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Autore: fumoemiele    22/02/2019    9 recensioni
Vicky si guarda allo specchio e ha il viso scavato, e gli zigomi tirati, e le ossa del naso sono così evidenti che forse non ha più pelle, non ha più muscoli, ha solo i buchi delle narici e il suo viso si confonde, ed è storto, e ha voglia di fracassare lo specchio con le nocche delle mani.
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Vicky
 
 
 

Vicky si guarda intorno e la sua camera è grigia.
Non hanno mai avuto troppi soldi. Sugli angoli del soffitto c’è della muffa perché in casa l’umidità è troppa. C’è odore di chiuso, di morte; spalanca le finestre e respira forte, respira l’aria gelida di gennaio che le entra nel naso, le scivola in gola, le stimola un conato di vomito.
Gonfia le guance, Vicky, e corre in bagno. E lo stomaco le brontola perché ha fame, e la gola vuole rigettare bile gialla e dall’odore infetto perché è il suo corpo che lo pretende.

Vicky ha le allucinazioni quando si guarda allo specchio, ma non solo.
Sposta lo sguardo sul soffitto e c’è un ragno gigante, le sue zampe lunghe si muovono avanti e indietro, avanti e indietro, a destra e a sinistra; avanti e indietro.
Non c’ha capito un cazzo della fisica e della vita, quel ragno, ma che importa?
Vicky è spaventata perché non le piacciono gli insetti, così si sciacqua il viso, se lo tampona con un asciugamano verde lime, guarda i capelli rame e insufficienza renale appiccicati sulla fronte.
Guarda gli occhi sgranati, le vene rosse scoppiettate qua e là, tanto che un fumatore di marijuana in confronto l’invidierebbe.
Devi aver preso una bella botta, zuccherino.
Non aiuto a far venire il diabete, idiota.


Vicky si guarda allo specchio e ha il viso scavato, e gli zigomi tirati, e le ossa del naso sono così evidenti che forse non ha più pelle, non ha più muscoli, ha solo i buchi delle narici e il suo viso si confonde, ed è storto, e ha voglia di fracassare lo specchio con le nocche delle mani.

Vicky si blocca sul gabinetto. Deve vomitare.
Uno, due, tre.
Un fiotto di bile lungo lo scarico, l’acqua lo risucchia via, l’odore acido sparisce dal bagno piccolo appena Vicky apre la finestra. Tira un sospiro, si lava i denti e non le piace il sapore del dentifricio, non le è mai piaciuto.

Vicky va in cucina, apre il frigorifero ed è vuoto. È dannatamente vuoto. A casa non c’è nessuno e lei ha fame. Mangerebbe qualsiasi cosa. Tranne il cioccolato. Non le piace il cioccolato. Una barretta ha in media 472 kcal, è da evitare come la peste.
Porta una sigaretta alle labbra. Non ha soldi per acquistare del cibo, ma per la nicotina spenderebbe i miliardi.
Grazie, tabacco; grazie per chiudermi lo stomaco quando ho bisogno che tu lo faccia.

