, che non voglia mettersi, appena sbarcato sull’isola, sulle orme del Corso. Tutti vogliono vedere la sua abitazione di San Martino, la palazzina dei Mulini in città, dove teneva trattenimenti mondani per la sua piccola corte e per le notabilità cittadine, da dove spiccò il volo per la grande avventura che gli costò abbastanza salata. Vogliono ammirare e toccare con mano la sua maschera che si conserva nella Chiesa di San Cristino, ma pochi si interessano di domandare notizie di un altro Grande, pure francese, che l’isola d’Elba ebbe il vanto di ospitare quando era ancora fanciullo e malaticcio. E come è scritto in una epigrafe che si trova collocata sulla facciata del Palazzo Comunale di Portoferraio, fu proprio l’aria elbana, “cui danno atomi il ferro e il mare”, a conservarlo alla storia.»

«Chi era?»

«Victor Hugo.»

«Non conoscevo questo particolare. Certamente l’isola ha una storia.»

«Una storia interessante,» continuò il giovane. «Il fatto di possedere ricche miniere di ferro, miniere  “inesauste” come  le chiamò Virgilio, spinse all’Elba. In epoche remote, predoni e avventurieri della peggior specie, i quali portarono ovunque rovine e devastazioni. L’Elba passò di dominazione dagli etruschi ai Romani, ai Genovesi, agli Spagnoli, senza contare le invasioni barbariche degli Ostrogoti e di Barbarossa.

«Naturalmente l’isola, a quei tempi, era poco abitata.»

«Si capisce, non poteva esserci una popolazione densa come oggi. Le incursioni barbariche e le piraterie  erano frequenti, e i paesi venivano devastati e rasi al suolo, e le campagne ridotte a deserti. Gli abitanti uccisi o deportati. In quelle condizioni non era possibile una popolazione stabile e sicura. Soltanto quando l’Elba passò sotto la signoria della Casa de’ Medici, le condizioni, anche demografiche, migliorarono assai. Cosimo I  fondò, nel 1548, la città di Cosmopoli, ora Portoferraio, e dette impulso ai traffici ed ai commerci. Così l’Elba ebbe un periodo di prosperità, ma non finirono per questo i suoi guai.

«Quali sono i suoi monti più alti?»

«L’altezza dei monti elbani è abbastanza modesta. Soltanto il monte Capanne misura 1019 metri. È quello laggiù, vede, verso ponente.»

«Lei è isolano?»

«Sicuramente.»

«Ecco: voglio metterla al corrente di un mio progetto. Ho intenzione di costruire una villa in qualche amena località dell’isola, possibilmente sul mare, per venirci a passare l’estate con la famiglia. È facile trovare un appezzamento di terra adatto allo scopo?»

«Facilissimo, signore, ci sono molte località ed io stesso ne conosco qualcuna, dove si può costruire a condizioni molto vantaggiose, specialmente là sul versante nord: Procchio, Marina di campo, Marciana marina… Credo che potrà scegliere.»

«Lei potrebbe essermi d’aiuto in questa ricerca?»

«Credo di sì.»

«Soprattutto vorrei trattare, al momento opportuno, con una ditta costruttrice seria, capace, che dia affidamento. Ne conosce lei qualcuna?

«Sì, posso darle fin d’ora alcuni nomi.»

«Grazie, le sarò molto obbligato.»

L’uomo scrisse in un  taccuino i nomi che il giovane gli aveva suggerito, dicendo poi a mo’ di conclusione: «Molto bene, il primo passo è fatto.»

Il giovane soggiunse: «Posso darle anche il mio biglietto da visita?»

«Si figuri.»

Il viaggiatore lesse, e subito si rivolse al ragazzo.

«Ma allora non avrò tanto da cercare. Potrò affidare a lei la costruzione del mio villino, visto che lei e suo padre siete dei costruttori edili, nella certezza di essere capitato in  buone mani.»

«Credo che potremmo benissimo intenderci,» rispose il giovane.

«Ilaria, Ilaria,» chiamò il viaggiatore, mentre la ragazza continuava a gettare briciole di pane ai gabbiani.

«Vieni qua. Vedi questo giovane? Sarà il costruttore del nostro villino.»

«Eh, non corriamo troppo,» disse il giovane,  «Non si sa mai…»

«Dunque lei è costruttore edile?» domandò la ragazza.

«Sì, signorina,» rispose Giulio. E questa volta la guardò con maggiore attenzione. Era davvero molto carina.

Il piroscafo mandò un fischio acuto che echeggiò da Bagnaia a San Giovanni fino alla Darsena, e fece cadere  sulle spalle dei viaggiatori una fitta pioggia di vapore acqueo. Stava entrando in porto e la città si presentava quasi all’improvviso, come un grande anfiteatri, mollemente adagiata in semicerchio sulla calata, dalla Torre del Martello alla Punta del Gallo come nell’atto di dare, a braccia aperte, il benvenuto ai passeggeri in arrivo. 

La motonave si ormeggiò al pontile con una manovra impeccabile, ed i  viaggiatori, non troppo numerosi in quel giorno, scesero a terra dileguandosi in direzioni diverse.

Il nostro viaggiatore disse a Giulio: «Io mi tratterrò qualche giorno per vedere di scoprire ciò che mi interessa, ma prima di ripartire mi farò vedere per salutarla.»

Tese la mano al giovane. Giulio la strinse con cordialità e con molto piacere strinse pure la manina morbida e delicata della ragazza.

«A proposito,» disse il viaggiatore, «questo è il mio indirizzo.»

Ed estratto dal portafoglio un elegante cartoncino lo porse a Giulio il quale lesse:  “Valerio Ferraro- Industriale-
Torino.”                                                                                                            

   
 
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