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Autore: 9Pepe4    20/02/2019    0 recensioni
[Missing moment 1x07]
«E che cosa si dice di me?» gli chiese Magnus incuriosito.
Prima di rispondere, Alec sorseggiò cautamente il proprio cocktail. «Che sei un edonista. E che sei avido». Fece una smorfia, e Magnus si chiese se fosse dovuta a quelle parole o al sapore dell’alcol. «Si dice anche che sei molto potente, ma credo che questo sia vero».
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Così è meglio

Quando Luke si fu ritirato per la notte, Magnus rimase in salotto con Jace e Clary.
Era stata una giornata lunga e per certi versi decisamente logorante. Non solo guarire le ferite di Luke aveva richiesto una gran quantità di energia, parlare a Clary del passato era stato emotivamente sfiancante.
Eppure Magnus si sentiva ancora vigile, quasi elettrizzato… e non era solo dovuto al fatto che finalmente sapevano dove si trovava la coppa mortale.
«Forse» mormorò il giovane Wayland, «noi dovremmo tornare all’Istituto». Guardò Clary come se l’ultima parola spettasse a lei. «Sai, prenderci qualche ora di riposo prima di andare alla stazione di polizia con Luke».
La ragazza annuì. «È una buona idea».
Magnus concordava. Tra tutti e due, avevano un aspetto piuttosto malconcio. Una bella dormita non avrebbe potuto fargli che bene.
Poi Clary si girò a guardarlo, improvvisamente incerta. «A meno che… possiamo fare qualcosa per aiutarti?»
Gli venne quasi da sorridere a quell’offerta genuina, ma la declinò con un gesto della mano.
«Andate pure» li invitò. «Ho già l’aiuto che mi serve, dopotutto».
A quelle parole, Jace Wayland lo guardò assottigliando appena gli occhi, ma Clary sorrise, un sorriso che le arrotondò le guance e le illuminò il volto. «D’accordo».
Stava già indietreggiando verso l’ingresso, e gli fece ciao con la mano. Jace si affrettò a seguirla dopo aver rivolto a Magnus un cenno del mento e un’ultima occhiata indagatrice.
Quando i due giovani se ne furono andati, Magnus trasse un respiro e si diresse verso la porta che si apriva dietro la scala a chiocciola.
In quella stanza, trovò la familiarità degli scaffali ingombri di piante e libri ed alambicchi, e soprattutto la fonte di gran parte del suo buonumore.
Alec Lightwood era dove Magnus l’aveva lasciato, in piedi dietro la sua scrivania. Nonostante la sedia libera che aveva di fianco, e nonostante fosse così alto da doversi ingobbire per continuare il proprio lavoro, non si era seduto.
Era ancora impegnato a triturare con una mezzaluna alcune radici posate su un tagliere, l’espressione concentrata. Sembrava così intento che a Magnus quasi dispiacque attirare la sua attenzione. Quasi.
«Ci stai ancora lavorando».
Il giovane shadowhunter alzò di scatto lo sguardo, e le sue mani si fermarono. «Sì. Uhm. Hai detto che dovevano essere ben tritate».
«Vero» concesse Magnus, avvicinandosi.
Si erano spostati in quella stanza dopo che lui aveva proposto ad Alec un secondo drink.
Mordendosi le labbra come per trattenere un sorriso, il giovane aveva accettato – forse prima dovrei finire questo, aveva detto, riprendendo il cocktail che aveva appena cominciato.
Da parte sua, Magnus aveva ricordato a malincuore i compiti che lo attendevano, ed aveva detto ad Alec che doveva preparare un balsamo per le ferite di Luke.
Puoi aspettarmi qui, gli aveva assicurato, ma una parte di lui si aspettava che questo rompesse l’incantesimo. Che Alec si riscuotesse, decidesse di tornare all’Istituto.
Il giovane, però, l’aveva sorpreso. No, posso darti una mano, aveva replicato d’impulso. Insomma, se sei d’accordo.
Magnus, naturalmente, era più che d’accordo. Dopo che Alec aveva recuperato la propria giacca di pelle dalla poltrona e se l’era rinfilata, si erano diretti in quella stanza, dove Magnus aveva tentato di non sorridere all’espressione dello shadowhunter, a come sembrava cercare di trattenersi dal guardarsi troppo attorno.
