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Autore: tixit    19/02/2019    20 recensioni
Un uomo riflette sul teorema di Euclide
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Rette Parallele


Due rette parallele non si incontrano mai.

Questo lo diceva Euclide e lo ripeteva il vecchio precettore, con aria stanca, seduto all'ombra del salice, osservandoci. 
Quando il sole fiaccava più della noia, ci lasciava giocare con le spade di legno - era a Palazzo per crescere guerrieri, non matematici - o forse era l'unico indulgente verso la nostra infanzia che non sarebbe più tornata, in una casa in cui non lo era nessuno.

Allora non lo capivo - ero bravo in geometria, sul serio, ma in fondo Euclide non mi sembrava importante perché di parallelo non vedevo proprio niente intorno a me.
Forse giusto le impronte di una carrozza, ma anche lì, tra il fango e le cunette, quelle si perdevano e si incrociavano, bravo chi sapeva seguire una pista.
Non la spiaggia della Normandia, non c'era nulla di parallelo nell'onda che si gonfiava e si ritraeva sulle nostre impronte, mai uguale a se stessa, mentre seguiva il ritmo pigro della marea, che a suo volta si spostava con la luna.
Non il laghetto dai bordi irregolari schiacciati come una pagnotta o il profilo bozzuto di una mela selvatica.
Non i sentieri per cui ci perdevamo che seguivano le gobbe del terreno e le liti tra i contadini.
Non i rami degli alberi, aggrumati di muschio, ruvidi e screpolati, su cui ci arrampicavamo - non una retta parallela nemmeno lì.
Non tra i gomitoli di mia nonna, né tra i suoi ferri da calza che ticchettavano più svelti delle nostre parate.
E nemmeno nella lama di una spada.

Soprattutto non nel palmo delle nostre mani, così tanto spesso intrecciate, quando non mi importava, mentre fantasticavamo di allungarci la vita - o la fortuna - con l'aiuto di un coltellino dal manico rosso.

Io non credevo ad Euclide se non per lo spazio di un problema.

Non vedevo quello che avevo sotto il naso.

Lei bionda, come il grano maturo, quel colore fatto di luce, con dentro tutti i colori del mondo e non lo sai perché sono troppo annodati tra loro per distinguerli. Serve un pezzo di vetro della giusta forma. O una giornata di pioggia.
Io moro, e allora io già lo sapevo che il nero era una assenza.

Lei flessuosa e sottile. Io massiccio.

Lei intelligente, fatta di intuizioni e lampi.
Io in fondo solo costante, come il rombo basso di un tuono, che, puntuale, arriva sempre dopo.

Lei rabbiosa, inquisitiva, giudicante. Io amante della quiete e degli esseri umani.

Lei che la notavi subito, fin da bambina, come entrava in una stanza, come ti fissava, come sfidava suo padre, con quegli occhi che sembravano pezzi di universo, gremiti di costellazioni lontane.
Io invisibile.

Due rette parallele che sembrava andassero ovunque assieme, ma che mai e poi si sarebbero incontrate nello stesso posto.

Ci volle una estate appiccicosa di pelle bollente e acqua di mare sulle nostre camicie bianche, la sorpresa della punta invadente dei suoi seni, perché di colpo capissi due cose: il desiderio - un morso dritto nel cuore e tra le gambe - e le rette parallele.

Da quel giorno credetti ad Euclide.


La fortuna fu che Dio, o il Caso, o tutti e due, a Euclide non ci credevano affatto.
 
Ci volle un'altra estate, una Rivoluzione, e delle lucciole.
   
 
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