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Autore: La_Sakura    20/02/2019    6 recensioni
Genzo Wakabayashi non è solo il portiere più acclamato e titolato del momento: è anche l’erede dell’impero della Wakabayashi Corp., una delle multinazionali più importanti sul mercato.
Non se n’è mai preoccupato troppo: con suo padre fisso al comando, e i fratelli già ampiamente attivi in varie filiali, non ha mai dovuto prendere le redini, riuscendo così a posticipare costantemente il suo completo inserimento in azienda. Forte della collaborazione della Personal Assistant di suo padre, ha continuato a concentrarsi sulla sua carriera di portiere paratutto del FC Bayern München, riuscendo pienamente a raggiungere gli obiettivi che si era prefissato.
O, per lo meno, così è stato fino ad ora.
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Serie "Im Sturm des Lebens"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Im Sturm des Lebens'
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ET - Capitolo 1

 

La scelta della nuova clinica per la madre di Julia si rivelò più difficile del previsto: nel frattempo la ragazza veniva aggiornata costantemente sulle condizioni della madre, che erano molto instabili. Alternava momenti di lucidità al suo solito stato apatico, cosa che allarmava molto Julia, in quanto non era mai successo che si rendesse così tanto conto della realtà che la circondava.

«Se lo avessi davanti, giuro che gli spaccherei la faccia!» sbraitò Heidi, agitando il pugno davanti al viso. Martha annuiva convinta, mentre Julia si limitava a mescolare il cocktail con la cannuccia, senza dire nulla.

«Come ti senti?» le chiese poi l’amica, con tono preoccupato. La ragazza sospirò prima di parlare.

«Sono preoccupata. Preoccupata davvero. Finora mia madre ha vissuto “nel suo mondo”, non ha mai avuto molti contatti con la realtà, e quello stupido di Herr Hagner con quel suo discorso su di me l’ha traumatizzata. Non ho idea di come possa reagire.»

«Herr Wakabayashi che dice?»

«Lui e Ochiyo si stanno mobilitando per trovare una nuova struttura, nel frattempo hanno richiesto che mia madre venga controllata a vista e che nessuno si possa avvicinare a lei.»

«Sono davvero delle grandi persone.» asserì Martha, e Heidi convenne con lei.

«Più di una volta Herr Wakabayashi mi ha detto che per lui ero come la figlia femmina che non aveva mai avuto. I loro gesti nei miei confronti mi commuovono, ma… sento che ne sto approfittando, e non va bene.»

Heidi si irrigidì: conosceva bene l’amica e il dubbio su dove volesse arrivare a parare le si insinuò immediatamente.

«Qualunque cosa tu stia pensando, cancellala subito dalla tua mente. Subito.»

Julia non rispose. Continuava a fissare il suo cocktail, nel quale il ghiaccio si stava inesorabilmente sciogliendo. Alla fine si risolse a esporre il suo pensiero.

«Potrei riportare mia madre a casa, a Wolfach, e… trasferirmi lì con lei.»

«Sono quasi 350 km di distanza. – le fece notare Martha, che ancora non aveva intuito l’idea dell’amica – Come farai col lavoro?»

Quando la manager alzò lo sguardo per incontrare gli occhi verdi della dominicana, questa finalmente capì. Fu un lampo che le attraversò la mente, un fulmine a ciel sereno. Heidi, accanto a lei, scuoteva la testa in senso di diniego: non approvava decisamente ciò che Julia proponeva come soluzione.

«Non ha senso! – esclamò finalmente Martha, ancora sconvolta – Julia, non puoi abbandonare tutto. Il tuo lavoro, la tua casa… noi! E poi Herr Wakabayashi non te lo permetterà mai.»

«Herr Wakabayashi si metterà il cuore in pace e capirà. Si tratta della mia famiglia. È mia madre. Devo pensare al suo benessere.»

«Scusa la franchezza, ma non mi sembra che lei sia stata così preoccupata per te, negli anni.»

Le parole di Heidi, fredde e dure come il marmo, colpirono Julia in faccia come uno schiaffo: si voltò verso l’amica e la fissò con sguardo gelido, quasi di odio.

«Non poteva prendersi cura di me, non è che non voleva. Se avesse potuto…»

«La decisione finale è tua, – la zittì Heidi, che si poteva permettere questi discorsi grazie al legame che aveva con lei – ma ricordati che se molli tutto, arriverà un giorno in cui dovrai ricominciare da capo. E non ci sarà un altro “Herr Wakabayashi” a prenderti sotto la sua ala protettiva.»

Martha si sentiva in imbarazzo: nonostante condividesse le parole della giovane, mai si sarebbe sognata di schiaffare in faccia a Julia la nuda e cruda realtà dei fatti. Probabilmente però il metodo di Heidi era corretto, perché nonostante lo sguardo glaciale, la Manager sembrava assorbire le parole della stilista per farle sue.

«Intanto lascia che i signori Wakabayashi cerchino una nuova struttura. – Heidi si era nuovamente addolcita – E poi valuterai.»

«Sì… – ne convenne Julia – Mi sembra la cosa più sensata da fare. Attendiamo e vediamo.»

