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Autore: AdhoMu    22/02/2019    8 recensioni
["Principenny" Clearwater / Charlie Weasley (et Percy Weasley)]
"Weasley.
Patronimico riferito ad antichissima famiglia magica inglese, appartenente al rinomato gruppo delle Sacre Ventotto. I suoi membri sono tradizionalmente affiliati alla Casa di Grifondoro e presentano un biotipo ben preciso, costituito da capelli rossi, pelle chiara e lentigginosa ed occhi di colore variabile fra il celeste e il nocciola."
Ah: e sono anche maledettamente numerosi, aggiungerei io.
E pure fascinosi, accidenti a loro.

Dodici caselle. Dodici draghi.
Riusciranno Penny e Charlie a recuperarli tutti prima della Battaglia Finale?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Antonin Dolohov, Charlie Weasley, Filius Vitious, Penelope Clearwater, Percy Weasley
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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10. Polvere pirica, lacrime agli occhi.
 
“Era uno di quei ragazzini iperattivi, di quelli che all'ora di colazione hanno già fatto su e giù dieci volte dalle scale della Tana (la sua stanza era all'ultimo piano, ovviamente) e che si sono cimentati nella scalata di tutti gli alberi della Contea; di quelli che si fanno gli addominali a forza di ridere, che hanno sempre fame e dei quali la tristezza ha paura; di quelli che fanno il bagno seminudi nel ruscello gelido rischiando di fare annegare le lavandaie distratte, di quelli che scagliano in giro gnomi da giardino come fossero frisbee e che hanno sempre i capelli negli occhi”.
Questo mi aveva detto Percy di suo fratello Charles tanti anni prima, quando andavamo ancora a scuola e, dopo anni di amicizia, ci eravamo messi insieme da poco.
“Piuttosto diverso da te” avevo commentato io, giocherellando con il bordo arricciato della pergamena sulla quale stavo trascrivendo la bella copia del tema di Storia della Magia.
“Oh, sì” aveva convenuto lui, riponendo attentamente inchiostro e calamaio dato che, come sempre, aveva già finito quando io ero ancora a metà.
“E ciononostante...”
“Ciononostante” mi aveva rivelato Percy, annuendo piano col capo come a voler sottolineare la solennità delle sue parole “è il mio fratello preferito”.
Io lo avevo guardato  meravigliata, chiedendomi come mai fra tutta la nidiata Weasley proprio Charles, che da quanto avevo avuto modo di apprendere era un vero e proprio vulcano, disordinato e rumoroso, bravissimo nel gioco che Percy aborriva e assai alla mano, avesse meritato il titolo di “preferito” da parte di quell’adorabile musone del mio ragazzo.
Charlie è buono” aveva affermato lui, rispondendo inconsapevolmente alla mia domanda inespressa. “Quando Bill ha iniziato la scuola, io e Charlie siamo stati praticamente inseparabili per un paio di anni. Era... era il mio eroe, sai. Mi faceva sentire importante, mi difendeva se ce n’era bisogno e non mi ha mai, mai preso in giro né chiamato secchione. Ed io l’ho sempre ammirato anche se, al tempo stesso, ho sempre saputo che non sarei mai riuscito ad eguagliarlo”.
“Nel senso?”
“Beh. Nel senso che bravo come Bill, magari, sarei anche riuscito a diventarlo, perché sai, Bill è il tipico portatore di una bravura eccelsa, ma che potremmo definire classica. Charlie no. Charlie è un concentrato di energia incontenibile, è esplosivo per natura, è un fiume in piena, è pura polvere pirica. Non si diventa così, sai. Lo si nasce”.
 
Quelle parole, pronunciate in via del tutto confidenziale tanti anni prima, mi tornarono alla mente quando assistetti alla scena di Charlie che, con un'esuberanza inarrestabile, organizzava le fila dei draghi, poco dopo che László ebbe depositato me e Percy nella piazzetta principale del villaggio di Hogsmeade – rischiando seriamente, peraltro, di scatenare il panico generale.
