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Autore: Lost on Mars    23/02/2019    2 recensioni
È difficile per Lily avere un migliore amico che non perde mai l’occasione di azzuffarsi con suo fratello. È meno difficile aggiustare il naso di Scorpius, nonostante lui non riesca a stare fermo per dieci secondi consecutivi. È facilissimo invece risolvere i problemi altrui, così da non pensare ai propri.
Per Albus, al contrario, è estremamente facile attaccar briga con chiunque gli dia fastidio. È un po’ meno facile stare a sentire gli avvertimenti dei suoi migliori amici, che cercano di tirarlo sempre fuori dai guai – tranne Frank, che lo appoggia in tutto. È difficilissimo chiedere scusa e riconoscere di aver sbagliato, colpa del suo maledetto orgoglio.
Per entrambi, è assolutamente impossibile fare ordine tra il caos che regna sovrano nella loro testa, nella loro famiglia e nelle loro vite.

“Mi limito a guardare Lily, che gli sorride in un modo genuino, spontaneo, che non ha niente di forzato. Se devo dirla tutta, Malfoy non sembra avere più quell’aria da dio sceso in terra, né quell’atteggiamento tanto odioso che lo caratterizza. Il modo in cui la sta guardando, in cui le si rivolge, o anche il semplice tono calmo e gentile della sua voce, lo fanno sembrare tutt’altra persona.”
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Roxanne Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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IX – LILY
 
Come sei orgogliosa
 
 
Albus compare improvvisamente nel bel mezzo di un corridoio del settimo piano, accanto a lui volteggia anche il nome di Frank Paciock. Si avviano verso le scale e poco dopo scendono al sesto piano. Aggrotto le sopracciglia. Non dovrebbero trovarsi lì, ma in Sala Grande con il resto della scuola a cenare. Beh, in teoria neanche io dovrei starmene nascosta nell’aula di Trasfigurazione a controllare gli spostamenti di mio fratello e non dovrei neanche farmi troppe domande. D’altronde, la Mappa non mente mai.
È stata una lunga lotta tra me e Albus, dopo i M.A.G.O. di James. Fino a quel momento, sia il Mantello che la Mappa sono appartenuti a lui senza alcuna eccezione, non ce li ha mai fatti provare, in dormitorio li nascondeva magistralmente e li incantava con un incantesimo di disillusione per non farli trovare ad Albus, perché aveva paura che lui potesse insinuarsi in camera sua all’improvviso e rubarglieli. Ahimè, finiti i suoi sette anni di scuola, sono finiti anche i suoi soprusi nei nostri confronti e all’inizio delle vacanze estive è iniziata una battaglia all’ultimo sangue. Ovviamente, sia io che Albus volevamo entrambi gli oggetti magici di nostro padre, e ovviamente nessuno dei due era disposto a cederli all’altro, né riuscivamo a trovare un compromesso. Quel compromesso è arrivato direttamente da mamma che, stanca di sentirci litigare ad ogni ora del giorno e della notte - forse perché così rubavamo la scena ai suoi litigi con papà - ha deciso che io avrei tenuto la Mappa e Albus il Mantello. Scelta a mio parere sconsiderata, perché Merlino solo sa cosa sia capace di fare Albus in giro per la scuola senza essere visto. È altresì vero, però, che almeno con la Mappa posso controllarlo ed evitare che faccia stupidaggini. Non che la cosa mi sia riuscita molto bene finora, ma l’anno scolastico è appena iniziato. Mai dire mai.
Resta il fatto, comunque, che mio fratello non è in Sala Grande a cenare, ma a zonzo per il castello assieme al suo migliore amico, nonché la persona che lo conduce lentamente verso il degrado e che lo appoggia in qualsiasi cosa stupida abbiano in mente di fare. Torno con la mente alla realtà quando noto che si stanno avvicinando all’aula dove sono nascosta: è il momento di agire. Punto la bacchetta sulla mappa e sussurro: «Fatto il misfatto.», poi esco in corridoio e mi guardo furtivamente intorno, quando sento due voci maschili che si avvicinano, mi nascondo velocemente dietro una colonna e aspetto che mi raggiungano. Nel frattempo le loro parole si fanno sempre più distinte e non mi lasciano presagire nulla di buono. Che novità!
«Dovremmo dirlo anche a Derek, secondo te?» Questa è la voce di Frank, che ovviamente intende coinvolgere anche gli altri nei suoi pani malefici.
