Crossover
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Autore: Registe    24/02/2019    4 recensioni
Tredici guardiani. Tredici custodi del sapere.
Da sempre lo scopo dell'Organizzazione è proteggere e difendere il Castello dell'Oblio ed i suoi segreti dalle minacce di chi vorrebbe impadronirsene. Ma il Superiore ignora che il pericolo più grande si annida proprio tra quelle mura immacolate.
Questa storia può essere letta come un racconto autonomo o come prologo della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
[fandom principale Kingdom Hearts; nelle storie successive lo spettro si allargherà notevolmente]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anime/Manga, Videogiochi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 26 - Vexen (IX)





Vexen





L’apparizione improvvisa dell'uomo in armatura gli strappò un sussulto, ma dopo i primi attimi di smarrimento Vexen si rese conto di provare molta meno paura di quel che avrebbe immaginato.
Forse perché era appena scampato a un pestaggio da parte di Xigbar, o perché era già a conoscenza della forma assunta dallo Spirito del Castello grazie al racconto del n. VIII. A conti fatti, preferiva rischiare le sue carte con un'entità neutrale piuttosto che affrontare il giudizio del Superiore e dei membri leali dell'Organizzazione.
Le prime parole dello Spirito non fecero che confermare l'esattezza della sua intuizione.
“Non hai nulla da temere da me, Even. Sono qui per aiutarti.”
Il timbro della voce aveva una qualità metallica, probabilmente dovuta all'elmo di bronzo che gli ricopriva interamente la testa, e Vexen si chiese se ci fosse veramente una creatura di carne e sangue celata sotto la cortina di metallo. Malgrado la situazione critica, mille domande si inseguivano nella sua mente.
Ma la curiosità avrebbe dovuto attendere.
“Se è così, dammi una mano a spostarlo in un luogo sicuro.”
Il n. VIII era ancora inerte tra le sue braccia, nel pieno del coma farmaceutico indotto dal listrio che gli aveva iniettato nella carotide. Avrebbe dormito per almeno cinque ore. Accasciato a pochi metri di distanza, il cadavere di Xigbar emanava un puzzo tremendo di carne bruciata. Presto il Superiore si sarebbe allarmato non vedendolo tornare, e avrebbe mandato qualcuno a cercarlo. Prima di quel momento, Vexen doveva sparire.
Lo Spirito si mosse con rapidità e grazia straordinarie per una persona in armatura completa, quasi senza produrre rumore e sollevando Axel come fosse un fuscello. Se lo caricò in spalla e con la mano libera evocò un portale. Per una buona manciata di secondi Vexen rimase a fissare le spire oscure che si stiracchiavano pigramente in mezzo alla devastazione del laboratorio. Lo zigomo continuava a pulsare come una piccola fucina malgrado tutto il ghiaccio che vi aveva applicato.
“Dove stiamo andando?”
“In un luogo che desideri conoscere da molto, molto tempo.”
 


“Aspettami qui. Torno tra poco.”
Gli occhi del n. XIII erano l'elemento più vivido nell'ultimo ricordo di Axel. Enormi, dilatati per la paura e di un azzurro intenso che trapassava le pareti immacolate della Stanza dell’Invocazione Suprema. Il ricordo fluttuava letteralmente sopra la testa del n. VIII, impalpabile e circondato da un alone tremolante e lattiginoso.
È straordinario.
Era la prima volta che provava a modificare i ricordi di un essere umano. Negli anni passati si era esercitato su cavie animali di piccole dimensioni (rigorosamente in segreto, fuori dal Castello dell’Oblio e senza l'autorizzazione del Superiore), e per quanto i suoi esperimenti fossero limitati e insoddisfacenti, Vexen era arrivato all'importante conclusione che nella stragrande maggioranza delle creature, comprese quelle umanoidi, la porta di accesso ai ricordi era la fronte.
Axel era steso su un blocco bianco, apparso al centro della Stanza nel momento in cui lo scienziato ne aveva avuto bisogno. Aveva dovuto rasare i capelli del n. VIII attorno all'area d'intervento, un taglio praticato con il bisturi, sottile e lungo appena tre centimetri. A fine lavoro avrebbe provveduto a farli ricrescere con l’alchimia, rendendo la cicatrice praticamente invisibile. Axel non si sarebbe mai accorto di niente.
“Sono entrato anch'io nei ricordi di Lea. Non è un debole. Ha solo bisogno di un incoraggiamento per superare il suo crocevia. E non riesco a immaginare guida migliore un alchimista.”
Lo Spirito non si era mosso da quando erano entrati nella Stanza dell’Invocazione Suprema. Gambe divaricate, le braccia conserte, lo avrebbe scambiato per una statua ornamentale se non avesse saputo che era in grado di muoversi e parlare. Gli aveva garantito che nessuno sarebbe entrato nelle Stanze per tutta la durata dell'operazione e, almeno per il momento, stava mantenendo la promessa.