Abitanti e simpatizzanti della Causa continuavano ad affluire, desiderosi di fare la loro parte per sovvertire il Regime instaurato dal Signore Oscuro e dai suoi seguaci; molti di loro si fermavano a guardare atterriti l’imponente Ungaro Spinato seduto accanto alla fontana ma ben presto, dopo che io e Percy avemmo provveduto a spiegare a qualcuno che il lucertolone era dei nostri, cominciò a correre voce che la Resistenza avrebbe potuto contare sull’aiuto dei draghi: un gruppetto di streghe e maghi provenienti dall’estremo Nord, infatti, aveva riferito che un eterogeneo manipolo di draghi di ogni tipo aveva già lasciato le Shetland per raggiungere Hogwarts.
- Quindi era tutto vero! – esclamò Percy, che aveva letto di nascosto il dossier della Questione Squamosa conservato al Ministero. – Li avete davvero raccolti tutti!...
- Non tutti – lo corressi io mentre, con la coda dell’occhio, osservavo l’Ambulatorio Volante che sfrecciava nel cielo sopra di noi, a bordo del quale Morag e Carbry si dirigevano a tutta burrobirra verso il Castello. – All’appello manca il Verde Gallese, purtroppo.
Una dizione conosciuta richiamò la mia attenzione: Sturgis Podmore si era materializzato poco lontano da noi e mi chiamava a gran voce.
- Principessa di Itaca!... – mi disse, sorridendomi sollevato mentre osservava con soggezione László, che cominciava a mostrare segni di sovraeccitazione. – Non ci speravamo più!...
- Sai qualcosa del Barone Rosso? – gli domandai subito, raggiungendolo di corsa. – Non ho più avuto sue notizie: mi hanno portato via la bacchetta...
- Charlie sta arrivando con tutto lo stormo – mi rispose lui, facendosi scrocchiare le nocche delle mani. – Sarà proprio una bella sorpresa, per quei bastardi, dover fronteggiare delle bestie del genere.
La folla di sostenitori della Causa continuava a defluire in direzione della Testa di Porco.
- Andiamo anche noi? – mi chiese Percy, prendendomi per il gomito.
- Vai pure avanti – gli risposi io, ignorando il suo sguardo corrucciato. – Devo occuparmi dei draghi.
- Ma...
- Vai, Perce. Ci dev’essere tutta la tua famiglia, là dentro. Sii con loro, questa volta.
Lui mi posò le mani sulle spalle e mi guardò fisso negli occhi.
- Stai attenta. Per favore – mi disse soltanto, prima di girare sui tacchi e correre via.
 
- Fatina, stormo in vista.
La voce graffiante di László mi distolse dai miei pensieri. L’Ungaro Spinato aveva sollevato il muso e fiutava l’aria, impaziente di spiccare il volo. Alzai di scatto il viso, cercando fra le nuvole; e improvvisamente li vidi, maestosi, che si stagliavano contro il cielo spennellato delle ombre del tramonto. Si avvicinavano volando veloci e in perfetta sincronia, in uno strabiliante insieme di dieci meravigliose creature fra loro diversissime ma solidali e, soprattutto, pronte a giocarsi il tutto per tutto.
Vidi che superavano Hogsmeade, dirigendosi verso il Castello; a quel punto, mi affrettai a salire sul dorso di László e lo pregai di raggiungerli laddove si erano posati, nell’area dei giardini della scuola.
Una cupola di incantesimi protettivi si stava via via consolidando per proteggere Hogwarts; i giardini erano appena fuori, rivolti a ponente.
Charlie si trovava in mezzo al cerchio di draghi e gesticolava concitato.
Non appena Lászlò atterrò accanto agli altri, mi scaraventai a terra e corsi verso di lui.
- Charlie!...
Al suono della mia voce si girò indietro, incredulo, mentre sul suo viso si dipingeva un'espressione mista di sorpresa, di sollievo e di gioia.
- Pe... Penny?! - scattò in avanti, correndomi incontro per abbracciarmi. – Oh, per Godric... 
- Non ce l’ho fatta, Charlie! – esclamai subito io, stringendogli le braccia al collo e affondando il naso nell'incavo del suo collo. – Il Gallese Verde... ho fallito... oh, mi dispiace tanto...
