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Autore: Shizue Asahi    20/02/2019    0 recensioni
La storia partecipa alla seconda settimana del COW-T9 | AU | NaruHina
- Non avresti dovuto dirlo a nessuno – ripete ancora, la voce che le trema appena. Gli cinge le spalle con le braccia gelide e Naruto istintivamente reclina il capo all’indietro e le offre il collo.
Genere: Angst, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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- La storia partecipa alla seconda settimana del COW-T9;
- prompt Neve et Oscurità;
- 3343 parole; 
- Il titolo è l’esito di un giochino cretino fatto su face book;
- La storia è ispirata alla leggenda giapponese di Yuki;
 
 
 

 

Whispering Snow

 
 
 
Konoha è un paesino arroccato su una montagna, conta poche anime, per lo più anziani e vive di sussistenza; è tanto vecchio che nessuno più rimembra l’anno di fondazione e ci sono ricordi e racconti che divergono su questo argomento. Konoha è un villaggio maledetto, gli hanno ripetuto gli anziani fin da quando era un bambino, in un mantra detto così tante volte da perde quasi di significato e divenire un unico lungo suono.
La sera, quando il freddo non era troppo opprimente, si riunivano tutti vicino allo stesso fuoco e i vecchi del villaggio raccontavano loro le storie di Konoha, le sue leggende e la loro maledizione; gli intimavano di rispettare gli spiriti della foresta e di non avventurarsi da soli in alcun luogo.
Naruto aveva sempre pensato che si trattasse di stupidaggini dette per spaventare lui e gli altri bambini del villaggio e fargli fare i bravi, finché un giorno i suoi genitori non sono usciti per raccogliere la legna e non sono più tornati.
 
 
*
 
 
Konoha è ancora addormentata quando Naruto si sveglia, fa i propri bagagli e si prepara per uscire. Casa sua è situata su un estremo del villaggio, vicino al bosco, e vive da solo. In giro sono ancora sparsi gli oggetti dei suoi genitori, le loro foto di famiglia, gli attrezzi di suo padre, il grembiule di sua madre. Talvolta gli sembra quasi che il tempo non sia trascorso e che li vedrà spuntare dalla loro stanza, con i capelli arruffati e il sorriso imbarazzato tipico dei genitori che vengono beccati a cosare dai loro pargoli.
Si prepara il ramen istantaneo meccanicamente, ripetendo istintivamente i gesti, ancora intorpidito dal poco sonno e dal freddo e fa colazione in silenzio.
- La colazione è il pasto più importante della giornata, dovresti fare colazione almeno tre volte al giorno! – gli ripeteva sua madre da bambino prima di solleticargli la pancia e rubare qualcosa dal piatto di suo padre.
Quando esce di casa ancora non c’è nessuno per strada e la neve cade in un miscuglio di fiocchi bianchi e neve. È piacevole e familiare. Attraversa il villaggio in fretta, in fin dei conti non è di certo grande e ne conosce ormai tutte le stradine e le scorciatoie. Intravede Kiba, un suo amico ed ex compagno di scuola, portare a spasso Akamaru – un cane enorme e bianchissimo – e cambia strada. Non è una buon momento per una ramanzina e sa già che l’amico proverebbe a fargli cambiare idea, perché è un’idea stupida, ne è consapevole.
Fin da bambino gli è stato detto di non avventurarsi da solo nel bosco, di non farlo soprattutto d’inverno, quando cade la neve e c’è una vocina nel suo petto, l’istinto, che si agita e gli ordina di ritornare sui propri passi. Ma Naruto è fatto così, impulsivo e stupido, e si rifiuta di dar ascolto al buonsenso. Non sa cosa si aspetti di trovare, i suoi genitori sono scomparsi da troppi anni per sperare che siano ancora vivi; vuole solo provare, vedere cosa accade, capire perché il villaggio vive congelato nel terrore da un tempo così lungo che nessuno è più in grado di contarlo.
Arrivato al confine del villaggio, dove le case diventano più rade e gli alberi più folti, in un groviglio di tronchi e rami senza foglie e cespugli, Naruto avverte appena le gambe più molli del dovuto e il freddo più opprimente. È una cosa stupida, gli ripete la voce e lui la ignora, muovendo un altro passo.
A chiudere definitivamente il perimetro del villaggio c’è una vecchia casupola ormai abbandonata da decenni – troppo vicina al bosco. Le finestre e le porte sono sbarrate, il comignolo del camino crollato sul lato destro. Da bambini, prima che i suoi genitori sparissero, lui e i suoi amici andavano in quella casa a fare sfide di coraggio, si obbligavano a entrare uno alla volta e a resistere il più a lungo possibile. Anche lì la voce gli diceva che era una cosa stupida e che dovevano tornare a casa, ma Naruto si vergognava troppo per darle ascolto. Smisero di fare quel gioco solo quando Kushina e Minato scomparvero.
Si incammina con calma, segue il sentiero, che diviene sempre meno battuto, e si addentra dentro la foresta senza sapere bene cosa fare e chi – cosa – cercare.
 
