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Autore: BabaYagaIsBack    19/02/2019    0 recensioni
●Book I●
Aralyn e Arwen anelano alla libertà. Fin dall'alba dei tempi quelli come loro sono stati emarginati, sfruttati, ripudiati, ma adesso è giunto il momento di cambiare le cose, perché nessun licantropo ama sottomettersi, nessun uomo accetta la schiavitù. Armati di tenacia e coraggio, i fratelli Calhum compiono la più folle delle imprese, rubando a uno dei Clan più potenti d'Europa l'oggetto del loro potere. In una notte il destino di un'intera specie sembra cambiare, peccato che i Menalcan non siano disposti a farsi mettere i piedi in testa e, allora, lasciano a Joseph il compito di riappropriarsi del Pugnale di Fenrir - ma soprattutto di vendicarsi dell'affronto subìto.
Il Fato però si sa, non ama le cose semplici, così basta uno sguardo, un contatto, qualche frecciatina maliziosa e ogni cosa cambia forma, mettendo in dubbio qualsiasi dottrina.
Divisi tra il richiamo del sangue e l'assordante palpitare del cuore, Aralyn e Joseph si ritroveranno a dover compiere terribili scelte, mettendo a rischio ciò che di più importante hanno.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
Capitoli:
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35. Back in the Game

Rimase immobile al tavolo della caffetteria per un tempo che smise presto di tenere. Con i capelli ancora umidi e un paio di stracci messi addosso per non prendere troppo freddo, si guardava attorno in cerca di una qualsiasi cosa abbastanza interessante da tenergli impegnata la mente, perché Aralyn, con il suo rifiuto, l'aveva prosciugato di tutto.
Non aveva né voglia di tornare ad allenarsi, né di mettersi a chiacchierare con qualcuno – fosse stato per lui, si sarebbe dato solo all'inspirare ed espirare nicotina, peccato che i pacchetti rimastegli a disposizione fossero insufficienti per dargli pace.

Quella tipa lo aveva stravolto sotto ogni punto di vista. Le aveva permesso di ghermirlo con il suo profumo e d'incantarlo con i suoi sorrisi esplosi all'improvviso, asservendolo a quella che aveva tutto l'aspetto di essere un'infatuazione. Eppure, Aralyn era e restava il nemico. Era e sarebbe sempre stata l'altra metà di Arwen, il licantropo che aveva giurato di uccidere ben dieci anni prima e che si era ostinato a odiare perché, in fin dei conti, era giusto così.

D'un tratto si prese il viso tra le mani, sospirando.
Da quando aveva messo piede nella Tana, ogni cosa era andata allo sfacelo, lui per primo. Seppur stesse faticando ad ammetterlo, i mannari del Nord avevano in parte corroso il ferro dell'armatura che gli era stato insegnato di dover sempre indossare. Con lui, nonostante alle volte fossero stati sospettosi, si erano sempre comportati con un'umanità che gli era parsa eccessiva per via dell'educazione a cui era stato sottoposto, ma che invece in un luogo del genere aveva preso lo strano retrogusto del concetto di "famiglia" – eppure Joseph sapeva bene a chi doveva la propria lealtà e appartenenza. 
I licantropi di Arwen lo stavano lentamente, ma soprattutto involontariamente, allontanando dal suo obbiettivo ultimo, il tutto, semplicemente restando se stessi – un'immagine che ben si discostava dall'idea che gli era sempre stata dettata da Douglas, Gabriel o qualsiasi altro lupo del casato Menalcan.
Capiva per quale ragione fossero nemici, capiva benissimo molte cose, ma non certo perché fosse così difficile portare a termine, senza porsi scrupoli, la propria missione e, men che meno, continuare a detestarli.

Un moto di rabbia iniziò a farsi largo in mezzo alla frustrazione che lo aveva perseguitato dal momento in cui Aralyn era sparita tra il fogliame del bosco. La sentiva crescere sempre più, alimentata da ogni singolo pensiero che gli sfiorava la mente.
Si rese conto di desiderare di colpire il tavolo con entrambe le mani, sentire il dolore pungente attraversargli i palmi. Avrebbe voluto ribaltare il legno e mettersi a sbraitare contro tutto ciò che di quel posto aveva iniziato ad apprezzare, ma si trattenne; già di per sé aveva addosso abbastanza sguardi del clan.

Fece per alzarsi, nel tentativo di mettere a tacere quell'impeto con l'ennesima sigaretta della giornata, ma appena scollò il sedere dalla panca, Hugo ed Eike fecero la loro comparsa.
Uno gli si sedette di fronte, mostrando un immenso sorriso, l'altro lo affiancò, bloccandogli la via d'uscita: «Perché mai dovrebbe farlo?» gli sentì poi chiedere al gemello.
Se Joseph avesse potuto, si sarebbe concesso uno sbuffo: ecco che il piano che aveva ideato doveva essere rimandato!

