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Autore: ShanaStoryteller    27/02/2019    7 recensioni
Durante il loro secondo anno, Harry e Draco scoprono di essere anime gemelle e fanno del loro meglio per tenere la cosa segreta.
Il loro meglio non è abbastanza.
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“Stai cercando di farti uccidere, Potter?” disse strascicato Malfoy, camminando altero con grandi falcate. Veloce lui stesso come una serpe, allungò il braccio e afferrò l’animale appena sotto la testa. Questi si dimenò nella sua presa, ma non poteva più mordere nessuno. “Questo è un serpente velenoso e dubito che qualcuno abbia un bezoar con sé.”
Harry lo fulminò con gli occhi. Aprì la bocca e sentì l’inizio di una frase nella lingua dei serpenti scivolargli dalle labbra, e non era ciò che voleva, che senso aveva insultare Malfoy se non poteva capire quello che stava dicendo-
Malfoy sgranò gli occhi e schiaffò una mano sulla bocca di Harry. “Potter, che diavolo-“
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Note autrice: Il titolo di questa fanfiction viene da questa citazione: “I told her once I was not good at anything. She told me survival is a talent.” – Susanna Kaysen, da La ragazza Interrotta.
(“Una volta le ho detto che non ero brava in nulla. Lei mi disse che sopravvivere è un talento.”)

Note traduttrice: Eccoci finalmente alla pubblicazione in italiano della mia fanfiction su HP preferita in assoluto. Questa perla di rara bellezza mi infiamma come poche fic riescono a fare e nonostante le migliaia di fic di HP lette in tutti questi anni riesce a essere originale e innovativa come poche cose io abbia letto in vita mia.
Per questa traduzione mi sono attenuta all’ultima edizione di Harry Potter, quindi i nomi di personaggi e creature varie sono quelli originali inglesi. Al momento la storia è ancora in corso e siamo a 14 capitoli, tutti lunghi come o più di questo. Come potrete vedere Shana partorisce capitolozzi da chilo, quindi aspettatevi aggiornamenti più sporadici di quelli che faccio di solito.
Per la traduzione di questa fic è stato fatto uno sforzo veramente ciclopico, quindi spero possiate lasciare un commento in caso vi piaccia. Un grande ringraziamento va alla mia sempiterna e adorata beta reader _Senpai_ che potete trovare anche su Tumblr (@dancelikeanhippogriff). Inoltre, per questa fic, abbiamo avuto un prezioso aiuto in beta reading/editing anche dalla gentilissima PetsHeart, che potete trovare sia su EFP che AO3!
Senza ulteriori indugi, vi lascio alla lettura del primo capitolo!
 


 
(La Camera dei) Segreti


 
 
Non tutti hanno un’anima gemella. Circa una persona su dieci nasce con il marchio rivelatore, un cerchio nero da qualche parte sul corpo.
Il marchio è più indelebile di qualsiasi tatuaggio. Non può essere deturpato o rimosso da nessuna magia o mezzo babbano e rimarrà immutato contro qualsiasi danno inferto.

Fino a quando due anime gemelle non si toccano.

Allora si trasforma in qualcosa di completamente diverso.
 
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“Serpensortia!” urlò Malfoy, e un grosso serpente nero eruttò dalla punta della sua bacchetta. Il resto del club dei duellanti si allontanò dal palco mentre il serpente ondeggiava minacciosamente.

Malfoy stava ghignando come se avesse vinto; e Harry non sarebbe stato fermo senza fare nulla. Avanzò a testa alta e il sorrisetto svanì dal viso di Malfoy. Il serpente si inarcò aggressivamente, ma non era preoccupato.

“Stai cercando di farti uccidere, Potter?” disse strascicato Malfoy, camminando altero con grandi falcate. Veloce lui stesso come una serpe, allungò il braccio e afferrò l’animale appena sotto la testa. Questi si dimenò nella sua presa, ma non poteva più mordere nessuno. “Questo è un serpente velenoso e dubito che qualcuno abbia un bezoar con sé.”

Harry lo fulminò con gli occhi. Aprì la bocca e sentì l’inizio di una frase nella lingua dei serpenti scivolargli dalle labbra, e non era ciò che voleva, che senso aveva insultare Malfoy se non poteva capire quello che stava dicendo-

Malfoy sgranò gli occhi e schiaffò una mano sulla bocca di Harry. “Potter, che diavolo-“

Smise di parlare e impallidì. Harry ebbe il terribile presentimento di conoscerne il motivo. Sentì un’orribile sensazione di bruciore sul fianco destro, esattamente dove si trovava il suo marchio. Malfoy fece una smorfia e premette la mano libera sul proprio fianco.

Le anime gemelle avevano i marchi sempre nello stesso punto.

“Ottimo spettacolo ragazzi, ottimo spettacolo!” disse Lockhart, avvicinandosi nervosamente. “Farò svanire io quel serpente, d’accordo? Buon cielo, signor Malfoy, non avrebbe dovuto evocare una tale bestia.”

Quello riscosse entrambi e Malfoy fece un passo indietro. Lanciò un’occhiata disgustata a Lockhart, poi puntò la bacchetta al serpente. “Reditus.”

Sparì, esattamente com’era apparso. Le spalle di Lockhart si rilassarono per il sollievo. “Oh, ottimo signor Malfoy. Ottimo.”

Malfoy scese elegantemente dalla pedana come se nulla fosse successo, come se il fianco di Harry non andasse a fuoco, come se non si sentisse marchiato con un ferro bollente. Ma non poteva certo afferrare Malfoy e pretendere una spiegazione davanti a tutti, quindi si trascinò dai suoi amici e sperò di non dare l’impressione di stare per vomitare da un momento all’altro, sebbene si sentisse esattamente così.

“Quello era un incantesimo di evocazione del quarto anno.” Disse Hermione, tra il colpito e il geloso. “Non è stato molto sportivo da parte sua usarlo.” Aggrottò la fronte e scosse la testa, facendo sì che i capelli castani e ricci le ricadessero sulle spalle, mimetizzati con la sua pelle color cioccolato.

“Già.” Esalò debolmente Harry.

Sia Ron che Hermione gli lanciarono uno sguardo stranito, ma poi Lockhart e Piton chiamarono un Tassofrasso del quinto anno sul palco e la loro attenzione fu deviata da lui.
 

 
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Harry si cambiò nel bagno prima di andare a dormire, il cuore che gli batteva furiosamente. Dove prima aveva un piccolo cerchio nero sull’orlo dell’anca ora c’era un fiore lungo almeno come la sua bacchetta, da poco sotto il suo bacino fino all’inizio della coscia. Grazie alle lunghe ore che zia Petunia lo aveva forzato a trascorrere nel suo guardino, lo riconobbe.

Era un’iris, di un viola scuro con una striscia di giallo brillante su ogni petalo. Era stupenda, i petali perfettamente formati e più bella di qualsiasi iris che avesse mai visto dal vivo. Non aveva mai pensato che un fiore potesse suggerire arroganza fino a quel momento. Dovette ingoiare a forza un’improvvisa risata isterica perché, se avesse iniziato a ridere, aveva paura che non sarebbe riuscito a fermarsi.

La sua anima gemella era Draco Malfoy.
 
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Harry non era l’unico del loro anno ad avere un marchio. Dean e Seamus erano perfino anime gemelle. Lo avevano scoperto prima ancora di essere smistati, e quando si erano toccati i cerchi neri sul retro delle loro caviglie si erano trasformati rispettivamente in una quercia e in un acero. Lavanda Brown aveva un marchio, un cerchio nero appena sotto il polso. Ne aveva visti altri, messi in mostra da persone speranzose che qualcuno con un marchio nello stesso punto li notasse.

Non aveva mai nascosto il suo marchio, ma non lo aveva nemmeno sbandierato. A quanto pareva neanche Malfoy lo aveva fatto. Harry non sapeva neppure che ne avesse uno.
 
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Il giorno dopo stava rientrando da un’altra straziante nottata passata ad aiutare Lockhart a rispondere ai suoi fan quando qualcuno lo afferrò, strattonandolo all’indietro per spingerlo dentro una classe abbandonata. Cercò la bacchetta con la mano, ma prima di poterla prendere si girò e vide che era Malfoy. La porta si chiuse dietro di loro e lui chiese: “Lo hai detto a qualcuno?”

“No.” disse. Finalmente Malfoy non lo stava ignorando. Aspetta, no, voleva che Malfoy lo ignorasse. Giusto? Forse. “E tu?”

“Ovviamente no.” disse, passandosi una mano fra i capelli. “Che maledetto casino. Perché non hai preso la mia mano al primo anno? Lo avremmo saputo subito, ma no, dovevi fare per forza il difficile. Ora guarda come siamo messi!”

L’indignazione montò dentro di lui. “Oh, quindi ora è colpa mia? Scusa, sei tu l’idiota che se ne va in giro a pietrificare i nati babbani, quindi questa è solo colpa tua.” Non era del tutto sicuro di cosa fosse ‘questo’, ma era certo che non se ne sarebbe preso la responsabilità.

Malfoy lo derise. “Oh, detto da te fa proprio ridere. Parli serpentese, Potter. Se qualcuno è l’erede di Serpeverde, quello sei tu.”

“Io parlo cosa?” chiese.

“Serpentese.” Ripeté Malfoy. Quando Harry si limitò a sbattere le palpebre, continuò. “Serpenti. Parli la lingua dei serpenti. Stai provando a prendermi in giro? Ti ho sentito. Sei fortunato che ti abbia fermato, altrimenti a quest’ora metà della scuola vorrebbe la tua testa.”

Harry lo fissò per un lungo momento. “Non ho idea di cosa tu stia dicendo.”

Dopo svariati secondi passati a stringersi la radice del naso, Malfoy gli spiegò tutto per filo e per segno: che il serpentese era un tratto distintivo della discendenza Serpeverde, che Voldemort lo parlava, che era considerato una capacità oscura e che se la gente avesse saputo che lui lo parlava avrebbe sicuramente pensato che fosse l’erede Serpeverde. “Non sei tu l’erede?” chiese Harry, la testa che gli girava.

“Certo che no! Se discendessi da Serpeverde non lo nasconderei di certo. Tutte le discendenze dei fondatori si sono estinte, o, beh, pensavamo che fosse così. Evidentemente ci sbagliavamo tutti.”

Harry deglutì. “Quindi, voglio dire, io non sto facendo queste cose, non sto facendo del male a nessuno. Ma se parlo serpentese… vuol dire che sono imparentato con Serpeverde?” Sono scuro, pensò senza dirlo. I Dursley gli avevano sempre detto di essere una persona orribile, per tutta la vita. E se avessero avuto ragione?

Per la prima volta Malfoy sembrò meno irritato. “Non essere stupido.” Disse, ma fu il tono più gentile dell’intera discussione. “Sei un Potter. È nel tuo sangue.”
“Di cosa stai parlando?” chiese. Si stava stancando di ripetere sempre la stessa domanda.

Malfoy gli afferrò la mano e la sollevò. La sua mano era di un pallore spettrale paragonata a quella di Harry. “L’Inghilterra ha, forse, una dozzina di specie di serpenti. L’India ne ha più di duecentocinquanta. Quali maghi pensi abbiano sviluppato per primi quest’abilità? Hai più diritto tu di rivendicarlo che Salazar Serpeverde o Tu-Sai-Chi.”