«Nah» risponde Albus con sufficienza. «Derek è troppo buono per questa cosa.»
«Mi sa che hai ragione» riconosce allora Frank. «E poi Bellamy non deve saperlo…»
Oh, fantastico. Stanno escogitando qualcosa senza l’unica persona dotata di buon senso, non può che essere qualcosa di terribile.
«Esatto, quindi se lo dicessimo a Derek lui sputerebbe il rospo in meno di un secondo» dice ancora Albus. «No, è una cosa che dobbiamo fare noi due. Fidati, entro Halloween non ci darà più alcun problema, dobbiamo solo delineare lo scherzo perfetto.»
«Entro Halloween potrebbe essere troppo tardi, Al!» esclama ad un certo punto Frank. «Voglio dire, e se anche loro progettano qualcosa, sai quanto possono essere terribili?»
Loro chi? Non intenderà per caso noi? Lo giuro su Salazar, se questi due stanno architettando qualcosa contro Scorpius e anche contro Alec, Kelsey e me, è la volta buona che faccio venire mamma a scuola, non è possibile!
«Impossibile» risponde Albus, sicuro di sé. Ah sì, fratellino? Ci crede davvero così codardi e stupidi da non reagire ad un loro probabile scherzo? «Non riuscirebbero mai a raggiungere i nostri livelli.»
Adesso è davvero troppo. Fumante di rabbia, aspetto che si avvicinino alla mia colonna. A quel punto salto fuori, parandomi di fronte a loro, con la bacchetta ben salda in pugno. Noto subito una strana espressione sui loro volti. Stupore e confusione su quello di Albus, fastidio su quello di Frank.
«Che ci fai qui?» mi chiede subito mio fratello, incrociando le braccia al petto. Io gli faccio vedere la Mappa, sventolandola di fronte ai suoi occhi. Ora è una semplice pergamena vuota, ma lui l’ha riconosciuta.
«Ti aspettavo» rispondo. Poi il mio sguardo si posa su Frank. «Ti dispiace andartene, Frank? Devo parlare con mio fratello.»
«Quello che devi dirmi può sentirlo anche Frank» inizia subito Albus.
«Voglio che se ne vada» continuo, ancor più risoluta. I due si guardano e poi Frank dà una pacca sulla spalla ad Albus, mi riserva un’occhiata di sufficienza e se ne va, lasciandoci soli in corridoio. Non voglio che i quadri o i fantasmi ci ascoltino, così lo trascino di nuovo nell’aula di Trasfigurazione, chiudendomi con un po’ troppa enfasi la porta alle spalle.
Albus sospira e si siede con tranquillità su un banco in prima fila, mentre io mi appoggio alla cattedra.
«Che dovevi dirmi?» mi chiede. Già, che dovevo dirgli prima di ascoltare la loro conversazione sospetta?
«Di cosa stavate parlando tu e Frank?» domando immediatamente, senza troppi convenevoli.
Albus fa un mezzo sorriso. «Non sono affari tuoi.»
«Invece sì!» esclamo. «Parlavate di liberarvi di qualcuno, di Halloween e di uno scherzo. Volete organizzarlo contro Scorpius, non è vero? E volete coinvolgere anche me, Kelsey e Alec!»
«Oddio, Lils» mormora Albus. Sta trattenendo le risate e tutto quello che vorrei fare è dargli uno schiaffo. Lui ride e io non sono mai stata più seria di così in tutta la mia vita. «Tu sei… sei visionaria!»
«Come scusa?» gli domando, avvicinandomi a lui quel che basta per ritrovarmici faccia a faccia. Il suo metro e ottanta, però, tradisce la mia effettiva impotenza fisica contro di lui.
«Non stavamo parlando di voi» mi dice semplicemente Albus.
«Dovrei crederti? Dopo tutto quello che continua a succedere?» gli domando, alterandomi sempre di più.
«Cosa succede, esattamente?» ribatte lui, che al contrario mio sembra essere estremamente calmo. Il guaio con Albus è che lui mi conosce dal giorno in cui sono nata e sa esattamente come gestirmi in quelle situazioni.
«Tu e… Scorpius. Vi azzuffate ogni due settimane, litigate, vi picchiate, vi insultate per i corridoi. Io… io non ce la faccio più!» Mi ritrovo quasi ad urlargli contro dalla frustrazione. È una situazione che mi sfinisce da troppo tempo e prima o poi dovevo scoppiare. «Mi sono bastati i litigi tra mamma e papà quest’estate, non voglio anche i vostri!»
