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Autore: Kia_1981    21/02/2019    0 recensioni
Megan è arrabbiata: Julian ha preso un impegno con lei, ma non si è presentato.
Un ripensamento improvviso o cause di forza maggiore?
Come sempre troverete riferimenti alle vecchie storie e alle role del GdR Il Presidio.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eloise Weiss, Julian Lord, Megan Linnet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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Julian teneva gli occhi chiusi, sperando che chiunque fosse entrato nella stanza in cui l'avevano sistemato, si decidesse ad andarsene. Non aveva voglia di parlare, voleva solo essere lasciato tranquillo a riflettere sulla propria avventatezza. E, ovviamente, a rammaricarsi per aver mancato l'appuntamento con Megan a causa del suo stupido incidente. Un fruscio lieve, seguito da pochi passi leggeri, gli suggerirono che il suo misterioso ospite si era spostato ai piedi del letto. Il giovane avvertì d'un tratto la sensazione di uno sguardo ostile, puntato su di lui come una lama pronta a trafiggerlo.

"Lo so che sei sveglio, Lord"

Forse la stava sognando. Forse era solo un altro uno di quei sogni che gli capitava di fare a volte, da cui si risvegliava ansimante, intrappolato tra lenzuola stropicciate e avvinghiato a uno dei suoi cuscini. 
Un piede tamburellò spazientito sul pavimento.

"Al diavolo! Credi che non abbia di meglio da fare che starmene qui a guardarti dormire?"

Il tono tagliente della domanda riuscì a dissipare dalla mente di Julian l'annebbiamento procurato dai farmaci che gli avevano somministrato. Con uno scatto fulmineo il Cavaliere si tirò il lenzuolo fin sopra la testa, augurandosi che la stanza fosse buia come gli era sembrato di percepire attraverso le palpebre chiuse:  non poteva permettere che Megan lo vedesse ridotto in quello stato pietoso. 

"Grazie di essere passata, ora però preferirei stare da solo"

Megan boccheggiò.

"Mi auguro che tu stia scherzando", ribattè gelida, "o almeno delirando".

Julian rimase in silenzio e Megan si spazientì ancora di più.

"E prima di congedarmi, dovresti anche chiedermi scusa per avermi fatto saltare il pranzo senza preavviso"

"Avete ragione, mi dispiace, sono mortificato. Ora potrei rimanere solo?"

Aveva parlato senza nemmeno scostare il lenzuolo, esprimendosi in quel modo formale che avevano abbandonato da qualche tempo e dimostrandosi fin troppo impaziente di mandarla via. Per sua sfortuna, lei non aveva alcuna intenzione di assecondarlo. 

"Ma certo, Lord. Ti lascerò riposare non appena avrò controllato le tue condizioni, dal momento che stamattina ho promesso a tua sorella di farle avere tue notizie", lo informò soave, ricevendo in risposta un mugugnio contrariato.

"Sto bene, credimi sulla parola", tentò il ragazzo, senza illudersi di poter essere ascoltato.

"Togliti quel lenzuolo dalla testa, o userò il mio solito sistema. Non mi pare che tu abbia mai assaggiato il mio gomito, o sbaglio?"

Un sospiro rassegnato, un fruscio, imprecazioni sommesse. 

"Eloise mi ha detto che sei caduto"

"Un eufemismo", si lasciò sfuggire Julian, tenendo il volto mezzo nascosto tra i cuscini.

La dottoressa restò silenziosa, in attesa di spiegazioni.

"Ho accompagnato Soph in una di quelle ville da ristrutturare del borgo di Altieres", cominciò a raccontare Julian. "Non era mai stata lì, così abbiamo deciso di esplorare il luogo: si trovano sempre cose interessanti in quelle vecchie case disabitate. C'era una specie di sala delle armi, non saprei come altro definirla, dove abbiamo trovato un grosso baule. Era chiuso con un lucchetto talmente arrugginito che sono riuscito a romperlo facilmente. All'interno c'erano delle racchette per quel gioco... come si chiama? Quello in cui si usa quella specie di proiettile piumato?"

"Il volano?"