Sembrava quasi gentile. Harry si leccò le labbra e esclamò: “Posso vedere il tuo marchio?”

Malfoy si irrigidì e ritirò la mano. Harry stava per rimangiarsi tutto, quando lui disse: “Solo se posso vedere il tuo.”

“Certo.” Disse, e trasalì quando la voce gli uscì troppo acuta.

Questo, però, sembrò rilassare Malfoy, che gli fece un sorrisetto prima di scostare la tunica e tirarsi giù il bordo dei pantaloni.

C’era una composizione di tre brillanti calendule sul suo fianco. Una rossa, una arancione e una gialla. Harry desiderò toccarle, ma non volle tirare troppo la corda. Invece copiò il suo gesto, permettendo a Malfoy di vedere le iris impresse sulla sua pelle. La striscia gialla sui petali era dello stesso giallo della calendula sul fianco di Malfoy.

“I miei genitori hanno dei draghi sulle loro braccia.” Disse Malfoy, fissandolo. Harry sbatté le palpebre. Non sapeva che i genitori di Malfoy fossero anime gemelle. “È così che mi è stato dato il mio nome.”

Il suo nome. Draco. Che Harry immaginava di dover iniziare a usare, vista la situazione. “Glielo dirai?”

“Assolutamente no.” disse, tirandosi di nuovo su i pantaloni. Harry lo imitò. “Brutti guai bollono in pentola, e tu hai reso la tua posizione molto chiara. Dirgli che sei la mia anima gemella renderebbe soltanto le cose più difficili per loro.”

“Quindi?” Chiese Harry, punto sul vivo. “Facciamo finta di niente?”

“Precisamente.” Annuì lui, e le mani di Harry si strinsero a pugno. “Facciamo finta che non sia cambiato nulla. Siamo ancora nemici, e ci odiamo ancora.”
“Va bene.” Sputò, cercando di accumulare abbastanza rabbia per nascondere il suo dolore. Allungò la mano verso la porta. Era sempre stato preoccupato che la sua anima gemella non lo avrebbe voluto, aveva passato tutta la sua vita tra la gratitudine di avere un marchio e il terrore nei suoi confronti; e ora tutto quello che aveva sempre temuto si era stava realizzando.

Draco afferrò il retro della sua tunica. “Aspetta! Ho detto fare finta, cretino. Che ci piaccia o meno, siamo anime gemelle e questo conta. Facciamo finta di essere nemici, per il bene di entrambi. Ma… ma, in privato, così, non dobbiamo esserlo. Non più. Non se tu… non se tu non lo vuoi.”

Harry si girò e per la prima volta vide Draco insicuro. C’era un rossore sulle sue guance e la presa sulla sua tunica era ferrea.

Draco era un bastardo. Era arrogante e rude e aveva chiamato Hermione Sanguesporco. Parlava dei Nati Babbani che venivano pietrificati come se fosse una cosa positiva, e ogni volta che apriva la bocca per straparlare riguardo la purezza di sangue Harry doveva resistere all’impulso di piantare un pugno sulla sua faccia arrogante.

Ma era la sua anima gemella. Quindi non poteva essere del tutto malvagio.

“Sì.” Deglutì. “Mi piacerebbe.” Sperò di non star commettendo un errore.

Draco gli rivolse un sorriso esitante, e Harry non poté fare a meno di restituirlo.

 
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Draco era stato continuamente sull’orlo di un attacco di panico sin da quando aveva sentito quel dolore lancinante al fianco davanti a tutti, eppure in quel momento si sentiva quasi tranquillo. C’era un piano, avevano un piano, e lui era intelligente. Era il più intelligente del loro anno dopo la Granger, e comunque aveva voti più alti dei suoi nella magia pratica. Poteva farcela.

Poi la sua anima gemella dimostrò di essere pazza quando inclinò la testa da un lato e chiese: “Lo senti anche tu?”

“Sentire cosa?” fece per chiedere Draco, ma prima che ne avesse l’occasione Potter- no, Harry schizzò fuori dalla stanza e corse lungo il corridoio.

Draco esitò per un momento, poi si rassegnò al fatto che con ogni probabilità era condannato a passare il resto della sua vita a correre dietro la sua pazza e idiota anima gemella decisamente Grifondoro e si sbrigò e seguirlo. Harry stava premendo l’orecchio contro il muro e Draco ebbe un flashback di quando Luna stava cercando delle creature chiamate nargilli durante una riunione di famiglia. A Harry e sua cugina non sarebbe mai stato permesso di incontrarsi. “Davvero non lo puoi sentire?” chiese Harry per poi correre via di nuovo, impedendo ancora a Draco di rispondergli.

Meraviglioso.

Lo seguì, e finì per sbattergli contro. “Harry! Cosa stai facendo-“ Draco guardò sopra la sua spalla e deglutì. Senza pensare, afferrò la sua mano.

Poi, prima che potesse vergognarsi della propria azione, Harry la strinse di rimando. “Beh, almeno sappiamo che nessuno di noi due è l’erede.”

Davanti a loro c’erano i corpi – per mancanza di altre parole – pietrificati di Nick Quasi-Senza-Testa e Justin Finch-Fletchly.
 
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Harry aveva mandato via Draco prima di denunciare l’aggressione, certo che tutti avrebbero pensato che fosse l’erede. Draco aveva cercato di far notare che a lui non sarebbe importato, ma Harry lo aveva allontanato comunque.

 Continuarono a incontrarsi di notte, e capirono velocemente che non era una soluzione praticabile. “Blaise inizierà davvero a pensare che io c’entri con tutto questo se non smetto di sparire nel cuore della notte.” Brontolò Draco, seduto di fonte a Harry con una scacchiera tra di loro. “Fai schifo a scacchi, tra l’altro.”

“Lo so.” Sospirò Harry. “Ron me lo dice. Spesso. A proposito, Neville mi ha beccato due volte mentre uscivo questa settimana. Non pensa che io sia l’erede, ma sicuramente sa che sto combinando qualcosa. Ha cercato di menzionarlo a Ron, ma fortunatamente lui ha solo pensato che stesse parlando della pozione Polisucco.”

Draco si bloccò. Harry realizzò all’improvviso non solo di non aver mai parlato a Draco della pozione, ma anche che questa era diventata completamente inutile dal momento che poteva chiedergli qualsiasi cosa quando voleva. Inoltre sapeva per certo che Draco non era l’erede. Non che lo avesse detto a Ron o Hermione. “La cosa?”

“Huh,” disse Harry. Uno dei cavalieri di Draco sguainò una spada, puntandola contro di lui. “Credo che ci siano delle cose che dovrei dirti.”

Stava quasi per menzionare lo strano elfo domestico che continuava a seguirlo in giro, Dobby, perché immaginava che Draco potesse saperne più di lui al riguardo. Ma già credeva che fosse pazzo per via delle voci, non voleva che lo reputasse strano al punto da essere vittima di stalking da parte di un elfo domestico.

Dopo avergli sentito vuotare il sacco, Draco sembrò impressionato, seppur controvoglia. “Granger è davvero brillante come dicono. Quella è una pozione molto complessa.” Schioccò le dita e il set di scacchi iniziò a riordinarsi da solo. “Nonostante ciò, sarebbe meglio se lasciaste che ci dia un’occhiata. I miei voti in pozioni sono più alti dei suoi.”

“Che senso avrebbe?” chiese Harry. “Non ci serve più.”

“Hai per le mani una pozione Polisucco quasi completa, cosa vorresti farci? Buttarla via? Assolutamente no. Ci metteremo un incantesimo preservante e la conserveremo.”

“Non abbiamo studiato un incantesimo preservante così forte.” Fece notare Harry.

Draco alzò gli occhi al cielo e fece svanire il set. “Fortunatamente c’è una cosa chiamata libreria.”

Harry desiderò fortemente che tutta quella faccenda delle anime gemelle non fosse un segreto, anche solo per mollare Draco a Hermione e risparmiarsi l’emicrania.

 
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Non riuscirono a trovare un modo per convincere Ron e Hermione a non seguire il piano. Draco ispezionò la pozione e, non trovandoci nessuna pecca, disse a Harry di usarne la minore quantità possibile. “Più tardi mi intrufolerò e penserò al resto. Tu dì ai tuoi amici che l’hai buttata via, la terrò io nel mio dormitorio.”
Harry incrociò le braccia, esitante. “Perché il tuo dormitorio? Cosa ci vuoi fare?”

Draco avrebbe voluto sentirsi offeso, ma onestamente era un po’ sollevato che Harry non fosse un completo idiota. Solo perché erano anime gemelle non significava che qualcuno di loro fosse cambiato, anche se facevano del loro meglio per evitare argomenti spinosi. Il che era incredibilmente difficile, viste le circostanze. “Niente. Te la restituirò la prossima volta che ci incontreremo, se vuoi. Ma assicurati di tenerla al sicuro, e non dirlo ai tuoi amichetti.”

L’espressione di Harry si irrigidì, ma acconsentì. Draco lo trovava infinitamente meno irritante quando gli dava retta. Quindi le cose andarono come previsto, per la maggior parte. Sgattaiolò nel bagno delle ragazze, incantò e imbottigliò il resto della pozione Polisucco, poi si aggirò per il corridoio dove aveva suggerito a Harry di aspettarlo. Li trovò a girovagare solo in due, e non poté chiedere che fine avesse fatto Hermione perché, teoricamente, non doveva sapere chi fossero in realtà.

Rispose alle loro domande, non dicendo nulla che non avesse già detto a Harry. Dopodiché loro corsero via prima che scadesse l’ora, e Draco scosse la testa. Non aveva mai visto Crabbe o Goyle correre prima d’allora. In più, né Crabbe né Goyle erano così stupidi. Facevano solamente finta di esserlo perché preferivano essere sottovalutati.

Blaise era tornato a casa per le vacanze, quindi aveva la loro camera tutta per sé e non doveva più squagliarsela facendo attenzione a non essere scoperto ogni notte. L’ultimo giorno delle vacanze, tuttavia, mentre usciva trovò Millie seduta nella sala comune, il suo gatto sulle ginocchia e un libro in mano. Lo infilò sotto un cuscino non appena lo vide arrivare. “Cosa stai facendo?” scattò. La sua rabbia non riuscì a nascondere la paura.

“Era un libro babbano?” le chiese, corrucciando la fronte.

Lei distolse lo sguardo, rifiutandosi di rispondere. Draco avrebbe potuto andarsene, dopotutto Millie non avrebbe detto nulla riguardo alla sua scappatella perché, se lo avesse fatto, allora lui avrebbe potuto dire in giro di averla vista leggere un libro babbano. Poteva semplicemente andarsene e fare finta di non aver visto niente, e lei gliene sarebbe stata grata.

Eppure quel momento gli sembrò importante. Sentì che contava.

Cosa gli importava se Millie stava leggendo un libro babbano? Era davvero un problema? Sua mamma era una Babbana, dopotutto. Era solo una Mezzosangue. Se lo dimenticava spesso, perché era una Bulstrode, una delle Sacre Ventotto. Era graffiante e aveva un terrificante talento per la trasfigurazione. Era la figlia di una famiglia purosangue, ma non lo era lei stessa. “Tuo padre è preoccupato per te?”

