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Autore: killian44peeta    25/02/2019    0 recensioni
-No, non proprio. Non volevo essere baciato da lui. Volevo essere baciata da... te- questo avevo detto.
Mi si incise perfettamente nella mente l'espressione di Diana in quei secondi che passavano a rilento, come se qualcuno avesse rallentato ogni singola cosa fino a farla diventare di troppo.
Non riuscivo a distogliermela dalla testa, non a cancellarla neppure di un minimo, non a rilasciare la tensione che questa mi scatenava inesorabilmente.
Era rimasta tra lo shock e il paralizzato, un espressione che mi aveva stretto lo stomaco e mi aveva portato un dolore immenso al petto, come se mi avessero tirato un calcio pesante e intenso proprio in quello stramaledetto punto.
"Tanto lo sapevo" mi ero detta, pregando che i miei occhi non iniziassero a bruciare come folli, stringendo i pugni "Lo sapevo che non mi avrebbe degnata di una sola, vera attenzione"
"Lei non è come me. Non lo è mai stata... E a dimostrarlo è la sua faccia"
-Penso che non dovremmo essere più amiche- avevo quindi continuato, sentendo l'insulso desiderio di scoppiare in lacrime, sapendo perfettamente che mi sarei allontanata da lei.
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli Elementi- saga'
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Gli Elementi ~ L'interno
Short story
 

Lilhian

-No, non proprio. Non volevo essere baciato da lui. Volevo essere baciata da... te- questo avevo detto.

Mi si incise perfettamente nella mente l'espressione di Diana in quei secondi che passavano a rilento, come se qualcuno avesse rallentato ogni singola cosa fino a farla diventare di troppo.

Non riuscivo a distogliermela dalla testa, non a cancellarla neppure di un minimo, non a rilasciare la tensione che questa mi scatenava inesorabilmente.

Era rimasta tra lo shock e il paralizzato, un espressione che mi aveva stretto lo stomaco e mi aveva portato un dolore immenso al petto, come se mi avessero tirato un calcio pesante e intenso proprio in quello stramaledetto punto.

"Tanto lo sapevo" mi ero detta, pregando che i miei occhi non iniziassero a bruciare come folli, stringendo i pugni "Lo sapevo che non mi avrebbe degnata di una sola, vera attenzione"

"Lei non è come me. Non lo è mai stata... E a dimostrarlo è la sua faccia"

-Penso che non dovremmo essere più amiche- avevo quindi continuato, sentendo l'insulso desiderio di scoppiare in lacrime, sapendo perfettamente che mi sarei allontanata da lei.

Mi sarei allontanata dalla mia migliore amica, dalla persona che mi piaceva da morire almeno da quattro anni, quella stessa persona da cui avevo deciso di scappare nel momento esatto in cui quel Broome le aveva strappato il primo bacio senza che io potessi farci davvero qualcosa.

Mi sarei allontanata da quegli occhi indaco che mi pregavano di dirle che tutto non era vero, che le emozioni che provavo non fossero reali .

Ma dannazione, lo erano.

Lo erano fin troppo.

Lei cercò di dire qualcosa, la voce bloccata in gola che  riproduceva soltanto  dei gorgoglii uniformi e bizzarri : un ennesimo pugno in cui, nel frattempo, mi costrinsi a gelare il mio tono per sembrare straordinariamente calma.

-Non posso essere solo amica di qualcuno che mi piace, non sono così masochista e forte da poterlo fare. So quando è una battaglia persa e so quando una non è come me, non so come tu la pensi ma ... stavolta non mi importa, questo...questo è un addio-

La avevo squadrata per gli ultimi secondi, come per tenermi in testa il colore del suo sguardo e i capelli lisci, perfetti nel loro brillare, abbinato al pallore latteo della pelle della ragazza.

Mi girai, socchiudendo le palpebre, sentendo le lacrime scivolare giù dalle guance, lasciate finalmente libere da quelle emozioni amare di contenimento, mentre una tempesta distruttiva sembrava correre in direzione del mio stomaco per mandare all'aria ogni cosa che potesse trovare.

E mi svegliai di colpo, con la faccia bagnata per via di una secchiata che mi era stata buttata addosso, gelida come non mai, la quale mi fece sussultare di colpo e trattenere il fiato, con i brividi che mi attanagliavano ovunque e le gocce che colavano da tutte le parti, provocando un rumore che già si riproduceva per tutta la prigione.

Borbottai parole di dissenso al trovarmi di fronte il capo di quella cella.

Era una donna dai capelli corti, tenuti in un taglio militare di un color biondo cenere.

Aveva un espressione sempre mezza sogghignante ogni volta che mi svegliava.

Non sapevo perché, ma quella sembrava avercela molto con me e non mi pareva di averle mai fatto nulla.

- Stella038, alza quel culo da terra, sei stata richiesta per pulire le latrine-

Feci una smorfia disgustata all'ultima parola, mettendomi in piedi decentemente, cercando di non crollare al suolo come un idiota per una semplice perdita di equilibrio e per delle gambe che non volevano proprio smetterla di tremare come foglie.

L'aria che entrava dagli spifferi nelle pareti era proprio fredda e la tuta da carcerato a maniche corte non era proprio il massimo.

-Ad aiutarti nel lavoro vi saranno Foglia04, Foglia05, Foglia06 e Teschio29. Al contrario tuo, loro sono già lì-

Guardai la donna con sguardo fisso e vuoto, senza dire una parola, con le manette che mi si formavano improvvisamente ai polsi e che andavano a collegarsi con un collare che mi stringeva fin troppo il collo, portandomi a faticare nell'inghiottire.