 

Era rimasta ferma davanti a quella semplice casetta per una decina di minuti. L’aveva osservata e basta, mentre una sensazione di pace la pervadeva e la faceva stare meglio, più tranquilla. Si risolse a scendere dalla sua vettura e, dopo aver recuperato il trolley dal bagagliaio, si avviò verso l’entrata. Suonò il campanello e sul suo volto si aprì un ampio sorriso.

«Hai perso le chiavi?»

«Non ero sicura fossi in casa…»

«La mia piccola Jule.»

«Ciao Opa.» si lanciò in quell’abbraccio che profumava di casa e lasciò che l’anziano le carezzasse la testa.

«Vieni, stavo appunto preparando del tè. Così mi puoi aggiornare sulle condizioni di tua madre.»

Julia annuì, mentre il peso che aveva sul cuore pian piano diventava più modesto, come se, con quell’abbraccio, suo nonno se ne fosse fatto carico.

Il salotto, la cucina… tutto era rimasto esattamente uguale. Herr Wagner spostò una sedia dal tavolo e fece cenno alla nipote di accomodarsi, quindi prese due tazze e le posò su un vassoio, poi aprì il forno e ne estrasse una teglia piena di biscotti fumanti.

«Sembra quasi che tu ti aspettassi il mio arrivo…» gongolò la giovane, rubando subito uno dei biscotti cioccolato e cannella.

«Diciamo che me lo sentivo. – riempì le tazze di acqua calda, le porse il dispenser da cui scegliere la bustina da infondere, e si accomodò accanto a lei – Dopo quello che mi hai raccontato, sapevo che avremmo dovuto fare una riunione di famiglia per discuterne.»

Julia sorrise: suo nonno aveva un grande senso dell’umorismo anche in quelle situazioni.

«Allora dobbiamo fare l’elenco dei partecipanti. Vediamo chi manca. – si portò la mano al mento per riflettere – Virgil Wagner?»

L’uomo annuì.

«Presente. – sorrise – Julia Wagner?»

«Presente! – esclamò lei, sorridendo – Possiamo iniziare. »

L’uomo sorseggiò la bevanda con calma, quindi posò la tazza sul piattino e osservò la nipote negli occhi.

«Come sta?»

La giovane sospirò.

«È instabile, Opa, molto instabile. Ha ricordato quello che è successo in piscina.»

L'anziano sospirò.

«Temevo questa eventualità. I medici l'avevano messa come remota, ma... era pur sempre un'eventualità.»

«No, la colpa è di Herr Hagner, è solo colpa sua se mamma è destabilizzata.»

«Capisco il tuo rancore, Jule, ma ricordati che se Diete è ricoverata in quella clinica, è perché aveva problemi irrisolti.»

«”Con sé stessa in primis, e con te in secondo luogo”. Lo so. Oma lo ripeteva in continuazione.»

«Lo so che l'atteggiamento di tua nonna può essere altamente discutibile, ma lei lo faceva per proteggerti. Se sei diventata la splendida donna che ho di fronte, è anche merito suo.»

«Lo so, ma... una parte di me rimarrà sempre uguale a mamma... e lo sai.»

«Ognuno si crea il proprio destino. Tu sarai come lei solo se sceglierai di esserlo. Ad ogni modo... pensi che trasferirla sia la soluzione migliore?»

«Credo di sì. Ha bisogno di stabilità e sapere che quell'uomo può frequentare la clinica mi fa rabbrividire. Non è sicuro, Opa. Potrebbe parlarle di nuovo di me, di quella figlia che lei neanche ricorda di aver partorito, non oso immaginare cosa potrebbe succedere la prossima volta, quale episodio della nostra vita potrebbe ricordare. Non voglio che succeda più, voglio che mamma sia serena.»

«D'accordo allora. La trasferiremo. Non è necessario che sia qui in zona, possiamo trovare una clinica in Baviera.»

«Appena avrò una lista di strutture, le sottoporrò alla tua attenzione.» rispose lei, sorridendo.

«Molto bene, Fräulein Wagner. Ora, se la seduta è tolta, cosa gradisce per cena?»

 

Dormire nel letto in cui aveva passato infanzia e adolescenza le diede un senso di tranquillità che durò fino al suo rientro in ufficio.

«Ehi, qualcuno ha passato un weekend rilassante, o sbaglio?»

«Wolfach mi fa sempre questo effetto.»

«Tuo nonno sta bene?»

«Sì, sta bene. Abbiamo parlato dell'eventuale trasferimento di mia madre, ed è d'accordo. Dobbiamo solo scegliere la clinica migliore per lei.»

Martha si avvicinò all’amica e le mise una mano sulla spalla.

«Lo sai che io ci sono, vero? Per qualunque cosa…»

Julia le sorrise dolcemente.

«Lo so, lo so… e ti ringrazio per questo.»

«Bene, torno nel mio ufficio a terminare la relazione sul Grupo-SCH per Herr Wakabayashi, se hai bisogno…»

La porta dell’ufficio si aprì di scatto e Genzo fece la sua comparsa.

