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Autore: Moriko_    19/02/2019    2 recensioni
[Cells at Work! BLACK] [J-1178]
"«Vedi di alzarti! Gli idioti qui non hanno vita lunga!»
In quel mondo non c’era tempo per riposare… ma, forse, c’era ancora tempo per sperare."

In un luogo di lavoro crudele, tra passato e presente, la speranza è sempre l’ultima a morire.
[Spoiler! Capitolo 11 del manga di Cells at Work! BLACK] [Missing moment]
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'A tale of a warrior'
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A/N: Salve a tutti.
Prima fanfiction del 2019 e, per tutti coloro che mi hanno conosciuto per le mie storie su Dragon Ball: mi dispiace, questa volta non è sul mio amato Universo 10. Ciò non significa che ho abbandonato questa serie, anzi: come già anticipato tornerò con altre storie, abbiate solo un altro po’ di pazienza… e di tempo - quello purtroppo si è ridotto ancora, sigh. ^^"
Per chi, invece, ancora non mi conosce: potete chiamarmi Moriko, e oggi sono qui per raccontarvi una storia su una serie divenuta molto popolare anche qui in Italia: Cells At Work. Disgraziatamente, però, non sarà esattamente su Cells at Work… ma su uno spin-off ancora inedito in Italia, che è il famigerato Cells At Work! BLACK.
Ora… per chi non conosce nessuna delle due serie citate, provo a riassumere il tutto in poche parole. Cells At Work! narra le avventure di cellule (in vesti antropomorfe) nel corso del loro lavoro all’interno dei nostri corpi; tuttavia, se questa serie ha la fortuna di essere conosciuta come un insieme di storie abbastanza leggere e divertenti, la sua controparte BLACK è ambientata in un corpo che ha qualche problema in più, per cui le cellule… in breve: lavorano in condizioni terribili. Mi dispiace per loro. Però adoro i protagonisti, awww! ;///;
Riguardo la mia storia, non ci saranno molti spoiler perché prendo come riferimento un personaggio introdotto nel Capitolo 11 del manga, e una scena che si vede solo all’inizio del suddetto capitolo. Per il resto sarà tutto un lunghissimo missing moment e forse anche What if? il cui unico “spoiler effettivo” è che… il corpo nel quale è ambientato ha dei livelli di glicemia e monossido di carbonio molto alti? Chi ha già letto gli altri dieci capitoli, in pratica non sto dicendo nulla di nuovo, purtroppo. ^^"
Per chi segue Cells at Work! e non vuole ancora spoilerarsi nulla di questo spin-off, come sempre consiglio di fermarsi con la lettura - anche se in questa storia non ci sono molti spoiler. Per chi invece già segue Cells at Work! BLACK e non è ancora arrivato al Capitolo 11… don’t worry: il granulocita neutrofilo J-1178 è una ragazzina con i codini che presto imparerete ad amare. Sempre se sopravvivrete a ciò che accadrà subito dopo, ovviamente. :3
Detto questo, in breve: per la storia che seguirà mi sono ispirata ad un gruppo di pannelli della prima pagina del Capitolo 11, uscito lo scorso 24 Gennaio in Inglese - e il 07 Febbraio in Italiano ad opera del team di Kingdom Italia - e io, grazie a questo, ho capito meglio cosa stava accadendo in quelle pagine. E, proprio rileggendo quelle pagine per l'ennesima volta, ho notato che la persona che stava prendendo per il colletto un povero globulo rosso ormai morto, sigh era… un globulo bianco. La suddetta pagina è a colori, quindi non ci si può sbagliare. ;_____;
Dato che J-1178 compare subito dopo proprio in quei pannelli ed è molto infuriata per ciò che sta accadendo, credo che sia sempre lei la protagonista di quella scena incriminata. La cosa mi ha resa un po’ triste, perché se pensassimo alla storia di Cells at Work in generale e, allo stesso tempo, che i personaggi principali di questa serie sono AA2153 (un globulo rosso) e U-1196 (un globulo bianco) che sono in ottimi rapporti… beh: in ogni caso sono subito lacrime.
Passando infine al titolo: “Gli idioti non sopravvivono mai” tradotto in Italiano, è riferito alla frase che J-1178 pronuncia verso la fine del capitolo, quando dice “Gli idioti qui non hanno vita lunga!” Penso che questa frase sia quasi un “motto” per gli abitanti di questo corpo, dove sono costretti a combattere fino allo stremo delle loro forze, spesso dando la loro vita. Ma… se anche una tosta come J-1178 ad inizio capitolo si chiede se sia davvero il caso di continuare a lavorare in un ambiente come quello nel quale vive ogni giorno… vuol dire che, davvero, in quel corpo c’è qualcosa che non va. E, quindi, comportarsi da idioti non serve a niente: gli idioti di certo non sopravvivono.

