Capitolo XVIII
La mattina
successiva la sveglia suonò alle sette per Rossana: doveva dirigersi al luogo
in cui si sarebbe tenuto il concerto, per controllare i lavori e vedere se
tutto fosse a posto. Avrebbe pranzato fuori e poi, una volta tornata in albergo
avrebbe atteso con impazienza l’arrivo dei suoi amici.
Il grande
giorno era arrivato: quella sera li avrebbe rivisti e ne era felice. Aveva
passato bei momenti con loro e ne sentiva la mancanza molte volte. Voleva
davvero rivedere gli occhi strani di Tamaki, i sorrisi maliziosi dei gemelli,
la dolcezza di Honey, la serietà di Mori e la genuinità di Haruhi.
E poi voleva
rivedere il bagliore di un paio di occhiali che nascondevano i più bei occhi
grigi che avesse mai visto.
*
Rientrò in
albergo alle tre del pomeriggio e decise di rilassarsi con un bel bagno: doveva
essere pronta a tutto per quella sera, soprattutto se Kyoya fosse arrivato.
E se si fosse
presentato con lui ci sarebbe sicuramente stata Kamie. La sua fidanzata. La sua
futura moglie.
Non odiava
quella ragazza, no. La invidiava semplicemente, perché era al fianco di Kyoya e
se avevano resisto quattro anni probabilmente erano innamorati.
O per lo meno
interessati l’una all’altro.
Sospirò
pesantemente, uscendo dalla vasca e mettendosi la biancheria pulita, prima di
tornare in camera e scegliere qualcosa di semplice da mettere quella sera: un
paio di jeans e una maglia sarebbero stati perfetti.
Si vestì e andò
nella camera della sua manager, trovandola in completo disordine: rimase senza
parole alla vista di un mucchio di vestiti sul letto, sul divano e sulle poltrone.
«Steph, cosa
diavolo stai facendo?».
«Oh, Rossana.
Non ti ho sentita entrare. Sto cercando qualcosa di adatto per questa sera!
Incontrerò i tuoi amici e sono tutti famosi imprenditori, non posso sfigurare!».
«Steph, sei
completamente andata fuori di testa. Mettiti qualcosa di semplice e comodo! Non
sono così snob come pensi. Forse i due gemelli, ma se dovessero dire qualcosa
fuori luogo, potrei sempre minacciarli di rompere il contratto con la loro
madre» le disse la rossa, scegliendo una gonna nera e una maglia rossa dal
mucchio di abiti lanciati ovunque e porgendoli alla manager.
«Questi? Sei
seria?».
«Sì, Stephany!
Mettiti quei vestiti e ceniamo! Arriveranno verso le nove! Datti una sistemata
per dio! Sembri in preda a una crisi isterica e vorrei ricordarti che sono io
quella che deve incontrare il ragazzo per cui aveva una cotta…».
«Avevi?» le
chiese la manager con un sopracciglio alzato, divertita.
«Ok! Per cui ho una
cotta, d’accordo?» rispose l’altra uscendo dalla camera e tornando nella sua:
il cameriere era fuori dalla suite, in attesa.
«Oh, mi
dispiace averla fatta attendere, prego entri» gli disse, aprendo la porta e
facendo entrare il cameriere.
Il ragazzo,
perché sembrava molto giovane, evitava accuratamente il suo sguardo.
«Puoi anche
guardami sai? Non mordo mica» gli disse, ridacchiando e facendo alzare la testa
al ragazzo.
«Ehm…Rossana-san,
so che non dovrei durante l’orario lavorativo, ma potrei chiederle un
autografo? Mia sorella minore stravede per lei e…»
«Non c’è
bisogno di scuse o di essere così formali» disse la ragazza prendendo un foglio
dal block notes sulla scrivania, autografandolo con tanto di dedica «ecco
fatto, non è stato difficile, vero?»
«No, sei molto
gentile» le disse, prima di ricordarsi qualcosa di importante «dalla reception
mi informano che i suoi ospiti arriveranno con un leggero anticipo, per questo
le ho portato la cena prima. Saranno qui verso le otto e mezza» le disse, prima
di congedarsi.
Rossana, dopo
che la sua psicopatica manager era arrivata nella sua camera, mangiò in fretta:
erano le otto e venti quando finirono.
Chiamarono il
cameriere per togliere i piatti e avvisarono la reception di far salire gli
ospiti una volta che fossero arrivati.
Rimasero da
sole, in silenzio per circa un quarto d’ora quando sentirono bussare: Rossana
prese un bel respiro e aprì la porta finendo con l’essere investita da un
gioioso Tamaki.
