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Autore: Shade Owl    24/02/2019    2 recensioni
Orlaith Alexander ha scoperto di non essere solamente una violinista estremamente dotata, tanto da guadagnarsi un esclusivo contratto con la Lightning Tune Records, ma anche di avere dei poteri incredibili, legati alle sue emozioni e alla sua musica. Tutto ciò però ha attirato le mire di potenti stregoni che hanno tentato di usare il suo potere per scopi malvagi, cosa che l'ha obbligata a lottare per salvare se stessa e le persone a cui vuole bene.
Quasi un anno dopo questi avvenimenti, la vita scorre tranquilla per lei, ormai lontana dalle luci della ribalta e dalla magia, e il suo unico obbiettivo è laurearsi e diventare una persona come tutte le altre, dimenticando il proprio dono, troppo pericoloso per essere usato con leggerezza.
Tuttavia, Orlaith ignora gli eventi che, in un luogo lontano, sono già in moto e che presto la raggiungeranno, portandola a scoprire un mondo per lei tutto nuovo e pericoloso, ma anche le risposte che per molto tempo ha ignorato: da dove viene la sua magia? Cos'è lei, realmente? E perché non ha mai incontrato nessun altro con le sue capacità?
Ma soprattutto... saprà affrontare quello che le riserva il destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
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Il vento faceva ondeggiare vigorosamente il nastro giallo che delimitava la scena del crimine e gli orli della grande tenda di plastica gialla che copriva la zolla incenerita; il Detective Anthony Righetti si accese una sigaretta, aggirando il tronco di un albero per fare scudo alla fiamma dell’accendino, senza perdere d’occhio il sito.
Era tardi, il buio stava già calando, e la scientifica aveva ormai finito i rilevamenti, ma lui sentiva che quel posto aveva ancora qualcosa da dirgli: le testimonianze, le tracce, gli indizi raccolti… tutto, in quella storia, era totalmente folle.
A quarant’anni non poteva permettersi di credere alle storie sui mostri, ma ormai in città non si parlava d’altro. Dopo quello che era successo più di ventiquattro ore prima lui stesso stava cominciando a vacillare.
Intendiamoci… era sempre stato un tipo concreto, che fin da ragazzino si era spaccato la schiena per lavorare, prima come ragazzo dei giornali, poi come magazziniere in un supermercato e infine come poliziotto. Non amava le fantasie, e normalmente non avrebbe mai dato credito ai racconti su di un mostro capace di trasformare il suo braccio in una lama.
Eppure…
Un fruscio lo fece voltare di scatto, facendogli drizzare tutti i peli della nuca; gettò la sigaretta, una mano corse rapida alla fondina, senza pensare, ma non estrasse l’arma e rimase in attesa, gli occhi azzurri fissi sul cespuglio che si era mosso.
Non sapeva spiegare nemmeno a se stesso quella reazione: poteva essere un gatto randagio, oppure un ratto. Eppure, sentiva nel profondo un’intensa inquietudine che lo spingeva a stare sul chi vive, un pericolo non meglio specificato.
Ma, a dispetto del suo istinto, a venir fuori dalla pianta fu un coniglio bianco.