"Giusto!", assentì Julian, poi riprese. "Gabriel avrebbe dovuto raggiungerci, ma, dal momento che era in ritardo, io e Soph ci siamo messi a giocare in
giardino. C'era un capanno malridotto, forse ci siamo messi troppo vicini, non so, fatto sta che il proiettile colpito da Soph, ad un certo punto, è finito sul tetto di quel relitto. Ho preso una scala appoggiata lì vicino, e ho cercato di recuperarlo. Purtroppo credo di avere involontariamente messo una mano sull'unico nido di vespe già in attività nell'intera Capitale. Quelle bestiacce sono uscite e hanno cominciato a ronzarmi attorno. Tentando di scacciarle, sono caduto su una catasta di legna da ardere. Credo che per un po' avrò problemi ad andare a cavallo", concluse esausto.

"Quindi quando sei caduto hai battuto il...?"

"La schiena", si affrettò a precisare il ragazzo.

"Vediamo"

Megan scostò le lenzuola con un gesto deciso e Julian si rese conto che qualunque tentativo di protestare sarebbe stato inutile. Trattenne il respiro mentre la dottoressa gli sollevava la camicia per controllare il danno. Sperò che lei lo toccasse, non gli importava di sentire dolore, o che almeno lo sfiorasse. Ma camicia e lenzuolo, con suo grande dispiacere, tornarono al proprio posto senza che ci fosse alcun contatto. 

"Proprio all'altezza dei reni", constatò Megan in tono neutro, "Bisogna assicurarsi che non ci sia sangue nelle..."

"Non c'è sangue da nessuna parte", la interruppe Julian. Era già stato abbastanza imbarazzante quando gliene aveva parlato lady Eloise, sentire le stessa domanda da Megan era fuori discussione.

Megan scrollò le spalle. Se non voleva approfondire l'argomento, tanto peggio per lui, lei non avrebbe insistito.

"Quindi, per colpa di qualche vespa, ti sei spaventato al punto da cadere dalla scala? Mi sembrava di ricordare che non avessi paura degli insetti. E che ne è stato della tua famosa agilità?", domandò ironica. 

Suo malgrado, Julian sorrise. Ricordava bene l'occasione in cui Sophia aveva accennato al suo terrore per api e insetti simili. Gli sembrava fosse passata una vita da quel pomeriggio, ma era piacevole constatare che nemmeno lei aveva dimenticato.

"Non era qualche vespa, era un intero, enorme nido pieno di quelle bestiacce maledette. Mi hanno bersagliato come se non aspettassero altro che l'occasione di pungere qualcuno. E quando ho cominciato ad agitarmi, la scala si è rotta".

"Devi esserti agitato parecchio", intervenne Megan un po' perplessa.

"In realtà, ecco... può darsi che la scala fosse piuttosto... marcia".

"Marcia?", sbottò incredula la dottoressa, "Ma allora sei un vero idiota! Come ti è saltato in mente di arrampicarti su una scala marcia?"

"Credevo che avrebbe retto", si giustificò il ragazzo, "E sarebbe successo, se non fosse stato per quelle maledette vespe!"

Megan sventolò la mano, infastidita.

"Avanti, fammi vedere dove sei stato punto", ordinò: fino a quel momento, infatti, il giovane era rimasto quasi del tutto nascosto.

"Mai e poi mai. Ho una reputazione da difendere!"

La protesta di Julian risuonò smorzata dal cuscino che il Cavaliere si era rimesso sulla faccia.

"Jules, ti avverto: sto perdendo la pazienza. Se entro tre secondi non ti sei voltato, ricorro al mio solito metodo"

Non fu tanto la minaccia a rendere il giovane più collaborativo, quanto il modo in cui lei lo aveva chiamato. 

"Mi spiace. Sto abusando del tuo tempo", si scusò, voltandosi verso di lei.

Nonostante il lavoro al pronto soccorso l'avesse abituata a vedere ogni genere di ferita, Megan rimase impressionata dal volto tumefatto che si ritrovò a fronteggiare. Si sedette sul letto accanto a Julian, avvicinandosi per osservare meglio il danno provocato dalle punture delle vespe. 

"Certo che stai abusando del mio tempo; e non è nemmeno la prima volta".

Con estrema delicatezza gli fece voltare la testa prima da una parte, poi dall'altra, valutando le possibili cure che avrebbe potuto somministrargli.
Julian rimase in silenzio, beandosi di quel fugace contatto, gli occhi chiusi per concentrarsi meglio sulle altre sensazioni. Il tocco di Megan era fresco e leggero, e poteva percepire il suo profumo. Avrebbe voluto sporgersi verso di lei per baciarla, ma non poteva soffermarsi su quei pensieri, o avrebbe rischiato di mandare tutto a rotoli. Senza contare il fatto che, gonfio com'era, non sarebbe stata un'esperienza molto piacevole. Quando riaprì gli occhi, lei si era allontanata e, affacciandosi alla porta, aveva intercettato il primo malcapitato tirocinante spedendolo in infermeria dopo avergli dato poche rapide indicazioni. 