Non aveva intenzione di chiederglielo. Millie dovette essere sorpresa quanto lui, perché si girò a guardarlo. “Cosa?”

“Sai, per gli…” gesticolò con la mano per mimare l’ipotetico mostro che se ne andava in giro ad attaccare studenti dai pedigree discutibili. Lei continuò a fissarlo, e Draco non sapeva cosa stava facendo, per quale ragione glielo avesse chiesto. Pensò di aver perso la ragione quando insistette: “Mia madre è preoccupata, e io sono Purosangue. Sta cercando di convincere mio padre a chiudere la scuola, ma lui non ne vuole sapere.”

Millie aveva perso un po’ della paura e ora sembrava semplicemente in guardia. “Se tua madre è così preoccupata, perché sei rimasto per le vacanze?”

Il suo istinto volle erigere muri intorno a sé, indossare l’arroganza intorno alle spalle come un’armatura e usare parole graffianti per tagliarla a pezzettini. Ma ingioiò il rospo. Nella luce tenue del fuoco scoppiettante, nelle ore tra la mezzanotte e l’alba, con Millie che lo fissava come se non lo avesse mai visto prima, ignorò il proprio istinto. “È da quest’estate che litigano. Non hanno mai litigato. Non voglio averci a che fare, quindi ho deciso di rimanere.” Si leccò le labbra e ripeté. “Tuo padre è preoccupato per te?”

Lei sorrise. Era la prima volta che la vedeva sorridere. “Terrorizzato. Ma non è che a casa io sia più al sicuro di qui. Una cosa è avere una figlia bastarda con una babbana; un’altra è riconoscerla e darle il tuo nome.”

“I tuoi genitori erano sposati.” Disse, mentre quelle informazioni gli rigiravano nella testa. Sembrava tutto così difficile, e pensò che non avrebbe dovuto esserlo.

Millie era la figlia di una rispettabile famiglia purosangue. Era una Serpeverde, una esemplare oltretutto. Guadagnava una quantità decente di punti della casa dalla McGonagall – tra tutte le persone – e veniva a fare il tifo a ogni partita di Quidditch.

“Per quel breve periodo prima che mia madre morisse.” Convenne Millie, la sua faccia di nuovo neutra. “Solo pochi giorni dopo la mia nascita. Solo pochi giorni dopo aver ricevuto il nome di mio padre.”

Una cosa era avere una Mezzosangue con il nome Bulstrode. Una Babbana con quel nome era totalmente diverso.

Il sangue avrebbe dovuto rimanere puro. I Babbani e la loro razza non avevano posto nel loro mondo. Ma… Millie era cresciuta senza una madre, e poteva essere attaccata esattamente come Granger o qualsiasi altro Mezzosangue o Nato Babbano. Millie, che era una di loro. Conosceva le loro tradizioni e portava i loro colori e avrebbe preso a pugni chiunque avesse provato a dire che fosse niente di meno.

“Non è giusto.” Disse. Uscì suonando quasi come una domanda e lui era un Malfoy. Non era insicuro di nulla. “Non è giusto.” Ripeté, con più chiarezza.

Sarebbe arrivato tremendamente in ritardo all’appuntamento con Harry, ma questo era importante.

Quella era, potenzialmente, la conversazione più importante che avesse mai avuto.

“No.” disse piano Millie, gli occhi sgranati per la sorpresa. “Non ho mai pensato che lo fosse.”
 
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Harry stava aspettando da quasi un’ora e Draco non era mai arrivato in ritardo. Non riusciva a decidere se essere arrabbiato perché gli aveva tirato un bidone, oppure preoccupato, perché poteva esserci un buon motivo per il quale era in ritardo; ad esempio, poteva essere stato attaccato da un mostro proveniente dalla Camera dei Segreti.

Si era appena rassegnato ad andare a letto e angosciarsi in solitudine quando la porta si aprì e Draco scivolò nella classe abbandonata che era diventata il luogo dei loro incontri. “Dove sei stato?” Domandò Harry, imbronciato. Draco chiuse velocemente la porta e si girò. Era più pallido del solito e i suoi occhi blu erano più affilati, più concentrati. Harry non lo aveva mai visto in quel modo prima di allora. “Draco?”

“Dobbiamo capire che tipo di mostro sia quello nella Camera e fermarlo prima che riesca a uccidere qualcuno.” Disse. Gli tremavano le mani.

Harry lo fissò. “Io… Pensavo che non te ne importasse dei Nati Babbani. Pensavo che volessi che la Camera se ne sbarazzasse.”

La sua bocca si storse in una smorfia. “Lo volevo. Io non- I Babbani sono feccia, e non dovrebbero avere nulla a che fare con noi. Lo penso ancora. È solo che non voglio che nessuno debba morire per questo, tutto qui.”

Superficialmente, non era nulla di eclatante. Né Ron né Hermione ne sarebbero stati impressionati. Ma Harry non riusciva a immaginare Dudley rigirarsi contro i suoi preconcetti e affrontarli in quel modo, né tantomeno che cosa avrebbero detto o fatto gli altri Serpeverde se avessero saputo come la pensava Draco.
Sarebbe stato strano se lo avesse abbracciato in quel momento, ma sentì comunque l’impulso di farlo. Si contenne e disse “Okay. Allora ci lavoreremo insieme, così che nessuno debba morire.”

Le spalle di Draco si rilassarono, come se avesse avuto paura del suo rifiuto, come se avesse teuto che non gli avrebbe permesso di aiutarli.

Harry pensò che gli piacque un po’ di più per aver pensato una cosa simile e per essersi rivolto a lui nonostante ciò. Forse i Grifondoro non avevano il monopolio del coraggio, dopotutto.
 
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Ovviamente, era tutto più facile a dirsi che a farsi. Ora che la scuola era tornata a pieno regime stava diventando sempre più difficile per loro due trovare il tempo per incontrarsi. Non potevano permettersi che i loro compagni di stanza diventassero ancora più sospettosi, quindi iniziarono a ritagliare un po’ di tempo durante la giornata per sgattaiolare nella loro classe abbandonata preferita. Mancava un’ora al pranzo, e Draco chiuse un libro con violenza, l’espressione irritata. A volte Harry pensava che Draco fosse una versione più carina e perfida di Hermione. “Cos’è?” Chiese, punzecchiando con cautela il volume polveroso come se questo potesse morderlo.

L’Indice Completo delle Creature Magiche, di Newt Scamander.” Rispose Draco, infuriato.

Harry sbatté le palpebre. “Non è la stessa persone che ha scritto Animali Fantastici e Dove Trovarli?”

“Sì, ovviamente. Solo che a confronto con questo era solamente un opuscolo scritto al volo. Questa è una guida totale a ogni creatura magica del pianeta. Scamander discusse con esperti di un intelletto uguale al suo ciò che non era riuscito a vedere di persona. Fu vietato dal Ministero quasi subito dopo la sua pubblicazione per aver appoggiato la deregolamentazione di creature pericolose e la promozione di idee che potevano nuocere al pubblico.” Draco fulminò il libro come se lo avesse tradito. “L’ho letto da cima a fondo e non c’è un singolo candidato plausibile per il mostro di Serpeverde. Niente con l’abilità di pietrificare le persone che viva abbastanza a lungo da poter essere vissuto all’era dei fondatori, e la maggior parte delle bestie che pietrificano le persone lo fa per poterle mangiare. Dal momento che nessuno è stato divorato, probabilmente non è nessuno di questi.”

“Se era stato vietato dal Ministero come fai ad averne una copia?” Harry, chiesto il permesso con un’occhiata, si allungò per prendere il libro.

Lui scrollò le spalle e Harry lo aprì a una pagina a caso. “Beh, la libreria della mia famiglia ha tenuto una copia, ovviamente. È lo studio sulle creature magiche più esaustivo e accurato di tutti i tempi, nonostante la sua “propaganda incosciente”, come la definisce mia madre.”

Harry alzò la testa di scatto. “Hai chiesto ai tuoi genitori di mandartelo?”

“Ti sembro uno stupido? Certo che no! L’ho semplicemente evocato. Lo rimanderò indietro stanotte, quando nessuno sarà in giro per la libreria e lo vedrà riapparire.”

Si era perso un pezzo. “Lo hai evocato? Come?”

“Con un incantesimo.” Ringhiò, e Harry ponderò l’idea di prendere quel tomo di inestimabile valore e tirarglielo sul muso. “Mi hai già visto farlo, non essere ottuso. Ho evocato il mio serpente nella stessa maniera.”

“Quello era il tuo serpente? Pensavo che fosse uno a caso.”

Draco sospirò. “Sei mai attento in classe?”

“Stai per dire qualcosa di utile o sei venuto qui solo per prendermi in giro?” chiese. “Non abbiamo ancora nemmeno fatto gli incantesimi di appello, non so come tu possa conoscere uno.”

Draco alzò le spalle. “Non vedo perché non possa fare entrambi. E comunque Flitwick ha spiegato i relativi movimenti della bacchetta settimane fa. È molto più difficile evocare cose che non hai mai visto o toccato – quello è un incantesimo del quinto anno, ed è difficile. Serpensortia è un incantesimo generale per evocare serpenti, ma se lo avessi lanciato senza uno specifico in mente chissà cosa sarebbe saltato fuori. Poteva essere qualunque serpente da qualsiasi parte del mondo, visto che ancora non controllo evocazioni non specifiche. Non volendo rischiare, ho evocato Abigail.”

Harry continuò a fissarlo.

Draco sbuffò e alzò la bacchetta. “Serpensortia!” Il serpente questa volta apparve con molta più calma, scivolando fuori dalla punta della bacchetta e avvinghiandosi intorno al suo braccio. Non era arrabbiato e non stava sibilando. Draco avanzò allungando il braccio. “Questa è Abigail. È una principessa molto viziata che non fa nulla a parte poltrire tutto il giorno.”

Da chi pensi abbia imparato?” Sibilò lei, arricciando la testa intorno al polso di Draco.

Harry sussultò. Gli occhi di Draco incontrarono i suoi e si allargarono, rendendosi conto. “La puoi capire?”

Sì. Ti ha chiamato viziato.” Disse, e non realizzò di non stare parlando in inglese finché Abigail non si srotolò abbastanza da poterlo guardare.

Un Oratore!” disse, deliziata. “Eccellente. Dì al mio umano che i topi del giardino sono troppo stopposi e che non li mangerò più. D’ora in poi voglio quelli succosi della foresta, oppure da quel posto dove ha preso la mia roccia con l’incanto riscaldante, quelli sono deliziosi, anche se il loro sapore è sempre lo stesso. E digli che non mi piacciono le sue nuove lenzuola, non mi interessa se sono di seta. Quelle di cotone erano molto più comode per raggomitolarsi. Sua madre continua a mettermi nella mia teca, e non mi piace. Dovrebbero semplicemente lasciare il coperchio aperto e io girerei come ritengo opportuno. Ho interrotto solamente una cena, dopotutto, e non ho nemmeno morso nessuno, quindi non capisco perché tutto questo accanimento. Mi piace la lana del vecchio maglione che il mio umano ha messo nella mia teca, ne ha ancora? Altrimenti desidero un altro maglione. Questo non odora più di lui, quindi ora è solamente un impiccio.”