«Ti sto solo dicendo che li ho visti, non che ci sia sotto qualcosa» Hugo si sporse appena, esasperato dall'insistenza del fratello.
L'altro allargò le mani: «Arwen non fa mai nulla senza un motivo! Potrebbe dirtelo anche Josh, che è qui da soli due mesi» e d'improvviso, il Purosangue venne tirato in mezzo alla discussione.
Colto di sorpresa, batté più volte le palpebre, provando a capire per quale ragione anche lui dovesse partecipare alla conversazione.
«Come?»

Il gemello sedutogli davanti sorrise nuovamente: «Lascialo perdere, mio fratello straparla» punzecchiò poi, spostando lo sguardo su quello che sembrava essere la sua fotocopia che, di tutto punto, sbatté le mani sulla panca, visibilmente offeso.
«Ma sei scemo? Io non straparlo! Dico solo che se Arwen ha ripreso ad allenare personalmente sua sorella è perché c'è qualcosa sotto»

A quelle parole, una scintilla scoppiò nel petto del Menalcan e la sua attenzione per il discorso fu totale. Ora, qualsiasi cosa avesse in programma, poteva tranquillamente attendere.
«Arwen sta allenando Aralyn?» domandò, forse usando più impeto di quanto avesse previsto.
I due licantropi seduti con lui si scambiarono qualche occhiata complice, quasi avessero scorto, nella sua reazione, qualcosa che nemmeno lui sarebbe riuscito realmente a identificare. Curiosità? Stupore? Gelosia? Qualsiasi cosa fosse, ad ogni modo, stava avendo la meglio sul suo buon senso.

«Sì, beh... vuole essere certo di mandarla in battaglia al meglio, suppongo» Eike scrollò le spalle, spostando lo sguardo intorno a sé, prima sulla tazza di latte, poi sulle proprie mani e infine sull'amico, sempre più agitato.
La stava preparando per cosa, esattamente? Erano già entrati in casa Menalcan, il Pugnale era stato rubato, quindi quale altra follia aveva in mente il più grande dei Calhum? E per quale ragione, tra tutti i suoi sottoposti, era proprio sua sorella quella che stava allenando?
Si morse con forza la lingua, sicuro che stesse per fare l'ennesima mossa rischiosa, ma non si fermò, non poteva impedirsi di scoprire di più su di loro. Inoltre, le informazioni che i gemelli avrebbero potuto dargli sarebbero, forse, state in parte capaci di riempire il vuoto che Aralyn aveva creato tra di loro solo quella mattina.
«C'è in vista qualche guaio?»
Hugo scosse la testa, così come il fratello: «Per quel che ne sappiamo, no, e di solito siamo abbastanza aggiornati a riguardo»
«E allora per cosa la prepara?»

Prima che uno dei due interlocutori riuscisse a rispondere però, un chiacchiericcio più animato si levò alle loro spalle, interrompendoli. Joseph vide i loro occhi spostarsi in direzione dell'ingresso e, seppur riluttante all'idea di dover aspettare ancora per poter ricevere la sua risposta, ne seguì a sua volta la traiettoria.

All'inizio faticò a distinguere l'oggetto di tanto interesse, ma poi, aguzzando la vista, si accorse di una chioma nivea e, al suo fianco, Aralyn. Come sempre Arwen aveva catturato l'attenzione generale, ma non la sua che, invece, fu totalmente rapita da sua sorella. La guardò con tutta l'intensità di cui era capace, sperando di riuscire a incrociare i suoi occhi anche solo per un istante – per sentirla vicina, per creare un legame di qualsiasi tipo, ma lei non cedette nemmeno per un momento.
 

Ovunque si girasse, andasse, o in qualsiasi stanza cercasse di nascondersi, Aralyn si sentiva addosso una preoccupazione impossibile da far sparire. Seppur avesse messo un freno a Josh, non poteva negarsi di aver tratto un incontenibile piacere da quel bacio, ma cosa sarebbe potuto succedere se Arwen l'avesse scoperto?
Dopo le mille scenate che lei stessa gli aveva fatto, era finita con il comportarsi esattamente come lui – anzi, peggio. Se suo fratello aveva dormito con una donna solo per mettere a tacere i desideri animali, lei aveva ceduto alle labbra di quel tipo perché, infondo, lo aveva voluto. In qualche modo non si era riuscita a controllare, aveva ceduto a un istinto viscerale.