Aveva tirato fuori gli ingredienti, e aveva affidato ad Alec quelle radici mentre lui dosava attentamente alcuni liquidi in un pentolino.
Poi si era sentita Clary chiamare Magnus a gran voce, impaziente ed eccitata, e lo stregone era scivolato fuori dalla stanza per scoprire di cosa si trattava. A tal proposito…
«Clary ha scoperto dove si trova la coppa» annunciò Magnus.
Alec alzò la testa. «Cosa?»
«Già. A quanto pare è celata in uno dei tarocchi di Dot».
Cercò di non badare allo strattone del proprio cuore alla menzione dell’amica.
Alec sbatté le palpebre. «Dot? Ma…»
«Luke aveva i tarocchi» lo tranquillizzò Magnus. «Li ha portati alla centrale. Lui, Jace e Clary li recupereranno domani mattina».
Dopo qualche istante, Alec storse la bocca. «Dovrebbe funzionare».
Magnus sorrise lievemente. Lo divertiva quanto potesse essere espressivo il suo viso. «Non sembri molto fiducioso».
«No, è che…» Alec s’interruppe e ripeté: «Dovrebbe funzionare».
Poi aggrottò la fronte, e si tolse il telefono di tasca. Magnus colse il nome di Jace sullo schermo, quindi distolse lo sguardo mentre Alec scorreva il messaggio che gli era appena arrivato.
«Qualche novità?» s’informò discretamente lo stregone.
Alec scosse la testa. «No, uhm… praticamente mi dice del piano per domani. Secondo lui ci vorrà più o meno un’ora. All’Istituto non dovrebbero nemmeno accorgersi della loro assenza».
Magnus annuì, e notò di sfuggita il bicchiere a stilo posato accanto al tagliere. Era ormai vuoto. Un sorso stentato dopo l’altro, Alec aveva quasi finito il proprio cocktail.
Senza commentare, lo stregone aggirò il tavolo per fermarsi di fianco allo shadowhunter. Fu ben attento a non sfiorarlo, ma si aspettava comunque che Alec sussultasse e si distanziasse… il giovane, però, non si mosse.
Ringarzullito, Magnus si allungò per prendere il tagliere. Lo alzò e lo inclinò, versando la radice tritata nel pentolino dove si trovava il resto della pozione. A quel punto, afferrò un cucchiaio di legno e mescolò sino ad ottenere una sostanza cremosa e priva di grumi.
Con la coda dell’occhio, notò che Alec lo stava guardando, un’espressione quasi intrigata dipinta sul volto.
«Ci siamo» mormorò Magnus. Alzò lo sguardo su Alec ed ammiccò. «Tempo di dare un’occhiata al paziente».
Alec s’infilò le mani in tasca. «Cosa posso fare?»
«Vedi quello scaffale?» chiese Magnus, con un cenno del mento. «Lì sopra ci sono delle bende pulite. Prendile, per favore».
Alec eseguì, e a quel punto si recarono entrambi nella stanza degli ospiti dove si trovava Luke. L’uomo era disteso sul grande letto a baldacchino, e sembrava sul punto di addormentarsi.
«Magnus?» grugnì, quando lui gli diede un colpetto per invitarlo a mettersi seduto.
«Devo dare un’ultima ripulita alle tue ferite. Poi potrai dormire in pace, te lo prometto».
Seppur un po’ riluttante, Luke si raddrizzò, e Magnus gli tolse le fasciature con una certa cautela. Gli squarci sul petto e sulla spalla di Luke non si erano ancora chiusi del tutto, ma avevano smesso di sanguinare e stavano guarendo bene.
Soddisfatto, Magnus vi spalmò sopra l’unguento appena preparato. La maggior parte di lui era focalizzata su quel compito, ma c’era anche una parte che era acutamente consapevole della presenza di Alec alle proprie spalle.
Il giovane era silenzioso, e quando Magnus si girò appena verso di lui, tendendo una mano, si affrettò a fare un passo in avanti e a porgergli le bende pulite.
Magnus gli rivolse un breve sorriso. «Grazie».