 
*
 
È stata davvero un’idea stupida, gli ripete ancora la voce, mentre i suoi piedi affondano in un miscuglio di neve e foglie e il freddo gli fa prudere il naso. 
Naruto è nato e cresciuto a Konoha, non ha mai vissuto in nessun altro luogo, solo qualche volta si è spinto fino alla città, giù a valle, quindi si suppone che sappia come muoversi e conosca perfettamente il paesaggio che lo circonda, che la foresta gli sia familiare e che per ogni albero sia in grado di dare un nome e di ricostruire la sua storia. Ma Naruto non è mai voluto entrare da solo nella foresta, ci è stato qualche volta in compagnia dei genitori e dopo la loro scomparsa ha smesso di andarci. Idea stupida, gli ripete ancora la voce dentro di lui.
Il paesaggio è di un bianco abbacinante, disseminato di tronchi enormi e cespugli di sempreverde dalle spine micidiali. Naruto passeggia in un silenzio inusuale per la sua persona, osservando e cercando di ricostruire il percorso per il ritorno. Non ci mette molto a perdersi e non ne è neanche troppo sorpreso, si lascia trasportare arrendevole dai propri piedi, come sospinto da qualcun altro. Il freddo è terribile e, anche se ha smessi di nevicare, gli pare che in alcuni punti la neve divenga più alta a vista d’occhio e che le impronte che lascia scompaiano in pochi minuti.
Avanza in quel torpore ovattato e rassicurante, freddo, per un tempo che non sa calcolare,finché una voce non lo chiama – Naruto – e un ramo – una mano – non lo afferra.
La reazione è immediata, frenetica, folle. Scatta in avanti e corre a perdifiato, coi ramoscelli che gli sferzano il viso e i vestiti e lo zaino che rimangono intrappolati qua e là. Il berretto arancione e consunto che gli copre i capelli chiarissimi vola via, forse vittima di un altro ramo, ma quasi non ci fa caso. Continua a correre, a scansare questo e quel ramo e ad affondare sempre di più nella neve e nella foresta.
Quando si ritrova davanti a una vecchia cascina con tutta l’aria di essere stata dimenticata e abbandonata da tempo, non ha la più pallida idea di dove sia o di che ora si sa fatta. Il sole sta iniziando a tramontare e il cielo a farsi più scuro.
Forza la porta e si infila dentro. Tutto ciò che trova è una vecchia e polverosa stanza, molto spaziosa, un tavolo con una sedia con un piede mancante, un divano sfasciato e un caminetto. In un angolo ci sono dei ciocchi di legno abbastanza asciutti per poter accendere un fuoco.
Blocca la porta e scivola davanti alla bocca del camino.
Fuori si è alzato il vento e le fiammelle del camino si agitano, minacciate da dei piccoli spifferi. Naruto si rannicchia sul divano, con una molla che gli preme contro il culo e la voce che lo rimprovera ancora. Che idea stupida.
 