Righetti buttò fuori il fiato mentre l’animale si alzava su due zampe e lo fissava con curiosità, anche se il pizzicore alla nuca non accennava ad andarsene. Il coniglio lo osservò per un momento, poi cominciò a zampettare in una direzione qualsiasi senza più dargli retta, mostrandogli la coda con tutta l’indifferenza possibile.
Devo stendermi… Pensò, scuotendo la testa. Ho accumulato troppo stress.
Già pregustava la pizza ai peperoni e salame piccante accompagnata dalla birra ghiacciata che lo aspettava a casa… magari avrebbe potuto anche passare in videoteca ad affittare un film di qualche tipo, forse una commedia, tanto per staccare un po’. Gli serviva riposo.
- Da quella parte, presto!-
Una voce nemmeno troppo lontana lo fece sobbalzare, mentre dei passi concitati risalivano il sentiero. Voltandosi freneticamente, la mano di nuovo sull’arma, Righetti cercò in fretta la persona che aveva parlato; vide qualcuno, forse un piccolo gruppo, correre nella stessa direzione in cui era fuggito il coniglio, ma era già troppo buio per distinguere più di qualche svolazzo e movimenti confusi.
Fece per identificarsi e ordinare loro di rimanere dove si trovavano, ma qualcosa lo bloccò, dicendogli di rimanere in disparte, la stessa sensazione di pochi istanti prima che si faceva sentire. Cercando di non farsi vedere, rincorse il gruppo in silenzio, mentre quelli si infilavano tra gli alberi del parco, uscendo dal sentiero. A giudicare dal baccano che facevano, stavano andando davvero di fretta.
- Ka!- gridò qualcuno, un uomo con una voce particolarmente aspra - Odio quel coso!-
- Risparmia il fiato e corri!- rispose un altro, dal tono più lugubre e profondo.
Senza preavviso i passi si fermarono poco più avanti, e anche Righetti si bloccò, sbirciando al meglio oltre l’albero che gli faceva da riparo, estraendo la pistola: lo spettacolo davanti a lui si rivelò alquanto… surreale, per così dire.
Erano quattro persone, assurde anche per quella città, due uomini e due donne. Una delle donne era pallida, dai lunghi capelli bianchi raccolti in una coda dietro la testa. Probabilmente era albina, e stringeva in una mano un piccolo pugnale nero. Indossava un gilet di cuoio su abiti da viaggio antiquati e vecchi stivali graffiati. L’altra, invece, aveva i capelli altrettanto lunghi ma color viola intenso, e a differenza della compagna indossava solo due drappi di stoffa bianca, uno che le copriva il petto e l’altro avvolto intorno alla vita come se fosse una gonna, o un pareo.
Anche uno dei due uomini (paradossalmente, quello meno inquietante) era albino, e impugnava due armi da fuoco simili a piccoli fucili il cui modello Righetti, pur avendo una certa esperienza in materia, non fu in grado di riconoscere.
L’altro, invece, era più alto, dalle spalle larghe e il fisico sottile, vestito completamente di nero. La testa era coperta da una sorta di casco metallico integrale, in cui si aprivano solo due fessure per gli occhi, gelidi e brillanti come dei led. Appese alla sua schiena c’erano due enormi armi da taglio, anch’esse completamente sconosciute a Righetti. La sua figura era la più inquietante del gruppo, tanto che guardandolo sentì un brivido corrergli lungo la schiena.
Si erano messi in cerchio, bloccando ogni possibile via di fuga allo stesso coniglio bianco che aveva visto lui, fermo al centro del gruppo, come se avessero voluto prenderlo in trappola. Era quello che stavano inseguendo.
Una battuta di caccia in piena notte, in quattro e a Central Park? Pensò il poliziotto, aggrottando la fronte. Chi diavolo sono questi tizi?
- Ora basta.- disse l’uomo in nero, con lo stesso tono di voce tenebroso che aveva sentito prima - Sei scappato troppo a lungo, e francamente non dovresti essere qui. Nessuno di noi dovrebbe.-
Righetti sgranò gli occhi, stupefatto: stava parlando… al coniglio?
- Basta parlare, finiamola!- sbottò l’uomo con i fucili, togliendo la sicura alle armi e puntandole verso l’animale.
- Keith ha ragione.- disse la donna coi capelli viola - Non mi va di stare qui.-
- Sì, nemmeno a me.- concordò l’uomo in nero, allungando una mano verso l’impugnatura di una delle sue armi.
A quel gesto, il coniglio cominciò ad agitarsi.
Anzi, non agitarsi… il suo intero corpo prese a tremolare, come se sotto la pelle il sangue gli stesse ribollendo nelle vene. Per un attimo Righetti pensò che stesse per esplodere, ma poi cominciò a crescere e a deformarsi in modo innaturale, contorcendosi e allungandosi alternatamente.
Davanti agli occhi increduli del poliziotto, la creatura che si vedeva nei video di Youtube era comparsa al posto del coniglio, emettendo gorgoglii inconsulti mentre fronteggiava l’uomo in nero, che sembrò improvvisamente farsi più cupo, anche se la sua faccia era nascosta dal casco, la mano ancora serrata sull’impugnatura sopra la sua spalla.
- Possiamo farlo in due modi.- disse con durezza - A te decidere quanto male dovremo farti.-
Okay… adesso basta!
- Fermi!- gridò Righetti, puntando la pistola.