Da parte sua, Luke sollevò lo sguardo su Alec, sbattendo lentamente le palpebre. Ma sembrava intorpidito, e non disse nulla.
Quando Magnus finì di cambiargli le bende, Luke scivolò di nuovo lungo disteso, e parve addormentarsi non appena la sua testa toccò il cuscino.
Magnus fece segno ad Alec di precederlo, ed entrambi uscirono dalla stanza. Erano in salotto quando Alec esordì: «Posso farti una domanda?»
Magnus si diresse verso la propria riserva di alcolici. «Di che si tratta?»
«Ti capita spesso di occuparti di lupi mannari nelle condizioni di Luke? Voglio dire, se il morso di un alfa è tanto letale e serve l’intervento di uno stregone…»
Magnus emise un mormorio pensoso. «No, non spesso. Ci sono altri stregoni in città, bravi guaritori, e come sommo stregone le mie mansioni sono solitamente altre».
Alec si avvicinò di un paio di passi, incrociando le braccia come per trattenersi dal domandare di più.
«Inoltre» proseguì Magnus, «a volte se la cavano con qualche graffio, o lottano in forma umana. E in realtà queste dispute non sono poi così frequenti. I lupi mannari hanno regole brutali, ma sono meno aggressivi di quanto gli shadowhunter sembrino credere».
Avrebbe potuto aggiungere altro – la conversazione con Clary sembrava aver gettato sale sulle sue vecchie ferite – ma si trattenne. Voleva conoscere Alec un po’ più a fondo, e dubitava che mettersi a parlar male della sua gente sarebbe servito allo scopo.
Si dedicò a preparare un nuovo cocktail, invece, stavolta con meno alcol.
Alec stava tormentando l’orlo della propria maglietta con una mano. Di punto in bianco, domandò: «E Luke dovrà pagare molto per i tuoi servizi?»
«Nah» disse Magnus, scrollando le spalle e voltandosi per offrirgli il drink. «Sarebbe morto se non lo avessi aiutato. Questo genere d’intervento è gratis».
Alec chiuse cautamente le mani attorno al bicchiere. «Ecco» disse.
Magnus gli rivolse uno sguardo interrogativo, e lui chiarì: «I lupi mannari non sono gli unici di cui abbiamo un’idea sbagliata, in fondo».
Magnus non se lo aspettava, e avvertì un certo calore.
La prima cosa che l’aveva colpito di Alec, non poteva negarlo, era stato il suo aspetto. Be’, il suo aspetto unito alla situazione – al modo in cui era sbucato fuori dal nulla salvandogli la vita, illuminato dalle luci multi-cromatiche del locale. Il suo sorriso incantato quando si erano presentati, poi, aveva definitivamente smosso qualcosa nel suo petto.
Dopo l’incidente col demone, aveva capito che non poteva assolutamente lasciarlo perdere. Non solo perché era la prima persona a fargli provare quel genere di emozioni dopo quasi un secolo, ma anche perché c’era qualcosa, in Alec, che sembrava chiedere aiuto. E Magnus era bravo in molte cose, ma non certo ad ignorare chi aveva bisogno.
Poi Alec gli aveva offerto la propria forza senza riserve, e ora… ora questo.
Cercando di non restare imbambolato a fissarlo, Magnus si versò un bicchiere di whiskey e commentò con disinvoltura: «Giusto. Suppongo di avere una certa reputazione».
«Già» mormorò Alec. Sembrava imbarazzato.
«E che cosa si dice di me?» gli chiese Magnus incuriosito.
Prima di rispondere, Alec sorseggiò cautamente il proprio cocktail. «Che sei un edonista. E che sei avido». Fece una smorfia, e Magnus si chiese se fosse dovuta a quelle parole o al sapore dell’alcol. «Si dice anche che sei molto potente, ma credo che questo sia vero».
Magnus fece dondolare appena il proprio bicchiere, soddisfatto. «C’è da dire» confidò, «che potrei aver contribuito a quelle voci. Se qualcuno viene da me con chiari pregiudizi, tendo ad alzare un po’ il prezzo».
Le labbra di Alec tremarono appena. Non era un sorriso, non esattamente, ma ci era molto vicino.