 
*
 
 
L’aria è fredda, il piccolo camino si è spento e la luce del fuoco non illumina più la stanza. Naruto lo avverte, lo sa, di non essere più solo; lo percepisce in ogni piccola particella del suo essere, nei peli che si rizzano all’improvviso tutti insieme. Sa anche che dovrebbe avere paura come allo stesso tempo è certo di non poterne provare.
Una figura sottile avanza verso di lui e indovina senza dubbio alcuno che si tratti di una donna, di una donna bellissima. Prova a parlare, ma non ha voce, la bocca non risponde ai suoi comandi, così come il resto del proprio corpo.
L’ombra scivola leggera, come trasportata dal vento, arriva fino al suo giaciglio e rimane a fissarlo in attesa di un movimento, di un sussulto, di un ansito. Naruto, però, non si muove, nell’arrendevolezza che precede un declino inevitabile.
Le coperte scivolano via e la donna sale su di lui. È leggera come una piuma, quasi come se non esistesse e, se non fosse per il freddo, Naruto sarebbe certo che si tratti di un sogno.
La pelle è chiara, diafana, quasi traslucida per il riflesso dei raggi della luna, i capelli una matassa nera come la notte che le ricadono sul volto, sulle spalle e sui seni prosperosi, le mani sono come piccoli uccelli di ghiaccio che si muovono sul suo corpo, che si insinuano tra i suoi vestiti, che lo privano degli abiti strato dopo strato, difesa dopo difesa, finché non rimane nudo ed esposto al gelo dell’inverno.
Il freddo è ormai una sensazione conosciuta, familiare, piacevole; lo accoglie e lo ricerca nei suoi tocchi, nei loro corpi che si sfregano, nel respiro ghiacciato di quella creatura spaventosa e di cui non prova alcun terrore. La vede calare su di lui e la desidera, desidera annullarsi in quel gelo, perdersi e non fare più ritorno.  La mente è leggera, vuota, fredda, e Naruto sorride sornione ed è certo di avere un’espressione davvero stupida sulla faccia, ma la donna non dà segni di essersene accorta o di provare fastidio.
Lo accoglie tra le sue cosce, caldo, pulsante, e lo fa sparire dentro di sé. Naruto, che improvvisamente sa di nuovo come tornare padrone del proprio corpo, ansima e geme, segue i movimenti di quella creatura sconosciuta ed è rapito ogni volta che i capelli le lasciano scoperta un po’ della pelle del viso. Le esplora il corpo con le mani e avverte appena le dita pizzicargli per il contatto con quella pelle gelida, aggira l’ostacolo della veste  - così leggera e tanto bianca che neanche l’aveva vista – e la lascia scivolare via. Le disegna il profilo dei fianchi generosi, del ventre piatto e poi si aggrappa ai seni, enormi, che gli si muovono oscenamente davanti al volto, in un chiaro invito a non fermarsi. La donna reclina la testa all’indietro e le sfugge un rantolo tanto basso che potrebbe essere scambiato per uno spiffero d’aria.
Le tira i capezzoli, li succhia e li morde, intuendo che sia una cosa gradite e al contempo affonda dentro di lei con più violenza, più bisogno, mentre il fiato gli si condensa e il corpo trema per il piacere – e il freddo.
Quando la creatura si china su di lui sa, ancora, che dovrebbe essere spaventato, ma reclina ugualmente all’indietro il capo e la invita a possederlo del tutto. La donna affonda i denti  nel suo collo e poi si stringe di più a lui. Lecca, succhia e sussurra parole intellegibili e dolcissime contro la sua pelle, in una nenia ipnotica e rassicurante. Naruto la abbraccia, come se fosse la sua ragazza, una persona preziosa; come se fossero due amanti e nient’altro. Rimane fermo, spossato dall’orgasmo e dal piacere, mentre lei continua a strusciarsi contro la sua pelle, contro il suo calore, a premergli i seni sul petto e a succhiargli il collo.
- Sono bella? – gli chieda a un tratto, con una voce inumana, alzando il capo e mostrandogli finalmente il volto libero dai capelli e gli occhi neri come l’oscurità più buia e cavi come due voragini. Naruto spalanca la bocca e grida.
 