Dunque: benvenuti nella seconda parte della storia di Cells At Work! BLACK dove, anche se gli idioti non hanno vita lunga (appunto), tra qualche globulo rosso e globulo bianco nasce sempre una profonda amicizia, nonostante le differenze che vi sono tra loro.
E spero che anche questa storia sia di vostro gradimento, perciò vi auguro buona lettura.

Nota: Mi fa sempre piacere ringraziare l’onnipresente stellaskia, che mi sta sopportando anche in questa avventura. Con la speranza sempre più flebile ad ogni capitolo che passa che tutti i nostri amati eroi abbiano un finale felice o, comunque, un finale che renda loro giustizia. :’)





Idiots never survive.



Urla di dolore e disperazione stavano squarciando quel luogo, un tempo pacifico.
Un gruppo di batteri stava seminando il terrore in quell’area, distruggendo le pareti e colpendo lungo il loro cammino numerosi globuli rossi che, come potevano, stavano cercando di fuggire da quei potenti nemici.
All’improvviso, con un balzo, una ragazzina dalle vesti candide - fin troppo, per il sangue che si stava versando in quel luogo - si frappose tra i batteri e i pochi globuli che erano rimasti. Con un potente urlo cercò di evitare i colpi dei nemici, sconfiggendone qualcuno con dei netti fendenti. Tuttavia, nonostante le sue grandi abilità da difensore dell’organismo… quei batteri non indietreggiarono di un millimetro. Erano ancora molti e potenti, così tanto da sembrare quasi invincibili.
La guerriera, dal codice J-1178, tornò a toccare il suolo e cercò di riprendere fiato.
Da quanto tempo era, insieme agli altri, in quella terribile situazione? Sembrava di essere all’inferno, non all’interno di un corpo umano. Ciò che stava accadendo sembrava l’inizio di un lungo e interminabile calvario, che presto o tardi li avrebbe portati ad una morte atroce. Tutti, soprattutto quelle cellule che, a differenza di quelle deputate alla difesa immunitaria, non erano nemmeno in grado di difendersi.

«Veloci, evacuiamo l’area prima che quei mostri ci colpiscano di nuovo!»

A quel grido, lanciato da uno dei globuli rossi, la ragazzina strinse di più la sua spada e si lanciò nuovamente all’attacco, giurando a se stessa che non avrebbe permesso un’altra carneficina.
Li avrebbe difesi tutti, anche a costo della sua vita.

Intanto il gruppo dei globuli rossi stava cercando di allontanarsi dall’area, anche se con molta fatica. La zona, infatti, era piena di crepe e di avvallamenti, che stava rendendo sempre più difficile le operazioni di evacuazione e di soccorso dei feriti. Spesso inciampavano e cadevano, rallentando sempre più la loro corsa verso la salvezza.
Improvvisamente uno di loro, attirato da uno strano suono metallico, si fermò e si voltò nella direzione del combattimento. Fu così che notò la spada della guerriera cadere al suolo, lontano dalla ragazzina che era stata sbalzata contro una parete.
«No!»
Il giovane, dai capelli castano chiaro, si staccò dal gruppo, incurante delle urla dei suoi colleghi che volevano tornasse indietro.

«Cosa fai?!»
«Torna subito qui, idiota!»