«Non è con me che devi prendertela!» esclama subito. «Sul campo da Quidditch ha iniziato lui!»
«Lo so!»
«E allora vai ad arrabbiarti con lui!»
«Sono già arrabbiata con lui!»
E all’improvviso il silenzio. Alzo lo sguardo: gli occhi verdi di Albus mi scrutano curiosi e cercano di capire cosa mi sta passando per la testa, io cerco di non far trasparire alcuna emozione, il mio volto non deve tradirmi, eppure, sento già un pizzicore agli angoli degli occhi, che mi diventano appena lucidi, senza tuttavia lasciarsi sfuggire nemmeno una piccola lacrima.
«E allora non è a me che devi dire queste cose» dice Albus a bassa voce, mentre con una mano mi scompiglia i capelli e mi sorride. E inconsciamente io questo lo so, ma non voglio farlo quindi mi rifiuto di credere che Albus abbia ragione.
«Puoi promettermi di non dargli più fastidio?» gli chiedo.
Albus si morde nervosamente le labbra e so già che quel gesto significa “no”. «Non posso promettertelo, ma posso provarci se lui fa lo stesso.»
Annuisco lentamente. Dicendomi questa cosa Albus mi sta spingendo a parlare con Scorpius, cosa che mi rifiuto di fare perché so di non averne davvero il coraggio. Non so cosa dirgli, né come dirglielo. Non voglio far intercedere qualcuno per me, non posso chiedere a Kelsey o ad Alec di farlo.
«Senti una cosa, Lils» riprende ad un certo punto Albus. Alzo lo sguardo e lo incito a continuare. «C’è davvero qualcosa tra te e Malfoy?»
Ripenso a quando, qualche settimana fa, ho pianificato di fargli credere che io e Scorpius stessimo assieme. Non voglio creare ulteriore astio tra di loro, né voglio procurargli problemi, inoltre Albus è mio fratello e ha il diritto di sentirsi dire la verità.
«Non essere ridicolo, Severus.»
 
Per tutte le cose c’è una prima volta ed è inevitabile. Primi passi, prime parole, primo amico, primo bacio, prima insufficienza e così via. Ma mai, in tutta la mia breve esistenza, ho mai immaginato che sarebbe arrivato il giorno in cui mi sarei alzata, nel bel mezzo dell’aula di Divinazione, e avrei detto alla Cooman: «Professoressa, lei è un genio!»
Eppure è quello che è appena successo. Il mio odio per Divinazione e per la Cooman è paragonabile a poche altre cose al mondo. Ho sempre trovato la materia priva di ogni fondamento – avendola scelta solo perché era la più facile, tra le altre materie opzionali – e ho sempre trovato la Cooman una pazza svitata, ma quest’oggi ho dovuto ricredermi e ho ammesso di fronte a tutta la classe che la Cooman è semplicemente un genio.
Abbiamo smesso di studiare i Tarocchi da una settimana ormai e siamo passati al nuovo argomento: la chiromanzia. Sono circa  venti minuti che scruto il palmo di Kelsey alla vana ricerca di qualcosa da dire, il libro non dice niente di utile a riguardo e io non so cosa fare.
«Dai, Lils. Dice di partire dalla forma della mano» mi sussurra Kelsey, per incoraggiarmi.
«Non riesco a capire che diavolo di forma ha la tua mano!» esclamo sottovoce. «Sembra affusolata, ma anche conica, ma si assomigliano tutte!»
«Facciamo conica» dice ancora Kelsey. «Da come la descrive il libro è più probabile che mi capiti qualche disgrazia se ho la mano conica!»
«D’accordo» sbuffo, mentre con la mano libera continuo a sfogliare il libro alla ricerca del prossimo passaggio, che dovrebbe essere l’osservazione delle dita. Merlino, perché non sono andata a fare Antiche Rune?!
«Signorina Potter.» La voce della Cooman è calma e sognante mentre mi richiama. Mi volto verso di lei e forzo un sorriso. «Hai qualche difficoltà, mia cara?»
«Ehm, sì… io… non capisco bene come proseguire e…» biascico, nella speranza di togliermela di torno il più presto possibile.
«Non preoccuparti, cara, abbiamo appena iniziato questo affascinante argomento! La chiromanzia è un’arte per pochi, attenti osservatori» dice. «Vieni, dammi la mano: ti mostrerò come fare una lettura.»
