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Autore: Lena Mason    24/02/2019    1 recensioni
“Era una fredda giornata di fine Ottobre, all’incirca verso mezzogiorno, quando una ragazza varcò le soglie dell’aeroporto di Narita, Tokyo, Giappone.”
L’arrivo di questa nuova ragazza all’accademia Ouran porterà parecchio scompiglio. Nuove amicizie, nuovi interessi e nuovi problemi colpiranno l’amato Host Club.
Riusciranno a salvarsi anche questa volta?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haruhi Fujioka, Kyoya Ohtori, Nuovo personaggio, Tamaki Suoh, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo XVIII

La mattina successiva la sveglia suonò alle sette per Rossana: doveva dirigersi al luogo in cui si sarebbe tenuto il concerto, per controllare i lavori e vedere se tutto fosse a posto. Avrebbe pranzato fuori e poi, una volta tornata in albergo avrebbe atteso con impazienza l’arrivo dei suoi amici.

Il grande giorno era arrivato: quella sera li avrebbe rivisti e ne era felice. Aveva passato bei momenti con loro e ne sentiva la mancanza molte volte. Voleva davvero rivedere gli occhi strani di Tamaki, i sorrisi maliziosi dei gemelli, la dolcezza di Honey, la serietà di Mori e la genuinità di Haruhi.

E poi voleva rivedere il bagliore di un paio di occhiali che nascondevano i più bei occhi grigi che avesse mai visto.

*

Rientrò in albergo alle tre del pomeriggio e decise di rilassarsi con un bel bagno: doveva essere pronta a tutto per quella sera, soprattutto se Kyoya fosse arrivato.

E se si fosse presentato con lui ci sarebbe sicuramente stata Kamie. La sua fidanzata. La sua futura moglie.

Non odiava quella ragazza, no. La invidiava semplicemente, perché era al fianco di Kyoya e se avevano resisto quattro anni probabilmente erano innamorati.

O per lo meno interessati l’una all’altro.

Sospirò pesantemente, uscendo dalla vasca e mettendosi la biancheria pulita, prima di tornare in camera e scegliere qualcosa di semplice da mettere quella sera: un paio di jeans e una maglia sarebbero stati perfetti.

Si vestì e andò nella camera della sua manager, trovandola in completo disordine: rimase senza parole alla vista di un mucchio di vestiti sul letto, sul divano e sulle poltrone.

«Steph, cosa diavolo stai facendo?».

«Oh, Rossana. Non ti ho sentita entrare. Sto cercando qualcosa di adatto per questa sera! Incontrerò i tuoi amici e sono tutti famosi imprenditori, non posso sfigurare!».

«Steph, sei completamente andata fuori di testa. Mettiti qualcosa di semplice e comodo! Non sono così snob come pensi. Forse i due gemelli, ma se dovessero dire qualcosa fuori luogo, potrei sempre minacciarli di rompere il contratto con la loro madre» le disse la rossa, scegliendo una gonna nera e una maglia rossa dal mucchio di abiti lanciati ovunque e porgendoli alla manager.

«Questi? Sei seria?».

«Sì, Stephany! Mettiti quei vestiti e ceniamo! Arriveranno verso le nove! Datti una sistemata per dio! Sembri in preda a una crisi isterica e vorrei ricordarti che sono io quella che deve incontrare il ragazzo per cui aveva una cotta…».

«Avevi?» le chiese la manager con un sopracciglio alzato, divertita.

«Ok! Per cui ho una cotta, d’accordo?» rispose l’altra uscendo dalla camera e tornando nella sua: il cameriere era fuori dalla suite, in attesa.

«Oh, mi dispiace averla fatta attendere, prego entri» gli disse, aprendo la porta e facendo entrare il cameriere.

Il ragazzo, perché sembrava molto giovane, evitava accuratamente il suo sguardo.

«Puoi anche guardami sai? Non mordo mica» gli disse, ridacchiando e facendo alzare la testa al ragazzo.

«Ehm…Rossana-san, so che non dovrei durante l’orario lavorativo, ma potrei chiederle un autografo? Mia sorella minore stravede per lei e…»

«Non c’è bisogno di scuse o di essere così formali» disse la ragazza prendendo un foglio dal block notes sulla scrivania, autografandolo con tanto di dedica «ecco fatto, non è stato difficile, vero?»

«No, sei molto gentile» le disse, prima di ricordarsi qualcosa di importante «dalla reception mi informano che i suoi ospiti arriveranno con un leggero anticipo, per questo le ho portato la cena prima. Saranno qui verso le otto e mezza» le disse, prima di congedarsi.