- Non dire sciocchezze – mi redarguì lui, senza smettere di stringermi ed infilando il viso fra i miei capelli per riempirsi i polmoni del mio profumo. – L’importante è che tu stia bene...
Mi scostai un attimo per guardarlo negli occhi.
- Sono successe molte... cose.
- Ero preoccupatissimo, Penny. Ti abbiamo cercata dappertutto.
- Anch’io ero preoccupata. Per te.
Charlie accostò la fronte alla mia. Lo sentii che respirava fondo e, attraverso la stoffa sottile della camicia, percepii il suo cuore che batteva all'impazzata.
- Hai paura?
- Sì.
- Ma pensi di riuscire a farlo?
Lo guardai risoluta, come se comandare un branco multirazziale di draghi assortiti fosse una cosa che facevo tutti i giorni.
- Assolutamente sì.
Charlie non disse nulla. Si chinò in avanti, semplicemente, e premette le labbra sulle mie, stringendomi forte fra quelle sue solide braccia di tiepido marmo. Un bacio e un abbraccio dati con foga, come suo solito; ma una foga intrisa, al tempo stesso, di sollievo e preoccupazione, allegria e tristezza, adrenalina e timore dell’ignoto.
- Siamo alla prova del nove, Principenny – mi disse scostandosi leggermente, mentre i boati prodotti dalle prime esplosioni cominciavano a far tremare l’aria intorno a noi, riscuotendoci dalla gioia del nostro reincontro.
- Mi sembra che manchi qualcuno, però – gli dissi, sciogliendomi dal suo abbraccio. Mi ero infatti accorta, guardando oltre le sue spalle, che all’appello mancavano ben due bestie.
- Norberta e Finn sono già dentro – chiarì lui, puntando l’indice verso la cupola protettiva. – La Furia Buia aiuterà nella difesa dei corridoi in caso di invasione, mentre la nostra amica norvegese sembrava piuttosto impaziente di riabbracciare Hagrid...
- Oh, accidenti – commentai io, premendomi la mano sulla fronte – avrei tanto voluto assistere al Grande Incontro!...
Lui rise, un po’nervoso; poi si rivolse all’Azzurro delle Azzorre, il drago anfibio.
- Tu, Álvaro – gli disse, mentre io traducevo – ti occuperai della sicurezza del Lago Nero. Dovrai impedire che gli Inferi ed altre malefiche creature acquatiche penetrino nel Castello attraverso le tubature; i Maridi ti aiuteranno, cerca di proteggerli!...
Il bellissimo drago dalla livrea simile a maiolica smaltata ci strizzò l’occhio e andò a tuffarsi nelle acque del lago, mentre Charlie proseguiva con le istruzioni.
- Claude: gli sbuffi di fumo nero; Pavlo e László, a voi due, che siete i più forti, affido i Giganti.
Il Grigiofumo Alpino spiccò il volo, pronto a neutralizzare i Mangiamorte in forma gassosa attraverso i suoi micidiali sbuffi di zolfo; il Forteventre Ucraino e l’Ungaro Spinato, dal canto loro, si scambiarono un’occhiata divertita, quasi a volersi sfidare per vedere chi dei due avrebbe ammazzato più Giganti.
- Kendra, Karen – disse Charlie alla Nera delle Ebridi e alla Grugnocorto Svedese, che grugnirono in segno di assenso -  voi due, ragazze, vi occuperete della difesa aerea contro chiunque tenti di entrare ai piani alti del Castello; tu invece, Malvina, ti occuperai dei Mannari.
La Crestaguzza dei Pirenei scrollò l’imponente cresta, impaziente di abbagliare con la sua luce irradiante le schiere pulciose di quel cane di Greyback.
- Suzy – la Codaferrata Bulgara scattò sull’attenti – tu dovrai difendere i confini della Foresta proibita dalle fuoriuscite di Acromantule.
- Adoro la carne di ragno – sibilò lei, facendo saettare la coda massiccia come un’enorme mazza ferrata.
Infine Charlie si rivolse a Konsti, il Longocorno Rumeno che ci aveva accompagnati fin dall’inizio nel nostro lungo viaggio.
- Ed ora tu, amico mio – gli disse, allungando la mano per carezzargli il muso sormontato dai due imponenti corni acuminati. – Sarai il Fattore Sorpresa, il Caos fatto drago.
