Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hoshi_10000    23/02/2019    1 recensioni
Ogni scelta ha un prezzo, questo chiunque lo sa, ma quale può essere il prezzo per vivere nel segreto? Quali saranno le condizioni per continuare a vivere normalmente, quando un imprevisto entra nella tua vita? E Sinbad e Ja’far saranno pronti a pagare il prezzo delle loro decisioni?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Judal, Sinbad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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SHOCK



Due settimane dopo l’annuncio della gravidanza Sinbad partì serenamente: si preparò i bagagli, non litigò con Ja’far e si assicurò che i suoi fedeli generali lo tenessero d’occhio. Anche se, di nuovo, nessuno avrebbe tenuto d’occhio lui.
Il viaggio fu splendido, preoccupazioni a parte, e la nave attraccò nel porto di Kou nel bel mezzo della notte, una settimana dopo esser partita.
Tuttavia, fu presto chiaro che c’era un che di diverso a Kou.
Certo, ovviamente non si aspettava che il principe Koumei stesse ad attenderlo al porto notte e giorno, ma confidava che a seguito della lettera che gli aveva scritto, mandasse almeno qualche servitore di palazzo ad attendere il suo arrivo… invece non trovò nessuno. Dopo aver atteso invano per una mezz’ora che qualcuno venisse a prenderlo si avviò a piedi verso il palazzo.
Il non incontrare nessuno gli parve normale, nel bel bezzo della notte, e si godette la passeggiata fra le case ed i negozi, fino ad arrivare al castello. Lì venne prontamente bloccato da delle guardie, che dopo aver sentito le ragioni della sua presenza lì mandarono a chiamare un valletto che lo accompagnasse in camera, senza fare il minimo accenno all’assenza di una carrozza che lo attendesse al porto.
Il valletto, un ragazzino dall’aria assonnata, gli fece strada fino ad una delle camere per gli ospiti e dopo che fu entrato chiuse la porta alle sue spalle.
C’era qualcosa che non andava, pensò spogliandosi. Già l’assenza di una qualche forma di scorta ad attenderlo al porto non era normale per un impero come Kou, che faceva dell’accoglienza degli ospiti un vanto, ma che anche al suo arrivo ci fosse tutta quella disorganizzazione… che era successo?




******************
Quando la mattina seguente si svegliò, si vestì ed uscì, certo di trovare un servitore o un’ancella in attesa del suo risveglio, pronto a dargli il buon giorno e portargli la colazione, ebbe un’altra strana sorpresa. Non c’era nessuno.
Dopo un attimo di esitazione, sforzandosi per ricordare la strada, s’incamminò verso la sala da pranzo reale, dove aveva cenato l’ultimo giorno del suo soggiorno. Arrivatoci davanti aprì lentamente la porta, trovando all’interno un ampio banchetto, e quelli che, a giudicare dai tessuti pregiati, dovevano essere i principi e le principesse, e che si girarono a guardarlo incuriositi.
-Mei, chi è?- domandò quello che dalla voce doveva essere un principe, dall’aspetto una principessa.
Il cosiddetto “Mei” si alzò e gli andò incontro, ignorando la domanda. -Felice di rivederla, signor Sinbad.- disse stringendogli la mano. Fu bizzarro, ma al vedere quella innocua stretta di mano si sentì un ringhio, che attribuì ad un uomo più o meno suo coetaneo, alto quanto lui e chiaramente alpha ed arrabbiato.
-Kouen, che ti prende?- domandò la donna seduta vicino a lui, una principessa vestita di bianco, con due enormi occhi azzurri e capelli neri.
La sua attenzione venne distolta dalla scena da Koumei, che iniziò a fare le presentazioni. -Questa volta è stato più fortunato, potrà conoscere tutti i principi dell’impero. Le presento Kouha,- disse indicando il principe-principessa, che gli indirizzò un sorriso sghembo, -Kougyoku,- una graziosa principessa dall’aria timida, -Hakuryuu,- un giovane dai fini capelli neri, -Hakuei e Kouen.-
Salutò tutti educatamente, e come da istruzione prese una sedia ed andò a sedersi fra Koumei e Kouha. Dopo il primo saluto Koumei si concentrò sul cibo davanti a lui, mentre il suo vicino iniziò una fitta conversazione.
-Piacere di conoscerla, sono Kouha, generale a capo dell’ala ovest e padrone del djin Leraje.-
Sorrise divertito e tese la mano. -Sinbad, il piacere è mio.-
-Come si è trovato nella sua precedente visita?-
-Magnificamente, vi ringrazio ancora.- Koumei al suo fianco sventolò una mano con fare di sufficienza, mentre Kouen lo guardò truce. Non si poteva certo dire che fosse di buon umore, visto poi che non faceva altro che fissarlo come se gli avesse fatto un torto.
-Per quanto ha intenzione di fermarsi questa volta?- non era la fine trappola che gli aveva teso Koumei al loro primo incontro, non ci si avvicinava neppure lontanamente, ma la loquacità del giovane principe era comunque piuttosto impressionante.
-Non più di un paio di giorni, spero di non esservi di disturbo.-
-Niente affatto! Piuttosto, mi dica: sarebbe disponibile ad uno scontro?-
Prima che potesse anche solo pensare una risposta, un pugno si abbatté sul tavolo, facendo cozzare tutte le stoviglie.
-Dannazione Kouha, piantala una buona volta di infastidire gli ospiti!-
Di nuovo la principessa accanto a lui tentò di calmarlo, ma questa volta non sortì effetto ed il principe se ne andò furente.
Koumei sospirò. -La prego di scusare il suo comportamento, è da tempo che non soggiornava a palazzo e la guerra lo ha provato.-
Scosse il capo. -Si figuri, e anzi mi scusi: non era mia intenzione crearvi problemi.- girò poi il capo verso il principe seduto accanto a lui, che si sporgeva verso di lui con aria curiosa. -Preferirei non eccedere, per cui se vi accontenterete di uno scontro senza ricorrere alla magia mutaforma sarò lieto di farvi compagnia.-
La colazione proseguì tranquilla ed ebbe modo di scambiare due parole con tutti i commensali, ma gli restò un dubbio: perché il palazzo era così disorganizzato? e perché il principe Kouen sembrava odiarlo a morte, senza che si fossero mai incontrati prima?