Megan aveva preferito rimanere in attesa sulla porta. La preoccupazione per l'incidente di Julian si era dissolta nel momento stesso in cui le aveva raccontato cosa gli fosse capitato, lasciando il posto ad un miscuglio di irritazione e incredulità: l'aveva sempre considerato un ragazzo molto intelligente, nonostante a volte si dimostrasse troppo impulsivo. Quello che aveva fatto, però, era così stupido e avventato da essere degno di Gareth Eldridge, con la differenza che quest'ultimo sarebbe probabilmente riuscito a distruggere l'intero capanno rimanendo indenne. Al massimo avrebbe potuto prendersi una scheggia nel dito cercando di recuperare il volano di Sophia tra le macerie. L'immagine di un simile disastro le si impresse nella mente in modo così vivido che le venne da ridere. Riuscì a rimanere seria giusto il tempo di ricevere dal tirocinante il rimedio che aveva chiesto.

"Cos'è quel sorriso?", domandò Julian osservandola.

"Stavo pensando", sogghignò Megan, "che solo Gareth Eldridge avrebbe potuto combinare un disastro peggiore  del tuo"

Julian cominciò a ridere, ma una fitta di dolore spense in un attimo l'ilarità. Si portò le mani al volto, mugolando la sua sofferenza. Con sua grande sorpresa si rese conto che Megan era di nuovo seduta accanto a lui, con in mano un vasetto da cui scaturiva un intenso profumo di fiori.

"Che roba è?", chiese diffidente.

"Un rimedio speciale per le tue punture di vespa: starai meglio in poco tempo"

La dottoressa cominciò a distribuire l'unguento sul viso di Julian, con tocco esperto e leggero. In realtà la cosa più saggia da fare ssarebbe stata mettergli in mano la crema e andarsene, lasciando che si arrangiasse da solo, ma aveva agito senza pensare. Il giovane sembrava attonito, respirava a malapena. Quando lui chiuse gli occhi, Megan si riscosse. Chiuse il barattolo e si allontanò bruscamente.

"Profumo come una certa cortigiana, ma mi sento già meglio", sospirò Julian sollevato.

Quella frase fece uno strano effetto a Megan. Tornò a voltarsi verso di lui, rivolgendogli uno sguardo penetrante: quella crema era stata creata appositamente per lenire gli sfoghi allergici di lady Tarya, quando le capitava di entrare in contatto con le fragole.

"Quindi è vero quello che si dice? Che frequenti Tarya di Raviel?"

Julian si diede mentalmente dell'idiota. Le medicine che gli avevano somministrato, unite alla vicinanza di Megan, l'avevano frastornato al punto da spingerlo a parlare senza pensare. Ora aveva solo due scelte: mentirle e negare tutto, o dirle la verità. Decise per la seconda possibilità, perchè le stava già nascondendo abbastanza.

"A quanto pare, anche i muri hanno le orecchie", cominciò, "La frequento, in un certo senso... voglio dire, non nel modo che si potrebbe pensare"

La dottoressa sorrise ironica. Lo guardava scuotendo la testa, le braccia incrociate, il ritratto perfetto della disapprovazione.

"Non devi certo giustificarti con me, non serve che ti inventi storie assurde"

"Non era mia intenzione, infatti", ribattè il giovane, sprofondando tra i cuscini.

"Bene!", esclamò Megan irritata, voltandosi per andarsene.

Era gelosa, constatò mentre il cuore gli balzava nel petto. Doveva dirle la verità, tanto su lady Tarya quanto sulla fantomatica donna di cui lo credeva innamorato.

"Onorabile Megan", la richiamò prima che uscisse dalla porta.

La dottoressa si bloccò con la mano sulla maniglia, senza voltarsi.

"Lady Tarya è una bravissima artista. Mi sta insegnando a disegnare"

"Vado a dire a tua sorella che ti riprenderai presto"

Quel ragazzo era impossibile, sembrava facesse di tutto per provocarla. Mentre lasciava l'ospedale, Megan cercava di non pensare al ritratto che aveva rubato a Julian e all'osservazione dell'incisore che l'aveva riprodotto sull'orologio: Chi vi ha fatto questo ritratto deve essere davvero innamorato di voi.     

   
 
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