“Beh?” insistette Draco. “Cosa sta dicendo?”

Lo stavano fissando entrambi con espressioni di identica impazienza e Harry non riuscì a impedirselo. Iniziò come una semplice risatina, ma prima che potesse rendersene conto si stava sbellicando dalle risate, tenendosi lo stomaco e cercando disperatamente di non soffocarsi.

Draco rimandò Abigail nella sua teca e se ne andò, lasciandolo nella classe da solo, ancora che rideva.
 
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Draco pensava di starsela cavando bene a nascondere tutti i suoi incontri segreti con Harry dai suoi amici. Continuò a pensarlo finché Blaise non lo mise con le spalle al muro nella loro stanza. “Non c’entri con tutto questo, vero? Non pensavo che tu lo fossi, e comunque fai schifo a tenermi nascoste le cose. Ma stai continuando ad andartene in giro di nascosto, e non hai detto niente a me o a Pansy. Quindi, che sta succedendo?”

Blaise era fin troppo intelligente per ingannarlo e lui aveva solamente due segreti sulla coscienza. Entrambi potevano farlo finire diseredato, quindi optò per quello che non riguardava la sua anima gemella. Evitare di cambiarsi quando c’era Blaise era un incubo. Non aveva idea di come Harry ci riuscisse, visto che condivideva la camera con altre quattro persone e Draco trovava fin troppo difficile nascondersi da una soltanto.

“Sapevi che Millie è una Mezzosangue?”

Chiaramente non era quello che Blaise aspettava di sentirsi dire. “Certo, tutti lo sanno.”

“Ce ne sono altri sei nella nostra Casa, e due Nati Babbani.” Disse. “Ho controllato. In totale sono nove Serpeverde che potrebbero essere uccisi.”

“Sei il figlio di un Malfoy e di una Black. Non hai nulla di cui preoccuparti.” Disse.

Draco gli lanciò un’occhiataccia. “Sì, beh, non tutto gira intorno a me. Non penso che Millie o nessun altro dovrebbero finire ammazzati per come sono nati. Una ragazza è morta l’ultima volta che la Camera è stata aperta. Vedere i Nati Babbani pietrificati per metà dell’anno è… va bene, è stato un po’ divertente se devo essere sincero. Ma non voglio che qualcuno muoia.”

Il suo cuore stava battendo all’impazzata, perché Blaise era il suo migliore amico sin da quando erano bambini, e non aveva idea di cosa avrebbe fatto in quel momento. Erano stati cresciuti e indottrinati a pensare che il sangue fosse la cosa più importante. E Draco non stava dicendo che non fosse importante, perché lo era, ma… forse vivere era più importante della purezza. Forse la vita era più importante.

Blaise stette in silenzio fin troppo a lungo, le braccia incrociate al petto. Infine, sospirò. “Non posso credere che tu abbia ammesso che il mondo non gira attorno a te. Avrei dovuto chiamare Pansy per farla assistere a questo momento.”

Il sollievo quasi gli fece girare la testa. Afferrò un cuscino dal suo letto e colpì Blaise sulla testa. “Scemo. Mi aiuti o no?”

“Suppongo che sia meglio di sì.” Gli sparò un sorrisetto. “Sei inutile quando sei da solo.”

La verità su Harry gli stava pizzicando la gola, rischiando di uscire fuori; quindi Draco prese il cuscino e continuò a schiaffeggiare Blaise finché il ragazzo non perse la sua impeccabile facciata e cedette all’inevitabile lotta di cuscini.

 
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“Sarebbe dovuto essere più semplice se ci avessimo lavorato tutti insieme.” Borbottò Draco, guardando la pergamena piena di appunti che lui, Blaise e Pansy avevano messo insieme. Di fianco c’era quella che avevano fatto Hermione, Ron e Harry.

Tutti loro avevano accumulato innumerevoli ore di ricerca, ma senza ottenere nemmeno una singola informazione utile.

Le cose rimasero in quel modo finché Harry non lo trascinò in un corridoio poco illuminato dopo Trasfigurazione. “Sei impazzito?” sibilò Draco. “Potrebbe vederci chiunque!”

“È importante.” Disse Harry, per poi rivelargli tutto riguardo il diario e i suoi misteriosi contenuti.

Draco era sempre più scandalizzato a ogni parola che usciva dalle labbra della sua anima gemella. “Harry! Sei stupido, suicida o entrambe le cose? Non rispondere. Qualsiasi cosa sia quel diario, sembra magia oscura.”

“Non mi hai sentito, forse? Hagrid ha aperto la Camera!”

“Sei stupido.” Mormorò Draco, meravigliato. “Ma lo hai visto, quel babbeo? Non farebbe del male ad un pixie. Se uno gli si posasse sulla spalla troppo a lungo lo adotterebbe. In più è un mezzogigante. Non ha aperto la Camera appartenuta a Salazar Serpeverde. Se quello che hai visto è vero, ed è un grande “se”, perché non dovresti mai fidarti di artefatti magici oscuri, allora era tutta una messinscena.”

Un po’ di colore fluì di nuovo sul suo viso. “Pensi che potrebbe essere innocente?”

Santo cielo. “Penso che Hagrid abbia una lunga lista di crimini sulla sua fedina, primo tra tutti l’essere un abominio mezzosangue, ma non è un assassino. Non penserei nemmeno per un secondo che Hagrid abbia ucciso quella ragazza.

Harry incrociò le braccia. “Vorrei abbracciarti e tirarti un pugno nello stesso tempo.”

Draco lanciò un’occhiata all’entrata del corridoio dal quale chiunque sarebbe potuto passare e vederli in qualsiasi momento. “Meglio che tu non faccia nessuna delle due cose. Dobbiamo distruggere quel diario. Non scriverci di nuovo.”

Harry alzò gli occhi al cielo. “Sì, tesoro.”

Se Draco avesse ucciso la sua anima gemella almeno non avrebbe più dovuto sorbirsi il suo atteggiamento.
 
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Ovviamente non fecero in tempo a provare a distruggere il diario che qualcuno si introdusse nel loro dormitorio e lo rubò.

Harry si aspettava che Draco si mettesse a urlare; invece gli si dipinse sul viso un’espressione pensierosa e iniziò a camminare in tondo. “Pensi…” iniziò. Si morse la lingua e tornò a muoversi.

Aspettò per un paio di minuti prima di chiedere “Penso che cosa?”

Draco era arrivato al punto di mordersi il labbro a sangue quando si girò per affrontarlo. “Pensi che l’erede Serpeverde sia un Grifondoro?”

“Perché lo dici?” chiese, ma non appena le parole lasciarono la sua bocca ebbe la risposta: la Signora Grassa non avrebbe lasciato passare nessuno che non fosse un Grifondoro, e non c’erano segni di maledizioni o scassinature. “Merda.”

Draco annuì nervosamente e tornò a girovagare per la stanza.

Voleva dire che un Grifondoro non l’avrebbe mai fatto, che nessuno nella sua Casa stava provando a uccidere altri studenti. Ma in passato avrebbe anche detto che nessun Serpeverde avrebbe voluto mai aiutare i Nati Babbani e i Mezzosangue, eppure stava guardando alla prova vivente del contrario. Se si era sbagliato su quello, allora era possibile che si stesse sbagliando anche sul resto.

Che gran casino.
 
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Fu tutto tranquillo per i successivi mesi e non fecero molti progressi.

Poi Hermione Granger e Penelope Clearwater furono ritrovate pietrificate.

Penelope Clearwater era una Purosangue.

Sua madre gli spedì una valanga di lettere, dicendo che voleva ritirare Draco dalla scuola, che stava spingendo suo padre a fare qualcosa a riguardo, che Draco dovrebbe dare ascolto a professori e non andarsene in giro per conto suo.

Non poteva darle ascolto, ovviamente. Sgattaiolò fuori poco prima dell’alba e andò nel bagno delle ragazze del secondo piano con il fantasma che piangeva sempre; era l’unico posto dove lui e Harry potevano sperare di incontrarsi senza essere beccati.

Harry apparve poco dopo, esausto e ricoperto di graffi. “Che ti è successo?” chiese Draco.

“Ragni.” Disse, come se questo si spiegasse da solo. “Silente se n’è andato e Hagrid è stato arrestato.”

“Dove cacchio è sparito, in un momento come questo?” chiese. Poi metabolizzò il resto della frase e pensò alle lettere di sua madre. “Oh. Mio padre-“

“È dietro a tutto quanto.” Scattò. “Spero che tu sia felice.”

Draco fece un passo indietro, punto sul vivo. “Non c’è solo mio padre nel consiglio di Hogwarts, sai. Serve un voto unanime per rimuovere il preside.”

“E sono sicuro che ci abbiano pensato tutti da soli.” Continuò Harry acidamente. “Quindi, Hagrid andrà in prigione per un crimine che non ha commesso – ripeto, a quanto dici tu – mentre Hermione è pietrificata, e tuo padre fa cosa? Si dà una pacca sulla spalla?”

“Non dire una parola su mio padre.” Reagì Draco. “Gli studenti stanno continuando a cadere come mosche, perché Silente non dovrebbe essere licenziato? È evidente che non stia facendo nulla. Altrimenti la tua cara Sanguesporco non sarebbe pietrificata adesso.”

Harry gli afferrò il bavero della camicia e lo sbatté contro il muro. “NON CHIAMARLA SANGUESPORCO!”

“Non parlare di mio padre.” Tirò su col naso, ritirandosi dietro alla sua fredda maschera Purosangue. “So che non hai esperienza personale a riguardo, ma la maggior parte delle persone non prende bene commenti derogatori su chi li ha messi al mondo e cresciuti.”

Harry sbiancò e Draco quasi volle chiedergli scusa. Ma aveva cominciato lui; e poteva anche essere la sua anima gemella, ma ciò non voleva dire che potesse parlare male dei suoi genitori. Harry lo lasciò andare e indietreggiò. “Sono stato uno stupido a pensare che tu fossi migliore di loro.”

Draco non sapeva dove cominciare per affrontare quell’affermazione. Che Harry fosse senza ombra di dubbio un idiota, che “loro”, come li aveva chiamati, erano i suoi amici e la sua famiglia e che lui ci stava provando, dannazione. Non ebbe l’occasione di dire nulla di tutto quello perché Harry marciò fuori dal bagno, lasciandolo lì da solo.

 
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Non parlavano più. Se Draco voleva l’opportunità di gettarsi quella nuova mentalità pro-Babbani alle spalle, quello era il momento perfetto.

Però era ancora preoccupato per Millie e gli altri Serpeverde con sangue babbano, e perfino per i ragazzi delle altre Case se gli andava di essere brutalmente onesto con sé stesso, e non gli andava. Continuava a desiderare che nessuno morisse. Anima gemella o meno.