L’intero gruppo si voltò verso di lui, stupefatto per il suo arrivo improvviso. Tutti lo fissarono, poi fissarono la pistola e infine fissarono di nuovo lui.
O meglio, i quattro in cerchio lo fissavano. La cosa che stavano circondando, invece, ora lo vedeva, era assolutamente priva di lineamenti riconoscibili, come si vedeva nei filmati a cui lui si era rifiutato di credere.
E proprio quella fu la prima di loro a riprendersi, scattando all’improvviso verso l’uomo in nero. Il suo aspetto cambiò ancora, le braccia divennero una miriade di tentacoli biancastri e violacei che avvilupparono l’uomo prima che potesse muoversi, spostandolo poi sulla traiettoria di tiro dell’uomo di nome Keith, il quale scelse proprio quel momento per sparargli contro.
I proiettili colpirono il suo compagno, che ancora si agitava per liberarsi dal groviglio di membra ostili, lasciando indenne la creatura; subito dopo, quella scaraventò l’ostaggio addosso al resto del gruppo, scattando in direzione di Righetti che, terrorizzato, aprì il fuoco.
Sparò più volte, ma nessuno dei colpi andò mai a segno, complice il fatto che la cosa, muovendosi verso di lui, si stava come rimpicciolendo, o assottigliando, diventando un bersaglio sempre più difficile, più sfuggente.
Un serpente bianco latte era lanciato verso di lui, a mezz’aria, il corpo teso, le fauci spalancate che mostravano lunghe zanne velenose…
La bocca del rettile scattò con uno schiocco a pochi centimetri dal suo viso, soffiando con rabbia, trattenuto a stento per la punta della coda dalla donna coi capelli viola che, stesa a terra, era scattata avanti e lo aveva afferrato all’ultimo secondo, sporcandosi di terra e di erba.
Le gambe gli cedettero di schianto, incapaci di reggere ancora, e Righetti si ritrovò col sedere sull’erba umida e la gola secca, il cuore che pulsava a mille. Anche il serpente rovinò a terra, ritrasformandosi di nuovo, tornando a essere la creatura che si vedeva nei filmati, la caviglia ancora ben stretta tra le dita della donna.
- Lascialo in pace.- gli ordinò in tono freddo, guardandolo dal sotto in su.
Il mostro alzò un braccio, tramutando la mano nella stessa, lunga lama che aveva già usato per uccidere le sue prime vittime. Di nuovo, Righetti alzò la pistola, vuotando il resto del caricatore contro di lui.
Stavolta gli dava le spalle, ed era anche molto vicino: i proiettili penetrarono nella sua carne come se fosse burro, facendogli uscire sangue viola dalle ferite. Un penetrante e prolungato gorgoglio di dolore uscì dal suo corpo, anche se non aveva bocca, e Righetti esultò dentro di sé: per quanto terrificante fosse, quella cosa non era a prova di proiettile, dopotutto.
Sfortunatamente, la sua gioia durò poco, mentre il mostro si faceva spuntare delle spine su buona parte del corpo; la donna lanciò un grido di dolore e gli lasciò andare la gamba, mentre lui si voltava di scatto e colpiva con forza Righetti con il braccio ancora “normale”, prendendolo alla testa.
A quel punto le cose divennero nere, e lui si spense come una lampadina.

Il povero Righetti non sa cosa ha appena visto... e si pentirà della sua scoperta.
Ringrazio John Spangler, Old Fashioned e Roiben, i miei lettori. A presto!

 

   
 
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