- Sarebbe a dire?
- Buttati nella mischia e infilzane più che puoi.
- Sarà fatto, Capo.
 
Impegnati su più fronti fummo costretti a separarci; io, priva di bacchetta, mi davo da fare per coordinare da terra le azioni dei draghi mentre Charlie, richiamato dai combattimenti all’interno del Castello, si spostava in continuazione. Ben presto, lo persi di vista.
La Battaglia infuriava; i draghi combattevano strenuamente, facendo strage di nemici.
E quando, dopo la pausa, la Battaglia ricominciò, i nostri amici sputafuoco diedero il meglio di loro.
Vidi Pavlo e László intenti a contendersi i Giganti più grossi, Malvina che inceneriva le pellicce dei Mannari, Álvaro che si tuffava fuori e dentro dal Lago, Suzy che a colpi di coda faceva rotolare Acromantule come fossero palle da bowling, Claude che affumicava gli sbuffi di fumo nero impregnandoli di zolfo, Norberta che inceneriva un Mangiamorte che aveva tentato di affatturare Hagrid, Finn che lanciava in giro vere e proprie palle di fuoco, Konsti che infilzava nemici a tutto spiano e Kendra che saettava nel cielo come una bomba nera particolarmente letale costantemente innescata.
Ad un certo punto, però, mi accorsi che Karen era sparita.
La cercai con lo sguardo, preoccupata, finché una serie di urla e ruggiti poco lontano mi fecero abbandonare la postazione e mi spinsero ad attraversare di corsa i giardini.
Davanti ai miei occhi annebbiati dal fumo delle esplosioni, si parò uno spettacolo orripilante.
Karen lo aveva seguito. Perché era lui, fra tutti, quello che lei voleva uccidere: lui, Antonìn Dolohov, l’assassino del suo cucciolo. Lo aveva cercato ininterrottamente mentre, insieme a Kendra, volava in circolo intorno al Castello; e quando infine lo aveva trovato gli si era avventata addosso, assetata di vendetta, ancora pazza di dolore.
Dolohov, però, era tutt’altro che uno sprovveduto.
Sapendo che la draghessa lo avrebbe perseguitato fino alla morte, l’aveva attirata nella parte più intricata dei giardini, un luogo in cui le si sarebbe mossa con difficoltà, ed era riuscito ad impastoiarla facendo crescere a dismisura le siepi di bosso che fiancheggiavano i viali.
Ed ora la Grugnocorto ruggiva e si agitava, tentando invano di carbonizzare i tralci incantati che la tenevano imprigionata, mentre Dolohov la bersagliava di incantesimi dolorosi.
Sbigottita, mi misi a urlare con quanto fiato avevo in gola.
- Lasciala stare!
Il suo sguardo incatenò il mio, impedendomi di guardare altrove. Un leggero movimento degli occhi, che Dolohov strinse impercettibilmente, ed eccolo nuovamente lì, orrore degli orrori, infiltrato nella mia mente, intento a tormentare i miei pensieri.
“Rieccoci qui”.
La sua voce mi raggelò.
Indietreggiai di un passo, atterrita.
Dolohov interruppe il contatto con il corpo della draghessa, che si accasciò al suolo sbuffando piano, mentre lui mi fissava con intensità crescente.
- Non... non osare...
“Oh, ma certo che no” mi provocò lui. “Tanto a che mi servirebbe? So già tutto quello che volevo sapere di te”.
Strinsi le labbra, desolata. Aveva ragione, quel maledetto: sapeva tutto di me. Tutto.
Ragion per cui non mi sorprese troppo (mi ferì, certo, ma non mi stupì) vederlo agire di conseguenza e ordinarmi:
“Dì alle tue maledette bestie di allontanarsi”.
- Mai. Lotteranno con noi, fino alla fine se necessario.
“Sciocca”.
Dolohov mi guardava impassibile. Non sorrideva, ma potevo percepire il suo scherno irradiarsi nella mia mente, simile ad un’onda di liquido corrosivo.
“Credi che per lui conterà qualcosa?" continuò, sferzante. "Credi che la tua puerile testardaggine lo spingerà a dichiararti amore eterno? Illusa”.