 
*
 
 
La mattina dopo, quando riapre gli occhi, avverte immediatamente il freddo. È la prima cosa che sente. Non la fame, non la paura, non l’irrequietezza per quel sogno mostruoso o il sollievo per essere ancora vivo, il freddo.
La luce del sole entra dalle finestre e rischiara il capanno, il fuoco nel camino ha l’aria si essersi spento già da molte ore e la porta è chiusa. Naruto la fissa stralunato, avvertendo ancora gli strascichi del sogno che rifiutano di abbandonarlo del tutto.
- Ho sognato, che cretino – si dice facendo un sorriso tutto denti, come se stesse parlando a qualcun altro e si passa una mano sulla faccia.
Quando l’occhio gli cade sul berretto arancione abbandonato vicino al divano, il suo dannato berretto arancione, avverte le budella contrarsi e tutta la paura che non ha provato fino a quel momento agitarsi sotto pelle e stringergli la gola.
Lo lascia lì, per terra, il berretto. Spalanca la porta e corre. Incespica nella neve, sbatte contro i rami, si fa piccoli tagli ed escoriazioni, le foglie gli sferzano il viso e il respiro si fa corto e denso per il freddo.  Non si volta neanche una volta per controllare se qualcosa – se la creatura – lo stia seguendo.
Fa ritorno al villaggio a metà pomeriggio e ha un’aria tanto sconvolta che nessuno gli chiede niente; gli anziani lo fissano con la pietà dovuta ai folli che non rispettano gli spiriti e l’autorità dei vecchi, i ragazzi come se fosse appena caduto in un burrone, ma potesse ancora reggersi sulle proprie gambe.
Tornare al villaggio, a casa, è quasi irreale. Il freddo è meno pressante, l’agitazione più tollerabile, le case hanno l’aspetto di un nido accogliente dopo aver passato la notte all’agghiaccio; Naruto è persino felice di rivedere tanti volti che fino al giorno prima non tollerava.
La piccola casa sul limite del villaggio è di nuovo attiva e viva, porte e finestre non sono più sbarrate, le persiane sono sollevate e il fumo di un camino esce dal comignolo di nuovo sano. Naruto registra appena la cosa, non trovandola per niente strana.
 
 
*
 
 
Non fa parola a nessuno dell’accaduto, sa di non doverlo dire, non perché verrebbe preso per pazzo o perché i suoi amici lo prenderebbero in giro per il resto della propria vita, ma semplicemente perché non deve. La donna, la creatura, non lo ha detto, non lo ha chiesto, ma Naruto sa che quello è il prezzo che ha pagato per essere lasciato in vita e lo accetta senza troppe cerimonie. Dimentica, si dice ogni mattina e ogni sera e col tempo diventa un ricordo ovattato, di cui riesca a richiamare i contorni, ma non i colori e pian piano sbiadisce sempre di più, perdendo quello o quell’altro dettaglio.
Nessuno fa parola della cosa o gli chiede niente, gli amici gli fanno visita come se fosse reduce di un banale infortunio e l’unico a essere un po’ più insistente è Kiba.
- Bella merda, eh? – gli chiede, alludendo all’occhio nero che non dà segni di voler andare via – Ti fa male, coglione? –
- Non è niente – minimizza Naruto, facendogli un sorriso tutto denti che somiglia più a una richiesta di essere lasciato in pace.
 
*
 
 
Naruto è bello, con i capelli biondi come il sole e gli occhi di un azzurro luminoso. È bello e non lo sa, non sa approcciare con le ragazze, è goffo e fa sempre qualcosa di stupido o di idiota. I suoi amici lo hanno ormai dato come caso perso e le ragazze del villaggio non lo prendono più sul serio. - È Naruto Uzumaki –dicono alzando le spalle e ridacchiando tra di loro.
 
