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Autore: dreamlikeview    22/02/2019    3 recensioni
Il regno di Camelot è in guerra con il popolo dei druidi da tempo immemore e il capo dei druidi, Mordred, tende una trappola ad Arthur Pendragon, il re di Camelot, per mettere fine all'antica guerra tra di loro. Invece di uccidere il re, il druido lo manda con un incantesimo in un mondo nuovo, moderno, in cui il re del passato e del futuro incontrerà non poche insidie. Nel suo peregrinare, farà la conoscenza di Merlin Emrys, un giovane infermiere che sarà l'unico a tentare di dargli una mano. Riuscirà il re a tornare a Camelot e a porre fine alla guerra con i druidi? E se, invece, scoprisse l'amore, riuscirebbe a rinunciare ad esso per amore del suo popolo?
[Merthur, semi-AU, modern!Merlin, king!Arthur, time-travel, mini-long]
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Desclaimer: I personaggi qui descritti non mi appartengono (niente, davvero, ho anche chiesto a mia madre di cercare il mio Arthur personale, ma nemmeno lei è riuscita a trovarlo, sad) niente di tutto ciò è finalizzato ad offenderli (forse giusto un po' a tormentarli, ma poi alla fine sono buona con loro) e non ci guadagno nulla, perdo solo la faccia in queste cose.

Avviso: L'OOC è nell'avviso della storia, anche se io ho cercato di mantenermi in linea con i personaggi (ma ahimé non ci riesco quasi mai e lo metto per sicurezza) inoltre l'ambientazione non è quella del telefilm, anche se c'è Camelot e tutto il resto. 
Enjoy!


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«Non ci credo!» esclamò incredulo Arthur «Tu hai preso dei giorni liberi dal lavoro per accompagnarmi ad Avalon» continuò, mentre aiutava Merlin a mettere i bagagli nell’auto, due giorni dopo il loro chiarimento. Erano in procinto di partire per Avalon affinché il re potesse compiere il suo destino «Semplicemente, è sorprendente».
«Cosa? Anche io posso prendere delle vacanze, non solo tu» disse, chiudendo il cofano e rivolgendo un sorriso al re; l’armatura di Arthur pesava davvero tantissimo ed era stata un’impresa titanica riuscire a trovare una borsa in cui entrasse, spada compresa. Avevano dovuto scartare la proposta del re che si era offerto di indossarla per tutto il viaggio; di certo, li avrebbero presi per pazzi, se lui fosse andato in giro con quella addosso. Guardò quelle due semplici valigie e sospirò, dopo quella breve vacanza, lui e Arthur si sarebbero salutati per sempre, il biondo sarebbe tornato nel suo tempo, nel suo regno, e lui sarebbe rimasto lì, bloccato nel ventunesimo secolo e la sua vita sarebbe stata vuota senza di lui. Pensava continuamente al momento in cui lo avrebbe lasciato andare e sentiva già il suo cuore stringersi in una morsa dolorosa.
«Lo leggo sul tuo viso che sei triste» disse guardandolo, mentre entravano in macchina «Andrò da solo, davvero, troverò il modo di sopravvivere, in questo strano mondo moderno e troverò il lago, non devi venire se ti fa male».
Merlin scosse la testa con decisione «Ho intenzione di venire a Glastonbury con te e di aiutarti a tornare a casa, come ti ho promesso quando ci siamo incontrati. Manterrò la parola data» disse sicuro il moro «E poi non voglio perdermi il tuo primo e unico viaggio in treno» mezzo sorriso contornò le sue labbra, ma svanì subito «Poi tornerò qui, senza di te e mi getterò a capofitto nel lavoro, cercando di non pensare a te e al tuo dannato viso perfetto».
«Sei incredibile» mormorò Arthur e gli baciò delicatamente una guancia, poi osservò il suo profilo, perdendosi ad ammirare i suoi lineamenti perfetti, soffermando lo sguardo sui suoi zigomi sporgenti e sul luccichio dei suoi occhi blu sotto la luce del sole, quel ragazzo non si rendeva conto dell’effetto che aveva su di lui, non si rendeva conto di quanto il re fosse davvero perso nei sentimenti che provava per lui. Era certo che se avesse avuto il modo, lo avrebbe portato con sé, ma come avrebbe fatto Merlin, così abituato alla tecno-magia e al progresso, così abituato alle sue diavolerie moderne a sopravvivere a Camelot? Non sarebbe stato possibile, non sarebbe stato giusto invitarlo ad andare con lui, sapendo che avrebbe accettato ad occhi chiusi – perché Merlin lo avrebbe fatto – e che non sarebbe sopravvissuto mezza giornata lì.
«Il viaggio ti piacerà, ne sono sicuro» stava continuando a dire il moro, mentre lui era perso nelle sue elucubrazioni su di lui «Prenderemo prima un treno, e poi un bus, impiegheremo circa tre ore per arrivare, ma sono certo che ti piacerà».
«Mi piacerà sicuramente, Merlin». Il moro annuì e, un po’ preso dallo sconforto, fece partire l’auto. Non aveva detto ad Arthur che aveva optato per la soluzione più lunga, in modo da fargli ammirare la bellezza dei paesaggi inglesi e soprattutto in modo da restare insieme a lui quanto più tempo possibile. Sì, prolungare il tempo insieme sarebbe stata anche un’agonia, ma avrebbe cercato di non pensare a ciò che sarebbe accaduto dopo, per non rovinarsi il tempo con lui, perché per passare anche solo un minuto in più con Arthur, avrebbe fatto qualsiasi cosa. Strinse la mano sulla tasca del giubbotto, sentendo ancora la presenza della scatolina che aveva portato da casa. L’aveva presa all’ultimo momento, era un regalo per Arthur, prima della loro separazione definitiva.
Arrivare alla stazione fu la parte fu facile di quel viaggio, mentre erano in auto, Arthur si limitò solamente a chiedere qualche dettaglio sul viaggio, ma la parte tragica arrivò dopo aver parcheggiato ed essere entrati in stazione.
Il biondo era rimasto contemporaneamente terrorizzato ed estasiato dalla grandezza della stazione, dai tabelloni – Merlin, ti sfido; quella non può che essere stregoneria, i numeri si cambiando da soli, o appaiono! – e dai cartelloni pubblicitari – come può un ritratto essere così grande, Merlin? Non può, non esistono tele così grandi – e aveva continuato a fare le sue assurde teorie sulla stregoneria moderna, e lo aveva fatto ridere così tanto da avergli fatto dimenticare per un po’ il motivo per cui erano alla stazione e per cui stavano partendo così improvvisamente. Sul treno, poi, aveva continuato imperterrito: «È fantastico, si muove da solo! Non capisco come puoi dire che non sia stregoneria, dove sono i cavalli che trainano questo mezzo?» «Nel motore, Arthur» «Vuoi dire che usate dei poveri cavalli per fare i motori? Siete dei barbari in questo tempo, lo sai?» - e non era stato facile spiegargli l’avvento del motore e che con cavallo, in relazione ad un motore, si intendeva la potenza di quest’ultimo, e che non si trattava di un cavallo vero; Arthur forse non aveva compreso bene quella spiegazione, ma se l’era fatta bastare, anche se era rimasto piuttosto scettico. E poi semplicemente, come un bambino al luna park, Merlin lo aveva osservato guardare fuori dal finestrino, mentre osservava il paesaggio scivolare velocemente davanti ai suoi occhi che, pieni di stupore e di meraviglia, non riuscivano a staccarsi da quella visuale; Merlin poteva capirlo, anche lui in treno restava affascinato dal modo in cui il paesaggio cambiava sotto i suoi occhi, poteva solo immaginare come fosse per Arthur, non abituato per niente a cose del genere. Poco dopo, sentì lo sguardo del re posarsi su di sé, sul suo profilo, sulla sua pelle. Merlin non riusciva a spiegare come si sentisse ogni volta che Arthur posava i suoi occhi su di lui con quell’espressione beata, era un mix di sensazioni che lo faceva sentire desiderato, voluto, apprezzato, amato. Nessuno in tutta la sua vita, lo aveva fatto sentire così.