Provando ad allontanare quei pensieri, si concesse un profondo respiro, girando subito dopo la pagina del giornale che stava fingendo di leggere da quasi mezz'ora. Se ne era stata lì a fissare lo stesso titolo per tutto il tempo, ma nemmeno per un istante era riuscita a prestargli reale attenzione. Nella sua testa, oltre il timore che suo fratello potesse sospettare qualcosa che nemmeno lei riusciva a definire con precisione, c'erano ancora gli scomodi pensieri che riguardavano Josh e, come se tutto ciò non bastasse, la stanchezza dovuta ai nuovi allenamenti a cui l'Alpha la stava sottoponendo ultimamente, gli stessi che le avevano regalato decine di nuovi lividi, come quello sullo zigomo che, per errore, sfiorò. La stilettata di dolore la fece sussultare, allontanando in fretta la mano dal viso; ormai nemmeno sapeva più quale parte del suo corpo non dolesse. Carne e spirito, entrambi sofferenti dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni – sia positivi, sia negativi.
Fece per concedersi un nuovo sospiro quando, il cuscino del divano su cui era seduta, nel centro esatto del salotto comune, si piegò sotto a un peso indesiderato.
Aralyn quasi sussultò. Si era concentrata tanto sui propri pensieri da estraniarsi totalmente dalla realtà, non solo dall'articolo del giornale.
Svelta volse la testa di lato e, ancor più spaesata, si rese conto di essere ora alla totale mercé del capoclan. Arwen le si era seduto accanto con il chiaro intento di far conversazione, cosa che invece lei avrebbe tranquillamente evitato per lungo tempo – quantomeno fin quando il sapore di Josh non si fosse levato dalle sue papille gustative.
L'albino allungò una mano verso la guancia di lei, passando con dolcezza i polpastrelli sull'area dell'ematoma: «Forse ho esagerato a torchiarti a questo modo» ammise, studiando nei minimi dettagli i bordi viola.
Aralyn lo lasciò fare, temendo che, allontanando in qualsiasi modo il viso, potesse dargli l'occasione d'insospettirsi – cosa che al momento avrebbe voluto evitare.
Inumidendosi le labbra provò poi a tendere un sorriso: «Hai fatto di peggio» scherzò, facendo di tutto per non incrociare lo sguardo di lui; temeva che l'arguzia di suo fratello potesse trovare indizi in ogni suo movimento.

«Vuoi dirmi che sono così cattivo?» la risata di Arwen le riempì le orecchie, rilassando in parte i nervi. Il fatto che fosse di buon umore, cosa rara, avrebbe potuto salvarla da un ipotetico interrogatorio a cui non era ancora pronta a rispondere.
«Diciamo che sai come farti odiare!»
Il capoclan alzò le sopracciglia, sorpreso dalla risposta. Con un'espressione a metà tra l'orgoglioso e lo stupito si guardò attorno, forse cercando di capire se qualcuno avesse udito il commento della sorella e stesse sghignazzando sotto ai baffi.
Compiendo un movimento del tutto inaspettato le cinse il collo con un braccio, tirandosela vicino – forse troppo per gli standard a cui erano abituati in quegli ultimi anni. Il cuore di Aralyn perse un colpo per poi mettersi a correre all'impazzata: e se qualcuno li avesse visti? E se uno dei suoi confratelli avesse iniziato a sospettare del loro legame? Eppure, l'unica a essere preoccupata sembrava lei. L'Alpha rideva e l'abbracciava con una naturalezza ben diversa dal solito, forse incurante del fatto che si trovassero alla mercé di tutti gli occhi del branco.
«Ah, sì? È questo ciò che pensi di me?» le domandò, con un inspiegabile tono alto. Lei strabuzzò gli occhi sempre più perplessa, ma prima che potesse chiedergli spiegazioni, udì a ridosso dell'orecchio un sussurro: «O hai altri modi, per definirmi?» La malizia nella voce dell'uomo fu tanto evidente che Aralyn per un istante non finì con l'ingozzarsi con la propria saliva. Tossì più e più volte, avvertendo l'inevitabile arrossarsi delle guance. Aveva davvero sfidato il proprio pudore per farle una battuta del genere?

 

Il capoclan prese a batterle sulla schiena: «Mi servi viva, sai? Ho news» fece tra un colpo e l'altro. 
«C-che?»

Arwen si sfilò dalla tasca posteriore dei jeans un foglio, che le mise svelto tra le mani, senza aspettare che i tossiti smettessero. Con un dito le indicò il punto esatto in cui riversare l'attenzione: «E' dal Duca, vedi?»
Lei annuì, facendo scorrere lo sguardo da una parola all'altra.

