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Autore: _Lisbeth_    18/02/2019    8 recensioni
Sono le cinque del mattino e Brian guarda il cielo fuori alla finestra.
Ispirato dalla canzone "5 A.M." di Ex:Re.
With love.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brian May
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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5 A.M.
                                            
Sono le cinque del mattino e Brian guarda il cielo fuori alla finestra.
A piccoli passetti felpati si avvia nella piccola cucina della sua casa, cercando di non farsi vedere dai suoi genitori che dormono tranquillamente nel lettone. La finestra di quella stanza è così grande che lui può vedere tante stelle.
Brian spegne la candela che ha portato con sé per non inciampare negli oggetti che nel buio della notte non sarebbe riuscito a distinguere, sedendosi per terra, spalancando la grande finestra e incrociando le gambette sottili, appoggiando il proprio mento sulle mani.
Il cielo, a quest’ora di una mattina primaverile, non mostra altre stelle oltre ai timidi raggi del Sole. A Brian piace il Sole, però ha sperato di vedere qualche luminosa, piccola stella ancora sveglia nel cielo. A Londra c’è nebbia e la volta celeste è sfocata, di un tenue colore grigio-azzurro.
Al bambino non piace svegliarsi in preda agli incubi. Il piccolo Brian ama svegliarsi circondato dal ricordo di un bel sogno, pieno di colori e luci.
Però, dopo un brutto sogno, il suo rifugio è sempre stato il cielo. Lo rende triste vederlo coperto e annebbiato. Gli ricorda quelle immagini che lo spaventano tanto quando dorme.
Sono le cinque del mattino e il piccolo Brian non riesce a distinguere le stelle e il cielo. Quando si addormenta davanti alla volta celeste annebbiata, sono appena le sei.
 
 
Sono le cinque del mattino e Brian guarda il cielo fuori alla finestra.
E’ il diciannove Luglio. Non è riuscito a chiudere occhio per tutta la notte. E’ emozionato, ogni volta che arriva il giorno del suo compleanno. Si sente sempre più grande, sempre più vicino a futuro, sempre più innamorato delle stelle e della musica.
Mette su il vinile dei Beatles, chiudendo la porta della sua camera ed ascoltando le note di “Misery”, tornando a guardare la piccola porzione d’Universo che può scorgere dai vetri della minuscola finestra della stanza.
Un giorno sarà un importante scienziato.
Un giorno saprà suonare la chitarra come Harrison e Lennon.
Soffia le diciassette candeline che da solo ha posto su una piccola e insignificante torta infornata senza nemmeno le uova che si era cucinato il giorno prima, e la luce nella camera svanisce, mentre la stanza viene illuminata dal Sole da poco spuntato nel cielo.
Sospira.
Sono le cinque del mattino quando, aprendo la porta, vede la sua nuova chitarra.
 
 
Sono le cinque del mattino e Brian guarda il cielo fuori alla finestra.
Ride, mentre il suo migliore amico lo sballotta da una parte all’altra cingendogli le spalle, in piedi sul divano per raggiungere la sua altezza mentre i suoi capelli biondi gli graffiano gli occhi.
In quella stanza sono tutti ubriachi, compreso lui. Il cielo gli sembra così colorato e il blu del suo manto gli fa pensare al mare.
Vede Roger sollevare un pugno, mentre John e Freddie ridono senza sosta svaccati l’uno sulla poltrona, l’altro su un tavolo.
- Facciamo gli auguri a questo concerto, compagni miei! – il batterista si sporge poi dal divano, vomitando sul pavimento.
Brian lo sostiene dal pugno ancora alzato, per evitare di farlo cadere ma continuando a ridere, nella neonata mattina di quel 1974, nato per far conoscere l’immensa personalità di Freddie Mercury, di John Deacon, di Roger Taylor e la sua, quella di Brian May. Per far conoscere ed emergere l’immensità dei Queen.
Sono le cinque del mattino e le luci del Rainbow sono ancora impresse nella testa di Brian.
 