******************
Passò il tempo che lo separava dal pranzo in compagnia di quel bizzarro principe, che lo trascinò per tutto il palazzo con pretese e richieste quantomeno assurde, cercando di coinvolgerlo in attività quantomeno alternative. Dovette più volte rifiutarsi, ad esempio, di tentare di rasare il pizzetto di Kouen, di truccare Koumei per fargli sparire le occhiaie o di sostituire i bagnoschiuma che erano solite usare le principesse sue sorelle. Ma si divertì, ed ebbe alcune conversazioni piuttosto interessanti. Poi ad un tratto il clima cambiò.
-Durante la sua ultima visita, ha avuto modo d’incontrare Judal?-
In sé per sé, la domanda non sembrava contenere trappole particolari, ma il clima gelido attorno a loro sembrava dire il contrario.
-Si trovava a palazzo?- domandò cercando di dare un tono di vaga sorpresa alla sua voce -Pensavo fosse impegnato anche lui in qualche campagna militare.- come mercante aveva dovuto imparare a mentire, sapeva di essere abile, ma ebbe comunque paura. Se l’avessero scoperto, che avrebbero cercato di fare?
-O no, raramente segue me o mio fratello in battaglia in quest’ultimo periodo.- rispose il giovane principe addolcendo lo sguardo e esibendo un piccolo sorriso. Alzò la testa e avanzò.
Sinbad rimase indietro un secondo prima di riprendere a seguire il principe, con una martellante domanda per la testa: “che Judal c’entri qualcosa con questo strano clima?”