Le sentiva sempre più lontane mentre, con un sorriso, entrò nuovamente nel luogo di quella feroce battaglia. Scivolando sulle sue gambe raggiunse e afferrò la spada della guerriera che, nel frattempo, si trovava faccia a faccia con un gigantesco streptococcus pyogenes. Il batterio l’aveva quasi messa k.o. ma, nonostante fosse malconcia e priva della sua arma, non si stava dando per vinta.
«Devo proteggere questo corpo…» sussurrò furiosa, «… e, per questo, non ti lascerò fare del male alle altre cellule!»
Si rialzò, raccogliendo le ultime energie che aveva dentro di sé, e così con un calcio riuscì a colpire il nemico sugli occhi, accecandolo momentaneamente; ma subito dopo ella si accasciò sulle ginocchia, abbassando lo sguardo. Nello stesso istante il batterio, sfruttando gli altri sensi per continuare a combattere, riuscì ad avvicinarsi di nuovo a lei.
«Dannazione… Ho bisogno di un po’ di tregua…»
D’un tratto J-1178 fu costretta ad alzare il suo sguardo, attirato da una strana presenza che era comparsa tra lei e il nemico. Spalancò gli occhi quando vide un globulo rosso, che in realtà lei ben conosceva, reggere in mano la sua spada e, agitandola nell’aria, cercare così di intimorire il batterio.
«Ehi tu, brutto mostro! Dovrai passare prima sul mio cadavere ricco di emoglobina prima di uccidere anche lei!»
«…Tu?» disse sottovoce la ragazzina, per poi urlare contro al suo collega: «Che caspita ci fai qui?! Rischi solo di farti ammazzare!»
L’eritrocita non si scompose… anzi: stranamente, stava sorridendo. «Cosa ci faccio qui? Non è ovvio? Cerco di guadagnare tempo, così tu potrai riprenderti e affrontare con maggiore energia i nemici!»
«Ma sei rimbambito?!» rispose J-1178, rialzandosi a fatica. «Ora ridammi la spada, e promettimi di andartene via subito da qui e metterti in salvo!»
Per qualche frazione di secondo il giovane rimase in silenzio, rivolgendo il suo sguardo verso la ragazzina. Poi, all’improvviso, le voltò le spalle.
«Se lo farò… tu non potrai più proteggerci. E… a volte noi dobbiamo essere pronti a restituire a voi, cellule dell’immunità, il favore. Se non ci aiutiamo tra noi, chi altri potrà farlo?»
Detto questo l’eritrocita si lanciò contro il nemico, brandendo la spada.
«F… Fermo!»
A nulla valsero le urla della guerriera. Come era prevedibile, con un solo colpo il batterio ferì gravemente il globulo rosso, sbalzandolo verso l'alto mentre la spada nuovamente precipitò sul pavimento, questa volta accanto alla ragazzina che subito la afferrò e la ripose nel fodero. Tuttavia, nonostante la gravità della situazione, il giovane iniziò a ridacchiare mentre era ancora a mezz'aria.
«Che scemo… Se solo tu sapessi a cosa stai per andare incontro… Si vede che non hai studiato abbastanza…»
Con le poche forze che gli rimanevano riuscì ad aggrapparsi al corpo del batterio. In quello stesso momento una forte luce, proveniente dall’eritrocita, avvolse sia lui che il nemico e, in un attimo, lo distrusse completamente.
J-1178 non riuscì a credere ai propri occhi. Quel globulo… era davvero riuscito a proteggerla.
Ce l’aveva fatta… ma a costo della sua vita.