Rossana, dopo che la sua psicopatica manager era arrivata nella sua camera, mangiò in fretta: erano le otto e venti quando finirono.

Chiamarono il cameriere per togliere i piatti e avvisarono la reception di far salire gli ospiti una volta che fossero arrivati.

 

Rimasero da sole, in silenzio per circa un quarto d’ora quando sentirono bussare: Rossana prese un bel respiro e aprì la porta finendo con l’essere investita da un gioioso Tamaki.

«Rossana-chan ~» gridò il biondo afferrandola e facendola girare.

«Tamaki ho appena mangiato, finirò col vomitare tutto» gli disse, venendo lasciata dal biondo.

Salutò tutti con un forte abbraccio, specialmente Haruhi.

«Neh Rossana…» iniziò Hikaru, col solito ghigno

«…chi è questa ragazza?» completò Kaoru.

«Non iniziate a fare i piccoli diavoli, voi due. Lei è la mia manager, Stephany Mcdowell. Trattatela con riguardo: la mia vita dipende da lei, molte volte».

«Sana-chan ~» la chiamò Honey che, nonostante i ventidue anni aveva mantenuto il suo apparire bambino «Kyo-chan mi ha detto di avvisare che avrebbe tardato a causa di una riunione d’affari» le disse.

«Non ti preoccupare Honey-pon! Resteremo insieme per un po’, questa sera» rispose, sentendo la gola improvvisamente asciutta: quindi, infine, sarebbe venuto. Si sarebbero rivisti dopo quattro anni. Respirò profondamente avvicinandosi a Mori e a quella baka di sua cugina.

«Ed ecco gli sposini! Oh, ma quanto siete carini insieme?» disse loro prima di abbracciare la cugina, oltremodo imbarazzata.

Persino Mori sembrava arrossito. Un po’.

Si sedettero tutti attorno al tavolo che vi era nella camera di Rossana e, mentre parlavano un cameriere portò loro del the, del caffè, bevande varie, salatini e dolci. Una quantità infinita, che fece brillare gli occhi di Honey di gratitudine.

«Allora Tamaki, quando hai intenzione di fare la proposta ad Haruhi?» chiese Rossana, fuori dai denti, causando un semi collasso al biondo e uno sguardo spaventato dalla brunetta.

«Aspetteremo dopo la laurea» rispose Haruhi, vedendo che Rossana gongolava.

«Non vedo l’ora. E poi chissà come saranno carini i vostri figli. Speriamo prendano il cervello della madre».

«Hai perfettamente ragione, Rossana» dissero all’unisono i due gemelli, causando l’ilarità generale, mentre Tamaki si era rinchiuso, come suo solito, nell’angolo della disperazione.

«Sta bene?» chiese Stephany, stupita da quanto quei ragazzi, nonostante la loro enorme ricchezza e potere, fossero affabili e divertenti.

«Lascialo perdere. È una Drama Queen. Faceva così anche alle superiori e dopo cinque secondi era allegro e spandeva petali di rose intorno a sé» le disse Rossana, prima di sentire un lieve bussare alla porta.

Tutti si fermarono e guardavano alternativamente la porta e Rossana: la ragazza si alzò, deglutendo in continuazione e aprì la porta.

Lentamente alzò lo sguardo e si trovò davanti, finalmente, Kyoya Ootori.

Rimasero fermi a fissarsi per qualche secondo prima che Tamaki, risvegliandosi dal suo stato depressivo, non si gettò addosso all’amico.

«Mon ami! Sono felice di rivederti!»

«Tamaki, ci siamo visti domenica!» gli disse Kyoya, facendo sentire a Rossana la sua voce dopo quattro anni: era cambiata, come pensava. Era più profonda, ma sempre piena di sarcasmo, come la ricordava.

«Tamaki, lascialo entrare» ordinò la rossa al biondo, afferrandolo per il colletto della maglia e trascinandolo dentro, dando così modo a Kyoya di fare altrettanto.

Quando il ragazzo attraversò la stanza verso il tavolo, Rossana poté vedere la sua manager fissarlo con tanto d’occhi: era ovvio che lo trovasse particolarmente attraente.

E come poteva essere altrimenti? Kyoya era già alto al liceo, ma aveva guadagnato ancora qualche centimetro e le spalle era più larghe di come ricordava. I suoi capelli scuri erano lunghi e legati in una coda che lasciava liberi alcuni ciuffi, i quali gli accarezzavano il viso.

Era rimasto, nonostante l’età, pressoché imberbe e indossava ancora gli occhiali.

