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Autore: Blackbutterfly1994    19/02/2019    0 recensioni
A scuola eravamo sulla bocca di tutti.
Io con quei capelli impossibili, lunghi fino al bacino, neri come petrolio e lisci come seta.
Io con quella pelle bianca e quegli occhi scuri.
Io con quello sguardo fisso, assente, senza l’ombra di un sorriso.
Tu con quei capelli tinti di un colore così chiaro da essere bianco.
Tu con quella risata limpida e le tue maniere scherzose.
Tu con quelle spalle larghe e le mani grandi.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Loving you
 



 
A scuola eravamo sulla bocca di tutti.
 
Io con quei capelli impossibili, lunghi fino al bacino, neri come petrolio e lisci come seta. 
Io con quella pelle bianca e quegli occhi scuri. 
Io con quello sguardo fisso, assente, senza l’ombra di un sorriso.
 
Tu con quei capelli tinti di un colore così chiaro da essere bianco. 
Tu con quella risata limpida e le tue maniere scherzose. 
Tu con quelle spalle larghe e le mani grandi.
 
Eravamo il duo peggio assortito che si possa immaginare. 
Due antipodi che camminavano l’uno accanto all’altro. 
 
Non nutrivo nessun tipo di interesse per i miei compagni di classe. 
Dopo due anni, non avrei saputo riconoscerne la maggior parte. 
Passavo le ore quietamente seduto al mio posto, lo sguardo perso al di là della finestra.
 
Durante le pause, tu venivi sempre a cercarmi. 
Ti affacciavi alla porta con il tuo sempiterno sorriso, mi salutavi con la mano,
- Joy, andiamo fuor che c’è il sole! -, dicevi.
 
La tua voce era l’unica capace di scuotermi dall’apatia.
Senza rispondere niente, mi alzavo e ti seguivo in silenzio.
Ti ascoltavo chiacchierare di tutto e niente, e pensavo che sarebbe stato bello sopportare le tue idiozie per tutta la vita.
 
Tornavamo a casa insieme.
I tuoi genitori non c’erano mai.
Io passavo ogni pomeriggio da te, cibandomi in silenzio dell’aria che tu respiravi.
D’altronde, che senso aveva tornare presto a casa da un padre sempre ubriaco?
 
Attraversarvi il salone in silenzio, 
buttavi lo zaino sulla prima sedia disponibile,
ti sedevi sul divano a gambe aperte.
E mi fissavi.
 
Io avanzavo fino a trovarmi davanti a te e cominciavo a spogliarmi.
 
Sbottonando la camicia dell’uniforme, 
la prima cosa a far bella mostra di sé era il piercing all’ombelico che avevi voluto farmi il giorno del mio quattordicesimo compleanno.
Aveva fatto un male d’inferno, e la guarigione era stata lunga e tediosa.
Ma lo sguardo affamato con cui lo guardavi ogni volta mi dava un senso di vertigine che ricompensava ogni sforzo.
 
Lasciando scivolare l’indumento al suolo,
le ali incatenate che mi riempivano la schiena facevano capolino dalla spalla destra.
Era stato il tuo regalo per il mio sedicesimo compleanno: 
mi avevi portato dal tatuatore, e gli avevi spiegato esattamente il disegno che volevi.
 
L’uomo ti aveva guardato stranito, poi si era voltato verso di me.
- Ragazzo, sei d’accordo che scelga lui il tatuaggio? – 
L’avevo guardato brevemente, poi avevo fatto un passo verso di te – Tutto quello che dice lui va bene – 
 
Alzando la gamba destra per sfilare i pantaloni,
l’interno coscia rivelava la cicatrice con la forma del tuo nome.
Me l’avevi fatta l’anno prima, come regalo per i miei diciassette anni. 
- Cosa vuoi per il tuo compleanno? – mi avevi chiesto, mentre leggevi un libro seduto sul letto.
- Poter restare con te – avevo risposto dopo un lungo silenzio, le gambe incrociate sul pavimento freddo e la testa appoggiata alla tua coscia.
- Se è davvero così, allora farò a modo mio – 
- Va bene – 
 
La sera del mio compleanno mi avevi fatto stendere su quello stesso letto, 
avevi estratto un coltellino recuperato chissà dove, 
mi avevi aperto le cosce e avevi cominciato quella lenta opera di adorata tortura.
 
Tutta l’impassibilità del mondo non aveva potuto impedirmi di urlare per il dolore,
specialmente mentre affondavi ancora e ancora negli stessi punti, 
per fare in modo che la cicatrice restasse per sempre.
 
In ultimo, scalciavo via l’intimo.
Il Prince Albert scintillava sulla punta del mio pene.
A quello dovevo ancora abituarmici, perché era stato il tuo ultimo regalo.
 
Completamente nudo davanti a te, lasciavo che mi guardassi per un momento.
Poi tu schioccavi la lingua, e io sapevo cosa fare.
Mi inginocchiavo davanti a te, mi accucciavo tra le tue gambe e lo prendevo in bocca.
 
Mi piaceva il sesso orale.
Mi piaceva perché tu mi accarezzavi i capelli che avevo fatto allungare su tua richiesta, 
e io mi sentivo più amato di quanto fossi mai stato dal giorno della mia nascita.
 
Prostrato davanti a te, mi sentivo il re del mondo.
 
A volte mi facevi ingoiare il tuo sapore.
Altre volte volevi andare oltre. 
 
Mi tiravi i capelli, e tanto bastava per farmi capire le tue intenzioni.
Allora mi staccavo, mi alzavo e ti salivo sopra.
Piano, ti facevo entrare dentro di me. 
 
E anche se facevamo sesso da quando avevamo tredici anni, 
ogni volta mi veniva da piangere all’idea che tu trovassi il tuo posto dentro di me.
 
Tu eri il rumore che aveva saputo accettare il mio profondo silenzio,
la luce che aveva assorbito l’abisso che regnava in fondo ai miei occhi.
 
Nel mio mondo contorto,
non conoscevo un altro modo di amarti che non fosse offrirmi completamente e senza riserve.
In quell’universo in cui niente catturava il mio interesse,
tu eri la scintilla di vita per cui avrei sacrificato ogni cosa.



 
Penso alla tua risata calda come il sole d’estate,
penso al riflesso scuro dei tuoi occhi chiari su di me.
 
Penso a tutto questo,
e quando, venendo in me, mi sussurri all’orecchio
“L’anno prossimo, regalami il colore del tuo sangue”
non posso che sciogliermi nel tremito di quest’esistenza che non aspetta altro che ritornare nelle mani di colui che l’ha fatta sbocciare.

 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
 
Questa storiella senza pretese è nata in una sera d’ispirazione di qualche mese fa.
Principalmente, si tratta del risultato dei miei scleri e delle mie fantasie legate ad un tema che sto attualmente sviluppando in un’opera ben più lunga e complessa.
 
In ogni caso, spero vi sia piaciuta.
 
Se vi va, lasciate un commento.
Sono sempre ben accetti.
 
 
Un bacio,
Blackbutterfly.
   
 
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