Quando vide il corpo dell’eritrocita cadere al suolo, la guerriera si precipitò al suo cospetto, con la speranza di riuscire a salvarlo. Sebbene ella sapeva molto bene che invece non sarebbe stato così - d’altronde conosceva molto bene i terribili effetti dei batteri sui globuli rossi - cercò in tutti i modi di soccorrerlo. Lui riaprì lentamente gli occhi e, nel vederla quasi sul punto di piangere, le sorrise.
«Sei tu…» le sussurrò con dolcezza. «Allora è vero che voi leucociti… non siete dei guerrieri senza cuore… Avevo visto giusto quel giorno…»
«E voi eritrociti siete dei cocciuti!» disse lei con rabbia. «Io te l’avevo detto… ti avevo avvisato di non pensare a me e di metterti in salvo! Perché non mi hai dato ascolto?!»
«Perché… è da quando sono nato che desidero… proteggere qualcuno… E finalmente ci sono riuscito!»
Un improvviso attacco di tosse, accompagnato da qualche sputo di sangue dalla bocca, interruppe bruscamente la sua spiegazione. J-1178 prese la sua nuca e la alzò leggermente, pulendogli il viso con un fazzoletto che aveva nella tasca della giacca.
«Sei davvero un idiota,» gli sussurrò, ancora con un pizzico di rancore nel suo tono di voce. «Nessun eritrocita al mondo si sognerebbe mai di fare ciò che hai fatto tu… Voler proteggere un leucocita, un feroce assassino nato in questo corpo solo per uccidere i nemici senza pietà…»
Un’altra esplosione nell’area richiamò l’attenzione dei due. Alle loro spalle la battaglia stava continuando, nonostante in quel momento loro sembravano essere fuori dal mondo.
«Sono felice che tu sia qui… e vorrei tanto continuare questo discorso…» proseguì lui. «… ma… Alzati, ti scongiuro… Ti stai comportando da idiota… e lo sai che gli idioti… qui non hanno vita lunga… Ti prego, alzati… e continua la tua battaglia…»
«No, non mi muoverò da qui!» urlò la ragazzina, stringendogli la mano. «Mi alzerò solo quando sarò certa che ti sarai ripreso e potrai fuggire! Non ti lascio da solo!»
«Idiota…» le rispose con un filo di voce, «… non pensare a me, ormai sono spacciato… Ci sono altre cellule che hanno bisogno di te…»
«E tu no?! Cerca di resistere… ti prego!»
In risposta il globulo rosso non smise di sorridere, chiudendo lentamente gli occhi e reclinando la sua testa. Di fronte a ciò la ragazzina lo afferrò per il collo della sua giacca, scuotendolo in continuazione.
«Ehi… Ehi! Guarda che ti ammazzo se non ti riprendi… Tieni duro! Ehi, ti ho detto di non mollare!»
Continuò a dire quella frase più volte senza ricevere una risposta dall’altra parte, finché una voce - quella di un altro globulo rosso che stava fuggendo insieme ad un suo collega, malconcio al punto di aver appoggiato il braccio sulla sua spalla - le urlò:
«Lascia perdere! È già morto!»
La guerriera spalancò gli occhi, entrando in un momentaneo stato catatonico. Quelle ultime parole l’avevano fatta precipitare in quella triste realtà che ormai era sempre più evidente ai suoi occhi.

… morto? Morto?! Non può essere…
No, non l’accetto! Sono stanca di vivere così… stanca di non riuscire a salvare più nessuno!


«Tch!»
Di scatto lasciò la giacca dell’eritrocita deceduto, voltandosi verso il nemico ora di fronte a lei. Un altro gigantesco streptococcus pyogenes la stava sovrastando ed era circondato da altri cadaveri di globuli rossi, alimentando in lei sempre più rabbia.
Sfoderò nuovamente la spada, digrignando i denti.

«Qualcuno ci dica qualcosa! Per quale ragione… ci prendiamo il disturbo di continuare a lavorare?»





Si erano incontrati per la prima volta durante il suo solito giro di ronda.
J-1178 stava camminando quando, ad un tratto, si sentì spingere da dietro: istintivamente si voltò e alzò la spada in difesa, credendo si trattasse di un nemico, ma la rimise nel suo fodero quando notò la presenza di un tipo dai capelli di color castano chiaro, che portava con sé un pacco bianco con la scritta “O2”.
Un globulo rosso.
«Ti chiedo scusa. Andavo di fretta,» disse lui con un sorriso - alquanto strano per l’albina. Di solito i globuli rossi erano terrorizzati in presenza dei globuli bianchi, e tendevano ad allontanarsi per evitare - a detta loro - spiacevoli conseguenze.
«Spero di non averti importunata: non ti avevo vista!»
La guerriera scosse la testa. «Nessun problema. Buon lavoro.»
Gli rivolse le spalle e fece per andarsene; ad un tratto, in men che non si dica, si ritrovò il globulo rosso davanti, con uno sguardo un po’ imbarazzato ma continuando a sorridere. E ora cosa vuole questo? - pensò.
«Ti chiedo ancora scusa, ma… sai, sono nuovo di queste parti. È la prima volta che incontro un globulo bianco, e così ho pensato che, se non avevi niente da fare… beh…»
Ma sta scherzando? In una situazione critica del genere, questo pensa a rimorchiare?
«Mi spiace,» declinò la ragazza, abbassando leggermente il suo cappello e cercando di distogliere lo sguardo da quel giovanotto. «Non sono in vena di uscite. Come puoi vedere, questo corpo è già abbastanza compromesso di suo; non possiamo perdere tempo così!»
L’altro sbuffò. «Appunto per questo non puoi rifiutare! Guarda che ho studiato: voi leucociti avete il dovere di proteggere le cellule di questo corpo, me compreso. Perciò… puoi farmi da scorta, per favore? Hanno appena annunciato che ci sono batteri molto feroci in questa zona: non posso morire nel mio primo giorno di lavoro, capisci?»
Lei avvampò di colpo. Aveva frainteso le parole del suo collega: credeva che fosse solo un molestatore, e invece... Seccata, gli diede nuovamente le spalle e incrociò le braccia. «Primo giorno di lavoro, hai detto? Beh, posso dirti che non hai ancora visto niente di questo organismo. Presto imparerai a cavartela da solo.»
«Facile a dirsi, per un globulo bianco abituato al combattimento come te. A noi hanno sempre insegnato a trasportare ossigeno e nutrienti per tutto il corpo, e non ci hanno dato nemmeno un’arma per difenderci!»
J-1178 restò in silenzio e rivolse gli occhi verso il soffitto dell’ambiente dove si trovavano. Dopodiché, sempre con le braccia conserte, si allontanò da lui.
«Pensaci da solo. Addio.»
L’eritrocita restò fisso a guardarla con un sorriso, per poi farlo spegnere del tutto.