- Smettila!
Lo stava facendo di nuovo. Stava scavando nei miei pensieri alla ricerca dei miei punti deboli e, inevitabilemnte, vi aveva trovato Charlie.
“Il marito della tua rivale. Il Mannaro. L’ho tolto di mezzo”.
La figura scomposta del professor Lupin lampeggiò davanti ai miei occhi ed io tremai, orripilata.
“La prossima sarebbe stata lei, la Mezzosangue, ma Bella mi ha preceduto. Sta di fatto che ora, cara e ingenua miss Clearwater limpida come l’acqua di sorgente, il tuo bello non ha scampo”.
- Che cosa diavolo stai dicendo?...
“Ammesso e non concesso che sopravviva a questa battaglia, Charles Weasley non sopravviverà al ricordo di lei” mi rispose Dolohov, impietoso. "Ninfadora Tonks è morta da eroina".
Spalancai gli occhi, imemdiatamente consapevole di quanto ciò significasse.
Ninfadora Tonks, Auror eccellente.
 “Ancora quella benedettissima Dora, Charlie?” aveva chiesto Annika Berger durante il nostro breve soggiorno in Svezia.
Dora. 
L’amore impossibile di Charlie. 
Morta.
E il suo ricordo, ora cristallizzato nell’eroicità dei suoi ultimi minuti di vita, che veniva immortalato a memoria impertitura.
Il che significava...
“...che sei out, miss Clearwater. Lo sei sempre stata, ma ora sei proprio fuori gioco. Non la rimpiazzerai mai”.
- Non è vero! - balbettai io, col groppo in gola. - Charlie mi... mi vuole bene, ne sono sicura.
“Ma non ti ama”.
Oh, se mi fece male.
“Weasley ti ha usata. Gli serviva un'interprete e, già che c'era, ha approfittato di te per divertirsi un po'. È solo un maledetto opportunista, come tutti loro”.
- No! Charlie non... - indietreggiai di un altro passo, sconvolta. - Che cosa vuoi da me, perché insinui queste cose??
Dolohov abbozzò un sorriso, tagliente come la lama dei Boia del Ministero.
“Mi servi” mi disse, facendomi rintronare la testa. "Al termine della battaglia, quando avremo vinto, mi sarai molto utile".
Credetti di svenire dall'orrore.
"Ora basta, Dolohov".
Una voce calda e amichevole risuonò dentro la mia testa, annunciandomi la presenza provvidenziale di qualcuno che si era posizionato al mio fianco. Una grande personalità, solida e rassicurante, che emanava da un corpo piccolo piccolo.
Dolohov gli scoccò un'occhiata di puro odio.
"Levati di mezzo, Vitious".
Filius Vitious gli restituì l'occhiata, sorridendogli serafico ma apostrofandolo con severità:
Nessuno tocca una delle mie migliori Caposcuola, men che meno per tentare di trascinarla dal Lato Oscuro” disse il mio Direttore a Dolohov che, sollevata la bacchetta, si metteva in guardia. “Penelope è una ragazza troppo saggia e di buon cuore per servire i vostri propositi: non si unirebbe mai a voi, tantomeno per aiutarvi a catturare dei poveri draghi!...”
Dolohov strinse gli occhi.
“Perché non lo chiediamo a lei?” soffiò, facendo baluginare nella mia testa l’immagine cruda di Charlie che urlava alla vista della Maledizione di Belletrix Lestrange e che, istanti dopo, piangeva riverso sul corpo immobile di Ninfadora Tonks, stringendole la mano.
Mi stava manipolando, ed io lo sapevo, ma non riuscivo a trovare la forza per oppormi alle sue insinuazioni e scacciarlo.
Era davvero troppo. 
- Io non... no!
Urlai a squarciagola tutto il mio avvilito sconcerto, e poi lo fissai con un’intensità che non mi sarei mai aspettata di poter raggiungere. E la mia disperata determinazione a non cedere, a non cadere nella sua trappola parve colpirlo con la forza di uno schiaffo violento: per la prima volta lo sentii vacillare e spalancare gli occhi in un moto di autentica sorpresa.
E vidi.