«Grazie per tutto questo, Merlin» disse, vicino al suo orecchio, lasciandogli un bacio sotto il lobo «Non lo dimenticherò mai» soffiò. Il moro sorrise leggermente e poi si sporse un po’ di più verso di lui, baciandolo leggermente a stampo, sulle labbra e poi appoggiò la testa sulla sua spalla, godendosi il resto del viaggio e le esclamazioni stupite di Arthur. Non seppe perché, forse per il dondolio del treno, per il profumo inebriante di Arthur o per qualche altro fattore, improvvisamente scivolò placidamente in un sonno ristoratore.
 
«Merlin» sussurrò il re, chiamandolo «La voce metallica, con un tono molto scortese, ha appena annunciato che siamo quasi arrivati a Bristol» disse al suo orecchio, cercando di svegliarlo.
Arthur non credeva di aver capito esattamente cosa fosse un treno, ma il viaggio a bordo di esso era stata un’esperienza davvero interessante, soprattutto con quel ragazzo accanto a sé, disposto a spiegargli ogni cosa riguardante quell’assurdità moderna. Cavalli nei motori, assurdo. Il viaggio in sé non era durato molto, ma Merlin, ad un certo punto, era scivolato in un sonno così piacevole in quegli ultimi venti minuti che gli dispiacque svegliarlo, avrebbe voluto che continuasse a dormire così rilassato, piuttosto che vederlo sveglio e con l’espressione sofferente. Lo sentì annuire contro la sua spalla e affondare il naso contro il suo collo, e sentì un leggero solletico. Preferì non dirgli degli sguardi che alcuni passeggeri avevano lanciato verso di loro, guardando il moro dormire in quel modo così confortevole con lui, non voleva dargli un dispiacere più grande di quello che stavano per vivere entrambi.
«D’accordo…» mormorò il moro, aprendo gli occhi «Ehi…»
«Ehi, hai dormito bene?» domandò con il tono dolce, dandogli un bacio sulla punta del naso «La mia regale spalla è stata un buon supporto?» chiese ironicamente, facendolo ridere di gusto.
«Sei un idiota, lo sai, vero?» chiese il moro retoricamente, scuotendo la testa «Grazie per non avermi scacciato».
«Non avrei mai potuto, eri così tenero e adorabile». Merlin ridacchiò arrossendo e preferì non rispondergli, godendosi quegli ultimi minuti di viaggio accoccolato accanto a lui, senza togliere la testa dalla sua spalla. Poi, quando anche altri passeggeri iniziarono a prepararsi per uscire dal treno, dovettero alzarsi e prendere i loro bagagli. E ovviamente, Arthur fu così cavalleresco e cortese da prendere sia la sua valigia, quella con l’armatura, che quella di Merlin, dopo avergli rivolto un dolce sorriso.
«Vorrei un ragazzo come quello, guarda là che galantuomo, ormai quelli così sono tutti gay, che peccato» commentò una ragazza alle loro spalle, a quel punto, Arthur si voltò verso di lei con il sopracciglio alzato. Senza dire nulla, si avvicinò a lei e aiutò sia la commentatrice che l’amica a prendere le valigie, e poi, alla fine, rivolse loro quel suo sorriso irriverente che faceva girare la testa a tutti. Merlin sentì giusto un pizzico di gelosia, mentre reggeva i loro bagagli, ma non lo diede a vedere.
«Avrò anche una relazione con un uomo, ma sono ancora un uomo d’onore e prima di tutto un cavaliere» proferì solenne, poi fece un mezzo inchino, mentre le porte del treno si aprivano e «Buona giornata, mie signore» disse, prima di sparire tra la folla, con il suo uomo, lasciandosi alle spalle due ragazze sospiranti. Mentre avanzavano verso la fermata degli autobus, Merlin lo guardava con un misto di adorazione e gelosia; adorava il suo lato cavalleresco, ma allo stesso tempo si era sentito geloso quando il biondo aveva rivolto le sue attenzioni a quelle due ragazze, era stupido, lo sapeva, ma non poteva negare di desiderare le attenzioni di Arthur solo per sé.
Arrivarono allo stazionamento degli autobus lì vicino e trovarono quasi subito quello che avrebbero dovuto prendere, depositarono i bagagli nello scomparto assegnato a loro e poi si sedettero ai loro posti.
«Non puoi farne a meno, vero?» chiese il moro con una punta di gelosia nella voce, mentre le due ragazze che Arthur aveva aiutato passavano accanto al bus e, notando il biondo, lo salutavano con dei sorrisi ammirati.
«Cosa?»
«Questo tuo continuo essere così… cavaliere».
«Merlin, io sono un cavaliere» disse con ovvietà «Te lo ricordi, vero?» domandò sorridendo, ma poi si rese conto del motivo di fondo di quella domanda e «Sei geloso» affermò con voce sicura.
«No, io…»
«Non era una domanda. Sei geloso» ridacchiò, avvicinando il volto al suo, dandogli un bacio sulla guancia «Ma puoi stare tranquillo, i miei sentimenti sono devoti solo a te» gli promise, con un tenero sorriso sulle labbra. Merlin girò il viso verso il suo e gli diede un bacio a stampo. Arthur sorrise e gli mise un braccio attorno alle spalle, avvicinandolo a sé, e invitandolo ad appoggiare la testa sulla sua spalla, esattamente come nel treno.
Il resto del viaggio verso Glastonbury fu abbastanza piacevole, soprattutto perché, per tutto il tempo, Arthur tenne stretto Merlin contro il proprio fianco, quasi come se non volesse farlo andare via.
 
§§§
 
«Ecco, qui è dove dovrebbe essere la tua tomba, o almeno il punto dove hanno  deciso di commemorare la tua scomparsa» disse il moro, mentre insieme ad Arthur scrutava una mappa; erano entrambi seduti sul letto della stanza del B&B (alla fine Merlin sotto richiesta del re aveva cambiato la loro prenotazione, e ne aveva presa una sola doppia al posto di due singole) e stavano preparando un piano per Avalon «Dovremmo cercare di orientarci, io non sono mai stato da queste parti…» mormorò, Arthur restò in silenzio e pensieroso «Prima che la storia cambiasse, secondo le leggende, i tuoi resti furono ritrovati sulla collina e poi spostati nell’abbazia di Glastonbury» spiegò guardandolo «Secondo queste leggende, un tempo il lago di Avalon circondava un’isola, per alcuni isola dei beati, e molto probabilmente corrisponde alla vallata della collina» indicando il punto sulla mappa «Alcuni sostengono che ci sia ancora un po’ di magia da quelle parti» continuò «Se vogliamo delle risposte, è qui che dobbiamo recarci» disse serio, poi sembrò rifletterci e aggiunse «Non so dove di preciso, ma secondo una leggenda metropolitana c’è una sorgente da queste parti, si dice che sia il residuato dell’acqua del lago e che essa contenga magia allo stato puro; di più non ho trovato» spiegò «Mi dispiace» si scusò.