******************
Passò il pomeriggio a discutere con Koumei di tutti i particolari del contratto redatto mesi prima, interrompendosi solo a breve distanza dalla cena. Era stato pesante, ma decisamente proficuo, e procedendo con quel ritmo avrebbe potuto ripartire già la sera successiva.
-Signor Sinbad.- la voce del principe lo spinse a girarsi. Si guardarono un attimo, poi prendendo un profondo respiro Koumei si alzò e gli si avvicinò. -Di nuovo, la prego di scusare il principe per il suo comportamento.- non era stata solo la colazione, ma anche quando a pranzo Sinbad aveva chiesto a Koumei di passargli un piatto, con tutte le cortesie del caso, c’era mancato poco che Kouen non ribaltasse il tavolo. -È stato sui campi di battaglia per circa due mesi ed al ritorno ha avuto una brutta sorpresa. È solo stanco, normalmente non si comporterebbe mai così…-
Sorrise e gli poggiò una mano sulla spalla. -Non si deve preoccupare, capisco ed anzi sono io che mi scuso, mi duole infastidirvi e per tanto spero di poter concludere queste trattative il più velocemente possibile.-
Il principe gli sorrise, uno di quei sorrisi stanchi che gli aveva già indirizzato in un paio d’occasioni. -Ad ogni modo non deve preoccuparsi, dopo il pranzo di oggi gli ho parlato: finché lei sarà qui ha accettato di mangiare in camera sua così che non ci siano altri incidenti.-
-Non deve scomodarsi.-
-È il minimo invece.-
S’incamminarono verso la porta, e Sinbad non poté fare a meno di notare, riflettendo sul discorso appena concluso, un piccolo particolare.
-Mi consente una domanda?-
Il principe richiuse la porta e assentì.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Sinbad parlò. -Non vorrei risultare invadente, ma posso chiederle che cos’è successo per turbarlo così?- non specificò l’oggetto, certo che non fosse necessario, ed in effetti lo sguardo incupito di Koumei diede ad intendere che aveva capito, e che la domanda era sgradita. Tuttavia rispose.
-Nulla di cui preoccuparsi, il nostro Gran Sacerdote è incappato in un contrattempo che sta creando qualche problema a corte, ma, come le ho detto, non ha motivo di preoccuparsene.-
Detto questo si girò ed uscì. E fu chiaro come il sole che dietro a quel “non ha motivo di preoccuparsene” era in realtà celato un “non sono fatti suoi”.