Magnus era pressoché sicuro di avere anche la fama del dongiovanni. Si chiese se Alec non aveva menzionato quell’aspetto perché ne era all’oscuro o perché lo metteva a disagio.
«Comunque» disse, «sembra che tu abbia sentito più cose di me di quante io ne abbia sentite di te…»
Immediatamente, Alec si avvicinò il drink al petto come per farsene scudo. «Non c’è molto da sapere su di me».
«Oh, ne dubito» disse Magnus.
«No, sul serio. Sono uno shadowhunter. Sono il capo pro-tempore dell’Istituto di New York. Sono il primogenito di Maryse e Robert Lightwood. Praticamente è tutto qui».
Di nuovo, Magnus ne dubitava, ma evitò di insistere. «Pro-tempore?» chiese invece. «Diventerà mai un incarico permanente?»
«In futuro, immagino» rispose Alec.
Lo disse in tono misurato, ma a Magnus non sfuggì il modo in cui i suoi occhi si accesero. Chiaramente era qualcosa a cui teneva.
«Da quel che ho avuto modo di vedere» commentò, «penso sarai un ottimo leader».
Alec lo guardò sbattendo le palpebre. Poi abbassò gli occhi sul proprio cocktail, un lieve rossore sulle guance, e ne bevve qualche sorso.
Magnus lo considerò in silenzio. «Come ti senti?» chiese poi.
Alec tornò a guardarlo. Era evidente che non capiva. «Perché?»
«Be’, hai condiviso con me una considerevole dose di energia, prima, perciò…»
«Sto bene» dichiarò Alec. Si inumidì le labbra. «E tu?»
Magnus sorrise lentamente. «Mai stato meglio».
Alec tornò immediatamente a concentrarsi sul proprio cocktail. Probabilmente non sapeva come reagire.
Magnus bevve un sorso del proprio whiskey, e dopo un po’ si rese conto che Alec aveva finito il suo drink.
«Sai…» disse Alec, schiarendosi la gola. «Quando Luke si sveglierà, se gli può interessare, tu… non farti problemi a dargli il mio numero. Così può contattarmi, se dovesse servire».
Magnus lo guardò. «Certo».
«Voglio dire, so che probabilmente ha già il numero di Clary, ma se ci fossero emergenze come demoni, o dimenticati, o Valentine… Le potremo affrontare meglio, lavorando insieme».
Oh, sì. Alec Lightwood era una vera meraviglia.
«Glielo riferirò» assicurò Magnus.
Si sentiva il cuore un po’ dolente, in realtà. Immaginava che questo fosse un congedo. Che Alec gli stesse dicendo le ultime cose importanti prima di salutarlo.
Il nephilim andò a posare il proprio bicchiere vuoto sul tavolino e guardò Magnus. «Era un po’ meglio, questo».
«Era meno alcolico» replicò lui. «Non sei abituato a bere, eh?»
Alec arricciò il naso. «Direi di no».
«E a festeggiare? Hai mai partecipato ad un party dal finale spettacolare?»
Lo shadowhunter gli scoccò uno sguardo. «Definisci finale spettacolare».
D’accordo, forse non pensava affatto a congedarsi. Un altro drink, e poi decidi, gli aveva detto Magnus. Alec aveva avuto quell’altro drink. Forse aveva deciso di restare.
Allietato da quel pensiero, Magnus accennò un sorriso. «Oh, vediamo. Per esempio da risvegliarti sulla Torre Eiffel senza i tuoi vestiti».
Alec parve strozzarsi con la propria saliva. Magnus non mancò di notare il guizzo dei suoi occhi nocciola, come lo percorsero da capo a piedi quasi involontariamente. Lo deliziò.
Probabilmente avrebbe dovuto specificare che non era nudo – no, si era scambiato gli abiti con Catarina per via di una scommessa, ricorrendo ad un semplice incantesimo per adattarli alla propria misura. Ma la prospettiva di Alec che lo immaginava completamente svestito gli piaceva molto, forse anche troppo.
«All’epoca vivevo a Londra» puntualizzò invece, dopo una pausa ad effetto, ed Alec ruppe in una piccola risata sorpresa.