«Sei così intelligente, Merlin» mormorò Arthur con ammirazione «Come mai conosci tante leggende?»
Il moro scrollò le spalle «Mi piace leggere, da ragazzino ero affascinato dalle leggende arturiane» ammise arrossendo «Inoltre in questi giorni ho letto molto per capire qualcosa su tutta questa faccenda» spiegò sorridendo, con gli occhi abbassati per l’imbarazzo. Il biondo sorrise alle sue parole e mise una sua mano su quella del moro, poi si sporse verso di lui e lo baciò teneramente, al contatto il moro si sciolse e ricambiò il bacio con la stessa dolcezza e tenerezza.
«Sono stato davvero fortunato ad averti incontrato».
«Credimi, Arthur, sono stato più fortunato io» disse, guardandolo negli occhi «Domani andremo, okay? Domani manterrò fede alla mia promessa e ti farò tornare a casa» e davvero, se non avesse avuto la voce così incrinata, così piena di dolore, Arthur sarebbe stato felice di una notizia del genere; ma come poteva gioire del dolore dell’uomo che amava?
Il biondo annuì e lo baciò ancora delicatamente, appoggiandogli una mano sulla guancia, lo sentiva tremare contro di sé, tremare forse per il dolore che sapeva avrebbe vissuto dal giorno dopo. Non disse niente, cercò di stringerlo quanto più poté, cercando di tranquillizzarlo, lasciandogli leggeri baci tra i capelli e cercando di consolarlo come poteva, tuttavia il moro sfuggì al suo tocco e riprese a cercare tra quelle carte qualche indizio in più per affrontare il ritorno del re a casa sua e Arthur si ritrovò a riflettere su diversi fattori, come ad esempio chiedere a Merlin di andare insieme a lui e trascorrere il resto della sua vita a Camelot. Davvero, più ci pensava, più era tentato di chiederlo, ma… si tratteneva sempre.
«Non c’è fretta» disse ad un certo punto, Merlin alzò gli occhi verso i suoi, con aria interrogativa.
«Voglio dire, non dobbiamo farlo domani per forza. Possiamo sempre… posticipare» disse annuendo, per convincere prima se stesso e poi il moro che quella fosse una buona idea «Domani passiamo la giornata insieme, facciamo un giro, andiamo in un posto carino… e ci facciamo un ritratto piccolo in quelle macchine che hai indicato lungo la strada. Voglio dire, non è successo niente di irreparabile fino ad oggi, cosa succede se ci prendiamo un altro giorno?» chiese con un sorriso «Che ne pensi?»
«L-Lo faresti? Per me?»
«Per te» confermò «E anche un po’ per me, perché anche io sento una stretta al cuore, pensando di doverti lasciare». Merlin lo guardò con gli occhi pieni di lacrime, lasciò cadere tutte le mappe e gli appunti che aveva tra le mani e gli gettò le braccia al collo, abbracciandolo forte e stringendolo a sé con tutta la forza che aveva. Subito il braccio di Arthur gli circondò i fianchi ossuti e le loro labbra quasi in sincrono si cercarono, trovandosi, perdendosi in un lungo e bagnato bacio, che sapeva un po’ d’amore, un po’ di malinconia e un po’ di lacrime, quelle che silenziosamente entrambi stavano versando, immaginando che presto o tardi, volenti o nolenti, tutto quello sarebbe finito, ed ognuno sarebbe tornato alla propria vita precedente. Arthur, quella notte, fu vicinissimo a chiedere a Merlin di abbandonare tutto e di seguirlo a Camelot, ma non lo fece.
 
Il giorno seguente entrambi cercarono di godersi a pieno l’ultimo giorno insieme, si svegliarono di buon’ora, stretti l’uno all’altro, in un abbraccio tenero e dolce, Merlin si era alzato per primo, si era vestito e poi aveva aspettato che Arthur si preparasse, poi insieme erano andati a fare colazione e per tutto il tempo si erano solo guardati, senza dirsi nulla a parole, solo con gli sguardi avevano comunicato, dicendosi quanto entrambi avessero bisogno di quella ultima giornata insieme e quanto facesse male ad entrambi quella situazione. Poi erano usciti, facendosi consigliare dal gentile gestore del B&B cosa fare da quelle parti. Avevano così passato una giornata davvero divertente, quasi dimenticando le incombenze del giorno seguente. Solo quando avevano visto la torre della Glastonbury Tor, i loro sguardi si erano velati di malinconia, ma nessuno dei due aveva proferito nulla. Si erano limitati a stringersi la mano e a continuare la loro escursione, per trascorrere quanto più tempo possibile insieme. Si scattarono delle foto istantanee nelle macchinette per le fototessere, si fecero scattare alcune foto dai passanti con il cellulare di Merlin e, quando il biondo non lo guardava, Merlin gli scattava di nascosto delle foto, giusto per conservare dei ricordi legati a lui. Arthur sembrava un bambino, era entusiasta di tutto, adorava girare per negozi e cercare souvenir, aveva persino insistito per comprare delle calamite – così metterai queste simpatiche formine sul tuo frigorifero, Merlin, e penserai che le ho scelte io per te – perché era il re ed era risaputo che i re avessero buon gusto, aveva detto come sua giustificazione, facendo ridere il moro.
«Qui siamo venuti davvero bene, Merlin» stava dicendo mentre osservava una delle foto che si erano scattati con la fotocamera interna del cellulare del moro, erano entrati in una tavola calda (una taverna, Merlin, le taverne qui sono davvero più… pulite rispetto a quelle di Camelot) per l’ora di pranzo e avevano preso entrambi dei panini «Non capisco ancora cosa voglia dire selfie, ma va bene così».
«Credo sia un gioco di parole» disse l’altro ridacchiando alle sue parole «Per indicare gli autoscatti, ma non lo so, so solo che un giorno qualcuno l’ha usata e questa parola ha fatto il giro del mondo, ormai è usata per definire gli autoscatti».
«Capisco…» mormorò annuendo e dando un morso al suo panino «Ehi, questo sono io!» esclamò vedendo una sua foto «Però, non credo di venir bene in questi vostri piccoli ritratti» disse «Il mio naso sembra enorme!»
«Ma stai zitto, sei bellissimo» ribatté Merlin, tenendo lo sguardo basso sul suo cibo «Non conosco nessuno che sia fotogenico quanto te. Dai. Non c’è bisogno che te lo dica io» borbottò con le guance rosse. Poi lo sentì, chiaro come il giorno, il suono della fotocamera che scattava una foto «Arthur!» esclamò, coprendosi il volto con le mani «Non farlo».