«Oh, scusate, non sapevo avessi gente.»

«Tranquillo, stavo andando. – lo rassicurò Martha – A dopo.» disse poi rivolta all’amica, che fece un cenno affermativo con la testa.

Rimasti soli, un silenzio imbarazzante calò tra i due: in fondo era dalla sera della cena a casa di Julia che non avevano un momento per loro.

«Ciao…» disse infine Julia, alzandosi e avvicinandosi a lui.

«Ciao… – rispose il ragazzo, fissandola intensamente negli occhi – Come ti senti?»

«Meglio, sono stata da mio nonno e abbiamo parlato molto. Mi è servito.»

Genzo alzò una mano per accarezzarle la guancia, e lei non si sottrasse al contatto.

«Credi che anche noi dovremmo parlare?»

Lei annuì, mantenendo gli occhi chiusi.

«Credo di sì… – puntò le iridi su di lui – Dovremmo parlare di quello che è successo…»

Il ragazzo, senza togliere la mano dalla sua guancia, si chinò leggermente su di lei.

«Che ne dici di stasera a cena? Conosco un posto dove fanno i migliori bratwurst di tutta la Baviera.»

Lei sorrise per la proposta, tanto gradita quanto inusuale.

«Stasera non posso… Heidi mi ha invitato a casa sua per parlare del matrimonio: lo sai che le ho bocciato il colore del vestito.»

«Ah sì, il famoso “rosa antico”. – ridacchiarono entrambi – Facciamo un’altra sera, allora. Tanto non mi scappi…» si avvicinò ulteriormente al suo viso.

«Non ne ho nessuna intenzione…» sussurrò lei, con gli occhi languidi.

Il BIP dell’interfono interruppe la magia del momento.

«Fräulein Wagner, avrei Chris Hagner in linea. Dice che è urgente.»

«Non rispondergli.» la pregò lui. Lei si limitò a uno sguardo dispiaciuto, quindi gli posò un piccolo bacio sulla punta del naso e si diresse verso l’apparecchio.

«Passa pure, Judith. Pronto?»

«Sono Chris.»

«Lo so, mi hanno passato la chiamata.»

«Ho saputo di quello che è successo alla clinica. Mi dispiace, Julia, mi dispiace tanto. Vorrei solo farti sapere che mi dissocio dal comportamento di mio padre. C’è qualcosa che posso fare per te?»

«A parte far sparire tuo padre dalla mia vista? No, Chris, grazie, non c’è nulla che tu possa fare. Ormai il danno c’è, lo sai che hanno dovuto dare dei sedativi a mia madre per calmarla?»

«… mi dispiace davvero tanto…»

«Dispiace anche a me. Se è tutto…»

«Sì… buona giornata.»

Senza rispondere, Julia interruppe la comunicazione. Genzo notò il palese cambiamento d’umore e si sedette di fronte a lei.

«Risolveremo la situazione, vedrai. I miei hanno già una lista di cliniche affidabili dove potrai portare tua madre, e…»

«Per un attimo ho pensato di mollare tutto e portarla a Wolfach, da mio nonno. E ricominciare la mia vita lì con loro.»

«Ma non l’hai fatto…» mormorò Genzo, dopo un attimo di smarrimento.

«No, non l’ho fatto. E non lo farò, tranquillo. – gli sorrise – È solo che… avevo voglia di cancellare tutto e ricominciare da capo. Però una persona mi ha fatto notare che ci sono certe situazioni da cui non si può ricominciare.» e lo fissò sorridendo dolcemente. Genzo si sentì quasi orgoglioso di aver fatto inconsciamente parte di questa decisione, perché se lei era rimasta, era anche per lui, per quello che stavano creando, non solo a livello lavorativo, ma anche a livello sentimentale. Non sapeva dire di cosa si trattasse, sapeva solo che le giornate gli sembravano più luminose, se aveva lei al suo fianco.

«Devo scappare ad allenamento. – disse lui – ma al mio rientro dalla trasferta ne riparliamo, promesso. Di tutto. Di tua madre, degli Hagner… di noi.»

«Ci conto…»

Genzo fece il giro della scrivania e si chinò su di lei per darle un bacio a fior di labbra; lei socchiuse gli occhi, avrebbe voluto approfondire quel bacio, oh se avrebbe voluto. Li riaprì giusto per salutare il ragazzo, che era già sulla porta e le fece l’ultimo cenno prima di uscire.


Tiriamo un po' di fiato, dopo gli avvenimenti dei capitoli precedenti: Julia ha un momento di sbandamento che Heidi prontamente interrompe, e nonostante i suoi modi bruschi, sembra ottenere l'effetto desiderato. Senza contare che abbiamo la variabile Genzo, a quanto pare conta molto per Julia, più di quanto non voglia ammettere. 

Veniamo introdotti nel mondo di Wolfach, dove Julia si rifugia momentaneamente per ricaricare le batterie tra le braccia di suo nonno. Un nonno che tutte vorremmo avere, e che io ho avuto la fortuna di abbracciare per molti anni della mia vita. 

Vi abbraccio forte, alla prossima <3 

Sakura 

   
 
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