Era passata una settimana dal loro litigio e stava giocherellando con Abigail sul suo letto, lasciando che gli strisciasse sulle mani; le muoveva, allargandole e distanziandole così che lei dovesse continuamente muoversi per non cadere sul materasso. Stava facendo del suo meglio per non pensare a Harry, il che significava che non pensava a nulla al di fuori di lui. Ritornò con la mente al loro primo incontro dopo essersi toccati, quando si erano mostrati a vicenda i propri marchi. Ovviamente Harry era riuscito a rovinare tutto anche quella volta quando era schizzato fuori dalla stanza come pazzoide dritto verso la pietrificata Mrs. Norris, millantando di aver sentito delle voci-

 “Madre di Merlino.” Esalò Draco, guardando Abigail. “È un serpente.”

Blaise era a un colloquio con la Sprout riguardo il suo progetto finale e Draco non voleva perdere tempo a cercare Pansy. Evocò il proprio gufo e mandò un messaggio a Harry, dicendogli di incontrarlo in quell’orripilante bagno delle ragazze. Harry poteva anche odiarlo al momento, ma Draco aveva finalmente capito cos’era il mostro. Non conosceva nessun’altro serpente che potesse pietrificare le persone, ma non importava: se era un serpente, c’era una possibilità che Harry potesse fermarlo.

Piton non li stava tenendo particolarmente d’occhio, contando sul fatto che il loro istinto di autoconservazione li tenesse confinati al sicuro nella sala comune. Ma Draco non poteva dire qualcosa di così importante in una lettera e Harry doveva sapere.

“Dove stai andando?” gli chiese Millie mentre lui si avvicinava a grandi falcate alla porta. Non c’erano molte persone nella sala comune, ma alzarono tutte gli occhi all’esclamazione della ragazza.

La guardò male. “Non sono affari tuoi.” Continuò a camminare verso l’uscita, ma una mano forte gli afferrò il gomito e lo tirò indietro.

“Non è sicuro!” disse Millie. “Sei un Purosangue, ma anche Clearwater lo era ed è stata attaccata lo stesso. Non puoi andare.”

Non c’era tempo per quello. Si liberò dalla sua presa. “Se avessi voluto la tua opinione, Bulstrode, stai sicura che te l’avrei chiesta.”

Corse fuori prima che qualcun altro potesse fermarlo. Una volta fuori divenne più difficile, sembrava che i professori pattugliassero ogni angolo. Gli ci volle fin troppo per arrivare al bagno e, quando lo fece, non trovò nessuno. Controllò ogni porta, ma c’era solo la ragazza fantasma che piangeva.

Che Harry non fosse riuscito a uscire? Che non avesse ricevuto il suo messaggio? O, peggio, che lo stesse semplicemente ignorando?

Draco camminò avanti e indietro. Harry doveva sapere, e lui non aveva modo di intrufolarsi nella sala comune di Grifondoro dal momento che aveva lasciato tenere a Harry la pozione Polisucco. Poteva andare Luna, lei aveva amici in Grifondoro. Ma avrebbe dovuto mandare sua cugina per dei corridoi dove c’era qualche sorta di serpente che stava cercando di uccidere delle persone e sua madre non sarebbe mai stata d’accordo. In realtà sarebbe stata ancora meno d’accordo che fosse lui a girare quei corridoi, ma Draco non poteva farci niente.

Ci fu un suono di passi dietro di lui. “Finalmente!” esclamò, girandosi. “Perché ci hai messo tanto?”

Non era Harry.

Era una ragazza imbrattata di sangue che, dopo un iniziale momento di confusione, riconobbe essere la sorella di Weasley. “Che ti è successo?” Domandò, avvicinandosi senza toccarla. Non vide nessuna ferita. “Sei stata attaccata? È stato il serpente? Dobbiamo portarti in infermeria!”

Le afferrò la mano, ed era fredda come il ghiaccio. La lasciò andare immediatamente, mentre un senso di profondo disagio iniziava a farsi strada in lui. Lei girò lentamente la testa, mostrando un’espressione vacua. Fece un passo indietro. C’era qualcosa di strano. Qualcosa di molto strano. “Immagino di dover cambiare il messaggio.” Disse, inclinando la testa da un lato. Le sue labbra si arricciarono in un sorrisetto crudele. “Sai troppo. Dovrai morire con lei.”

Draco cercò la bacchetta, ma lei fu più veloce. L’ultima cosa che vide fu una brillante luce rossa.

Almeno non era verde.

 
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“Siamo arrivati troppo tardi.” Disse Harry, in piedi con il resto degli studenti a guardare il sangue che gocciolava giù dal muro.

I loro scheletri giaceranno nella Camera per sempre.

“Chi manca?” alzò la voce Dean. “A chi si riferisce il messaggio?”

Il viso della McGonagall si accartocciò mentre si stringeva le mani. Lanciò un’occhiata veloce a Ron, poi distolse lo sguardo. “A Ginny Weasley e Draco Malfoy. I loro genitori sono già stati contattati.”

La mano di Harry corse sul fianco, piantando le unghie nel suo marchio mentre una densa e soffocante paura gli bloccava il respiro. Aveva ricevuto il messaggio di Draco e aveva avuto intenzione di andare, ma aveva promesso a Ron che avrebbe visitato Hermione con lui, poi avevano trovato il messaggio riguardo al basilisco e se n’era completamente dimenticato.

Non poteva essere successo davvero.

Non Draco. Non la sua anima gemella. E Ginny… era la sorella del suo migliore amico.

Guardò Ron e vide la stessa determinazione sul suo viso.

Non sarebbero rimasti seduti a guardare.

 
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“Quella maledetta serpe!” ringhiò Ron. “C’era lo zampino di Malfoy, lo sapevo! Probabilmente l’ha portata lì sotto lui stesso. Probabilmente se la sta ridendo dalla grossa, facendo finta di essere innocente prima di trascinare la mia sorellina lì sotto per finire di ammazzarla. Gli torcerò quel collo ossuto, disgustosa, arrogante sanguisuga. Spero che ci muoia in quella Camera.”

Non avrebbe dovuto dire nulla. Draco avrebbe voluto che lui non dicesse nulla.

“STAI ZITTO!” urlò. “Lui non- non lo ha fatto! Non- anche lui è in pericolo, e aiuteremo anche lui. Non è stato lui, Ron. Lui- non l’ha fatto.”

Il suo migliore amico lo stava guardando come se lo vedesse per la prima volta. “Che ti prende? Certo che è stato lui! Malfoy è un bastardo bigotto, certo che è stato lui!”

Harry era così arrabbiato che non riusciva a parlare. C’era un misto di senso di colpa e preoccupazione che gli turbinavano dentro, e non sapeva come dare voce nessuna delle due. Quindi optò per strattonare giù il bordo dei pantaloni e alzarsi la maglia. I colori brillanti delle iris risaltavano sulla sua pelle. Ron sapeva che aveva un’anima gemella, aveva visto il piccolo cerchio nero sul suo fianco. Sapeva cosa significava. Il ragazzo allungò la mano e con dita tremanti toccò delicatamente il bordo di un petalo viola. “Malfoy?”

Harry annuì, così teso che pensava di potersi spezzare. Deglutì il nodo che gli si era formato in gola. “È… è tremendo. Ma è anche carino, ogni tanto. Non ha preso tua sorella. Sono mesi che stava cercando di aiutarci a capire la situazione.”

Ron annuì, fissando ancora il marchio, ma era evidente che non lo stesse guardando davvero. “Il club dei duellanti?” chiese. “Quando ti ha messo la mano sulla bocca. È stato allora che vi siete toccati per la prima volta a pelle nuda?”

“Già.” Si strofinò il collo. “So che avrei dovuto dirtelo, ma lui voleva tenerlo segreto e immagino di averlo voluto anche io. Ma non è lui l’erede. Non vuole morto nessuno.”

“Beh.” Disse Ron, rassegnato. “Immagino che dovremo salvare anche lui, allora; visto che è la tua anima gemella ed è carino ogni tanto.”
 
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Lockhart risultò essere un completo codardo senza nessuna spina dorsale e finì per marciare verso la Camera con le loro bacchette puntate sulla schiena. Harry passò le dita sull’incisione a forma di serpente del lavandino, ed ebbe una strisciante epifania su cosa dovesse fare. Guardò Ron. “Non sclerare.”

Ron alzò entrambe le sopracciglia. “Hai una personalità meravigliosamente rilassante. Te l’avevo mai detto?”

Harry alzò gli occhi al cielo e si concentrò sul serpente, lo immaginò muoversi, pensò alla luce che danzava sulle scaglie e la lingua guizzante di Abigail mentre si avvolgeva intorno al braccio di Draco. “Apriti.” Sibilò.

Lockhart tirò col fiato e Ron imprecò. Il lavandino si abbassò per poi sparire, lasciando un grosso tubo e una lunga discesa. “Vai pure.” Disse allegramente Ron, spingendo Lockhart giù per il tubo. Poi si girò verso Harry. “Da quanto sei in grado di farlo?”

“Tutta la mia vita, credo.” Disse, onestamente.

Ron annuì, poi puntò la bacchetta contro Harry e la agitò in un’accurata imitazione del dito giudicante di sua madre. “Altri segreti che devi dirmi? Altri segreti in generale?”

“No.” sorrise. “Questo era l’ultimo.”

“Bene.” Ron annuì. “Sei il mio migliore amico, basta segreti. Ok?”

“Ok.” Convenne; poi saltarono entrambi giù nel buco.
 
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Ginny e Draco sembravano morti, stesi per terra pallidi e immobili. Harry voleva correre da loro, voleva scuoterli finché non si fossero svegliati, voleva gli occhi vivaci di Draco che lo guardavano male. Voleva la sua anima gemella.

Erano stati così crudeli l’un l’altro, l’ultima volta che si erano visti.

Non poteva essere quella la fine. La loro storia poteva finire in quel modo.

 
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Draco si svegliò lentamente, lo schiantesimo da cui era stato colpito che svaniva a passo di lumaca. Per prima cosa si accorse di essere riverso su un pavimento freddo e sporco. Poi sentì delle persone che parlavano e, dopo un momento di concentrazione, realizzò che erano Harry e chiunque fosse veramente l’Erede, visto che ovviamente non era Ginny Weasley.

Voleva urlare a Harry di scappare, ma non poteva, non ancora. Era ancora sotto l’effetto dello schiantesimo, e ci sarebbero voluti svariati minuti prima che svanisse del tutto. Quando la forma più o meno corporea si dichiarò essere Lord Voldemort, Draco sentì di nuovo i propri muscoli, anche se indolenziti e pesanti come il piombo. Più o meno nel momento in cui l’aspirante signore oscuro evocò un basilisco (perché nessuno di loro aveva pensato a un basilisco? Solo perché non tendevano a pietrificare le loro prede non significava che non potessero, si sentiva un completo idiota) l’incantesimo era scemato abbastanza da permettergli di tirarsi dolorosamente in piedi.

“PARLI SERPENTESE!” urlò, disperandosi - non per la prima volta - della stupidità della propria anima gemella. “PARLA AL DANNATO SERPENTE!”

“Draco! Sei sveglio!” disse gioiosamente Harry, prima di essere quasi mangiato dal basilisco gigante. Draco urlò. Harry cercò di sibilare e il rettile non fece altro che scattare in avanti, quasi inghiottendoselo intero. “Non mi ascolta!”