«Perché no? Sei bellissimo, Merlin» soffiò il re, alzandosi e sporgendosi verso di lui per avvicinarsi al suo viso, e spostargli le mani da davanti ad esso, poi lo guardò negli occhi «Dico sul serio» affermò sorridendo, con uno di quei sorrisi sinceri che erano in grado di far sciogliere il cuore del moro «Non dovresti svalutarti tanto» disse ancora guardandolo, poi assunse un’espressione seria e sembrò riflettere su qualcosa; Merlin tacque osservando il suo volto «Voglio che tu mi faccia una promessa».
«Cosa…?» domandò.
«Quando io sarò… sai, partito» borbottò gesticolando con la mano «Promettimi che sarai felice, tu meriti di essere felice». Merlin lo guardò sconvolto e si morse le labbra, quella richiesta da parte di Arthur l’aveva lasciato sgomento, non credeva nemmeno lui che gli avesse chiesto una cosa del genere, gli sembrava una situazione surreale, e non se la sentì di negargli quella certezza. Forse avrebbe incontrato qualcuno nel suo futuro che l’avrebbe reso felice, forse sarebbe accaduto in mesi o anni, ma sapeva che non sarebbe stato facile dimenticare lui.
«Te lo prometto» mormorò, guardandolo negli occhi «Solo se lo farai anche tu».
«D’accordo» accettò il biondo «Te lo prometto».
Merlin si sciolse in un dolce sorriso e lo baciò leggermente sulle labbra «Anche se non ti dimenticherò mai» sussurrò.
«Neanche io dimenticherò te, lo prometto» sussurrò Arthur, a pochi centimetri dalle labbra di Merlin, poi premette un altro rapido bacio sulle sue labbra prima di sedersi di nuovo al suo posto. Il moro asciugò in fretta una lacrima e scosse la testa, cercando di non pensare che quelli sarebbero stati gli ultimi momenti insieme a lui. Doveva cercare di essere forte e di pensare che era giusto che Arthur ritornasse nel suo regno, perché in quanto re non si lavava le mani della sorte del suo popolo, in sua assenza. E sì, dentro di sé sentiva di provare un moto d’orgoglio per lui; ma era un mero egoista quando si rendeva conto che avrebbe preferito che Arthur restasse con lui. Quei momenti con lui gli sarebbero mancati, Arthur era stato fin troppo dolce e accondiscendente, concedendogli quella giornata insieme per salutarsi. Perché lui lo sapeva, quello non era altro che un saluto molto lungo e, ad un certo punto, sarebbe diventato anche straziante.
«Siamo ancora a metà della giornata» disse il re, cercando di strappargli un sorriso «Abbiamo altro tempo, cosa vorresti fare?» chiese.
«Uhm, ho io un’idea» disse Merlin, Arthur lo guardò incoraggiandolo a continuare «Tutto quello che vorrei, è tornare al B&B e stare insieme, semplicemente… insieme, io e te» mormorò, annuendo per confermare le sue parole «Restare da soli, sai… E poi uscire per la cena. Ho visto sulla strada alcuni locali carini. Va bene, per te?»
«Tutto quello che desideri» promise Arthur, sorridendogli «Possiamo farlo».
«Grazie…» soffiò lui. Finirono in fretta il loro pranzo, Merlin pagò per entrambi e poco dopo tornarono al bed and breakfast, dove fecero esattamente ciò che il moro aveva chiesto, Arthur aveva deciso che avrebbe realizzato ogni suo desiderio, per non farlo soffrire troppo durante la loro separazione. Avrebbe fatto male come un fendente in pieno petto, ne era certo, ma era una cosa necessaria, non poteva restare lì, sapendo di avere il modo di tornare, si sarebbe sentito per tutto il resto della sua vita un codardo.
Trascorsero le ore pomeridiane sul letto, a baciarsi, coccolarsi e abbracciarsi, perdendosi l’uno tra le braccia dell’altro, inebriandosi dei rispettivi profumi e beandosi della reciproca presenza. Arthur aveva le braccia attorno ai fianchi del moro, e strofinava il naso contro la sua nuca, in un gesto affettuoso, quando l’altro si divincolò dalle sue braccia e si alzò di getto dal letto; poi si voltò verso di lui e gli rivolse un sorriso tenero. Arthur pensò che avrebbe baciato fino a svenire quel sorriso, e poi avrebbe ricominciato. Merlin doveva avere qualche potere nascosto, anche se non era uno stregone, perché era riuscito a rapire il suo cuore in poco tempo e in modo totalizzante, con pochi gesti, sorrisi, gentilezza e risate.
«Che succede? Dove vai?» chiese, sentendo già la mancanza del calore del suo corpo.
«Aspetta» disse semplicemente, si avvicinò allo scranno dove avevano appoggiato i loro giubbotti e scavò nel suo alla ricerca di qualcosa; se ci pensava bene, durante la giornata, Arthur aveva visto spesso Merlin toccare la tasca del giubbotto per assicurarsi che qualcosa fosse ancora al suo posto. Dopo un qualche istante, estrasse da lì una scatolina di velluto blu, Arthur non l’aveva mai vista, nemmeno quando erano a casa sua e l’aveva aiutato a riordinare. Merlin si avvicinò lentamente al letto e appoggiò le ginocchia sul materasso, salendoci e tenendo tra le mani la scatolina.
«Arthur» iniziò, mordicchiandosi le labbra, come quando era nervoso «So che tu sei un re, e che avrai di sicuro cose più preziose di questo, ma…» disse piano, poi aprì con lentezza la scatolina, che conteneva una specie di anello legato ad un sottile cordoncino «Mio padre non era un uomo molto ricco, anzi… era un artigiano, ma teneva in modo incredibile a mia madre, e mia madre lo amava allo stesso modo» mormorò, arrossendo leggermente «Lei era incinta, quando mio padre le chiese di sposarlo, mio nonno era un uomo tradizionale, una donna non poteva avere figli senza matrimonio» si ritrovò a ridere, mentre una lacrima scivolava ribelle sul suo viso «E lui glielo chiese con questo anello di legno, intagliato da lui stesso» un sorriso malinconico nacque sulle sue labbra al ricordo di quella storia e di quante volte sua madre gliel’avesse raccontata «Mamma lo ha sempre portato al collo, perché diceva che il legno le irritava il dito, ma non se ne è mai separata fino alla fine» ricordò ancora ad alta voce «Quando lei è morta, lo ha regalato a me, come ricordo del loro amore, con l’augurio che io potessi trovarne uno simile al loro…» spiegò con la voce tremante «Ti prego, accetta questo e… pensa a me, se mai vorrai indossarlo» deglutì, inghiottendo anche un singhiozzo, sentendosi improvvisamente patetico; Arthur rimase in silenzio davanti alle sue parole, quella era la storia più dolce e affettuosa che avesse mai sentito, e improvvisamente, mentre Merlin gli metteva tra le mani quel semplice anello, si sentì in possesso di un enorme tesoro, cos’erano tutti i tesori di Camelot, paragonati ad un oggetto che conteneva così tanto amore?
«Non posso accettarlo, Merlin» disse, accarezzandogli una guancia «È un ricordo dei tuoi genitori…»
«Voglio che lo abbia tu…» singhiozzò «Voglio che tu abbia qualcosa di mio, quando sarai lì, non voglio che ti dimentichi di me, non… non ho nient’altro… ti prego, Arthur, ti prego, accettalo per quello che è, una promessa».