Grintosa, la ragazzina! E… perfetto, piano B fallito: non ci resta che tornare al lavoro e sperare che vada tutto bene… Appunto, lo spero!


Fece appena in tempo a finire quel pensiero che dopo qualche passo egli sobbalzò per la comparsa, all’improvviso, di alcune crepe sul pavimento. Esse si sparsero per tutta l’area, fino a rompersi con la fuoriuscita di veri e propri mostri con gli artigli.
Erano i famigerati pneumococchi.
«No…» mormorò l’eritrocita, iniziando a ridacchiare nervosamente e cercando di nascondere il più possibile la paura. «Abbiate pietà: ho appena iniziato e già ho incontrato voi, dei batteri così pericolosi. Eddai, non è giusto! Fatemi terminare almeno questa consegna!»
Egli non riuscì a trattenere le urla nel momento in cui una coppia di quei nemici si lanciarono verso di lui per assalirlo. Di scatto iniziò a correre velocemente, cercando di trovare una via di fuga o un nascondiglio dove non poter essere trovato, ma ben presto finì in un vicolo cieco.
«Uffa, ho capito: oggi non è giornata!» commentò seccato, lasciando cadere il suo pacco per terra e voltandosi verso i suoi predatori. Questi ultimi, soddisfatti della felice situazione nella quale erano finiti, avanzarono lentamente verso il globulo rosso, ridacchiando di tanto in tanto.

Ecco, lo sapevo. Mi avevano avvisato che di recente questo corpo non se la passava molto bene, e che dovevamo aspettarci una morte così improvvisa… ma io non volevo morire nel mio primo giorno di lavoro! È così ingiusto…

Lo sventurato fatturino si inginocchiò, chinando la testa.

Ma… almeno posso dire che, prima di morire, abbia avuto la fortuna di incontrare un globulo bianco, che stava pattugliando… no, aspetta un attimo. Altro che difensori della giustizia: scommetto che quella voleva solo starsene sulle sue, lontana dai guai!
Aaaaah: se per un miracolo dovessi uscire vivo da questa situazione, gliele canterò quattro di sicuro!


