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Autore: Alley    26/02/2019    1 recensioni
“Non ti manca mai? La nuvola su cui te ne stavi appollaiato. Immagino che fosse piuttosto comoda.”
[post 14x13] [special guest: Jack Kline]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Pillole di bunker '
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Castiel tende il braccio a incontrare i lividi di cui il viso di Dean è ricoperto; la grazia fluisce attraverso la punta delle sue dita e si spande lungo la pelle insieme al suo tocco, generando una sensazione di benessere che sa di ristoro e familiarità.
 
“Mi dispiace.”
 
Quella delicatezza non ha nulla a che vedere con il modo in cui l’altro Cas – Castiel, l’angelo del Signore, quello che non lo ha mai afferrato stretto e salvato dalla perdizione – lo ha colpito solo qualche ora prima; eppure, in ogni versione di sé, Castiel serba racchiusa nel centro stesso della sua essenza una forza capace di radere al suolo intere città.
 
La differenza sta tutta nel modo in cui decide di utilizzarla.
 
“Non devi dispiacerti: non eri tu.”
 
“Lo so.” Castiel resta concentrato sulla sua occupazione, dedito a curare gli ematomi come un artigiano a riparare le crepe di un prezioso manufatto. “Non lo sarei mai diventato, se non fosse stato per te.”
 
Lo dice come se la posta in palio fosse stata la sua stessa vita; come se, in qualche modo, Dean gliel’avesse salvata. E Dean dovrebbe poter credere a quella versione dei fatti, se è Castiel stesso a offrirgliela, ma non ci riesce; tutto quello che Castiel ha perduto, tutto ciò attraverso cui è passato – forse la condizione in cui versava quando serviva il Paradiso non era migliore di quella che ha abbracciato voltandogli le spalle, ma era di sicuro più semplice.
 
Dean ha trascorso gli anni più lunghi della sua vita a sperare che le cose fossero semplici. A volte, mentre era solo alla guida dell’Impala, le mani ancorate al volante e il piede a mordere l’acceleratore, lo ha desiderato così ardentemente da rischiare di schiantarsi con quell’unico pensiero ficcato in testa: vorrei che fosse tutto più facile.
 
“Non ti manca mai? La nuvola su cui te ne stavi appollaiato. Immagino che fosse piuttosto comoda.”
 
Non aveva il diritto di incasinare Castiel. Non aveva il diritto di strappargli le sue sicurezze e soppiantarle con incognite traballanti e pericoli costantemente in agguato. È una di quelle cose che non potrà mai perdonarsi.
 
“Lo era.” Ancora, Castiel non si interrompe. Dean fissa la sua espressione assorta con il cuore che, tutt’a un tratto, pesa un po’ di più nel petto. “Ma la Terra è molto più interessante.”
 
Castiel marca a fondo la parola, mettendoci dentro più significato di quello che effettivamente possiede; solo dopo averla scandita distoglie lo sguardo, calandolo per intercettare quello di Dean.
 
Con l’azione guaritrice della grazia, la sua pelle si è completamente sanata. Castiel si china a depositargli un bacio sulla tempia, scostando le dita quel tanto che basta a far posto alle sue labbra. “Non vorrei essere in un posto diverso da quello in cui sono” dice, nella sua voce una convinzione salda come pietra, e la sua mano si chiude e coppa attorno al viso di Dean.
 
Dean si spinge contro il suo palmo e si gode la sensazione di calore che irradia fino a quando i ricordi della giornata non riemergono dal mare di rilassatezza in cui il contatto lo ha sprofondato. Fa male rievocarli, ma non è uno di quei dolori che lo schiacciano e lo trascinano giù, che lo dilaniano con i loro artigli conficcati dritti nella carne; è qualcosa che sarà contento di custodire e di portare con sé, come una cicatrice posta a memoria del fatto che sei sopravvissuto e non del pericolo di vita che hai corso.
 
“C’è stato un momento in cui ho parlato da solo con papà.” Quando ha raccontato a Castiel quanto avvenuto, in presenza di Sam e della mamma, ha omesso quella parte della storia. Non ha ancora detto a nessuno delle parole che lui e John si sono scambiati. Non sa nemmeno se è in grado di ripeterle senza che la voce gli si rompa. Forse è per questo che Castiel è il primo a cui le rivela: non dovrà preoccuparsi di mostrarsi forte. Non si è mai sentito in dovere di farlo, con lui. “Ha detto che non avrebbe voluto questo, per me; che sperava che vivessi una vita normale, e in pace, e che avessi una famiglia.”
 
“È quello che avresti meritato.”
 
“È quello che ho avuto.” Castiel si acciglia, confuso, una muta domanda posta dalla ruga che gli increspa la fronte. “Be’, non una vita normale, forse, ma la famiglia – quella ce l’ho.”
 
Il dubbio incastonato nei lineamenti contratti si scioglie e li fa distendere, lasciando il posto a un’espressione morbida, totalmente diversa da tutto ciò che abbia visto sul viso dell’altro Cas – di Castiel.
 
“Avrei voluto potertelo presentare.”
 
“Sarebbe stato bello.”
 
In quel momento, Dean intravede alle spalle di Castiel una sagoma stagliata nel riquadro di luce delineato dalla porta socchiusa.
 
“Ehi, ragazzino.” Jack fa un passo oltre la soglia, poi si ferma, incerto, come se non fosse sicuro di aver diritto a quella intromissione. “Che fai, resti lì impalato?” 
 
L’esortazione lo convince ad avanzare; Castiel si scosta per fargli spazio sul materasso e permettergli di prender posto tra lui e Dean. “Sam mi ha raccontato quello che è successo” dice Jack, parlando direttamente a Dean. “Sono felice che tu abbia rivisto tuo padre; è bello poter dire addio.”
 
“Anche io sono felice” gli fa eco Dean. Fa una pausa, e un pensiero gli balena nella mente, suggerendogli il passo successivo da compiere. “Gli sarebbe piaciuto restare per conoscerti.”
 
Davanti a quelle parole, Jack viene assalito da un moto di sorpresa che gli fa sgranare gli occhi. “Gli hai parlato di me?”
 
“Certo.”
 
“E cosa gli hai detto?”
 
Dean indirizza a Castiel un piccolo sorriso, poi torna a rivolgersi a Jack. “Se proprio vuoi saperlo…”
  
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