«Una promessa?»
Merlin annuì «Non amerò mai nessuno come ho amato te, in questi mesi. Mi hai cambiato la vita, mi hai fatto sentire amato, desiderato, importante e nessuno dei miei ex mi aveva mai fatto sentire così, tu sei… l’unico che potrò amare così tanto».
Arthur deglutì, sentiva così tante emozioni, così forti in quel momento che non riusciva a classificarle, erano tante, e si accavallavano, e il suo cuore batteva forte. Annuì deciso e accettò quel dono, strappando un sorriso a Merlin.
«Lo indosserò sempre come portafortuna durante le future battaglie» disse solenne, mentre faceva passare il cordoncino attorno al suo collo; poi si avvicinò al viso del suo amato e lo baciò leggermente sulle labbra «Non piangere, ti prego» portò una mano sul suo volto, accarezzandolo e cercando di eliminare le lacrime da esso. Ogni volta che vedeva o sentiva Merlin piangere, sentiva un nodo allo stomaco e una spiacevole sensazione di disagio. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per cancellare quelle lacrime. «Grazie, Merlin».
«Prego…» mormorò, poi osservò con gli occhi colmi d’amore il dono che gli aveva fatto pendere dal suo collo. Era una promessa d’amore eterno per lui, perché anche se avesse incontrato altri, non avrebbe mai amato nessuno come aveva amato lui, d’altra parte, l’anima gemella era unica, giusto?
«Anche io voglio darti qualcosa» disse il re, a quel punto, alzandosi e raggiungendo la borsa con i suoi averi, quelli che aveva dovuto mettere via, per passare inosservato in quel tempo futuro dove indossare armature era da folli o da partecipanti a feste medievali. Trovò il sacchetto con le monete che aveva sempre con sé, e che aveva messo da parte, perché a quanto pareva l’oro non era più una moneta scambiabile, perché adesso c’erano solo le sterline. Estrasse da quel sacchetto un sigillo reale, quello di sua madre, lui non era un tipo superstizioso, ma aveva avuto con sé quel monile fin da quando aveva vinto la sua prima battaglia, e non se ne era separato mai più. Era il suo pegno d’amore, così come per Merlin era l’anello. Si avvicinò al moro, che lo guardava con gli occhi spalancati e si sedette accanto a lui.
«Questo era di mia madre» disse mettendoglielo tra le mani «Questo è il suo sigillo, e mi ha sempre portato fortuna durante le mie battaglie» disse con un sorriso nostalgico «Voglio che lo prenda tu».
«Arthur, questo è… meraviglioso» disse fissando l’oggetto con puro stupore «Ma io non… non posso…»
«Prendilo» disse guardandolo negli occhi «Come una promessa».
«Promessa…?» di cosa? – era il sottinteso che Merlin non espresse, a cui Arthur non rispose chiaramente.
«Sì» confermò, prima di baciarlo, facendo cadere ogni altra domanda, ogni altro argomento, ogni altro dubbio, si baciarono al lungo, assaporandosi, gemendo l’uno nella bocca dell’altro, desiderandosi e poi, infine, appartenendosi. Ogni volta con Arthur era un’esperienza che lo faceva sentire amato e desiderato in ogni singolo istante, pensava Merlin, guardando il suo re, muoversi con sapienza sopra di lui, che spingeva, affondava, donava piacere riservandogli un trattamento perfetto; ogni volta con Merlin era travolgente e magnifica, pensava il re, mentre vedeva l’altro contorcersi dal piacere sotto di lui, osservando il suo corpo magro aggrapparsi al suo in cerca di più contatto. Quando alla fine si lasciarono travolgere dal piacere, entrambi caddero sul letto, l’uno tra le braccia dell’altro affannati e desiderosi solo di ricominciare. Volevano godere a pieno di quelle ultime ore, trascorrendole in quella camera tutta la notte, essendo entrambi consapevoli che fosse l’ultima, ma dimenticandolo solo per quel frangente.
 
Il giorno dopo, portandosi dietro la pesante valigia con l’armatura di Arthur e un semplice zaino con alcune provviste, arrivarono all’abbazia di Glastonbury a bordo di un taxi. Il tassista, che li aveva portati fin lì, spiegò loro che quello era un luogo di culto e di mistero, intorno al quale si aggirava un vecchio pazzo, che blaterava di re passati e futuri, ma che egli comparisse solo in rare occasioni. Sentendo quella storia, i due giovani si guardarono, forse quell’uomo poteva essere la chiave per risolvere ogni cosa, la chiave per trovare la via del ritorno a Camelot di Arthur. Ringraziarono gentilmente il tassista e iniziarono ad esplorare la zona, le rovine dell’antica abbazia erano imponenti, e i turisti non erano molti, ma i due giovani si confondevano abbastanza bene tra di loro. Merlin si guardava intorno alla ricerca di qualche indizio, ma non ne trovava, non sapeva neppure dove cercare, così come Arthur. Il biondo fece scivolare teneramente una mano verso la sua e gliela strinse dolcemente.
«Sei triste?» chiese, scrutando il suo profilo.
«Non chiedermelo» disse piano il moro, tenendo lo sguardo lontano dal suo «Sai perfettamente come mi sento».
«Perdonami» sussurrò allora Arthur, stringendogli la mano con dolcezza «Vorrei davvero evitarti questo dolore».
«Non è colpa tua, Arthur» disse «Probabilmente era così che doveva andare» continuò rivolgendogli un triste sorriso «Conoscerci, innamorarci e poi… dirci addio».
«Non lo farei se potessi» disse lui, lasciandogli la mano bruscamente, Merlin non comprese la sua reazione «Lo sai che devo tornare per il mio popolo, non posso essere egoista, d’accordo?» il tono era serio, il moro lo guardò scioccato, cercando di capire cosa avesse detto, aveva anche ferito Arthur, o qualcosa del genere? Dannazione, perché non imparava una buona volta a non dire tutto quello che pensava istantaneamente? Maledetta la sua boccaccia.
«Lo so, lo so… nessuno te lo sta chiedendo» rispose il moro cercando, adesso, il suo sguardo «Non provare di nuovo a fare lo stronzo per far soffrire di meno entrambi perché non funziona, ci hai già provato» disse Merlin, notando il suo atteggiamento così simile a quello dei giorni in cui era stato arrabbiato con lui.
«D’accordo» tagliò il discorso «Mettiamoci alla ricerca della fonte» disse, avanzando in una direzione a caso, dicendosi che prima o poi avrebbero trovato la fonte.
«Sei impossibile, non ti sopporto quando fai così!» esclamò Merlin, seguendolo «Arthur, sto parlando con te!»
«Smettila di parlare!» sbottò il re «Smettila di dire cose sull’amore e sulla nostra assurda situazione, non lo sopporto!»
Il moro sostenne bene il colpo e tacque istantaneamente, ed insieme al re, senza aggiungere altro, riprese la ricerca della fantomatica fonte, che li avrebbe dovuti aiutare a riportare Arthur a casa sua. Cosa era preso tutt’un tratto al re? Perché aveva iniziato a comportarsi in modo insensato? Merlin sospirò, osservando Arthur cercare qualcosa senza prestare attenzione.