La guardo per un po’ e rimango immobile. Non voglio farmi leggere la mano dalla Cooman, ho seriamente paura di quello che potrebbe accadere. L’anno scorso, leggendo la mappa astrale del povero Gordon Kirby di Tassorosso, l’ha terrorizzato dicendogli che nel mese di maggio una catastrofe si sarebbe abbattuta sulla sua casa e la sua famiglia: Kirby ha scritto lettere su lettere per tutto il mese di aprile, cercando di avvertire i suoi genitori, i quali fortunatamente non gli hanno mai dato ascolto, perché la famosa catastrofe non si è rivelata altro che un’infestazione di topi nello scantinato che il padre di Kirby ha risolto in un paio di giornate con qualche incantesimo. Agghiacciante.
Un po’ titubante, perciò, sollevo la mano e la pongo alla professoressa, che la prende gentilmente tra le sue. La Cooman ha le mani bollenti e scruta attentamente il mio palmo.
Dopo circa un minuto di imbarazzante silenzio, mi guarda con gli occhi spalancati e comincia a mormorare parole incomprensibili.
«Mia cara ragazza… mia cara, povera ragazza!» esclama, quasi disperata. Ecco, lo sapevo. Mi preparo psicologicamente e mi impongo di rimanere perfettamente rigida e stoica nel momento in cui annuncerà la mia imminente dipartita. «Tu non sai… non sai cosa stai per perdere!»
Mi guardo un po’ intorno: Kelsey è confusa come me, mentre Lucinda Ackerman sta sghignazzando in fondo alla stanza. Megera. Spero che la Cooman predica anche per lei una disgrazia irreparabile.
«Potrebbe spiegarsi meglio, signora?» chiede coraggiosamente Kelsey. La Cooman punta lo sguardo su di lei, e poi di nuovo su di me. Mi si avvicina tutta tremante.
«Mia cara, la tua mano parla chiaro, hai un orgoglio che non si può scalfire, ma sarà la tua rovina!» esclama teatralmente. «Smetti di essere sempre così arida, ragazza mia, se continui così allontanerai tutte quelle poche persone che ancora ti sopportano! E poi sarai tutta sola, persa nella tua disperazione e nel rimorso!»
In questo momento non so se essere offesa per ciò che ha appena detto o se sorridere, annuire e ringraziare. Non faccio nessuna di queste cose, perché la Cooman, nonostante i termini un po’ rudi – poi sarei io, quella antipatica – ha perfettamente ragione e nella mia testa, adesso, c’è solo un nome che rimbomba ovunque e non sembra lasciarmi in pace. C’è solo quel nome e poi ci sono io che pongo delle scuse, c’è lui che mi dice che è tutto a posto e che mi abbraccia, e poi ci siamo noi che continuiamo ad essere gli stessi ragazzini che cinque anni fa si sono scontrati sul Ponte di Pietra senza sapere assolutamente niente di quello che sarebbe successo. E c’è che io sono davvero troppo orgogliosa, solo che a volte non me ne rendo conto e dovrei semplicemente fare un passo indietro e mettermi in discussione, solo che non lo faccio mai e adesso è giusto che ne paghi le conseguenze.
So solo che mi serve la Mappa.
Ad un certo punto, quando mi libero dal vortice dei miei pensieri, mi alzo in piedi, abbraccio la Cooman di slancio, sotto lo sguardo a dir poco scioccato di Kesley e del resto della classe, e piena di entusiasmo le dico: «Professoressa, lei è un genio!»
E mentre recupero la borsa dei libri e mi avvio verso l’uscita dell’aula, la sento dire: «Oh cielo! Proprio l’altro giorno la sfera mi aveva fatto vedere una flebile luce in te, Potter!»
 
Quando Scorpius ha ricevuto la sua lettera per Hogwarts, i suoi genitori gli hanno regalato un gatto bianco e non gli ha dato un nome fino a due anni fa: l’ha chiamato Casper, perché in quel periodo Kelsey lo stava istruendo sul mondo babbano e gli ha parlato del suo film preferito da bambina, che parlava appunto di questo piccolo fantasma di nome Casper. Scorpius, non si sa come, ha ravvisato una certa somiglianza tra Casper ed il suo gatto e dopo tre lunghi anni ha finalmente deciso di dargli un nome. Adesso sto giocando con lui sul pavimento della stanza di Alec e Scorpius. Sono stata tentata di andare a prendere la Mappa, cercare Scorpius e aspettarlo ovunque lui fosse, ma non volevo tendergli un’imboscata, così ho deciso di aspettarlo qui.