Vicky aspira una nuvoletta di fumo e si precipita in camera. Si sfila via - attenta a non bruciarsi - la maglia del pigiama troppo larga e che le ricade pesante sulle spalle ossute.
Si volta un po’, gli occhi fissano le scapole di fronte allo specchio. Così secche da sembrare le ali di un angelo fragile.
Si volta ancora e la clavicole sono scavate e sono profonde e può passarci l’indice, in mezzo, può farlo scivolare fra le ossa e la pelle; fra le costole ci si incastrano le dita. E le piacciono le sue anche, scavate, profonde, e scivolano nei pantaloni troppo larghi del pigiama e Vicky si fissa allo specchio e sa che ci passa troppe ore, lì di fronte.
Sbatte le palpebre ed è strano, perché ha fame, perché le gira la testa, perché quella sigaretta non basta e perché la Vicky nello specchio sembra arrabbiata. Un lampo d’ira le percorre lo sguardo, fulmineo e veloce, e Vicky scivola giù e si siede e ha le gambe ossute incrociate e il suo riflesso rimane in piedi e prende peso.
Si gonfiano le clavicole, si gonfiano le scapole e non ci sono più ali, solo una brutta gobba deformata. E il suo naso si riempie, e le sue guance tornarono rosa e non sono più grigie come la nebbia. E la pancia? La pancia del suo riflesso si gonfia, cresce, esploderà? Si domanda Vicky e la fissa con gli occhi sgranati e iniettati di sangue, e i capelli le ricadono sul viso e il riflesso prende forma, esce fuori dallo specchio ed è troppo alto, troppo grande, troppo grasso.
Ma che cazzo succede? Che cazzo succede?
Chiede Vicky, forse lo urla, forse lo sussurra perché non ha le forze nemmeno per reggersi in piedi, figuriamoci urlare.
Vorrebbe scappare in bagno e vomitare ancora, ma lì c’è il grosso ragno dalle zampe lunghe sul soffitto e non vuole vederlo.
Non vuole nemmeno vedere la cicciona che ha davanti e questa volta non può farcela e prende a pugni lo specchio, si spacca le mani, se le trafigge con centinaia di schegge e il riflesso si ribella. Si arrabbia con Vicky, perché il riflesso di quel che era non può morire.

Vicky, Vicky, quanto ancora si crogiolerà nei sogni?
Quanto ancora sognerà di essere pelle e ossa e si ritroverà a guardare un barile pieno e pesante?
E non sa più chi diavolo è, che aspetto ha, ed è confusa, e la bile risale in gola e vomita e il riflesso cammina fuori dallo specchio, gironzola per casa, sbatte il capo troppo alto al soffitto pieno di muffa.
Il suo riflesso è gigante, ed è brutto, e fa paura. E Vicky urla, urla e non sa dove cazzo ha tirato il fiato, se nemmeno ha le forze per parlare. E si trascina per la casa ed è stanca e che cazzo succede? Non lo comprende, pare che tutto non abbia senso, ma importa davvero?
Sopravvivrà, Vicky?
Sì, no, forse.
Cerca una risposta con il respiro affannato e il gigante la segue, Vicky gattona veloce fuori dalla camera e il pavimento è sporco e c’è puzza di vomito e non si ricorda se è stata lei a sbrattare anche sul pavimento.
Corre, Vicky, si rialza e corre, e il suo riflesso l’afferra, la sbatte fra un mobile e l’altro e Vicky non si regge più in piedi e cade ancora e viene lanciata sull’altra parete. Sente le sue ossa che si spezzano e urla. E lasciami in pace, urla; chi cazzo sei?, urla, e che cazzo vuoi da me? Lasciami in pace!, continua a urlare.

Muore, Vicky, di fronte allo specchio in frantumi, di fronte all’immagine della se stessa che era e che non sarà più. Muore e le sue ossa sono andate in pezzi come tutto il resto, ed è solo un ammasso informe, e non sarà mai tutto quello che ammirava sulle riviste.

Muore, Vicky, un miliardo di volte. Agonizza e soffre sul quel cazzo di pavimento sporco. E muore perché suo padre le pugnala la gola trentadue volte, tanti quanti i suoi chili segnati sulla bilancia.

Muore, Vicky, un altro centinaio di volte. Prova dolore e il suo riflesso le sputa addosso.

Muore, Vicky.
Punto.

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Possibile che ho un miliardo di storie da scrivere ma poi la mattina mi sveglio con un'idea improvvisa ed è l'unica cosa che riesco a mandare giù?
Vicky è nata per caso, stamattina. Avevo voglia di scrivere di disturbi alimentari, e non sono riuscita a farlo in nessun'altro modo. Avevo voglia di tirare fuori un altro matto inquietante e mi ritengo piuttosto soddisfatta di questa storiella, anche se penso gli apporterò qualche modifica con il tempo, costruendo meglio alcune frasi che non mi suonano troppo piacevoli.
Non me la sentivo di mettere immagini all'inizio, quindi la pagina mi sembra un po' spoglia rispetto alle mie solite storie. Ma pazienza! 

Spero vi sia piaciuta questa lettura. :) 
 

 

   
 
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