La mattinata, tuttavia, si rivelò infruttuosa, non v’era un singolo indizio, eppure la profezia era stata chiara sul lago di Avalon troverà le risposte, che diavolo significava, allora? Erano nella vallata della collina, che una volta era stata l’isola circondata dal lago, voleva dire che avrebbero dovuto trovare le maledette risposte da quelle parti, eppure non c’era niente che suggerisse loro un possibile indizio. Merlin si disse che nello stato d’animo in cui erano, non avrebbero risolto nulla, dato che, a causa della breve discussione, inscenata più da Arthur che da lui, ogni volta che si parlavano, era solo per darsi indicazioni, in modo freddo e distaccato; sembravano quasi due estranei adesso, e Merlin ancora non capiva cosa avesse detto di tanto grave per farlo reagire in quel modo, ma decise ugualmente di seppellire l’ascia di guerra.
Estrasse un panino dallo zaino e si avvicinò ad Arthur, seduto su una delle scale che portavano alla cima della collina.
«Mi dispiace per prima, anche se non ho capito esattamente cosa ti abbia ferito» disse il moro, sedendosi accanto a lui e porgendogli il panino come pegno di pace «Non essere arrabbiato con me, queste sono le ultime ore che trascorriamo insieme, non vorrei che tornassi a casa, dal tuo popolo e fossi arrabbiato ancora con me» affermò con la voce leggermente tremante «Pace?»
«Non sono arrabbiato con te, sono… frustrato» rispose l’altro, accettando il panino, e rivolgendo al moro un sorriso storto «Mi fa male pensare che dopo questa giornata, non potrò più rivederti» proferì, mettendo per un momento da parte l’orgoglio, per quello ci sarebbe stato tempo nel suo futuro (nel passato) «Perché se avessi scelta, io resterei qui con te» Arthur avvicinò il volto al suo, appoggiando la fronte contro quella di Merlin e accarezzandogli con la mano libera uno zigomo sporgente.
«Non credi che io… insomma, possa venire con te?» chiese Merlin, cercando il suo sguardo.
«Ci ho pensato…» mormorò il re, mordendosi le labbra per non chiedere «Ma… tu sei così moderno e…»
«Certo, certo, paradossi temporali» disse Merlin ricacciando indietro le lacrime «Okay».
«Ehi» lo chiamò piano Arthur, prendendogli il volto tra le mani «Mi mancherai» sussurrò dandogli un bacio a stampo.
«Anche tu, da morire…» rispose a bassa voce il moro. Arthur sorrise appena e premette le sue labbra contro quelle del moro in un delicato bacio a stampo, leggero come le ali di una farfalla e restò in quella posizione per qualche istante, prima che l’altro ricambiasse il bacio, mettendogli le braccia dietro al collo, schiacciandosi contro il suo torace ampio. Fu quando riaprirono entrambi gli occhi, che qualcosa, o meglio qualcuno catturò la loro attenzione. Da lontano, dietro ad un basamento di pietra, c’era un uomo canuto, con la barba lunga e una lunga tunica rossa.
Bizzarro pensò Merlin; Uno stregone, pensò Arthur.
«Hai visto anche tu quello che ho visto io?» chiese il biondo, sbattendo le palpebre, quell’uomo sembrava invitarli a seguirlo «Non sto sognando, c’è davvero un vecchio che ci fa segno di seguirlo».
«C’è…» confermò il moro «Potrebbe essere l’uomo di cui parlava il tassista, ma… potrebbe anche essere pericoloso». Da lontano a Merlin pareva familiare, ma non voleva rischiare di sbagliarsi.
«Ho la mia spada, in caso di pericolo, ti proteggerò io».
«Già e chi proteggerà te?»                   
«È solo un vecchio, Merlin, cosa vuoi che faccia?» domandò Arthur, afferrandogli la mano «Forza, andiamo».
«Okay, okay andiamo, ma se le cose si mettono male, io chiamo la polizia!»
«Okay, chiama chi vuoi, adesso sbrigati, sta andando via!» esclamò il re, stringendo la mano di Merlin e tirandoselo dietro fino al basamento, l’uomo era ancora lì. Egli, in silenzio, fece loro segno di seguirlo e i due lo seguirono senza fare troppe domande. Scarpinarono un po’, quella doveva essere una parte della zona che non era visitata da nessuno, non c’era nulla, a parte una roccia da cui sgorgava un filo d’acqua che riempiva una piccola pozza. Quando si fermarono, Merlin riuscì a vedere bene l’uomo, se lo guardava bene, senza barba e senza quella tunica rossa, poteva benissimo vedere il tizio dell’ospedale.
«Siete voi! Siete voi lo stalker, quello che ci seguiva, e anche l’uomo dell’ospedale, vero?» chiese tutto d’un fiato.
L’uomo annuì: «Sì, giovane umano, ho dovuto tenere il re sotto controllo, fino al momento opportuno e mandare segnali all’unico in grado di aiutarlo a compiere il suo destino» spiegò, mentre i due, sorpresi, lo guardavano «Il re del passato e del futuro deve tornare nel suo tempo, per andare incontro al suo destino e riportare mondo antico e mondo nuovo all’ordine» profetizzò l’uomo, non appena i due giovani gli furono vicino «Vi stavo aspettando, Arthur Pendragon, re una volta e re in futuro» disse l’uomo chinando il capo in segno di rispetto.
«Come sapete chi sono?» chiese il re, stupito «Chi siete voi?» domandò fronteggiando l’uomo, spingendo Merlin dietro la sua schiena per fargli da scudo con il suo corpo; avrebbe estratto Excalibur dalla sua valigia, se fosse servito.
«Le domande a tempo debito, mio signore» disse il vecchio con voce affabile «Potete fidarvi di me, non ho intenzione di fare del male né a voi, né al vostro amico. Adesso seguitemi, ogni cosa sarà rivelata a tempo debito» continuò, sotto lo sguardo perplesso del re, con un rapido gesto, fece sollevare da terra due pietre, e invitò i due amanti a sedersi su di esse «Avete fatto molta strada, riposate e poi vi dirò ogni cosa, abbiamo tempo fino al sorgere della luna» disse il vecchio, guardando i due uomini che lo guardavano ancora stupefatti.
«Non capisco» borbottò Merlin «Questa è… è…»
«Magia, ragazzo» confermò l’uomo, l’infermiere era stupito, mai in vita sua aveva visto una cosa del genere, ed era affascinato, la tecnologia non era nulla in confronto a quella «Ahimè, la vostra tecnologia l’ha fatta quasi del tutto sparire, ma essa vive ancora, anche se in minore quantità».
«Siete uno stregone, allora?» chiese il moro.
«Io sono Kilgharrah, custode della Sorgente, che unisce i due mondi; alcuni mi chiamano stregone, altri grande drago e altri ancora vecchio pazzo» disse con fare profetizzante; poteva rispondere in modo normale o doveva andare avanti ad enigmi? «Sono ciò che ero un tempo, ciò che sono e che sarò sempre» affermò, alla fine.
«Okay…» accettò, leggermente scettico, il biondo, riprendendo la parola «Conoscete la sorgente allora, ci condurrete lì?»