Portò le braccia avanti per pararsi dal colpo, facendo appena in tempo a sentire il grido di battaglia dei pneumococchi che lo stavano attaccando al fine di eliminarlo per sempre… e un grande fiotto di sangue inondare all’improvviso il suo corpo. Lentamente aprì gli occhi, pensando di trovarsi gli artigli dei nemici affondare le sue carni per compiere l’emolisi… ma fu sorpreso di vedere i loro corpi, invece, giacere al suolo, tagliati a metà di netto e, di spalle, una ragazzina gronda di sangue dei suoi nemici, che stava impugnando la sua spada.
«Allora è proprio vero che non sei in grado di difenderti.»
L’eritrocita riuscì ad identificare quella voce e, prima che potesse mantenere fede al giuramento che si era fatto qualche secondo prima, la osservò. L’albina - nella quale egli riconobbe quel globulo bianco che aveva rifiutato la sua proposta - era rimasta imperturbabile, nonostante entrambe le loro vesti fossero colme di sangue.
Poi si voltò, brandendo la spada contro di lui. «Razza di idiota! Vedi cosa succede quando non sai difenderti? Che ti sia da lezione, perché io non verrò più, mai più, in tuo soccorso!»
Dopo qualche secondo di sconcerto il globulo rosso scoppiò a ridere, con grande stupore della guerriera che si infuriò sempre più.
«E ora ridi? Cosa c’è da ridere?! Stavi per perdere la vita, idiota! Lo sai che―»
«Gli idioti qui non hanno vita lunga. Credi che non lo sappia? È per questo che mi hai salvato, nonostante tu abbia giurato di non farlo.»
L’albina spalancò gli occhi, restando a bocca aperta e iniziando a balbettare incredula di ciò che le sue orecchie avevano appena udito. «Ecco… a dire il vero…»
Egli si alzò, scuotendosi le vesti e sistemando il suo berretto. «Hai ragione. Noi globuli rossi dobbiamo imparare a difenderci dai pericoli che ogni giorno incontriamo lungo il nostro cammino, però… sai perché a noi non hanno mai insegnato a combattere?»
Fece una piccola pausa in attesa di una risposta che non arrivò, prima di proseguire. «Perché noi siamo pacifisti fin dalla nascita. Non siamo come voi, che siete stati creati per combattere e per affrontare nemici sempre più forti. Noi siamo in gamba nel nostro lavoro, come voi lo siete nel vostro… e, se a noi dessero delle armi, credo che saremmo davvero così imbranati che ci elimineremmo da soli! Un po’ come se a voi dessero il compito di trasportare ossigeno e nutrienti: nelle vostre mani non durerebbero granché, si polverizzerebbero all’istante!»
Così afferrò nuovamente il suo pacco e lo caricò sulla sua spalla sinistra, avvicinandosi all’albina e prendendole la mano. «Ti ringrazio per avermi salvato la vita, piccola leucocita
A quella frase lei la tolse bruscamente, bruciando di rabbia dentro di sé: odiava essere chiamata in quel modo a causa della sua statura.
«Non chiamarmi “piccola”, idiota! Ho molta più esperienza di te, sai?!»
Ma l’altro non si scomodò e, anzi, sorrise, portò una mano dietro alla nuca. «Piccola o meno, sei formidabile. Hai sconfitto quella coppia di pneumococchi in così poco tempo: sei una vera forza della natura! Si vede che sei una professionista, ormai! E un giorno… vorrei tanto essere come te: così forte e coraggiosa…»
Le guance di J-1178 divennero sempre più rosse per il crescente imbarazzo, nonostante la sua carnagione bianca. Avevano preso lo stesso colorito della giacca del globulo rosso che la stava ringraziando di cuore.
«M-Ma io sono un globulo bianco; invece tu sei un globulo rosso… N-Non sarai mai come me…»
«E quindi?» chiese lui arricciando le sopracciglia. «C’è qualcosa di sbagliato nell’ammirarti?»
«E-Ecco…»
Fortunatamente per lei, il discorso venne interrotto da un’improvvisa esplosione alle loro spalle e dalla comparsa di un altro potente batterio.
«N-Ne parliamo dopo!» disse, impugnando la sua spada e precipitandosi verso il nuovo nemico. Allo stesso tempo il globulo rosso tenne ben saldo il suo pacco e cercò di restare il più possibile a distanza da quel batterio. Con un sorriso, restò fermo ad osservare la scena di guerra che si stava svolgendo di fronte ai suoi occhi.
«Ci conto!»





Un altro fiotto di sangue, uscito dalla ferita che aveva inferto a quell’acerrimo nemico, le sporcò i suoi vestiti già logori per la lunga battaglia. Rimosse la spada e con un balzo tornò a terra, nello stesso tempo in cui il corpo - ormai inerme - del batterio cadde al suolo con un sonoro tonfo. Dopo essersi accertata della sua totale sconfitta, la ragazzina tornò nel punto in cui aveva lasciato il globulo rosso che stava cercando di soccorrere.
Con non troppa sorpresa notò la presenza di un macrofago che stava reggendo quello che, ormai, era diventato solo un cadavere. Sapeva che quel tipo di cellule compariva proprio nei momenti finali delle battaglie, per combattere al fianco dei globuli bianchi o - come in questo caso - per sbarazzarsi dei batteri o cellule morte.
… Ecco. Il termine sbarazzarsi le sembrava, in quel momento, una parola troppo forte anche per una valorosa guerriera del suo calibro. L’albina sapeva bene a quale destino il suo collega stava andando incontro: l’aveva già visto tante altre volte, e quella di certo non avrebbe fatto eccezione. Nonostante ciò cercò di mantenere il più possibile il suo atteggiamento stoico, attraverso il quale riusciva a nascondere i suoi veri sentimenti.
«Signorina macrofago…» mormorò con riverenza nei confronti della graziosa donna.
La graziosa donna si voltò verso di lei, con il cadavere ancora tra le sue braccia. «Non preoccuparti, abbiamo visto tutto. Abbiamo già riferito ogni cosa al quartier generale: la situazione sembra essere sempre più critica, soprattutto per voi che state perdendo sempre più alleati. Sinceramente, spero che a breve si possa trovare una soluzione per reclutarne altri, altrimenti questo corpo…»
L’albina rivolse bruscamente lo sguardo verso il freddo pavimento, stringendo i pugni.