-Sissignore- asserii con voce roca, vedendo la donna prendere le catene che mi fermavano i polsi e trascinarmi fuori con la forza,  facendomi strascicare i piedi nel tentativo di seguire il ritmo, anche se li sentivo decisamente troppo, troppo irrigiditi.

Sbattei perfino contro altri carcerati e, cosa peggiore di tutte, riuscii a scontrarmi con una sbarra del cancello che impediva a tutti di uscire se non con il permesso della capo reparto.

Con un mugolio di disappunto, riuscii a sopravvivere da quella stramaledetta cella, uscendone, anche se sapevo che avrei avuto un attività spiacevole da svolgere per tutta la mattina e tutto il probabile pomeriggio.

Già mi sentivo in ansia: l'idea di mettermi a pulire quello schifo mi rivoltava nettamente lo stomaco.

Speravo soltanto che i miei momentanei compagni di lavoro si dimostrassero affabili e bravi lavoratori, altrimenti col cavolo si sarebbe concluso questo lavoro il prima possibile.

Iniziai quindi a dirigermi verso i bagni, spinta e ben controllata da quell'insopportabile guardia.

L'unico punto a favore di questo lavoro era che c'erano meno possibilità che ti chiamassero in seguito per il prelevamento.

Poteva sembrare strano per persone che erano in una prigione, ma il prelevamento era quello da cui tutti scappavano per certi versi.

Tutti vi scappavano per un semplice e unico motivo.

Continuai a camminare a lungo, lasciando correre lo sguardo in direzione degli altri carcerati.

Tute arancioni più e meno accese si disponevano per tutte le celle tra persone sveglie che mi fissavano a loro volta e quelle addormentate, sdraiate o sedute.

In totale, le celle erano cinque, suddivise per via della targhetta che era scritta sulla manica del vestiario.

Ognuna di esse aveva un disegno inciso su di esso e un numero preciso.

In suddivisione, i simboli erano il teschio, la macchia, la foglia, la stella e la mela.

Poi, cosa significassero esattamente, non lo sapevo, ma più di tanto non mi importava.

L'importante era che tutte le persone qui radunate erano, come me, state rapite e andavano dai cinque ai ventiquattro, trent'anni.

Camminai a lungo in corridoi che venivano illuminati a malapena e che portavano alla principale destinazione, cercata fin dall'inizio, nonostante la poca voglia di arrivarci seriamente.

La raggiunsi, sentendo il fiato sul collo della donna che continuava a fissarmi, come se non aspettasse altro che io facessi un passo falso per mettersi a picchiarmi completamente senza motivo.

Come controllore era proprio una strega.

"Deve avere dei problemi mentali. Tutti qui devono averne" mi dissi, irritata, trattenendomi dall'insultarla a voce, ma di certo non limitandomi a tal punto da non farlo mentalmente.

"Brutta idiota, strega, bastarda, baldracca con la mentalità marcia, stronza di merda con il cervello di gallina, sei perfino più lurida delle latrine stesse "

-Siamo arrivati- disse la donna, sillabandomi in faccia, facendomi stringere la mandibola dal disgusto generale.

"Dall'alito sembra poi che ti si sia arenato un cadavere di balena in gola" pensai tra me e me con una smorfia schifata " Guarda, forse l'odore dei bagni fa meno schifo"

Mi costrinsi ad annuire, vedendola girarsi poi per aprire la porta di legno dei servizi pubblici e buttarmici praticamente dentro, chiudendo la porta a chiave dietro di me.

Il bagno era una stanza chiusa e senza finestre, illuminato sempre dalle solite torce che, a tratti, sembravano sul punto di spegnersi.

Le pareti erano tutte colorate di bianco, con mattonelle che si susseguivano in maniera ben ordinata e che mostravano lo sporco in maniera assurda.

Certi punti delle latrine erano segnate di giallo, di polvere e in certi punti, cosa che mi strappò un conato, anche di marrone e verdastro.

Le persone che mi avrebbero accompagnato in questo particolare lavoretto erano praticamente davanti a me.

Vi erano due bambine gemelle, un ragazzo e una ragazza.

La ragazza era di bassa statura, parecchio magra e decisamente molto fragile di aspetto, dai capelli neri, un poco ricci e aveva come denominazione Foglia04.

Era molto carina, ma aveva lo sguardo spento, cosa che sinceramente mi lasciava una sensazione di pena indescrivibile addosso.

Le bambine erano Foglia05 e Foglia06, anche loro dai capelli neri, ma raccolti in due codini e con un aria preoccupata e spaventata come non mai.

-Fratellone Scorpius mi manca- piagnucolò una a bassa voce, stringendo le palpebre.

-Anche a me- le rispose l'altra, andando invece ad alzare la testa in direzione della corvina per incrociare il suo sguardo -Gli manchiamo anche noi?- domandò poi alla ragazza.

-Sicuramente- rispose, sempre sottovoce la corvina, accarezzando le teste delle due che singhiozzarono appena, scosse da dei sussulti leggeri.

Il ragazzo invece aveva capelli viola, disordinati, una statura poco più alta della corvina e gli occhi arancioni, tra sfumature gialle e rosse che si mischiavano in maniera particolare.

Lui era il Teschio29 e il suo leggero dondolarsi, prima da una parte e poi dall'altra, rendeva l'idea che fosse decisamente pazzo.

-Beh- iniziai io, attirando l'attenzione di tutti e quattro i presenti - Direi che possiamo iniziare a lavorare-

  
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