«Arthur, penso che ci siamo già» disse Merlin, indicando la pozza non molto distante da loro «Sorprendente, davvero…»
«Il vostro amico ha ragione, grande re, siete giunti alla vostra destinazione» affermò l’uomo «Per uno strano caso del destino, Arthur, siete giunto nel nuovo mondo, ed è ora di tornare a casa» proferì il vecchio, guardando entrambi «Il vostro regno è in grande pericolo, con la vostra assenza tutto andrà in malora, i vostri cavalieri si faranno la guerra per succedervi, quando vostra sorella verrà uccisa dai druidi per interrompere la dinastia discendente dal drago» continuò Kilgharrah, facendo tremare Arthur, non immaginava nemmeno cosa potesse succedere in sua assenza e si sentì in colpa per essere stato lontano così a lungo «Non sentitevi colpevole, prima di questo momento non avreste potuto far nulla» spiegò «Il portale si apre solo in particolari condizioni, quelle che si verificheranno stanotte».
Il re annuì, poi si voltò a guardare Merlin che annuì, facendogli capire che capiva, che lui sapeva che era quello il suo destino e che fosse giusto così. Senza Arthur, la storia così come tutti la conoscevano sarebbe cambiata, e santo cielo, non voleva nemmeno immaginare cosa potesse accadere al futuro «Dovete tornare, anche per salvare il futuro» affermò l’uomo «Se non tornerete, la storia come l’umanità la conosce cesserà di esistere, questo tempo cesserà di esistere; la vostra storia è una parte importante nel tessuto della storia» spiegò «Se non tornerete, tutto quello che avete visto nel nuovo mondo scomparirà». Arthur annuì deciso, avrebbe fatto di tutto per il suo regno e per il futuro del suo Merlin, avrebbe salvato tutti quanti, scegliendo di far ritorno a casa e poter sistemare ogni cosa, prima che fosse troppo tardi. Avrebbe sacrificato se stesso, come ogni grande re avrebbe fatto.
«E sia» accettò il suo destino.
«Aprirò il portale quando scenderà la notte, quando la luna, in pieno plenilunio, spenderà su di noi con Amore e Guerra favorevoli, i raggi lunari con la potenza dei due pianeti saranno propiziatori per voi, grande re» terminò l’uomo, poi rivolse un tenero sorriso ai due amanti «Avrete il tempo per salutarvi».
«Ti ringrazio» disse il re. L’uomo fece un altro inchino e poi sparì, così com’era comparso, promettendo che sarebbe tornato lì in tempo per il rituale. Così i due giovani restarono da soli, in quella radura un po’ lontana dal punto in cui erano arrivati, e senza dire nulla, iniziarono a scrutarsi a vicenda, nessuno dei due sapeva da dove iniziare, nessuno dei due sapeva cosa dire o fare in quel momento, non volevano rompere il silenzio e non volevano continuare a preservarlo.
«Merlin…» iniziò Arthur, per primo.
«Non dire niente» ribatté il moro «Non dire niente, va bene così. Capisco tutto, davvero» disse, avvicinandosi e appoggiandogli una mano sulla guancia «Ti amo».
«Lo so» rispose Arthur, baciandolo a stampo.
«Hai appena citato Star Wars, Arthur Pendragon?» rise Merlin, scuotendo la testa. Era assurdo, santo cielo, come poteva fare le battute in quel momento?
«Almeno ti ho fatto ridere» disse sorridendo, accarezzandogli a sua volta una guancia «Merlin, davvero…»
«Arthur, va tutto bene» affermò di nuovo «Lascia solo che… che… mi permetteresti di aiutarti con l’armatura? Non sono bravo, ma… posso imparare, per te, ora».
«D’accordo» disse l’altro annuendo «Te ne sarei grato».
«Bene, allora, mettiamoci al lavoro» disse alzandosi e aprendo la valigia che aveva preparato lui stesso con tutti i pezzi dell’armatura del biondo. Era stata un’impresa riuscire a trovare una borsa abbastanza capiente per quella roba, ma ci era riuscito, in fondo, lui era il mago delle valigie. Prima prese tutti i pezzi che la componevano, disponendoli sul prato, poi aiutò il re a togliersi gli abiti moderni e infine lo aiutò ad indossarla pezzo dopo pezzo, mentre l’altro lo guidava in tutti i movimenti e le azioni che doveva compiere. Il biondo pensò che sarebbe stato davvero un ottimo servitore a Camelot, ma… come poteva chiedergli una cosa del genere? Ehi, lasceresti la tua vita perfetta qui, per seguirmi e fare il servitore al mio castello? – no, suonava da asino/testa di fagiolo, come avrebbe detto Merlin. Si ritrovò a sorridere, mentre correggeva Merlin che gli sistemava la corazza.
«Non sei male, per essere la prima volta te la sei cavata bene» disse il re sorpreso e ammirato, mentre Merlin gli passava con aria quasi solenne la spada «Grazie» disse prendendola e mettendola nel fodero.
«Grazie a te, Arthur».
Di nuovo nelle sue vesti originali, con la sua spada al suo fianco, Arthur si sentì di nuovo se stesso, di nuovo il re di Camelot e fu più pronto che mai a tornare a casa. Si avvicinò a Merlin, e incurante di indossare l’armatura, lo avvolse tra le sue braccia, stringendoselo contro. Merlin si tuffò in quell’abbraccio perdendosi tra quelle braccia forti che sempre l’avevano fatto sentire protetto in quei mesi. Si separò da lui un momento e lo guardò da capo a piedi, dannazione, era così bello e affascinante con la sua armatura scintillante addosso, la spada al suo fianco, l’espressione fiera, seria ed orgogliosa di un cavaliere d’altri tempi. Era più bello che mai, e provò ad immaginarselo con una corona sulla testa, mentre guidava un popolo verso la giustizia, l’armonia e la pace, mettendo i fondamenti a quella che sarebbe stata la sua Inghilterra moderna. Tuttavia, era anche consapevole che gli sarebbe mancato come l’aria.
 
Quando, qualche ora dopo, la luna fu alta nel cielo, entrambi seppero che il momento era giunto, poiché lo stregone fece il suo ritorno, annunciando che le condizioni erano giuste, e in quel momento il re poteva tornare a casa. Lo stregone, allora, si mise davanti alla fonte, e invitò Arthur ad avvicinarsi ad essa; poi pose le mani dinanzi a lui e pronunciò delle parole magiche in una lingua antica e sconosciuta, la terra tremò per un momento, e un fascio di luce potente colpì la sorgente, esso abbagliò tutti i presenti, tranne lo stregone che lo fissò, per qualche istante, e poi da esso, con un’altra esplosione di luce, si aprì un portale, una sottile linea d’energia dorata che sprigionava un’enorme potenza.
Arthur guardò davanti a sé, e lo stregone gli fece cenno di oltrepassarlo, attraverso quello sarebbe tornato a Camelot; prese un profondo respiro e fece un passo in avanti, ma si fermò, voltandosi verso Merlin, che osservava la scena con stupore, ma il suo sguardo distrutto, tradiva la sua finta sicurezza.
«Merlin» disse il re, guardando con amore e dolore il suo amante «Grazie di tutto».
«Arthur…» lo chiamò il moro, ma non disse nient’altro, semplicemente lo raggiunse e gli gettò le braccia al collo, in un disperato tentativo di non separarsi da lui «Portami con te» lo supplicò, un singhiozzo intrappolato nella gola «Ti prego, portami con te».