Tom rise, rigirandosi delicatamente la bacchetta di Harry tra le dita. “È fedele solamente a me, razza di sempliciotti. Mia è stata la prima voce che ha udito dopo Serpeverde in persona. Non mi tradirà.”

Draco si tastò il mantello. Aveva ancora la sua bacchetta.

Se la forza vitale di Tom era davvero connessa a quella di Ginny, non sarebbe riuscito a colpirlo senza ferirla. Ma poteva aiutare Harry.

Tirò fuori la bacchetta. “Serpensortia!”

Un serpente a sonagli spuntò dalla punta della sua bacchetta. La risata di Tom prese una piega palesemente derisoria. “Oh, ti prego, evoca pure tutti i piccoli aiutanti che desideri. Non proverò nemmeno a fermarti.”

Draco digrignò i denti, poi si costrinse a rilassarsi e respirare. Alzò di nuovo la bacchetta, frugando nella memoria e concentrandosi su ogni dettagliato paragrafo dell’Indice di Scamander. “Serpensortia! Serpensortia! Serpensortia!”

Un mamba nero. Una vipera. Un cobra.

Harry sibilò mentre scappava e tutti si diressero verso di lui, ma non potevano essere d’aiuto contro un basilisco.

Poteva farcela. Incantesimi era la sua materia preferita. “Serpensortia!”

Un pitone di nove metri si materializzò, scoppiettando nell’aria, e fu abbastanza forte da sbilanciare il basilisco. Danzò seguendo le istruzioni di Harry, dimostrandosi grande a sufficienza da dare fastidio ma piccolo abbastanza da scivolare via.

“Serpensortia!” urlò Draco, e un anaconda di dodici metri si unì alla mischia.

Non era quello che stava cercando di evocare. Non era quello che voleva.

“Serpensortia!”

Un ashwinder esageratamente grande strisciò sul pavimento, lasciando bruciature sul suo cammino. Doveva essere arrivato da un vulcano.

“Impressionante.” Disse Tom, guardandolo in un modo che gli fece accapponare la pelle. “Forse avrei dovuto prendere la tua magia.”

Era disgustoso. “Non prenderai la magia di nessuno.” Disse Draco, avanzando per posizionarsi tra Tom e la Weasley. “Non farai niente. Non lascerai mai questa camera.”

Ci fu una punta di pietà nella voce di Tom: “Le tue evocazioni sono ben fatte e stanno provando di essere una valida distrazione. Ma il basilisco li ucciderà presto, poi ucciderà Harry Potter. E poi te.”

“Nessuno” ringhiò tra i denti, stringendo la bacchetta così forte da temere di spezzarla “ucciderà Harry Potter. Certamente non tu, schifoso Sanguesporco razzamista.”

La rabbia che deturpò la faccia di Tom lo ripagò appieno. Draco fece scattare il braccio, la bacchetta tenuta dritta e rigida, la promessa di una vittoria che cantava nelle sue vene. “SERPENSORTIA!”

Per un secondo non accade nulla.

Poi dalla sua bacchetta eruttò quello che stava cercando di evocare sin dall’inizio: una viverna.

Un incrocio tra un serpente e un drago, alto la metà della lunghezza del basilisco. Era una bestia selvatica e terrificante a cui non ci si sarebbe dovuti avvicinare in nessuna circostanza.

Ma Harry aprì la bocca e quella strana lingua sibilante ne uscì.

Pochi istanti dopo, la viverna e il basilisco erano ingaggiati in una lotta mortale.

Gli era costato troppa magia, Draco dovette mettercela tutta per rimanere in piedi e non crollare sul pavimento della camera. “Dicevi?” chiese, alzando un singolo sopracciglio nella migliore imitazione di suo padre.

 
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La viverna era fantastica: mordeva e artigliava il basilisco. Harry ebbe un momento di ispirazione. “Gli occhi! Accecalo!” Urlò.

La viverna cambiò il suo attacco e, pochi minuti dopo, il basilisco emise un verso di dolore mentre i suoi occhi mortali venivano danneggiati dagli artigli della viverna. Tom urlava in preda alla rabbia, ma Harry lo ignorò. Mandò l’ashwinder a strisciare sul basilisco e, dovunque esso toccasse, le dure scaglie si scioglievano. A quel punto anche i serpenti più piccoli evocati da Draco poterono essere d’aiuto. Si arrampicarono sulla schiena del basilisco e morsero direttamente i suoi muscoli scoperti, facendo urlare di dolore la creatura.

Il basilisco si dimenò da una parte all’altra nel tentativo di levarsi di dosso i serpenti che lo stavano attaccando e scappare quando la viverna tornò alla carica.

Il basilisco urtò i muri della Camera con fragorosa potenza. La viverna sembrò pensare che fosse un’eccellente idea, perché iniziò anch’essa a sbattere contro il soffitto. Harry non ne capì il motivo finché una grossa pietra non cadde sulla testa del basilisco, disorientandolo abbastanza da farlo ondeggiare confusamente per un momento. L’ashwinder colse l’opportunità di strisciare ulteriormente sul suo corpo, lasciando carne scottata e sanguinante al suo passaggio.

La viverna continuò col suo piano, schiantando il suo enorme corpo contro il soffitto, che iniziò ben presto a spaccarsi e crollare.

AL RIPARO!” urlò Harry, e capì di non aver parlato in inglese quando fu solo Tom a reagire.

 
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Tom era abbastanza corporeo da scappare. Draco alzò la testa facendo appena in tempo a evitare il pericolo. Era vicino a Ginny e, se fosse corso al riparo da solo, non avrebbe più dovuto preoccuparsi di del possibile tentato omicidio di Tom, perché sarebbe rimasta schiacciata a morte. Se fossero sopravvissuti a tutto quello sarebbe toccato a lui e a Harry riportare indietro il suo corpo martoriato.

Non voleva che nessuno morisse.

Draco fece scattare la sua bacchetta in aria. Era il migliore studente di incantesimi che Hogwarts avesse mai visto in decenni. Era esausto e ferito e stanco, ma poteva farcela. Era un Malfoy. “PROTEGO!

La tenue luce blu dello scudo eruttò giusto in tempo per impedirgli di finire schiacciato insieme alla ragazza da un grosso pezzo di pietra del soffitto. Questa si crepò e si spaccò sopra lo scudo. Draco digrignò i denti e fu costretto in ginocchio dalla forza dell’impatto, mantenendo però lo scudo ancora alzato mentre sempre più frammenti del soffitto crollavano su di loro.

La Weasley aveva ripreso un po’ di colore e i suoi occhi si stavano muovendo velocemente sotto le palpebre. Draco guardò il diario vicino a loro. Tom era premuto contro la parete della camera. Più lontano era dal diario, meno potere aveva e meno forza vitale riusciva a succhiare a Ginny. Dovevano distruggere il diario.

Non aveva abbastanza fiato per urlare, quindi prese il diario e lo sollevò. Non sapeva dove fosse Harry, se li vedesse e se fosse o meno ancora cosciente, ma era la loro unica speranza.

 
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A Harry ci volle qualche momento per capire cosa Draco stesse sventolando con la mano libera, ma appena ci riuscì, intuì anche cosa volesse. Non potendo raggiungerli con il soffitto che continuava a piovere ovunque, diede delle istruzioni sibilate al serpente a sonagli.

Questo guizzò tra i calcinacci e si affrettò a raggiungere Draco. Un problema si palesò quando non poté attraversare il suo scudo. Ci fu un terribile secondo in cui Draco annullò l’incantesimo per potergli tirare il diario, lanciandolo nuovamente giusto in tempo per evitare che una pietra grossa come la sua testa crollasse su Ginny.

Una volta che ebbe il diario tra le mani, Harry non seppe cosa farci. Non aveva la sua bacchetta; Draco aveva menzionato qualcosa riguardo alla possibilità di bruciarlo, ma non c’era alcun fuoco convenientemente acceso attorno a lui.

Si dimenticò momentaneamente del diario quando la viverna alzò un verso trionfante che quasi lo assordò. Il basilisco ondeggiò ancora una volta prima di cadere sul pavimento con forza sufficiente a scuotere l’intera camera. La sua testa era sanguinolenta ed esattamente di fronte a lui. Giacque lì, vivo ma svenuto con la bocca aperta e il respiro affannoso.

Gli occhi di Harry si fissarono sulle zanne imbevute di veleno ed ebbe una terribile, meravigliosa idea.

L’urlo di sconfitta di Tom mentre si sbriciolava nel nulla valse tutto il terrore che lo aveva pervaso mentre infilava le braccia nella bocca del basilisco per infilzare il diario su una delle zanne.

 
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Ginny era più o meno sveglia quando Harry si fece strada verso di loro. Draco era pallido, seduto a terra e sembrava che stesse usando tutte le sue forze per non svenire. Harry voleva toccarlo, afferrarlo e urlare e dirgli che gli dispiaceva e scuoterlo finché il terrore non lo avesse lasciato.

Gli occhi marroni di Ginny guizzavano tra loro due pieni di confusione, e Draco scosse impercettibilmente la testa. Qualsiasi cosa avessero da dirsi, avrebbe dovuto aspettare. “Va tutto bene.” Disse a Ginny, aiutandola ad alzarsi e sussultando quando lei si gettò tra le sue braccia e lo strinse, tremando come una foglia. “Stai bene, stiamo tutti bene.”

“Stupendo.” Si lamentò Draco, e Harry non provò nemmeno a nascondere il sorriso furtivo sul suo volto, dal momento che Ginny non poteva vederlo. “Salutali, che li rimando indietro.”

Harry si girò e tutti i serpenti che Draco aveva evocato, inclusa la viverna, stavano dietro di lui, guardandolo e aspettando. “Grazie.” sibilò; non reagì quando Ginny si irrigidì contro di lui. “Se non fosse stato per voi saremmo tutti morti.

.” Disse l’ashwinder mentre la viverna emetteva un suono rauco che Harry interpretò come una risata. I serpenti comuni inclinarono la testa e basta.

Si girò a guardare Draco. “Prego.”

Draco alzò la bacchetta. Prese un respiro profondo, raccogliendo le ultime forze. “Reditus.”

Con uno scoppiettio, i serpenti tornarono da dove erano venuti. La faccia di Draco divenne color cenere, e a Harry provocò un male fisico non poterlo aiutare. Inaspettatamente, fu Ginny ad avvicinarsi a lui. “Stai bene?”

“Sì.” Disse Draco tra i denti, forzandosi a stare in piedi e facendo un’inutile sforzo di spazzare via un po’ dello sporco dalle sue vesti. “Andiamo.”
“E quello?” Harry fece un cenno con la testa al basilisco, ancora vivo.

Draco alzò le spalle. “O morirà o non lo farà. Non è un nostro problema. Prendi il diario e andiamocene da questo posto prima che si svegli e decida di mangiarci per puro sprezzo.”
 
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Draco scoprì poi che Harry non era venuto da solo quando giunsero all’entrata della Camera e trovarono Ron ad aspettarli. Abbracciò sua sorella e poi Harry, lanciando a Draco un’occhiata complicata che lui restituì con sguardo truce. Harry gli aveva sicuramente detto qualcosa.