“Non potrei essere più d'accordo.”
Le dita di Vexen sfiorarono la superficie del ricordo. Con le cavie animali aveva dovuto agire direttamente sulle sinapsi e lavorare manualmente su ogni connessione neuronale, un'opera minuziosa di chirurgia che avrebbe fatto impallidire i medici più titolati dei mondi tecnologici di ogni universo. Le Stanze della Memoria rendevano tutto infinitamente più semplice: una volta creato l'accesso tramite la fronte, poteva richiamare e materializzare ogni ricordo per modificarlo direttamente con la semplice volontà.
Non era poi tanto diverso da usare l’alchimia.
Si concentrò sulle immagini che continuavano a susseguirsi davanti ai suoi occhi in un ciclo continuo.
Visualizzò i colori: l'azzurro accecante degli occhi di Roxas, il vortice multicolore e indistinto delle persone che popolavano la piazza di quel mondo medievale. Vi dipinse sopra il rosso e il giallo cangiante delle fiamme.
Assimilò i suoni: il vocìo di sottofondo dei venditori che decantavano le proprie merci, lo stupore e lo smarrimento nella voce infantile del n. XIII. Ricoprì il tutto con urla stridule e disperate.
Percepì le sensazioni e gli odori: la puzza di escrementi di cavallo e del sudore dei passanti, la calura del pomeriggio estivo sulla pelle. Intensificò il calore, infuse nel ricordo l'odore di carne che brucia, il senso di nausea che paralizza le viscere.
Davanti ai suoi occhi, la scena si intorpidì come uno specchio d'acqua in cui viene lanciato improvvisamente un sasso. Quando la superficie tornò cristallina, il ricordo si era trasformato.
Vexen sorrise.
“Lo fai per quel ragazzo.”
Il tono dello Spirito era neutro, una semplice constatazione, ma Vexen si ritrovò istintivamente a serrare i denti e affondare le dita nei palmi delle mani. Lo Spirito poteva averlo aiutato, ma c'erano cose che non aveva intenzione di condividere con lui. Zexion era una di quelle.
Sapeva che la bugia su Roxas non poteva durare. Xigbar lo aveva involontariamente messo con le spalle al muro parlando di un “ragazzino” davanti al n. VIII e, di fronte all’urgenza di Axel, lo scienziato aveva dovuto improvvisare. Marluxia non sarebbe stato altrettanto credulone.
“La sua scelta è già compiuta. Il suo crocevia conduce nella direzione opposta al tuo.”
Vexen sentì il palato seccarsi insieme alla risposta irata che stava per pronunciare.
“Ma ciò che hai fatto eliminerà la debolezza nel cuore di Lea.”
“Mostrami gli altri,” ordinò, tagliando corto. Non era il momento di pensare a Zexion. Lo aveva protetto con ogni mezzo a sua disposizione, e questo per adesso doveva bastare.
Lo Spirito annuì. Se era infastidito dal comando perentorio, i suoi movimenti non tradirono alcuna contrarietà. Vexen aveva notato che l'atteggiamento dell'essere nei suoi confronti era diverso da quello che aveva riferito Axel nel racconto del suo viaggio nelle Stanze della Memoria. Un sesto senso indefinibile gli diceva che lo Spirito, per qualche motivo, lo riteneva degno di rispetto.
Ci voleva una creatura soprannaturale per riconoscere le mie abilità.
Sul palmo aperto dello Spirito si formò una sfera turbinante che lentamente si allargò, dando forma a un'immagine sospesa nell'aria i cui contorni sfumavano in un alone indistinto, confondendosi nel bianco delle pareti. Stavolta però non si trattava di un ricordo.
“In quanto padrone del Castello potrai evocare questo potere anche senza il mio intervento diretto. Ma solo nelle Stanze della Memoria.”
“È ciò che speravo.”
La figura di Marluxia galleggiò davanti ai suoi occhi. Era seduto sul letto, nella sua cella, le mani giunte in grembo, lo sguardo fisso sulla parete davanti a lui. Non c’era modo di sapere se gli fosse giunta voce del complotto svelato o della morte di Xigbar, ma probabilmente sarebbe apparso molto più agitato in quel caso. Apparentemente, ancora nessuno dei membri leali si era presentato per portarlo al cospetto del Superiore.
Un lieve sfarfallio e l'immagine cambiò. I boccoli rosa del n. XI svanirono per lasciare spazio ai volti tesi di Demyx e Luxord, in piedi l'uno accanto all'altro nello studio del Superiore. Xemnas stava spiegando loro qualcosa, accompagnando le parole con ampi gesti delle braccia, ma non fu la tristezza negli occhi d’ambra del n. I a mozzare il fiato nella gola di Vexen.
La mano di Luxord era posata sulla spalla di una figura piccola ed esile che sembrava fare ogni sforzo possibile per confondersi tra le tuniche nere degli uomini che lo circondavano. Il viso di Zexion era rivolto verso il pavimento, i capelli d'argento ne celavano completamente l'espressione.