Il re si morse le labbra, per non rispondere di getto e trascinarlo con sé, solo gli dèi sapevano quanto avesse desiderio di portarlo con sé, ma le sue riflessioni avevano portato sempre alla stessa conclusione, non poteva condannarlo ad una vita in cui non sarebbe stato felice, certo, per i primi tempi tutto gli sarebbe sembrato fantastico, perché sarebbero stati insieme, tuttavia non poteva non guardare la realtà, sapeva che avrebbe esposto Merlin ad un grande pericolo, ed era per questo che non gliel’aveva chiesto: perché sapeva che il moro sarebbe stato disposto ad abbandonare tutto e a seguirlo anche nella più sanguinosa battaglia e Arthur non voleva vedere un’altra persona, da lui amata, morire tra le sue braccia.
«Non fare così, per favore» gli disse in un sussurro, avvolgendo le sue spalle con le sue braccia, affondando il naso nel suo collo «Non posso portarti con me, Merlin, no, non posso» disse cercando di farlo ragionare, gli faceva male il cuore a vederlo in quello stato, sarebbe stato facile per lui dirgli di sì, ma non poteva, in cuor suo sapeva di non potere.
«Non voglio stare senza di te» singhiozzò, aggrappandosi a lui «Ti prego, portami con te, non sarò mai più felice senza di te» disse ancora disperato; Arthur deglutì, stringendoselo addosso per l’ultima volta. Sentiva le sue lacrime sulla pelle e non poteva far nulla per fermarle, non ne aveva alcun potere.
«Hai promesso che lo saresti stato, a Camelot ti avrei fatto punire per aver mentito al tuo re» mormorò, cercando di farlo sorridere. Fece un passo indietro, sciogliendo l’abbraccio e lo guardò; il suo cuore si strinse a quella visione, non voleva lasciarsi dietro la sua immagine singhiozzante e supplicante, non avrebbe retto a tutto quello, lo sapeva. Anche se fingeva di essere orgoglioso e di essere immune ai sentimenti, quel giovane aveva ribaltato ogni sua convinzione, facendo tornare a battere il suo cuore.
«Arthur…» un altro singhiozzo di Merlin, un altro pezzo del cuore del re che si spezzava. Scosse la testa, e portò i palmi sulle sue guance, cercando di eliminare le lacrime dal suo viso, non sapeva dire quanto gli facesse male vederlo in quello stato, se avesse potuto, avrebbe cancellato ogni sentore di dolore da quel bel viso che l’aveva fatto innamorare.
«Lasciami andare, Merlin» lo pregò, anche la sua voce rotta in un singhiozzo «Andrà tutto bene, te lo prometto».
«No…»
«Devi lasciarmi andare, amore mio» sussurrò, gli tenne il viso con entrambi i palmi e lo guardò negli occhi, anche se erano arrossati e velati di lacrime, i suoi occhi erano meravigliosi «Per favore, ti prometto che andrà tutto bene» ripeté.
«Arthur…» Merlin non riusciva a parlare a causa dei singhiozzi, riusciva solo a chiamare disperatamente il suo nome; il biondo deglutì e poi lo baciò con disperazione, accarezzandogli le guance e assaporando per l’ultima volta quelle labbra, che in quel momento erano anche salate a causa delle lacrime, lo baciò profondamente, mentre il moro singhiozzava nel bacio e si aggrappava di nuovo a lui, alle sue spalle, in un ultimo, disperato tentativo di tenerlo con sé.
«Perdonami» sussurrò sulle sue labbra, prima di staccarsi da lui «Ricordati che ti amo, e ti amerò per sempre» promise, un ultimo bacio rubato e poi tornò davanti al portale, lo stregone annunciò che il tempo fosse giunto, e che lui dovesse tornare necessariamente a Camelot. Annuì all’uomo e guardò un’ultima volta Merlin «Addio, amore mio» poi fece un paio di passi ed attraversò il portale; dopo un’altra esplosione di luce, il portale si chiuse alle sue spalle.
«Ti amo e ti amerò per sempre anche io, testa di fagiolo» singhiozzò Merlin, sperando che Arthur potesse sentirlo «Ti prego, torna da me» lo supplicò, cadendo sulle ginocchia nell’esatto momento in cui il biondo sparì in quel fascio di luce. Arthur non gli aveva mai detto di amarlo, lo aveva sempre dimostrato, ma mai detto espressamente, se non nel momento in cui lo stava per lasciare solo. Merlin strinse l’erba del prato tra le dita e singhiozzò ancora.
Kilgharrah fu di nuovo vicino a lui, e gli mise una mano sulla spalla, per confortarlo.
«Non temere, giovane umano, quando il suo destino sarà compiuto, il re potrà essere felice».
«Che vuol dire questo?» chiese alzando lo sguardo «Morirà, come potrà essere felice?»
«Solo il tempo ce lo dirà» disse il grande drago «Non sottovalutare il potere dell’amore» concluse; e poi davanti agli occhi di un incredulo Merlin, svanì nel nulla, con quell’ultima enigmatica frase. E se… e se avesse significato che Arthur sarebbe tornato da lui? Un giorno, magari? Merlin si alzò da terra, asciugandosi il viso con una nuova speranza nel cuore. Forse, un giorno avrebbe rivisto Arthur.
 

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Hola people! 
Buon venerdì :3 
Eccoci qui con un nuovo capitolo, chi è felice? Merlin di sicuro no. Ma gli ho lasciato una boccata di speranza. Uhuh. Arthur è un po' uterino all'inizio, ma non sa affrontare bene il dolore. Poi si fa perdonare, perché lui è il re e fa tutto bene.
Ecco svelata l'identità dello stregone/stalker/finto uomo in overdose: Kilgharrah! Il grande drago uhuh. Quindi Arthur e Merlin si sono detti addio, e Arthur gli ha detto che lo ama, cuoricino <3 Citazioni random di Star Wars che ci stanno sempre bene (nella mia testa, nei due mesi che Arthur ha passato con Merlin gli ha fatto vedere tutti i suoi film preferiti, tra cui anche Star Wars, nella mia mente Merlin è un piccol nerd adorabile :3)
Ho dovuto eliminare un pezzo (che ritroverete nel prossimo capitolo) che altrimenti perdevo la magia delle 8.000 parole circa a capitolo, eeeh. La vita quando mi metto a correggere è la fine, i capitoli lievitano come l'impasto delle pizze e i dolci nel forno.
Tutte le info sulla torre/Glastonbury ecc. le ho trovate sui vari siti dedicati all'argomento, e ovviamente ho preso qualche licenza poetica per creare l'atmosferma, e per inserire la cosa qui. E niente, nel prossimo capitolo c'è in tutto il suo splendore King Arthur a Camelot <3 e un Merlin un po' depresso. BUT avrà ottimi amici a tirargli su il morale. 
Now, io vi saluto e vi ringrazio tutti per l'enorme supporto, tutte le persone che aggiungono la storia alle preferite e alle seguite, tutti quelli che la visualizzano e le due meravigliose persone che recensiscono sempre senza stancarsi mai :3 
Ci si becca spero presto con il settimo capitolo :3 Stay tuned!
A presto, people! 


PS La shot è in fase di correzione, stay tuned anche per quella! 

   
 
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