Tornare in superfice si rivelò essere più facile di quello che avevano temuto: con un po’ di Serpenese delle scale fluttuanti apparvero per portarli fino all’uscita, un intontito Lockhart incluso.

“Lo porto in infermeria.” Disse Ron con un’espressione disgustata rivolta a Lockhart. “Voi dovreste andare nell’ufficio di Silente.”

“Perché?” chiese Draco, arricciando il naso. Tutto quello che voleva era una doccia.

“I nostri genitori saranno qui in questo momento. La McGonagall li ha contattati.” Disse Ron, e Draco fece un pensierino sul ritornare nella Camera.

Camminarono fino all’ufficio di Silente, ci volle più del previsto visto com’erano doloranti e esausti. “Conosci la password?” chiese Harry quando furono davanti al gargoyle dorato.

“È una dannata emergenza.” Esclamò Draco rivolgendosi alla statua. “I nostri genitori sono lì sopra e abbiamo un diario maledetto e sono del tutto ricoperto in qualcosa di non identificabile e schifoso. Apriti.”

Harry sospirò. “Io non penso che-“

L’entrata si aprì scorrendo, rivelando la scalinata a spirale che portava all’ufficio di Silente. Draco gli lanciò uno sguardo compiaciuto e li precedette su per le scale. Fece finta di non vedere Harry alzare gli occhi al cielo.

Udirono dei singhiozzi prima di aprire la porta e Ginny li superò, entrando nell’ufficio in lacrime. “Mamma!”

Draco e Harry entrarono per vedere Molly e Arthur Weasley abbracciati alla figlia. Silente sedeva alla sua scrivania con la McGonagall e Piton al suo fianco. I genitori di Draco erano seduti speculari ai Weasley, senza un capello fuori posto e niente più di un’espressione di educato disinteresse sui loro volti. “Madre, Padre.” Disse lui, inghiottendo il suo nervosismo. Per qualche ragione che non riusciva a capire, Dobby era rannicchiato dietro le sedie dei suoi genitori. Sapeva che nessuno a parte loro poteva vederlo, ma non riusciva a pensare al perché fosse lì in primo luogo. Si fece un appunto mentale di domandarlo più tardi.

Sua madre tirò su con il naso e tirò fuori la bacchetta. “Sei assolutamente sudicio, tesoro. Ti sei dimenticato come lanciare in incantesimo Gratta e Netta?”

Non avrebbe mai e poi mai ammesso che non gli era rimasta abbastanza magia per lanciare anche solo un Wingardium Leviosa, quindi alzò elegantemente le spalle come aveva imparato a fare da lei.

Narcissa fece un verso di disapprovazione e mosse la bacchetta seguendo una linea complicata. Il viscidume e lo sporco caddero dai suoi vestiti e dalla sua pelle sul pavimento, per poi svanire con un altro movimento di bacchetta. “Molto meglio.”

Erano ancora molto tesi, dalla linea troppo rigida della bocca di lei all’innaturale immobilità di suo padre. Non erano soli, dunque non poteva lanciarsi nelle loro braccia come aveva fatto Ginny con i suoi genitori, ma desiderò poterlo fare. Più di ogni altra cosa voleva che smettessero di essere preoccupati per lui, ma non c’era modo di rassicurarli mentre erano nella stessa stanza con Silente e i Weasley.

“Perbacco.” Disse Silente, gli occhi che luccicavano. Draco avrebbe voluto cavarglieli come la viverna aveva fatto con il basilisco. “Sembra che tu abbia una storia interessante da raccontare, Harry.”

Draco rimase vicino ai suoi genitori mentre Harry spiegava tutto quanto, fortunatamente omettendo il suo coinvolgimento. Non poté fare a meno di rimanere impressionato dalla Granger: aveva capito tutto prima di tutti quanti. Lui poteva anche essere più potente, ma doveva ammettere almeno con sé stesso che lei fosse più intelligente. Harry menzionò il fatto che Draco avesse evocato dei serpenti, ma nel proprio racconto ridusse al minimo la reale entità dei suoi sforzi, cosa che il biondo apprezzò. Quello sarebbe stato un pessimo argomento di conversazione con i suoi genitori anche senza dover spiegare la dozzina di stupide decisioni che aveva preso, specialmente visto che era deciso a non giustificarne nessuna. Non per la prima volta, Draco fu grato che il suo marchio e quello di Harry fossero in posti facili da nascondere.

Harry aveva appena finito quando Ginny alzò la voce dalle braccia di sua madre. “Malfoy mi ha salvato la vita.”

Draco si girò per lanciarle la propria occhiata più velenosa. Lei lo fissò di rimando, per niente impressionata. “Signorina Weasley?” chiese la McGonagall, incerta.

“Chiudi quella schifosa bocca, traditrice del tuo sangue.” Ringhiò Draco. “Eri svenuta per la maggior parte del tempo. Non sai di cosa stai parlando.” Era sicuro che non avesse visto, ma evidentemente si sbagliava.

I genitori di lei si infuriarono e suo padre si alzò in piedi. “Ora stammi a sentire-“

“Ero posseduta, non cieca.” Sparò lei di rimando, lasciando la sicurezza delle braccia della madre per marciare verso di lui e lanciargli un’occhiataccia. Lui la imitò passo dopo passo, finché non furono a pochi centimetri di distanza, ringhiandosi in faccia. “Il soffitto stava cadendo e tu eri proprio di fianco a me. Avevi creato una specie di scudo e le pietre ci si spaccavano sopra.”

“Mi stavo proteggendo.” Disse. “Era solo un caso che ci fossi anche tu.”

Lo stavano fissando tutti quanti, e lo odiava.

“Tom ha avuto abbastanza tempo per scappare, quindi anche tu avresti potuto.” Disse lei, testarda. “Potevi lasciarmi anche dopo quel momento, potevi prendere il tuo scudo e metterti al riparo. Ma non lo hai fatto. Hai rischiato la tua vita per restare al mio fianco e proteggermi. Mi hai salvato la vita.”

“Una decisione di cui mi sto pentendo ogni secondo che passa.” Ringhiò. “Avrebbero dovuto soffocarti nella culla, schifosa sciacquetta.”

Ci fu una serie di esclamazioni alle sue parole e Arthur si stava alzando di nuovo. Ginny era imperturbabile. Lo pungolò sul petto. “Dì tutte le cose cattive che vuoi. Quello che dici non cambia quello che hai fatto.”

Gli piaceva di più quando era posseduta da Tom e privata di ogni personalità. Si fissarono ancora per qualche momento, prima di dire “Penso di odiarti.”

“A me sta bene.” Lo informò lei.

Arthur tossì, evidentemente combattuto. “Io… Grazie, Draco. Credo.” Aggrottò la fronte e parlò col cuore in mano. “No, dico sul serio. Hai salvato la vita di mia figlia. Grazie.”

Poteva andare peggio? Premette le labbra in una linea sottile e marciò verso la scrivania di Silente, afferrò il diario e lo schiaffò sul petto ad Arthur. “Se davvero vuoi ringraziarmi, potresti insegnare ai tuoi figli a non essere dei completi fessi.” Disse. “Sei il Capo dell’Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti Babbani e tua figlia è stata posseduta da un diario maledetto. Avrebbe dovuto sapere di doverlo bruciare l’istante in cui le ha risposto. Niente di tutto questo sarebbe dovuto succedere.” Arthur arrossì, ma non disse nulla. Ottimo. Draco sospirò, e riuscì a farlo suonare irritato ed esausto. “Se non avete bisogno di nient’altro da me, me ne vado.” Si girò verso i suoi genitori e inclinò la testa. “Madre. Padre.”

Aspettò che annuissero in risposta prima di squagliarsela da lì senza mai guardarsi indietro.

Fu solamente grazie alla sua innata testardaggine che riuscì ad arrivare alla sala comune Serpeverde. Fece un passo dentro e Millie stava già correndo verso di lui. Altre persone si avvicinarono, poteva vedere Pansy e Blaise che si affaticavano per raggiungerlo. Li ignorò per il momento, afferrando l’avanbraccio di Millie. “Non ti preoccupare, sei al sicuro. Il mostro non farà del male a nessun’altro.”

“Cos’è successo?” urlò Millie, gli occhi che scandagliavano i posti dove Draco era sicuro che stessero fiorendo i primi lividi.

“Va tutto bene.” Ripeté, poi si accigliò. “Non portarmi in infermeria.” 

Svenne prima che Millie potesse chiedergli altro, e poté solamente sperare che la ragazza lo afferrasse senza farlo di rovinare sul pavimento.

 
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Harry non riusciva a ricordare l’ultima volta che era stato così furioso. Draco era quasi morto! I suoi genitori erano lì perché gli era stato detto che loro figlio era sparito, creduto morto, eppure avevano reagito come se non significasse nulla. Niente lacrime, niente urla, solo facce indifferenti. Non lo avevano nemmeno toccato.

Dobby si stava nascondendo dietro il mantello di Lucius, fissandolo insistentemente. Questo rendeva tutto quel casino ancora più complicato, perché significava che Dobby lavorava per i Malfoy, il che a sua volta voleva dire che Lucius aveva orchestrato quel piano sin dall’inizio, e aveva quasi ucciso suo figlio nel processo e non gliene importava niente.

Se n’erano andati tutti tranne lui. Silente stava continuando a fissarlo da sopra i suoi occhiali a mezzaluna, ma Harry al momento non riusciva a concentrarsi sull’uomo. “C’è qualcosa che vuoi dirmi, Harry?” chiese dolcemente il preside. “Qualunque cosa?”

Fece per guardare il preside, ma i suoi occhi furono catturati a metà strada dal diario di Tom Riddle. Proprio come quando aveva ficcato le braccia nella bocca del basilisco, ebbe un’altra terribile, meravigliosa idea. “Non direi.” Disse. Si sfilò la scarpa, levandosi un calzino; poi sgraffignò il diario dalla scrivania di Silente e corse fuori dal suo ufficio. “Mi serve!” esclamò da sopra la spalla. Quando il preside non diede segno di volerlo fermare, lo prese come un permesso.

Il disprezzo di Narcissa e la rabbia di Lucius quando Harry li imbrogliò per liberare il loro elfo domestico furono una gioia per gli occhi.

 
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Draco passò il resto della settimana a letto. Quando cercavano di convincerlo ad andare in infermeria insisteva di essere solamente stanco. Era parzialmente vero. L’unica cura per la spossatezza magica era il riposo. Ricevette un gufo da Harry con un foglietto in cui gli diceva di aver parlato a Ron e Hermione di loro due – e che lei era tornata l’irritante sapientona di sempre grazie alle mandragole.

Immaginò che fosse tutto lecito in guerra e in amore, quindi chiuse a chiave la porta della sua stanza con Blaise e Pansy dentro e mostrò loro le tre calendule che sbocciavano sul suo fianco. “Cacchio.” Disse Blaise, gli occhi sgranati. Pansy pungolava il marchio come se non potesse credere che fosse reale. La madre di Blaise aveva un marchio, ma era ancora un piccolo cerchio nero alla base della sua gola, anche dopo quattro mariti. Né Pansy né Blaise avevano dei marchi propri, ma avevano sempre saputo che Draco ne possedeva uno.