È la vergogna per non aver mantenuto la promessa? Oppure…
“Puoi ascoltare le loro voci, se lo desideri.”
Vexen annuì impercettibilmente, e subito l'immagine si colorò del timbro profondo e addolorato del Superiore. I suoni avevano una qualità ovattata, ma le parole erano perfettamente distinguibili.
“... in un luogo sicuro. Torneremo a prendervi quando l'emergenza sarà passata. N. X, sei il membro più anziano. Affido a te i nostri giovani.”
“E il n. XIII, Superiore?”
“Quando Saïx lo avrà trovato lo porterà da voi.”
Dunque si erano accorti dell'assenza di Axel e Roxas e, verosimilmente, il licantropo era stato spedito a cercarli.
“Non troveranno né l'uno né l'altro.”
La capacità dello Spirito di leggergli la mente iniziava a stancarlo. Tuttavia si sforzò di tenere a bada ogni manifestazione di fastidio: l'essere in armatura era il miglior alleato che avesse al momento e forse, grazie a lui, il piano per impadronirsi del Castello dell’Oblio poteva ancora riuscire. Davanti al cadavere di Xigbar lo scienziato si era visto perduto, condannato nel migliore dei casi a un futuro in cui sarebbe morto da medico girovago, accasciato sul bordo di una strada quando non sarebbe più stato capace di rialzarsi. L’apparizione dello Spirito aveva rimesso in gioco tutte le carte.
Prima di progettare una contromossa adeguata, però, doveva conoscere la posizione dei suoi nemici.
“Mostrami Xaldin.”
Fu un sollievo vedere la figura di Zexion sfarfallare e dissolversi. L'immagine si spostò nel laboratorio, e Vexen ordinò al suono di sparire giusto in tempo per non venire assordato dalle urla del n. III, il viso contorto di una furia, impegnato a prendere a pugni qualsiasi cosa trovasse sulla sua traiettoria. Inginocchiato a terra, il n. V stava avvolgendo il corpo di Xigbar in un lenzuolo con una delicatezza inconsueta per la sua stazza possente.
Prima o poi se ne sarebbero dovuti accorgere.
“Dobbiamo portare qui Marluxia e Larxen e decidere il da farsi. Puoi aiutarci a eliminare Xemnas e gli altri?”
“Non direttamente. Se fossi davvero libero di agire come desidero mi sarei manifestato a voi molto tempo fa. Ma è grazie allo spirito di ribellione di persone come te e Lumaria se ho potuto riprendere coscienza, e a voi concederò ogni frammento di potere a cui riuscirò ad attingere. La vostra libertà e la mia sono legate a doppio filo. I nostri crocevia conducono nella stessa direzione.”
C’erano milioni di dubbi che avrebbe voluto sottoporre allo Spirito, ma era il momento dell’azione, non delle parole. Decise di togliersi la soddisfazione di un'unica domanda, prima che la situazione precipitasse.
“Ti sei mostrato a me perché sono un alchimista?”
No, non poteva essere una creatura di carne e sangue. Nessun essere con un corpo biologico sarebbe riuscito a mantenere l’immobilità assoluta per un tempo così lungo. Non spostava il peso da un piede all'altro, né aveva bisogno di abbassare il braccio per riposarlo.
Eppure, a quella domanda, lo Spirito chinò lievemente la testa.
“Un tempo in questo mondo esisteva un intero ordine di alchimisti, un baluardo contro la barbarie dei demoni. Ma la famiglia demoniaca, spaventata dal loro potere, li ha sterminati tutti. Mai avrei creduto di incontrarne uno in questa epoca buia. È un onore per me fare la tua conoscenza, Even, Ultimo Alchimista.”
“Chi sei veramente? Conosci il mio vero nome… qual è il tuo?”
“Il mio nome non ha più alcun significato in quest'epoca. Sono un guerriero di tremila anni fa, e ho combattuto al fianco della razza umana nella guerra contro i demoni. Quel giorno fummo sconfitti. Tuttavia, il mio spirito combattivo non si è mai spento, malgrado la maledizione che mi lega a questo Castello.”
Un guerriero di tremila anni fa.
I demoni che distruggono ogni traccia di tecnologia rimasta in questo mondo.
Il Grande Satana desidera i poteri del Castello dell’Oblio…
Ebbe la sensazione di essere alle porte di una rivelazione straordinaria, ma non ci fu tempo per riordinare i tasselli del mosaico. L'immagine del laboratorio fluttuava ancora sopra il palmo aperto dello Spirito, e gli occhi di Vexen furono catturati dallo sbuffo nero di un portale che si apriva.
Nell'immagine, Xaldin sollevò lo sguardo dal corpo del n. II. Lexaeus non era più in vista, forse si era allontanato per lasciare al n. III il tempo di salutare il migliore amico per l'ultima volta.
Larxen si trovò davanti il suo sguardo furioso non appena mise piede fuori dal portale.
  
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