Casper è sdraiato sulla schiena e agita le zampe per riuscire ad afferrare le mie dita. È il gatto più dolce che io conosca, niente a che vedere con quello che aveva zia Hermione anni fa, quando frequentava ancora Hogwarts, almeno stando ai racconti di papà e dello zio Ron. Quando si stanca di cercare di afferrare la mia mano, rotola e si rimette sulle zampe, poi comincia a gironzolarmi intorno. Gli do qualche altra carezza sulla testa e poi sotto il muso, e lui comincia a fare le fusa. Sorrido senza accorgermene: Casper è anche come se fosse il mio gatto, o meglio io gli voglio bene come fosse mio. Io non ne ho mai avuto uno, perché James è allergico al pelo e non potevamo tenerne uno in casa o sarebbe scoppiato il finimondo, così è stato bellissimo diventare amica di Scorpius e scoprire che aveva un gatto così dolce a fargli compagnia, che proprio in momenti come questi è pronto a fare compagnia anche a me, regalandomi l’affetto che solo gli animali sanno dare.
Dopo un po’, sento il rumore della maniglia che viene abbassata e il cigolio della porta che si apre. Alzo gli occhi per scoprire che è proprio Scorpius il ragazzo ad essere entrato. Ad un tratto, la mia mente si svuota e io non so più cosa dirgli. Era tutto ben delineato mentre scendevo a perdifiato le scale, subito dopo aver lasciato l’aula di Divinazione: mentre i miei piedi si spostavano di gradino in gradino, di mattonella in mattonella, sceglievo le parole da dire con cura e attenzione, creavo un discorso, un qualcosa che avesse senso. L’ho fatto proprio per evitare situazioni del genere, ovvero averlo davanti e non sapere cosa dire o fare. Non che sia un problema insormontabile, perché ci pensa Scorpius a parlare al posto mio, l’unica differenza è che lui, quando non sa cosa dire, dice la prima cosa che gli passa per la testa, senza nemmeno chiedersi se sia pertinente o meno.
«Perché sei seduta per terra?»
Eh? Voglio dire, per Morgana, non ci parliamo da due giorni e la prima cosa che fa è chiedermi per quale motivo io sia seduta sul pavimento?
«Stavo giocando con Casper» rispondo allora, poi faccio per alzarmi, perché mi rendo conto solo adesso che il pavimento è freddo, che Casper è balzato sul letto di Scorpius e adesso se ne sta appollaiato lì sopra con aria indagatoria. Quando sono in piedi mi sistemo la gonna e non appena rialzo la testa noto che Scorpius si è avvicinato di qualche passo a me e ha richiuso la porta.
«Bene» sospira, senza staccarmi gli occhi di dosso. Non ho mai litigato con Scorpius. Neanche adesso ci ho litigato, a dire la verità, non so nemmeno perché io sia arrabbiata con lui, non so perché non ci parliamo da lunedì mattina, non so perché non sono mai stata così triste e angosciata per qualcosa, qualcuno, in tutta la mia vita. Tutta questa tensione tra di noi mi è nuova e mi fa paura, non so come gestirla. E io odio non avere le cose sotto controllo.
«Bene cosa?» gli chiedo. E odio Scorpius quando non parla e quando non riesco a capire cosa gli passa per il cervello. Lui è il mio maledetto migliore amico e non sapere cosa succede non mi fa stare bene.
«Niente. Ti ho chiesto come mai fossi seduta per terra, tu mi hai risposto. Bene» mi risponde. Si mette seduto sul letto e accarezza piano Casper sul dorso della schiena.
Avanti Lily, devi solo chiedergli scusa. Fosse facile, mia cara coscienza. So benissimo che dovrei scusarmi per aver smesso di parlargli così, da un momento all’altro, so benissimo di dover chiarire con lui la stessa questione che ho provato a chiarire con Albus ieri sera, e persino mio fratello, che è sempre così pieno di sé, ha capito che se c’è qualcuno con cui devo chiarirmi quello non è lui, ma è Scorpius. Io lo so, ma non so come farlo: la Cooman l’ha detto, sono troppo orgogliosa e se non faccio qualcosa per cambiare mi rovinerò la vita con le mie stesse mani. Oh, per Merlino, sto dando ragione alle parole della Cooman! Devo stare davvero male per pensare certe cose.
«Ti stavo aspettando in realtà» mi lascio sfuggire, quasi a fatica. «Stavo giocando con Casper perché aspettavo che arrivassi.»