Rossana dovette ispirare profondamente un paio di volte prima di poter sedersi, il più lontana possibile da Kyoya, che l’aveva a mala pena salutata e riprendendo a parlare con il resto del gruppo.

«Oggi ho conosciuto un ragazzo alla scuola di arti figurativi che promette bene» esordì Rossana, attirando l’attenzione di tutti «È solo in seconda ma ha un grande potenziale. Oggi gli ho fatto registrare una canzone che avevo scritto e domani andrò a vedere com’è andata».

«Come si chiama?».

«Kai Fujita» disse la rossa, vedendo Kyoya ghignare.

«È mio cugino» disse semplicemente il ragazzo, facendo strozzare Rossana con la coca che stava bevendo.

«Sul serio?».

«Sì, non ci si poteva aspettare nulla da uno che ha sangue Ootori».

«Non avrei mai pensato che potesse essere un tuo parente, sinceramente. È così carino e gentile…».

«Stai per caso insinuando che io non lo sono?».

«Neanche un po’…».

«Kyoya-kun» risposero i gemelli al posto della rossa, facendo ridere tutti e ricevendo uno sguardo raggelante da Kyoya.

«Cambiando discorso…ci sarete tutti al concerto?» chiese Rossana, vedendo che tutti annuivano, tranne Kyoya.

«E tu? Verrai?».

«Mio fratello  mi ha obbligato».

«Porta anche Kimie, mi raccomando. Avresti dovuto portarla anche oggi».

«Aveva un impegno» mentì il ragazzo, mentre i due gemelli si trattenevano dal spifferare tutta la verità.

Passarono insieme qualche ora: Rossana faceva di tutto per evitare di parlare con Kyoya, ma sentiva il suo sguardo su di sé troppo spesso.

Quando se ne furono andati la sua manager, che era seduta sua sfortuna proprio di fianco a Kyoya, tirò un sospiro di sollievo.

«Quel ragazzo… non solo è un concentrato di testosterone, ma è anche…Terrificante. Continuava a fissarti in quel modo inquietante, come se ti stesse studiando»

«Lui è fatto così, non ti preoccupare. Probabilmente stava cercando di capire qualcosa su di me. Spero abbia trovato quello che cercava, un’altra serata con lui che mi fissa in quel modo non credo la reggerei».

 

«È davvero un gran pezzo di ragazzo, comunque. Ora capisco perché ti piace. È affascinante, intelligente altrimenti non potrebbe guidare l’attività di famiglia e intrigante. Non sono riuscita a leggere nessuna emozione sul suo volto. Solo irritazione quando Tamaki gli è saltato addosso».

«Non riuscirai a vedere nessuna emozione attraverso la sua maschera. È bravo a nascondere tutto quello che prova. Non l’ho mai visto ridere, ne arrabbiarsi. Al massimo ti guarda male e usa il suo sarcasmo per ferirti. Questo lato di lui l’ho sempre odiato, perché non ha mai capito cosa pensasse di me realmente. Steph, non vedo l’ora che tutto questo finisca. Peccato che il ragazzo con talento sia suo cugino e se mio padre dovesse iniziare a produrlo, avrei comunque fin troppo contatti con lui. Non ho la minima intenzione di vedere i suoi figli con Kimie» affermò Rossana.

«È la prima volta che parli così apertamente, Rossana».

«Riesce sempre a tirare fuori il mio lato debole. Mi basta guardarlo negli occhi e sento qualsiasi muro abbia costruito intorno a me cadere uno dopo l’altro»

«Beh ha degli occhi parecchio penetranti. Anche io mi sono sentita debole e indifesa quando mi ha guardata un attimo, mentre ci presentavi. Ti senti come l’agnello…».

«…che affronta un lupo» completò Rossana per lei « la cosa strana è che l’agnello trovi il lupo un figo assoluto» aggiunse, ridendo insieme alla manager.

 

Nel frattempo Kyoya stava tornando a casa: doveva ammettere che in fin dei conti non era stata un brutta serata a parte i continui abbracci non richiesti di Tamaki.

E alla fine l’aveva rivista: i suoi capelli erano tornati lunghi, i suoi occhi più seri.

Era cresciuta, doveva ammetterlo. Ed era bella, come poche ragazze che conosceva. Quando se l’era trovata davanti alla porta doveva ammettere che era rimasto spiazzato: l’aveva vista in televisione pochi giorni prima, ma trovarsela davanti di persona era diverso. Molto più intenso. Ed aveva ringraziato mentalmente Tamaki per aver interrotto il loro silenzioso scambio di sguardi o avrebbe fatto qualcosa di sconveniente, come abbracciarla.

 

 

   
 
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