Quando la casa che chiude il perimetro del villaggio viene di nuovo abitata di punto in bianco, nessuno trova la cosa particolarmente strana. Solo gli anziani ne rimangono inquietati e si guardano bene dall’avvicinarsi all’unica abitante di quella dimora. I ragazzi parlano e ridono, raccontando di una ragazza bellissima, qualcuno prova anche a farle visita, ma è una creatura timida e sfuggente e ogni assalto va a vuoto.
Naruto la incontra solo qualche volta, in giro per il villaggio, mentre fa acquisti o è di ritorno a casa dal lavoro. Non gli passa neanche per la testa di provare a parlarle, ma lei, dal canto suo, inizia a essere sempre più presente e ad avvicinarsi ogni volta di più. Quella che prima era una distanza di dieci piedi tra di loro, rapidamente diviene di cinque e poi due, finché non è solo mezzo passo.
La ragazza è bellissima, col viso perfetto, gli occhi simili a madreperla e i capelli lisci e nerissimi. Quando Naruto  se la ritrova sull’uscio della porta ci mette qualche minuto a realizzare che sia vera – non è certo una cosa comune che qualcuno della loro età si trasferisca di punto in bianco in quel villaggio. È vero che l’ha vista già, ma solo di sfuggita e subito gli è uscita dalla mente, come per magia.
- Hai del sale da prestarmi? – gli chiede con una voce gentile e timida, il viso imporporato dall’imbarazzo e la frangetta a coprirle quegli occhi stranissimi.
Inizia così, prima il sale, poi il caffè, poi gli porta una ciotola di ramen quando è malato  per ringraziarlo e la volta successiva si tratta di nuovo del sale, finché non diventa un appuntamento settimanale e atteso e Naruto a un certo punto cede e le chiede se per caso vuole entrare. E rimanere.
 
 
*
 
 
Si sposano il giorno più freddo d’inverno, quello stesso anno. Hinata, si chiama quella ragazza bellissima e senza passato. Naruto si sente sempre a disagio a chiederle qualcosa su di lei, sulla sua famiglia o sul perché viva da sola in una casa abbandonata in un villaggio in mezzo al nulla, quindi, semplicemente, smette  di farlo. Non vuole saperlo, perché in cuor suo sa già.
 
 
*
 
 
Hinata gli dà le spalle, i lunghi capelli neri lasciati liberi sulla schiena, il volto disteso, l’espressione serena. A distanza di anni continua a essere rapito dalla bellezza eterea della moglie, come se la vedesse ogni volta per la prima volta e non riuscisse a capacitarsi che sia sua. La mattina, quando apre gli occhi, prima di tornare a essere l’uomo esuberante e vitale che lei ha sposato, trascorre interi minuti a guardarla, a cercar di ricordare dove abbia già visto quel viso perfetto, per poi scacciare un ricordo molesto e indicibile.
Hinata è bella, è una donna bellissima, la donna più bella che ci sia – e non solo perché è sua moglie. Sono anni che la guarda ed è sempre come vederla di nuovo, diversa. Si morde la lingua e tace e si dice che non pronuncerà mai quelle parole e la voce nel suo petto lo loda. Non è una cosa stupida.
Quando alla fine cede, Hinata gli ha già dato due figli e le temperature a Konoha si sono abbassate toccando picchi di freddo inusuali. Le estati si sono fatte più brevi e fresche, gli inverni più rigidi e gelidi, con nevicate frequenti. Naruto si è scoperto amare il freddo.
- Quando ero ragazzo ho incontrato la Donna di Neve, prima che io e te ci conoscessimo. Era una creatura bellissima, ma tu, Hinata, sei altrettanto bella – le dice pentendosene nel momento esatto in cui la sua bocca si apre. La moglie si congela sul posto, smette di armeggiare con i fornelli e il viso le è adombrato da una sofferenza tanto terribile che Naruto si sente improvvisamente in colpa
- Non avresti dovuto dirlo, Naruto-kun – soffia, la voce appena macchiata di dispiacere e il volto sempre più cereo – Non dovevi dirlo a nessuno – ripete.
- Bellissima come te – le dice ancora, mentre quell’idea ovattata e debole avuta per anni prende sempre più consistenza – Sei una creatura bellissima, Hinata –
Il corpo di Hinata è scosso da un singhiozzo lieve e la vede cambiare e assumere l’aspetto di una creatura diversa, ma sempre identico a quello della donna con cui ha condiviso ogni notte negli ultimi dodici anni. La veste lilla le diviene di un bianco abbacinante e Naruto riconosce il profilo gentile della moglie dietro quello della creatura mostruosa con cui ha giaciuto da ragazzo, la donna che ha amato e sposato, la madre dei suoi figli e non ha paura.
- Non avresti dovuto dirlo a nessuno – ripete ancora, la voce che le trema appena. Gli cinge le spalle con le braccia gelide e Naruto istintivamente reclina il capo all’indietro e le offre il collo.







 
   
 
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