 
Sono le cinque del mattino e Brian guarda il cielo fuori alla finestra.
D’inverno, a quest’ora, è sempre così buio. Non un raggio di Sole fa capolino attraverso lo scuro cielo pieno di stelle, la cui luce diventa però, piano piano, sempre più attenuata, sempre più lieve.
“Papà, dove sono finite, le stelle?” erano le cinque del mattino, quando Brian aveva pronunciato quella frase. Harold lo aveva stretto a sé, lasciandogli un bacio in cima alla testa riccioluta. “Le stelle riposano, a quest’ora. Però forse, se guardi meglio, riuscirai ad intravederne qualcuna ancora sveglia.”
Brian appoggia la testa sulla mano appartenente al gomito piegato che ha sistemato sulla scrivania posizionata proprio davanti alla finestra, sbirciando i palazzi e le luci dei fari delle macchine che sbucano nel buio della prima mattina, battendo di tanto in tanto le ciglia, appuntando qualcosa su un foglio.
Il giovane ragazzo con la passione per le stelle e per la musica, solitamente è sempre sveglio, a quell’ora. Sono tanti i pensieri che gli soffocano il sonno, che gli fanno girare la testa e che lo confondono a tal punto da non permettergli di far altro che scrivere o osservare il buio di Montreal.
Gli manca tanto Chrissie, gli mancano tanto James e Louisa. Sono state tante le volte in cui ha pensato di voler abbandonare tutto e tornare dalla sua famiglia, godersi la vita tranquilla, quella che un normale giovane uomo di trentaquattro anni dovrebbe vivere.
Però vedere i sorrisi dei suoi colleghi, dei suoi compagni, dei suoi migliori amici, gli fa cambiare subito idea. Suonare la sua chitarra davanti ad un immenso pubblico che tra lacrime e gioiose urla gli applaude, lo fa tornare indietro.
Sono le cinque del mattino del 26 novembre del 1981.
- Problemi a dormire, dottor May?
La voce impastata del loro batterista lo fa sorridere.
 
 
Sono le cinque del mattino e Brian guarda il cielo fuori alla finestra.
Il cielo ha portato via la stella più luminosa della Terra, spazzata via dall’auto distruttività dell’inusuale, bella, rischiosa vita che conduceva.
Il 1991 sta per finire, pensa asciugandosi l’ennesima lacrima sfuggita al suo controllo.
Nel cielo c’è tanta pioggia. Il Mondo piange, il cielo piange.
Freddie Mercury è andato via la notte precedente, senza avvisare, senza salutare. Senza dire addio a nessuno.
“Sei il chitarrista migliore che abbia mai visto, tesoro. Perciò sali su quel palco e spacca quei culi senza rompere troppo le palle.”  
Sono le cinque del mattino e Brian piange. Piange da ore, interminabili minuti, interminabili secondi.
Sente qualcuno tirare su col naso dietro di lui, sente il contatto di una mano sulla sua spalla, sente un profondo singhiozzo e quando si gira vede due occhi azzurri lucidi come i suoi, guardando un doloroso e amaro sorriso aprirsi su quel volto stanco, mentre la voce di Roger Taylor trema. – Lo stai guardando, vero?
Brian si sporge verso il suo migliore amico, verso il suo compagno di vita, quello con cui ha avuto faide e litigi, ma con cui ha condiviso ristate e complici sguardi, stringendolo forte mentre le loro spalle tremano, sussultano.
Sono le cinque del mattino e Brian si concentra sui singhiozzi del batterista misti ai suoi.
- Ce la faremo, Brian. Tutti e tre. Ce la faremo e lui sarà fiero di noi.
Sono le cinque del mattino e Brian si abbandona completamente sulla spalla del suo migliore amico, chiudendo gli occhi.

 
Oh, you can try and sleep well
But cruelty trails
You can try and sleep well
But cruelty trails
 
A Brian e alle sue amate stelle.
 
 
   
 
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