Vidi, in fondo alla sua anima tormentata, la figura luminosa di una giovane donna bionda vestita d’azzurro, che riemergeva oltre la coltre cupa dei suoi ricordi e il cui sguardo, inizialmente carico di dolcezza, si tramutava rapidamente in un’espressione ferita, pregna di duro rimprovero. Udii anche delle parole, pronunciate in una lingua sconosciuta ma il cui senso mi riuscì perfettamente comprensibile: parole di profondo rammarico che il ricordo mai sbiadito di quella donna, eterea e titanica al tempo stesso, rivolgeva allo sbigottito Dolohov:
- Che razza di mostro sei diventato, Nîn?
- Rodina...
- Mi vergogno di te.
A quelle parole, Antonìn Dolohov parve impazzire.
Con un urlo disumano, fece sferzare la bacchetta e mi si gettò addosso.
“Avada Kedavra!”
“Stupeficium!”
Appena in tempo.
Sconfitto dal piú potente e inatteso dei suoi demoni Dolohov stramazzò al suolo, centrato dallo Schiantesimo del professor Vitious. Perché no: non si sfida uno dei più provetti duellanti di Hogwarts, nonché miglior insegnante di Incantesimi di tutti i tempi, pensando addirittura di farla franca.
Immediatamente, mentre ancora cadeva, sentii che la sua anima si sganciava dalla mia, lasciandomi libera. Così sia pensai io, scuotendo il capo per scacciare dalla mia testa gli ultimi scomodi rimasugli della sua presenza. 
- Meno uno – Filius Vitious si affrettò a legarlo saldamente con una spessa corda levitante. Io gli rivolsi un'occhiata stanca.
- Professore...
Lui mi guardò con tenerezza e annuì.
- Procedi pure, Penny cara – mi disse, porgendomi la sua bacchetta ancora tiepida d'incantesimo. – Riprenditi ciò che è tuo. Ne hai tutto il diritto.
Respirai fondo e, per qualche secondo, strinsi fra le ditai la corta asticella di legno di faggio che lui mi aveva consegnato. Poi, socchiudendo appena gli occhi per recuperare la concentrazione, la puntai su Dolohov.
- Oblivion!
L'incantesimo di memoria lo colpì, conficcandosi a fondo dentro di lui. Io rimasi ferma per un paio di minuti, sentendomi invadere dal sollievo anche se, poco dopo, la Battaglia che ancora infuriava intorno a me mi ricordò che le sorti della Guerra rimanevano incerte.
Nonostante tutto, però, una cosa era sicura.
Mi ero ripresa ciò che era mio; i miei ricordi, i miei sogni, le mie incertezze e le mie speranze. Se, prima o poi, si fosse risvegliato, Dolohov non sarebbe più stato in grado di ricordare nulla di quanto mi aveva sottratto.
 
C'era una cosa, tuttavia, che in quel momento ancora non sapevo, e cioè il fatto di non essere l'unica persona fermamente e risolutamente determinata a riprendersi qualcosa che considerava suo.
Ne dovetti prendere atto a Battaglia conclusa; quando, dopo avere faticosamente rintracciato tutti i draghi ed essermi assicurata che stessero bene, mi trascinai stancamente fino a ciò che rimaneva della Sala Grande.
Ero spossata, stanca da morire e, nonostante la consapevolezza della vittoria, ancora molto scossa, sia per tutti gli orrori che si erano appena verificati tutt'intorno a me, sia a causa del mio incontro ravvicinato e particolarmente sofferto con quel bastardo di Dolohov. Il quale, fra parentesi, era stato prontamente prelevato dagli Auror e sbattutto in chissà quale gattabuia d’emergenza, senza che essi si fossero neppure degnati di reinnervarlo.
- Azkaban a vita – mi aveva assicurato uno scarmigliato Sturgis Podmore, dopo avermi salutata con affetto ed essersi congratulato per l’importante ruolo svolto dai draghi nella difesa del Castello. – Stavolta buttiamo via la chiave, te lo garantisco.
Comunque, dicevo, una volta appurato che i miei amici squamosi non avessero dubito danni particolarmente ingenti, strinsi i denti e mi recai laddove i buoni del Mondo Magico piangevano le loro perdite.