«Rossana-chan
~» gridò il biondo afferrandola e facendola girare.
«Tamaki ho
appena mangiato, finirò col vomitare tutto» gli disse, venendo lasciata dal
biondo.
Salutò tutti
con un forte abbraccio, specialmente Haruhi.
«Neh Rossana…»
iniziò Hikaru, col solito ghigno
«…chi è questa
ragazza?» completò Kaoru.
«Non iniziate a
fare i piccoli diavoli, voi due. Lei è la mia manager, Stephany Mcdowell.
Trattatela con riguardo: la mia vita dipende da lei, molte volte».
«Sana-chan ~»
la chiamò Honey che, nonostante i ventidue anni aveva mantenuto il suo apparire
bambino «Kyo-chan mi ha detto di avvisare che avrebbe tardato a causa di una
riunione d’affari» le disse.
«Non ti
preoccupare Honey-pon! Resteremo insieme per un po’, questa sera» rispose,
sentendo la gola improvvisamente asciutta: quindi, infine, sarebbe venuto. Si
sarebbero rivisti dopo quattro anni. Respirò profondamente avvicinandosi a Mori
e a quella baka di sua cugina.
«Ed ecco gli
sposini! Oh, ma quanto siete carini insieme?» disse loro prima di abbracciare
la cugina, oltremodo imbarazzata.
Persino Mori
sembrava arrossito. Un po’.
Si sedettero
tutti attorno al tavolo che vi era nella camera di Rossana e, mentre parlavano
un cameriere portò loro del the, del caffè, bevande varie, salatini e dolci.
Una quantità infinita, che fece brillare gli occhi di Honey di gratitudine.
«Allora Tamaki,
quando hai intenzione di fare la proposta ad Haruhi?» chiese Rossana, fuori dai
denti, causando un semi collasso al biondo e uno sguardo spaventato dalla
brunetta.
«Aspetteremo
dopo la laurea» rispose Haruhi, vedendo che Rossana gongolava.
«Non vedo
l’ora. E poi chissà come saranno carini i vostri figli. Speriamo prendano il
cervello della madre».
«Hai
perfettamente ragione, Rossana» dissero all’unisono i due gemelli, causando
l’ilarità generale, mentre Tamaki si era rinchiuso, come suo solito,
nell’angolo della disperazione.
«Sta bene?»
chiese Stephany, stupita da quanto quei ragazzi, nonostante la loro enorme
ricchezza e potere, fossero affabili e divertenti.
«Lascialo
perdere. È una Drama Queen. Faceva così anche alle superiori e dopo cinque
secondi era allegro e spandeva petali di rose intorno a sé» le disse Rossana,
prima di sentire un lieve bussare alla porta.
Tutti si
fermarono e guardavano alternativamente la porta e Rossana: la ragazza si alzò,
deglutendo in continuazione e aprì la porta.
Lentamente alzò
lo sguardo e si trovò davanti, finalmente, Kyoya Ootori.
Rimasero fermi
a fissarsi per qualche secondo prima che Tamaki, risvegliandosi dal suo stato
depressivo, non si gettò addosso all’amico.
«Mon ami! Sono
felice di rivederti!»
«Tamaki,
ci siamo visti domenica!» gli disse Kyoya, facendo sentire a Rossana la sua
voce dopo quattro anni: era cambiata, come pensava. Era più profonda, ma sempre
piena di sarcasmo, come la ricordava.
«Tamaki,
lascialo entrare» ordinò la rossa al biondo, afferrandolo per il colletto della
maglia e trascinandolo dentro, dando così modo a Kyoya di fare altrettanto.
Quando il
ragazzo attraversò la stanza verso il tavolo, Rossana poté vedere la sua
manager fissarlo con tanto d’occhi: era ovvio che lo trovasse particolarmente
attraente.
E come poteva
essere altrimenti? Kyoya era già alto al liceo, ma aveva guadagnato ancora
qualche centimetro e le spalle era più larghe di come ricordava. I suoi capelli
scuri erano lunghi e legati in una coda che lasciava liberi alcuni ciuffi, i
quali gli accarezzavano il viso.
Era rimasto,
nonostante l’età, pressoché imberbe e indossava ancora gli occhiali.
Rossana dovette
ispirare profondamente un paio di volte prima di poter sedersi, il più lontana
possibile da Kyoya, che l’aveva a mala pena salutata e riprendendo a parlare
con il resto del gruppo.