Reclutarne altri? Altri miei colleghi che non faranno altro che perdere la vita in questo scenario apocalittico?! Qui non deve venire più nessuno… nessuno!

In quel momento J-1178 era certa di una cosa: non voleva altri morti, altri che avrebbero perso la vita facendo solo il loro lavoro. Altri innocenti, che non avevano mai fatto nulla di male… proprio come il suo collega.
«Ti capisco… e so che ti fa rabbia,» proseguì la donna. «Ma, per ora, non possiamo fare altro che continuare a lavorare… come abbiamo sempre fatto. Se uniamo le nostre forze, un giorno, forse, arriverà il momento in cui tutto questo avrà fine… in cui bisognerà mettere fine alla vita di un globulo solo quando avrà terminato il suo compito.»
L’altra la guardò con tristezza, senza dire una parola. Allargò la sua mano destra e la porse verso il macrofago, prendendo quella del globulo rosso che stava penzolando nel vuoto, ormai totalmente inerme.
Il macrofago chiuse gli occhi e abbassò la testa, intuendo cosa stava avvenendo.

Addio per sempre… amico mio. Ormai non so più il perché dobbiamo continuare a combattere… ma continuerò a farlo per evitare altri inutili spargimenti di sangue.





[«Annuncio urgente: aumento dei livelli di glicemia e monossido di carbonio nel sangue. Vi preghiamo di prestare attenzione durante il vostro lavoro.»]

Ci risiamo - pensò l’albina mentre stava pattugliando per tutto il corpo, ancora una volta. Rifare lo stesso percorso a lungo, sconfiggendo batteri sempre più forti ad ogni minuto che trascorreva, la stava portando allo sfinimento.
Ma quel giorno era, stranamente, più carica del solito. Vi era una novità in quell’ambiente: da tempo era stata annunciata una trasfusione di sangue e, sebbene lei non fosse entusiasta all’idea di vedere nuove cellule, nuovi colleghi di lavoro che - quasi sicuramente - presto o tardi sarebbero divenuti vittime di quel tetro e pericoloso ambiente nel quale si trovavano, si era promessa di proteggere anche loro.
Ancora una volta.
Per evitare che altri innocenti ci rimettessero, inutilmente, la vita.
Il suo sguardo si alzò vero il cartello che stava indicando la zona nella quale stava transitando. Un luogo ormai in rovina, totalmente immersa nel caos e regno di numerosi batteri aggressivi.

[Vena succlavia.]

Anche la stessa insegna era diventata l’effigie di quella zona: sporca, con profonde crepe che la attraversavano da parte a parte.
E pensare che la prima volta che sono venuta qui non era così… Sta peggiorando di ora in ora… pensò, mentre il suo recettore aveva iniziato a reagire. Ancora una volta.
Non appena i suoi occhi iniziarono a focalizzare la presenza di nemici da sconfiggere, da lontano, di fronte a sé, vide un gigantesco mostro che stava avanzando lentamente verso qualcuno che si trovava riverso sul pavimento, ancora incosciente. Un altro streptococcus pyogenes, fortunatamente più piccolo rispetto a quello affrontato tempo prima e che aveva brutalmente assassinato molti globuli.

Non ti permetterò di mietere altre vittime, bastardo!

Nel momento in cui i suoi piedi si mossero nella direzione del batterio, J-1178 vide che quella persona si stava lentamente riprendendo: aveva riaperto gli occhi e, sebbene con un po’ di fatica, si stava rialzando.
Man mano che si stava avvicinando l’albina riuscì sempre più a notare le sue vesti, che erano leggermente diverse da quelle che lei conosceva ma tipiche di un globulo rosso. Allo stesso tempo, però, quella persona non si era rialzata minimamente, preferendo indietreggiare strisciando per terra. Se non era ferito gli sarebbe bastato poco per alzarsi e fuggire a gambe levate; tuttavia l’eritrocita non lo stava facendo.
Perché? - si stava chiedendo la guerriera. Anche se era solo un forestiero in quella terra desolata, egli doveva sapere bene come comportarsi in caso di attacco… oppure no?