«Ho capito» dice allora Scorpius, che ancora non si degna di guardarmi, ma continua a fissare Casper che piano piano si sta appisolando. Faccio un bel respiro profondo, allora mi avvicino e mi metto in piedi di fronte a lui, incrociando le braccia al petto. Lui ha notato questo mio movimento e adesso è costretto a guardarmi. E lo fa. Mi guarda con i suoi occhi chiari in cui non so cosa leggerci.
Mi dispiace. È facile dirlo nella mia testa, non ha nemmeno un suono tanto brutto, ma è come se la voce si rifiutasse di uscire e se le labbra si rifiutassero di formulare le parole. Lui continua a guardarmi impassibile, sta aspettando che io dica qualcosa, ma io non riesco a dire assolutamente niente. Ad un certo punto anche lui si alza, e io sollevo un poco la testa, perché lui è molto più alto di me. Non devo sembrargli molto minacciosa o determinata adesso, neanche io credo di esserlo. Anzi, non mi sono mai sentita così impaurita e piccola.
Scorpius si lascia sfuggire una sorta di risatina soffocata, che ha ben poco di allegria e spensieratezza, è una risata amareggiata, spezzata, che non significa niente di buono.
«Accidenti» sospira. «Come sei orgogliosa.»
Deglutisco e di nuovo le parole della Cooman cominciano a vorticarmi nel cervello. Sono maledettamente e stupidamente orgogliosa, ma devo imparare a mettere da parte questo mio orgoglio, perché non mi porterà a nulla di buono, perché mi farà perdere qualcosa… lui.
Scorpius fa per superarmi e andarsene, ma con tutta la forza di cui sono capace gli afferro un braccio e lo guardo, supplicandolo di rimanere lì con me. Coraggio, Lily.
«M-mi dispiace!» esclamo, tenendo ancora le dita salde attorno al suo braccio destro. Ecco, l’ho detto. Adesso mi sento incredibilmente più leggera, come se per tutto questo tempo avessi portato uno Schiopodo Sparacoda adulto sulle spalle e finalmente l’avessi gettato per terra e me ne fossi scappata via. Guardo Scorpius, cercando di fargli un sorriso: adesso la sua espressione si è un po’ addolcita, ma non mi convince del tutto. Non è ancora finita.
«Ti dispiace per cosa?» mi chiede.
Ecco, lo sapevo io. Sa benissimo per cosa mi dispiace, ma vuole sentirselo dire da me. Ha ragione, voglio dire, anche io avrei fatto esattamente la stessa cosa, perché provo una certa soddisfazione nell’avere ragione e nel sentire gli altri che ammettono di aver torto. Solo che questa volta sono io a ritrovarmi nella parte del torto e non è davvero una cosa carina. Sospiro. Se ce l’ho fatta ad iniziare, posso anche continuare.
«Per essermi arrabbiata senza motivo lunedì» dico subito. «E per non averti parlato questi due giorni.»
«E poi?» mi chiede ancora lui. È davvero una serpe.
«Per averti evitato e per essermela presa anche con Alec, perché lui non c’entra niente» rispondo, abbassando lo sguardo. Credo di aver finito e ne prendo assoluta consapevolezza quando all’improvviso sento le braccia di Scorpius circondarmi la schiena e le sue mani premere piano la mia testa contro il suo petto. Chiudo gli occhi, è stato davvero così facile? Non aggiungo nient’altro e ricambio l’abbraccio, stringendolo forte. Ci separiamo solo quando qualcosa s’intromette tra di noi: Casper è evidentemente geloso.

Buon sabato a tutti! ♥ Scusatemi per questa assenza di due settimane, ma a parte impegni vari e studio tengo particolarmente a questo capitolo su Lily e non mi andava mai bene, quindi l'ho cambiato un sacco di volte! Il rapporto tra Lily e Scorpius almeno per ora è difficile da spiegare e voglio mostrarlo piano piano e farlo crescere grdualmente. Ho voluto fare Lily orgogliosa perché la vedo come una persona che non abbassa quasi mai la testa di fronte a niente e a volte si rifiuta anche di ammettere i propri sbagli, solo che con persone della sua stessa pasta come Scorpius poi lo "scontro" è inevitabile xD Ringrazio Dreamer_imperfect per aver recensito lo scorso capitolo e ringrazio chiunque continua a starmi dietro nonostante tutto :3
Un bacio e a presto! ♥
Mars 

 
   
 
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