«Oggi ho
conosciuto un ragazzo alla scuola di arti figurativi che promette bene» esordì
Rossana, attirando l’attenzione di tutti «È solo in seconda ma ha un grande
potenziale. Oggi gli ho fatto registrare una canzone che avevo scritto e domani
andrò a vedere com’è andata».
«Come si
chiama?».
«Kai Fujita»
disse la rossa, vedendo Kyoya ghignare.
«È mio cugino»
disse semplicemente il ragazzo, facendo strozzare Rossana con la coca che stava
bevendo.
«Sul serio?».
«Sì, non ci si
poteva aspettare nulla da uno che ha sangue Ootori».
«Non avrei mai
pensato che potesse essere un tuo parente, sinceramente. È così carino e
gentile…».
«Stai per caso
insinuando che io non lo sono?».
«Neanche un
po’…».
«Kyoya-kun»
risposero i gemelli al posto della rossa, facendo ridere tutti e ricevendo uno
sguardo raggelante da Kyoya.
«Cambiando
discorso…ci sarete tutti al concerto?» chiese Rossana, vedendo che tutti
annuivano, tranne Kyoya.
«E tu? Verrai?».
«Mio
fratello mi ha obbligato».
«Porta anche
Kimie, mi raccomando. Avresti dovuto portarla anche oggi».
«Aveva un
impegno» mentì il ragazzo, mentre i due gemelli si trattenevano dal spifferare
tutta la verità.
Passarono
insieme qualche ora: Rossana faceva di tutto per evitare di parlare con Kyoya,
ma sentiva il suo sguardo su di sé troppo spesso.
Quando se ne
furono andati la sua manager, che era seduta sua sfortuna proprio di fianco a
Kyoya, tirò un sospiro di sollievo.
«Quel ragazzo…
non solo è un concentrato di testosterone, ma è anche…Terrificante. Continuava
a fissarti in quel modo inquietante, come se ti stesse studiando»
«Lui è fatto
così, non ti preoccupare. Probabilmente stava cercando di capire qualcosa su di
me. Spero abbia trovato quello che cercava, un’altra serata con lui che mi
fissa in quel modo non credo la reggerei».
«È davvero un
gran pezzo di ragazzo, comunque. Ora capisco perché ti piace. È affascinante,
intelligente altrimenti non potrebbe guidare l’attività di famiglia e
intrigante. Non sono riuscita a leggere nessuna emozione sul suo volto. Solo
irritazione quando Tamaki gli è saltato addosso».
«Non riuscirai
a vedere nessuna emozione attraverso la sua maschera. È bravo a nascondere
tutto quello che prova. Non l’ho mai visto ridere, ne arrabbiarsi. Al massimo
ti guarda male e usa il suo sarcasmo per ferirti. Questo lato di lui l’ho
sempre odiato, perché non ha mai capito cosa pensasse di me realmente. Steph,
non vedo l’ora che tutto questo finisca. Peccato che il ragazzo con talento sia
suo cugino e se mio padre dovesse iniziare a produrlo, avrei comunque fin
troppo contatti con lui. Non ho la minima intenzione di vedere i suoi figli con
Kimie» affermò Rossana.
«È la prima
volta che parli così apertamente, Rossana».
«Riesce sempre
a tirare fuori il mio lato debole. Mi basta guardarlo negli occhi e sento
qualsiasi muro abbia costruito intorno a me cadere uno dopo l’altro»
«Beh ha degli
occhi parecchio penetranti. Anche io mi sono sentita debole e indifesa quando
mi ha guardata un attimo, mentre ci presentavi. Ti senti come l’agnello…».
«…che affronta
un lupo» completò Rossana per lei « la cosa strana è che l’agnello trovi il
lupo un figo assoluto» aggiunse, ridendo insieme alla manager.
Nel frattempo
Kyoya stava tornando a casa: doveva ammettere che in fin dei conti non era
stata un brutta serata a parte i continui abbracci non richiesti di Tamaki.
E alla fine
l’aveva rivista: i suoi capelli erano tornati lunghi, i suoi occhi più seri.
Era cresciuta,
doveva ammetterlo. Ed era bella, come poche ragazze che conosceva. Quando se
l’era trovata davanti alla porta doveva ammettere che era rimasto spiazzato:
l’aveva vista in televisione pochi giorni prima, ma trovarsela davanti di
persona era diverso. Molto più intenso. Ed aveva ringraziato mentalmente Tamaki
per aver interrotto il loro silenzioso scambio di sguardi o avrebbe fatto
qualcosa di sconveniente, come abbracciarla.