«I Menalcan sembrano essersi acquietati, ma dubitiamo entrambi che sia realmente così. Douglas non lascerebbe mai il Pugnale in mano nemica. Sta progettando qualcosa, una vendetta degna degli annali del Concilio e...» l'albino s'interruppe giusto il tempo per trovare la riga in cui s'iniziava a parlare di un'altra questione, poi riprese: «Ophelia sta tentando di aprire dei negoziati con il Duca. Vuole il potere, come tutti quegli schifosi Nobili... è per questo che ti ha fatta scovare da Dominik» al solo sentir pronunciare quel nome, un brivido gelido corse lungo la schiena della giovane, freddandole il sangue. Aveva scelto lei di partecipare al furto e quelle erano tutte le conseguenze che si sarebbe dovuta aspettare – gliel'aveva detto persino suo fratello quando, del tutto agitato all'idea di poterla perdere per sempre, le aveva proposto di prendere parte a quella folle missione.


«Hai un piano, vero?» si sentì uscire con un tremolio dalle labbra. Sapeva a cosa stesse andando incontro restando lì, guidando la squadra d'élite che Arwen stesso aveva formato negli anni, eppure per la prima volta in settimane ebbe paura del futuro.
Tutte le scelte che aveva preso negli anni l'avevano condotta in quel punto preciso, trasformandola nel bersaglio di tutti i nemici del clan e del suo Alpha. E se per lungo tempo era vissuta nella convinzione che tutto ciò fosse giusto, dovuto, soprattutto all'uomo di cui si era innamorata e che aveva il suo stesso sangue, ora non lo era più. Adesso c'era altro a mettere in discussione ogni certezza. 
Il capoclan si passò un pollice sul labbro, soppesando la situazione – doveva per forza avere un piano, pensò speranzosa Aralyn mordendosi il labbro. Se persino suo fratello non aveva idea di che fare, allora poteva sul serio iniziare a temere per se stessa.

«Sarebbe l'ennesima missione suicida, per te...»
La ragazza iniziò a sentir tremare anche le mani, così le allontanò dagli occhi del fratello: «Cosa mi ucciderebbe più velocemente? Ophelia Sinclair e Douglas Menalcan che cercano il Pugnale qui, o buttarmi in un altro sporco lavoro?»
Arwen tacque, valutando le parole della sorella; il peso che lei si sentiva gravare addosso doveva essere lo stesso che avvertiva lui – in fin dei conti entrambi si erano trovati nelle medesime condizioni, solo in momenti differenti.
«Non c'è nulla di poco rischioso, qui. Ogni giorno ha il sapore dell'ultimo»
«Allora meglio pensare a cosa nuocerebbe meno al clan. Dimmi della missione»
Il cuore ormai le stava pompando con talmente tanta forza nel petto che desiderò poterselo strappare e lanciarlo lontano. Una ragazza di ventitré anni non avrebbe dovuto prendere simili scelte, ma purtroppo un licantropo sì.

Suo fratello esitò. Il turbamento che aveva in viso parlava più di quanto avesse fatto lui.
«Ara...»
«Per favore» lo interruppe la ragazza, prendendosi il volto tra le mani e portandosi poi indietro i capelli: «Non voglio rimuginare sulle decisioni che prendo, quindi tu non invogliarmi a farlo. Ti ho chiesto della missione, parlami di quella nel modo più oggettivo possibile. Non ti ho rifiutato nulla fino a oggi, non lo farò adesso»
L'Alpha si staccò da lei, chinandosi in avanti con il busto. Aveva smesso di guardarla in viso, ma nel modo in cui i tendini delle mani presero a guizzare sotto la pelle, Aralyn capì cosa stesse pensando. Dopo tutto quel tempo aveva imparato a conoscerlo e, i discorsi che le aveva fatto prima di una qualsiasi missione, ormai li sapeva a memoria.
«Vorrei concordare uno scambio, con il Duca. Daremo a lui il Pugnale» il toc di una nocchia scoccata fece sussultare la lupa che, però, rimase in ascolto: «All'inizio pensavo fosse una buona mossa tenerlo con noi, qui alla Tana, ma adesso mi rendo conto che di questo passo avremmo alle calcagna troppi clan e... non siamo pronti per affrontare simili minacce. Lo abbiamo rubato per lui, quindi sarà a lui che lo daremo»
«Si tratterà di una consegna?»
Arwen sospirò: «Sì, pensavo a qualcosa del genere. Devo ancora parlarne nei dettagli al Duca, trovare un compromesso... qualcosa. Sarai alla completa mercé dei nemici, sappilo»
Tutti sarebbero potuti essere possibili candidati per quel viaggio, ma solo pochi avevano realmente le abilità per portare a termine il piano ideato dall'uomo sedutole accanto – e tra le scelte a disposizione c'era anche lei.
Aralyn sorrise nervosa, andando ad appoggiare la testa sulla spalla del fratello: «Non sarà la prima volta... inoltre, sono certa che saprai portarmi in salvo come sempre».

   
 
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