Fu un suono meraviglioso, e decisamente troppo breve. Magnus avrebbe voluto sentirlo di nuovo, molto più a lungo.
«Quindi per finale spettacolare intendi arrivare da Londra a Parigi» commentò Alec.
«Certamente» replicò Magnus. «Non conosci quella particolare ebbrezza?»
«Non posso dire di averla mai provata, no».
Magnus emise un sospiro teatrale. «Non sai cosa ti perdi».
«Forse è meglio così» disse Alec. «Non penso che i miei prenderebbero bene una cosa simile». Di colpo, parve rendersi conto di come suonava la sua voce, e cercò di sdrammatizzare: «In fondo da New York a Parigi c’è una distanza ancora maggiore».
Magnus, però, non poté fare a meno di ricordare il suo terrore di fronte al demone della memoria.
«Ci sono molte cose» chiese, in tono misurato, «che non ti permetti di dire, o fare, per la possibile reazione dei tuoi genitori?»
Alec sbatté le palpebre e lo fissò. «Io… forse». Aveva chiaramente capito a cosa si riferiva Magnus, e proseguì con un certo sforzo: «Ma ecco. Per quanto riguarda… quello… Non è solo per loro. Io… Non posso».
La sua rigidità improvvisa e il nervosismo nella sua espressione erano quasi insopportabili. Magnus avrebbe voluto afferrargli il viso con fermezza e dirgli di nuovo che non aveva nulla di cui vergognarsi, ripeterglielo finché Alec non ci avesse creduto davvero.
«Non devi giustificarti con me» lo rassicurò invece. «Però mi dispiace. Dev’essere davvero una situazione pessima».
Alec lo guardò molto a lungo. Sembrava quasi tentato di schermirsi, di fingere di non sapere di cosa stessero parlando. Alla fine abbassò gli occhi.
«Sì» ammise, in tono molto sommesso. «Ma non posso davvero».
Magnus decise di non insistere. Era evidente che quel discorso era doloroso per il suo ospite. Si voltò verso le bottiglie di alcolici.
«Ti faccio provare un altro cocktail, se ne hai voglia».
Alec si raddrizzò, chiaramente sollevato per il cambio di argomento. «D’accordo».
«Sicuro?» chiese Magnus mentre si metteva al lavoro.
«Sicuro».
Tentò un’altra mistura ancora, ma non ebbe un esito molto più felice delle precedenti. Quando passò il cocktail ad Alec, infatti, lui lo sorseggiò con estrema cautela.
Certo, le sue smorfie furono più ridotte, ma Magnus sospettava che fosse a causa dell’alcol già ingerito, non perché gli piaceva molto di più.
La prossima volta avrebbe dovuto optare per qualcos’altro. Forse una birra gli sarebbe piaciuta di più? Magnus non ne sapeva molto, di birre. Avrebbe dovuto farsi consigliare.
Scosse appena la testa. Probabilmente non avrebbe dovuto fare tanti castelli in aria, dopo che Alec gli aveva detto tanto enfaticamente che non poteva.
Gli stringeva il cuore, come il giovane sembrava sentirsi in dovere di nascondere chi era. Gli faceva venir voglia di marciare sino all’istituto di New York e dare una vigorosa scrollata a Maryse e Robert Lightwood. Possibile che non vedessero cos’avevano fatto al loro primogenito?
Con uno sbuffo, Alec si lasciò cadere a sedere sul divano. Magnus gli si avvicinò, un bicchiere in mano, e si distrasse a guardare il tavolino lì davanti. Sembrava molto vuoto.
«Alexander» chiese improvvisamente. «Qual è il tuo fiore preferito?»
Il giovane lo fissò. «Il mio…?»
«Fiore preferito» ripeté Magnus. «Ad esempio, non so, cosa ne pensi delle rose?»
«Rose?» Alec aggrottò la fronte. «Non sono male, immagino?»
«Ottimo» commentò Magnus. Schioccò le dita, e un vaso di rose comparve sul tavolino.
Alec fissò prima i fiori e poi Magnus, accigliandosi ancor di più. «Non dovresti risparmiare le energie?»
«Oh, non è stato niente. Erano nella mia camera da letto».