******************
La cena fu tranquilla, il cibo ottimo e la compagnia vivace pur se distaccata. Tutti i problemi organizzativi che c’erano stati vennero ignorati, Sinbad fu accompagnato alla sua stanza dal principe Kouha, che dopo avergli augurato la buona notte si ritirò e Sinbad, non avendo altro da fare, decise di andare a letto.
Stava giusto infilandosi sotto le coperte quando la sua porta si aprì. Pensò istintivamente che fosse un servitore, per cui si girò con calma, ma non riuscì a vedere nessuno, a causa di qualcuno che gli aveva coperto gli occhi con le mani.
Il suo primo istinto fu quello di attaccare, e diede immediatamente una gomitata, ma non incontrò ostacoli. Nella sua mente balenò l’idea di ricorrere ad un attacco che sfruttasse il magoi, ma se la persona alle sue spalle avesse avuto cattive intenzioni non si sarebbe certo limitata a coprirgli gli occhi con le mani, quindi ond’evitare incidenti o fraintendimenti non reagì, sentendo la persona dietro di lui soffiargli nell’orecchio un basso “chi sono?”
Non ebbe alcun dubbio. -Judal?- disse spostandogli le mani e girandosi a fissarlo.
Il ragazzo ghignò e si lasciò cadere sul letto alle sue spalle, battendo poi una mano sul materasso come ad invitarlo. Ma Sinbad, per quanto Judal fosse bello e desiderabile con quell’espressione provocante stampata in faccia, rimase al suo posto, fissandolo scettico.
-Ho qualcosa in faccia?- chiese stanco di quel semplice sguardo.
Negò col capo.
-Incastrato fra i capelli?-
Ripeté il gesto.
-Che ti prende?- chiese iniziando a camminare sulle ginocchia, pur senza scendere dal letto, per avvicinarglisi ed essere alla sua stessa altezza.
-Cosa vuoi da me?- gli chiese freddamente.
L’ennesimo ghignò si disegnò sulle sue labbra. -Tu cosa pensi?- replicò avvicinandogli una mano ai pantaloni, ma Sinbad si tirò repentinamente indietro.
Judal lo guardò sorpreso, poi si lasciò cadere all’indietro, rotolandosi sul letto e mordicchiandosi un unghia, mugugnando infastidito. -Vorrei tanto capire chi è il gran bastardo che mi ha fatto quest’orrido tiro.-
Sinbad restò a fissarlo. Peccato che Kou fosse così lontano…
Si diede immediatamente del cretino per quel pensiero, e si fece coraggio. Non poteva ripetere lo stesso errore, e al contempo doveva capire.
-Che ci fai qui?- gli chiese cercando di sembrare distaccato.
La verità era che anche senza tutti i maledetti feromoni che emanava durante il calore era dannatamente attraente…
ma restava un suo nemico!
Mugolò qualcosa di indistinto, poi si degnò di rispondergli. -Cercavo compagnia.-
-Per avere compagnia non è necessario togliere i pantaloni a qualcuno.- lo rimbeccò.
Udì Judal borbottare quello che sembrava un “fanculo” in risposta e lo osservò girarsi a guardare uno dei quadri appesi nella stanza.
Si sedette accanto a lui, non perché avesse voglia di gustarsi la sua compagnia, ma solo perché quello era il suo letto.
-Non avevi alternative migliori?- domandò.
In risposta Judal scosse il capo -Al momento no.-
Si sentì un po’ lusingato, così gli poggiò una mano sulla testa, scompigliandogli lievemente i capelli acconciati nella solita elegante treccia.
-Nonostante al momento suppongo ci siano un paio degli alpha di cui mi parlavi?- non sapeva pressoché nulla delle relazioni di Judal in realtà, ma di sicuro Kouen apparteneva alla famiglia ed era un alpha, quindi nulla escludeva che potesse appartenere al suo entourage.
Annuì, tenendo gli occhi fissi sul quadro. -Sì, nonostante al momento siano a palazzo.- si avvicinò piano a lui, appoggiando una mano sul suo ginocchio.
-Non eri stato tu a dire che sarebbe stato solo un calore?- gli chiese senza risentimento o malizia, solo... rassegnazione.
-Già.- annuì -Non ti chiedo nulla,- disse girandosi a guardarlo, con sguardo pacato -solo fammi restare un po’ qui.-
-Non c’è problema,- assentì avvolgendogli un braccio attorno alle spalle -ma posso chiederti che succede?-
Non erano amici. Non erano amanti. Ma non riusciva ad ignorarlo, e ne era convinto: doveva sapere cos’era successo.
Judal sembrò avere un attimo di esitazione ma alla fine rispose. -Nulla di preoccupante, abbiamo solo litigato un po’.-
Sinbad alzò un sopracciglio guardandolo scettico, e la cosa sembrò ricordare a Judal che per tutto quel tempo aveva avuto un atteggiamento quasi educato, così che riprese a comportarsi come al solito.
-Nulla di cui preoccuparsi,- ghignò allontanandosi e battendogli una pacca sulla schiena -normali scaramucce tipiche di questo tipo di relazioni senza impegno.-
Non era convincente, e Sinbad non si fece problemi a rinfacciarglielo, ma per tutta risposta Judal si alzò e si diresse alla porta, salutandolo sventolando la mano, senza però guardarlo.
-Judal?- lo richiamò, senza saper se lo avrebbe ascoltato o no.
Lo fece. Si fermò e per un attimo smise di respirare. -Spero che riusciate a chiarire.-
Un aria triste attraverso per un attimo i suoi occhi, prima che il ragazzo scoppiasse a ridere in modo falso e rispondendo con un tono di scherno. -Ti hanno mai detto che nel mondo dei grandi non tutto è così semplice?-
Per un secondo fu tentato di mandarlo al diavolo, ma ricordandosi di quel lampo di tristezza si trattenne, sostituendo gli insulti con un “spero comunque che possiate riappacificarvi quanto prima.”
E quelle parole segnarono la fine di qualcosa. O forse il suo inizio.
Judal si lasciò infatti cadere a terra, disegnando dei piccoli cerchi sul pavimento con un dito.
-Non accadrà mai.-
Si alzò per avvicinarglisi e cercare di dargli conforto, ma Judal lo inchiodò. -Sono incinto.-










Piccoli scleri di cui (volenti o nolenti) finirete per far parte: voi non avete un piccolo déjà-vu?
Bene questo capitolo mi soddisfa, perché sembra seguire la legge di Murphy, secondo la quale:
se una cosa può andar storto lo farà e se più cose possono andare storte lo faranno nel peggiore degli ordini possibili.
Ecco, questa è stata per lungo tempo la mia filosofia di vita, e adesso grazie ad una magnifica persona questa mia visione pessimistica è cambiata.
Ora, dopo questa graziosa parentesi che dubito vi interessasse, vi dico solo che, con vostra somma gioia, non vi annoierò con delle inutili domande salvo, ovviamente, “Chi aveva previsto tutto o anche solo lontanamente immaginava la cosa?”, limitandomi a dirvi quanto io ami questa fanfiction e che mi fa piacere sapere che ancora la seguite.
E potete maledirmi, perchè adesso per un mesetto rimarrete in sospeso :-)

Hoshi_10000
   
 
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