Sapevo quel che vi avrei trovato (Vitious mi aveva subito riferito della morte di Fred Weasley) e sapevo che ciò sarebbe stato durissimo da affrontare, ma non mi tirai indietro perché, se nel caso del fratello di Charlie e Percy era mio assoluto e sacrosanto dovere manifestare la mia vicinanza a per lo meno due persone che mi erano care, nel caso di Ninfadora Tonks dovevo assolutamente tentare di capire quale fosse il mio posto definitivo.
Una volta raggiunta la Sala Grande mi fermai per un attimo, facendo vagare lo sguardo.
La famiglia Weasley al completo, facilmente identificabile grazie alle inconfondibili aureole rosse che coronavano i loro capi, si stringeva intorno al corpo immobile dello sfortunato gemello sacrificato alla Guerra. Genitori e figli si stringevano gli uni agli altri. Alcuni di loro piangevano a calde lacrime e si lamentavano; altri, come George, parevano impietriti.
Dritto come un fuso accanto a Bill Weasley e alla sua sposa, Percy non abbracciava nessuno. Lo osservai per qualche attimo e mi accorsi che contraeva convulsamente la mascella e stringeva i pugni, apparentemente incapace di riversare fuori il dolore che lo faceva tremare come un gattino intirizzito.
Continuai a guardare.
Charlie, in piedi all’altro fianco di Bill, cingeva con un braccio le spalle di sua madre e teneva il capo chino, coi riccioli rossi che gli ricadevano sugli occhi. Quando alzò appena appena il mento, vidi che il suo viso era velato da un’ombra scura di disperata tristezza; e quello fu, per l’esattezza, il momento in cui i suoi occhi rossi di pianto incrociarono i miei. Lo vidi alzare del tutto la testa e ritirare il braccio dalle spalle di Molly Weasley per sfregarsi la mano sul viso e tirarsi indietro i capelli bruciacchiati; e vidi che spostava il peso da un piede all’altro, forse intenzionato a muoversi.
Io abbozzai un sorriso mesto.
Proprio in quel momento, qualcuno mi si avvicinò in tutta fretta.
Percy non mi diede neppure il tempo di capire cosa succedeva. Mi venne vicino e mi abbracciò, per poi scoppiare in un pianto dirotto condito da recriminazioni amare. E mentre piangeva e imprecava e mi si stringeva addosso, disperato, ricercando fra le mie braccia quel rimasuglio di porto sicuro che ancora rappresentavo per lui e implorandomi implicitamente di non lasciarlo solo, di stargli vicino, di aiutarlo a ricostruire quel muro che la sua sciocca ambizione era stata capace di sgretolare, io capii che, in quel momento, non avrei potuto fare altrimenti.
Non avrei potuto. No.
E così lo tenni stretto, cullandolo piano.
Lo tenni stretto mentre Charlie, che aveva osservato in silenzio la scena, tornava a nascondere il viso sotto ai riccioli e distoglieva, forse per sempre, il suo sguardo da me.
 
Post-Scriptum:
Da Canon sappiamo che Dolohov non muore in Battaglia, ma che viene sconfitto in duello da Vitious. Ho pensato di adattare questa informazione riagganciandola all'affetto che lega il direttore della Casa di Corvonero alla Caposcuola Clearwater.
La descrizione (leggermente modificata) di Charlie ragazzino a inizio capitolo la devo a Greta, avendola io sviluppata in uno scambio di battute con lei :)
Per il resto, beh, direi che ci siamo.
Manca solo l’epilogo per concludere la storia e qui, ve lo dico, avrei più che mai bisogno di sapere cosa ne pensate (mi verrebbe voglia di indire una vera e propria votazione, in realtà!). Perché, da una parte, sappiamo che prima o poi Percy incontrerà una certa Audrey, il che significa che il futuro di Penny non è insieme a lui. Dall’altra, però, sappiamo anche che Charlie “è l’unico dei sei fratelli superstiti a non essersi mai sposato”. Il che, comunque, potrebbe volere dire molte cose cosicché di possibili finali, per la testa, ne ho ben due.
Resta solo da capire quale sia meglio adottare.
   
 
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