«Potevi andarle a prendere» puntualizzò Alec, con un tono di rimprovero davvero adorabile. «O potevo andarci io».
D’accordo. Alexander nella sua camera da letto era qualcosa a cui Magnus non poteva proprio permettersi di pensare in questo momento.
«Quel che è fatto è fatto» sentenziò.
Alec centellinò il proprio cocktail, gli occhi fissi sulle rose. «Sono molto belle».
«Vero» concordò Magnus, guardando i fiori a sua volta. «Sono un regalo della giovane strega che Clary ha salvato l’altro giorno. Zoe. Ha uno straordinario pollice verde».
Il tempo di un respiro, poi Alec domandò: «Lei sta bene?»
Magnus si voltò dall’altra parte. «Ha appena perso suo padre, ma è viva. Ed è stata accolta da un’altra strega. Se la caverà».
«Mi dispiace per la sua perdita» disse Alec. Fece una pausa. «Quando dici padre…»
Magnus tornò a guardarlo. «Non era il suo padre biologico. Ma l’ha cresciuta da quando era una neonata. La famiglia…»
«Non è solo di sangue» completò Alec. «Lo so. Davvero».
Magnus lo scrutò, e si chiese se stesse parlando di Jace. Non gli era del tutto chiaro come Alec si sentisse riguardo al proprio parabatai. Quel che era successo col demone della memoria gli faceva pensare che ne fosse innamorato, o quanto meno pensasse di esserlo. Per altri versi sembrava considerarlo in modo molto più fraterno.
«Spero starà bene» disse Alec, quietamente.
Magnus fece dondolare il bicchiere nella propria mano. «Dicono che il tempo guarisca ogni ferita».
Alec gli scoccò uno sguardo penetrante. Aprì la bocca come per dire qualcosa, poi la richiuse e si morse le labbra.
«Ho caldo» affermò, forse per tentare di mascherare quel momento di esitazione.
Era anche probabile che avesse caldo davvero, comunque, data la giacca che indossava e l’alcol che aveva bevuto.
«Vuoi che abbassi la temperatura?» offrì Magnus.
«Non serve» declinò il giovane, iniziando a sfilarsi la giacca – una manica alla volta, molto attento a non rovesciare sul divano ciò che restava del suo cocktail. «Non è un problema». Poi aggrottò la fronte e lo guardò. «Aspetta. Lo puoi fare?»
Magnus, che si era distratto a fissargli le braccia, riportò immediatamente l’attenzione sul suo viso. «Certo. Ho un climatizzatore molto affidabile».
L’angolo delle labbra di Alec minacciò di sollevarsi in un sorriso. «No, volevo dire… Saresti in grado di abbassare la temperatura esterna? Con la tua magia?»
Concentrarsi per rispondere fu più impegnativo del consueto. Magnus aveva già visto Alec a braccia scoperte il giorno in cui si erano incontrati, e poco prima quando il giovane si era dedicato a pulire il suo divano dal sangue di Luke… ma restavano comunque molto distraenti.
«Potrei farlo, sì».
Non riuscì ad impedirsi di suonare un po’ guardingo. Sapeva con quanta diffidenza gli shadowhunter guardavano gli stregoni e i loro poteri.
Alec, però, sembrava intrigato. «Davvero?»
«Davvero» confermò Magnus, con un certo sollievo.
Il suo interlocutore aveva un’espressione decisamente colpita. «È incredibile».
Magnus sentì le proprie spalle rilassarsi. «In ogni modo» confidò, «non credo che lo farei. Potrebbe avere conseguenze imprevedibili sul clima di tutto il pianeta. E direi che sta già soffrendo abbastanza».
«Mmm». Alec lo fissò ad occhi socchiusi, l’aria pensosa.
Forse era colpa dell’alcol che iniziava a minare il suo risoluto autocontrollo, ma il suo sguardo scivolò chiaramente dal viso al collo di Magnus, sino alla porzione di petto lasciato scoperto dalla sua maglia lucente… Poi lui parve rendersi conto di cosa stava facendo e si raddrizzò di colpo.
«Avevo ragione, allora».
Magnus lo interrogò con gli occhi. «A che riguardo?»