“Se uno di voi due ne parla con qualcuno, vi ucciderò nel sonno.” Promise.

Scossero entrambi la testa, e Draco si rilassò un pochino davanti alla loro veemenza. “Questo significa che dovremo iniziare a fare comunella con i Griffontonti?” chiese Pansy.

Draco fu sicuro di aver risposto a quella domanda con un’espressione scandalizzata, visto come iniziarono a ridacchiare. “Assolutamente no.”
 
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Erano passati pochi giorni dall’inizio della pausa estiva quando lui e Draco ebbero finalmente un’occasione per incontrarsi di nuovo. Harry stava lentamente impazzendo, con Draco che si era nascosto nel suo dormitorio per una settimana e, anche dopo essere ritornato non sembrava lo stesso. Hermione e Ron erano rimasti scioccati dalla quantità di incantesimi che Draco aveva lanciato nella camera e nessuno dei due era sorpreso che gli ci stesse volendo tutto quel tempo per riprendersi.

Quindi ora stava passeggiando avanti e indietro nella classe abbandonata, i pugni stretti, torturandosi il labbro con i denti. Quella era la prima volta in cui avrebbero parlato dal loro ultimo disastroso incontro nel bagno delle ragazze, settimane prima. La porta si aprì e si richiuse e Harry si girò di scatto. Draco era lì, guardandolo con quella sua fredda maschera, e ormai Harry lo conosceva abbastanza bene da sapere che era una maschera. “Sì?” chiese dopo che Harry lo fissò e basta.

Draco era impettito e rigido quando non faceva il bastardo, e Harry aveva pianificato delle scuse impettite e rigide. Ma si dimenticò di tutto e si avventò su di lui, stringendolo tra le braccia proprio come aveva desiderato, e non aveva potuto fare a causa di Ginny nella Camera. “Sono davvero felice che tu stia bene.” Sussurrò, premendo il viso sulla spalla di Draco. “Ero così spaventato quando ho visto quel messaggio e quando ti ho visto steso lì, per terra.”

Draco si rilassò e ricambiò esitante l’abbraccio. “Anche tu mi hai fatto prendere un colpo, combattendo Tom e il basilisco. Non farlo più.” Disse.

“Ci proverò se anche tu non lo farai più.” Ribatté, e sorrise quando sentì Draco tremare per le risate. Si staccarono e Harry si affrettò a strofinarsi un braccio sugli occhi. Non era nemmeno sicuro per quale motivo stesse piangendo, in realtà. Esitò. “Draco, tuo padre, lui… lui…” si fermò, combattuto. Non voleva iniziare un altro litigio, ma Draco meritava di sapere.

“È ok.” Disse, le labbra incurvate in un lieve sorriso. “È stata una buona cosa che sia stato preso anche io. Il Consiglio dei Governatori si era convinto che mio padre c’entrasse qualcosa, e ha quasi perso il posto. Ma fortunatamente nessuno di loro ha pensato che avrebbe sguinzagliato un mostro capace di attaccare anche sui figlio, quindi ora è al sicuro.”

“Ma lo ha fatto.” Disse Harry, disperatamente. “È stato lui a dare il diario a Ginny.”

Scrollò le spalle. “Lo so. Ma non voleva che venissi coinvolto anche io. E… è comunque mio padre, Harry.”

Sapeva che quella non era una lotta che avrebbe vinto quel giorno, forse mai, quindi lasciò perdere. “Non posso ricevere gufi durante le vacanze estive.”

Draco si illuminò. “Beh, nemmeno io posso ricevere lettere da Harry Potter durante l’estate, quindi non c’è problema. Ho creato una cosetta per noi.” Infilò la mano in tasca e tirò fuori due specchietti, simile a quello che zia Petunia teneva nella sua borsetta. “Me li sono fatti dare da Millie e Pansy, dalle storie che hanno fatto sembrava che avessi chiesto in sacrificio i loro primogeniti. Ho promesso che me ne sarei procurati di migliori durante le vacanze, in ogni caso.” Alzò gli occhi al cielo e gli depositò in mano quello con le Pansè delicatamente incise, tenendosi quello verde che Harry ipotizzò essere di Millie. “Sono incantati con incantesimi di connessione. Aprilo, dì il mio nome e il mio specchio suonerà, e viceversa. Ci permetteranno di parlare.”

Draco sembrava tremendamente fiero di sé stesso.

Harry si era già rassegnato ad un’estate solitaria, senza parlare con i suoi amici o con la sua anima gemella. Ma ora avrebbe avuto Draco proprio lì, in tasca, per tutta l’estate.

Lo abbracciò di nuovo perché non riuscì a pensare a cos’altro fare e la risata di Draco lo fece arrossire.
 
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Draco incontrò i suoi genitori sul binario, dopo essere sceso dall’Espresso per Hogwarts con i suoi bagagli in fila dietro di lui. Sua madre gli sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Andiamo, tesoro.”

Non si erano detti nulla di importante nelle loro lettere dall’episodio della Camera, ben coscienti che la loro famiglia fosse sotto sorveglianza a causa dell’incidente. Suo padre non lo guardò mentre camminavano dal binario fino alla carrozza. Un nodo d’angoscia gli crebbe nello stomaco. Era davvero così arrabbiato da non volerlo nemmeno guardare?

Draco salì sulla carrozza prima dei suoi genitori, e non appena furono tutti seduti partirono immediatamente alla volta di Villa Malfoy.

Narcissa uscì subito dal personaggio, gettandosi in avanti per tirarselo contro il petto. “Ero così preoccupata!” disse, la voce che tremava mentre lo stringeva abbastanza forte da fargli un po’ male, ma Draco non glielo avrebbe mai detto. “Quando Piton ci ha chiamati… e ci hanno detto che eri sparito, che tu- che il tuo scheletro-“ iniziò a piangere per davvero, e si tirò indietro per premergli una miriade di baci sul viso.

“Mamma!” rise, provando senza troppa convinzione a calmare quell’assalto. “Sto bene! Va tutto bene, non devi essere agitata, sto bene.”

“Avrei sradicato quel castello fino alle sue fondamenta.” Disse lei, intensamente. “Avrei fustigato Silente fino alla morte, centimetro dopo centimetro, e avrei gioito delle sue urla.”

“Lo so.” Disse, sorridendo. Sapeva che la maggior parte delle madri non dimostrava il proprio affetto con minacce di violenza era come, ma Narcissa non faceva parte della maggioranza. Era la sua ed era la migliore. “Anch’io ti voglio bene, Mamma.”

Lei lo baciò ancora una volta su entrambe le guance prima di rimettersi al suo posto, evocando un fazzolettino per tamponarsi delicatamente gli occhi.
Guardò suo padre, seduto di fronte a lui, rigido e silenzioso mentre guardava fuori dalla finestra. Draco lo fissò, aspettandosi un suo rimprovero. Quando questo non arrivò capì una cosa.

Suo padre non era arrabbiato. Era spaventato.

Draco strisciò sul sedile fino a trovarsi seduto a poca distanza da suo padre. Le sue mani erano a pugno e, ora che Draco lo stava guardando davvero, sembrava diverso. Più vecchio. Stanco. Non gli piacque vederlo in quel modo, e non lo voleva.

“Stavo pensando di candidarmi al ruolo di cacciatore l’anno prossimo.” Sparò, disperatamente alla ricerca di qualsiasi cosa che potesse scacciare il dolore dal viso di suo padre. “Ci sarà una posizione vacante e, in ogni caso, quell’incapace di Adrian dice che sarei migliore come cacciatore che come cercatore.”

Lucius spostò lentamente lo sguardo dalla finestra al figlio, e c’era ancora qualcosa di cupo nella sua espressione. “Io-“ iniziò, ma non riuscì a finire, premendo le labbra in una linea stretta.

Draco si sporse in avanti e coprì le mani di suo padre con le proprie. Lucius sussultò. “Papà. Va tutto bene. Io sto bene, non ti devi preoccupare. Sono vivo, sto bene e sono qui. Non sono arrabbiato.” Aggiunse con il cuore in mano. Sapeva che sarebbe diventato un problema più avanti. Non voleva che nessuno morisse, mentre suo padre invece sì, e avrebbero dovuto farci conti prima o poi. Ma suo padre non lo avrebbe mai voluto morto, quindi era un problema per un altro giorno. “So che non mi faresti mai del male.”

Lucius finalmente girò le mani così da poter stringere quelle di Draco nelle proprie, strofinando i pollici sulle sue. Incrociò il suo sguardo e Draco sorrise, cercando di mostrargli che era sincero. Suo padre emanava ancora tensione, ma almeno un po’ di quella terribile gravità aveva lasciato il suo viso. “Ti prenderemo un allenatore per quest’estate. Flitwick ha inoltre consigliato di impartirti lezioni di incantesimi supplementari, per assicurare che la tua crescita continui alla stessa velocità esemplare.”

“Fantastico!” Draco sorrise. “Incantesimi è la mia materia preferita.”

Suo padre gli sorrise; un gesto lento e piccolo. Draco lo considerò una vittoria.

 
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Harry aveva già dovuto affrontare ore di rimproveri da parte dei suoi zii. Aveva cercato di non fissare la coppia di uccelli sui loro colli mentre entrambi gli urlavano contro. Aveva sempre saputo che zia Petunia e zio Vernon erano anime gemelle, ovviamente, ma prima questo fatto non aveva mai avuto alcuna importanza per lui. Poi una lista di faccende domestiche lunga tre pagine gli fu lanciata addosso, e smise di interessarsi ai loro marchi. Avevano messo sotto chiave tutte le sue cose di scuola e zia Petunia lo aveva spedito a lavorare in giardino non appena erano arrivati a casa.

Si buttò a letto lercio e esausto. Sapeva di doversi lavare, ma non trovava l’energia per farlo. Aveva una dolorosa insolazione sul collo e sulle braccia. I Dursley insistevano che non aveva bisogno della protezione solare per via della sua pelle scura, nonostante le innumerevoli volte in cui li aveva smentiti con una collezione di brutte scottature.

Smise di pensare a tutto quello. Il cuore gli batté all’impazzata mentre infilava la mano nella scatola di vestiti che i Dursley gli avevano lasciato tenere. Srotolò con cautela un paio di calzini e tirò fuori lo specchietto inciso. Si sedette su letto, stringendoselo al petto. Sperava davvero che funzionasse. Lo aprì e disse a voce alta: “Draco Malfoy.”

Per un secondo non accade nulla, e la delusione minacciò di sopraffarlo. Poi ci fu quella che sembrò un’increspatura sul vetro, e la faccia di Draco riempì lo schermo. Indossava un pigiama in seta blu e aveva un muro grigio chiaro dietro di lui. Abigail era stesa sulle sue spalle. “Era ora!” Ghignò, poi aggrottò la fronte. “È fango quello sulla tua fronte, Harry?”

Suonava talmente scandalizzato che Harry dovette affondare la faccia nel cuscino per soffocare una risata. Era abbastanza sicuro di aver appena ricoperto la federa di fango, ma non riuscì a farselo importare.

Draco gli stava facendo una paternale sulla pulizia personale mentre Abigail sibilava richieste da tradurre, e Harry pensò che forse quell’estate non sarebbe stata così male.
   
 
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