Non restare imbambolato ad osservarlo, idiota… Scappa!

Aumentando il più possibile la sua velocità di corsa J-1178 in un lampo raggiunse la scena e, brandendo la sua spada, in un colpo tagliò in due il feroce batterio. Mentre il sangue del nemico stava schizzando sulle pareti circostanti, la ragazza notò molto bene il misterioso globulo rosso: era davvero diverso da quelli che conosceva, con una giacca aperta al posto del classico giubbotto che di solito indossavano, un piccolo marsupio invece dello zainetto a tracolla che gli eritrociti di quel mondo portavano sulla loro spalla destra, e delle semplici scarpe al posto degli stivaletti.
Egli la stava osservando con grande sorpresa. Le era sempre più evidente che quella persona, con molta probabilità, non avesse la benché minima idea di quanto stesse accadendo intorno a loro. E quel genere di reazione le stava sembrando quasi normale: se davvero egli proveniva da un altro corpo, forse era la prima volta che stava guardando faccia a faccia batteri così spietati.
Forse.
In fondo alla sua anima la guerriera stava sperando che, invece, tutto quel gruppo di globuli rossi e bianchi, giunti in loro aiuto, avessero una soluzione a portata di mano. Dovevano averlo per forza, altrimenti sarebbe stata la fine del loro mondo: bisognava, in qualche modo, dare una svolta positiva a quella situazione ormai disperata.
Poi, la reazione dell’albina fu immediata: si ricompose e iniziò ad urlare contro quel ragazzo, proprio come se fosse stato parte della loro squadra sin dall’inizio.

«Vedi di alzarti! Gli idioti qui non hanno vita lunga!»

In quel mondo non c’era tempo per riposare… ma, forse, c’era ancora tempo per sperare.




A/N [Ovvero: angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]
C’è una nota da aggiungere a fine capitolo. Leggendo i paragrafi presenti su TvTropes relativi a Cells at Work, nella voce “Heroic Bystander” si ricorda che i globuli rossi, sebbene non sono nati per affrontare i batteri e per questo non hanno nemmeno armi per difendersi, possono però contribuire alla difesa immunitaria dell’organismo compiendo una sorta di “attacco suicida”. Nel dettaglio, quando sono colpiti da un agente patogeno come un batterio, rilasciano dei radicali liberi che distruggono la membrana cellulare, di fatto uccidendolo completamente. Roba che potrebbe essere adatta al BLACK, insomma XD
Fonti: qui e qui
Perciò, ho immaginato che l’eritrocita protagonista di questa storia - che ricordiamo essere comparso solo in una singola vignetta, nella quale non si vede nemmeno la sua faccia ^^” - in quel genere di situazione critica possa essersi “sacrificato” per cercare di far riprendere fiato alla sventurata J-1178 (che, infatti, subito dopo giunge in suo soccorso per accertarsi che egli possa nuovamente rialzarsi). E pensare che tutto questo “film” della storia che avete appena letto è partito solo dalla prima pagina del primo capitolo della nuova saga dello spin-off, ahahah…
Tornando seri, vi chiedo: ma effettivamente… c’è qualcuno tra voi, oppure conoscete qualcuno (dell’Italia, intendo) che sta seguendo anche questo spin-off? Così, giusto per curiosità. :) E, a proposito di spin-off di Cells at Work, in realtà ce ne sono tanti altri… e dalle trame sembrano interessanti: meriterebbero tutti, un giorno, di essere tradotti almeno in lingua inglese! Se siete curiosi, consultate la pagina TvTropes di Cells at Work: troverete delle prime informazioni su queste altre serie :3
Infine, si ringrazia il team di Kingdom Italia che sta curando la versione italiana del manga, dalle cui scans ho ricavato quelle poche traduzioni in Italiano che ho utilizzato qui. Ed è grazie a quel team se piango tre volte per le stesse scene (dopo la versione giapponese e quella in inglese), e questo è positivo: vi si adora. <3
Per oggi mi fermo qui. Non so se in futuro continuerò a scrivere su Cells at Work: diciamo che dipende un po’ se mi verranno in mente altre idee da poter condividere con voi… chissà!
Alla prossima!
--- Moriko
   
 
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