«Riguardo al fatto che è vero che sei molto potente» rispose Alec. Con la mano libera, giocherellò col colletto della giacca che ora teneva in grembo. «Non credo che tutti possano vantare la capacità di cambiare il tempo».
«Decisamente no» concordò Magnus.
Alec sorrise appena. «Sai» disse, «mi piacerebbe…» Poi si bloccò di colpo.
Magnus mosse un passo involontario verso di lui. «Sì?»
I loro sguardi si incontrarono. Alec aveva le guance leggermente arrossate, e anche se era assurdo a Magnus parve di sentire il suo cuore che pulsava più veloce. Anche se era impossibile, gli parve quasi di poter seguire il filo dei suoi pensieri.
Mi piacerebbe continuare a conoscerti. Scoprire cos’altro è vero, e cosa non lo è.
Era una prospettiva terrificante, eppure Magnus sentì il proprio petto serrarsi dolorosamente, e non era per paura. Non in gran parte, almeno. Era soprattutto il desiderio disperato di poter reimparare a lasciarsi conoscere da un’altra persona.
Poi, però, Alec si schiarì rumorosamente la gola e spezzò l’intensità di quel momento.
«Niente» tagliò corto, sporgendosi a posare il proprio bicchiere sul tavolo, accanto al vaso di rose.
Era incantevole, il contrasto del rosso dei fiori coi suoi capelli scuri e aggrovigliati.
Magnus inclinò il viso verso il basso. «Ma certo».
Per un momento, ci fu silenzio. Normalmente, Magnus avrebbe tentato di riempirlo, ma sentiva di aver bisogno di qualche secondo per inghiottire la delusione e recuperare la propria compostezza.
Alec si passò le mani sui pantaloni e azzardò: «Quella… la pozione che hai dato a Luke. Funzionerebbe anche con qualcuno che non è un lupo mannaro?»
Magnus non era sicuro di quanto fosse sinceramente interessato alla risposta, ma apprezzò il tentativo di intavolare una conversazione.
«Sì e no» rispose, prendendo la palla al balzo. «Quella pozione è appositamente designata per contrastare gli effetti del morso di un alfa su un altro licantropo. Non la raccomanderei ad altri».
Alec strinse appena gli occhi. «Perché, avrebbe… degli effetti collaterali?»
Forse, anche se probabilmente aveva fatto la prima domanda che gli era passata per la testa, adesso era interessato davvero.
«Per uno shadowhunter?» Magnus rifletté. «Diciamo che gli darebbe una bella scossa di energia e forse rimarginerebbe alcuni tagli e risanerebbe un’eventuale infezione… ma gli provocherebbe anche dei crampi atroci e un certo meteorismo».
Alec lo fissò. «Sai cosa? Sono felice di non averla assaggiata».
«E io sono felice che tu non l’abbia fatto» replicò Magnus. «Altrimenti questa nottata sarebbe stata molto più imbarazzante per entrambi. Così è meglio».
Non riuscì a trattenersi dall’assumere un tono quasi allusivo. In fondo flirtare gli era sempre risultato semplice, quasi naturale. Aprirsi a qualcuno senza riserve… ecco, quello era più difficile.
Cercò di non pensare al fatto che quella sera era soltanto la seconda volta che vedeva Alec, e a quanto si era già reso vulnerabile di fronte a lui. Non solo quando, stremato dal consumo delle proprie energie, si era accasciato contro il suo petto.
Tu mi hai sbloccato qualcosa dentro.
Alec lo guardò in silenzio per un po’. «Sì» mormorò infine. «Così è meglio».
















Note:
Sei giorni (SEI GIORNI) alla 3B, e io vado a scrivere un missing moment per la prima stagione. Sono proprio al passo coi tempi. (In mia difesa, era abbastanza tempo che ce l’avevo in ballo.)
Comunque mi fa troppa tenerezza pensare ad Alec e Magnus agli inizi della loro conoscenza. Baby Malec!
Niente, spero che questa OS vi sia piaciuta. Alla prossima!

(Nel caso abbiate bisogno di rinfrescarvi la memoria sul momento in cui Magnus aveva offerto un drink ad Alec, potete rivedere quella scena qui.)
  
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