Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Lost In Donbass    28/02/2019    1 recensioni
Denis è arrogante, spaccone e attaccabrighe, ma in realtà cerca solo qualcuno da amare. E che lo ami a sua volta.
Valentina è depressa e devastata, ma riesce sempre a dipingersi un sorriso sulle labbra. Per ora.
Ylja ha una famiglia distrutta, un fidanzato disturbato e gli occhi più belli di tutta la Russia. Però è tremendamente stanco.
Valerya ha tanti demoni, lo sanno tutti. Nessuno però ha mai tentato di esorcizzarla.
Aleksandra sembra essere la ragazza perfetta, anche se nasconde un segreto che non la farebbe più sembrare tale.
Kuzma tira le fila e li tiene tutti uniti, è quello che li salva. Eppure sa che non farà una bella fine.
Sono arrabbiati e distrutti. Sono orgogliosi e violenti. Amano, odiano, bevono e si sballano.
Sono i ragazzi del Blocco di Ekaterimburg e questa è la loro storia.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO VENTUNO: ADDIO, AMICI

Ein neuer Tag beginnt,
eine neue Hoffnung.
Ein erneutes Ende, für mich.
Wieder ein Kapitel, doch meine Rolle stirbt für dich.
Jetzt - lass schon los, denn ich muss gehen.
 
(Un nuovo giorno è incominciato,
Una nuova speranza.
Una nuova fine per me.
Un altro capitolo, ma il mio ruolo sta morendo con te.
E’ ora di lasciar perdere, perché me ne devo andare)
[Nevada Tan – Ein Neuer Tag]
 
Il sesso con Denis era stato grandioso quella notte, stava valutando Yurij, stravaccato sul divano sfondato di casa sua. Il corpo flessuoso del ragazzo si era mosso con grazia e passione sopra di lui, e ogni volta che vi affondava dentro e toccava il suo punto debole un urlo spezzato e lussurioso prorompeva da quelle belle labbra arrossate da baci disperati. Aveva lasciato che lo cavalcasse, e si era ritrovato a imprecare disperatamente, data tutta la forza che ci aveva messo il ragazzo a impalarsi selvaggiamente sulla sua erezione gonfia e dura da morire. Era stata una notte di passione spropositata, di grida, di fervore, di sfrenatezza così forte da essere quasi stata tossica e Yurij si stava chiedendo oziosamente il perché. Non che Denis non fosse sempre una bomba a letto, ma quella notte c’era stato qualcosa di diverso, una rabbia nuova, un senso di impotenza che voleva essere soppiantato dal sesso, una furia cieca che sapeva nascondere qualcosa di più.
Yurij sospirò, accendendosi una sigaretta e rovesciò il capo all’indietro. Amava Denis? Sì, lo amava, e non solo perché era bello, sexy e divertente. No, aveva imparato ad amare la sua franchezza, il suo senso di giustizia, il suo coraggio, la sua bontà che voleva dissimulare sotto a un comportamento spaccone e arrogante. Era bravo, Denisoch’ka, molto più bravo di quanto volesse far credere e Yurij era contento di poter avere al suo fianco un ragazzo così. Ma adesso stava male, e lui voleva trovare un modo per aiutarlo. Non poteva sopportare quella luce agitata nel fondo degli occhi d’ambra, quel senso di inadeguatezza che da qualche giorno a quella parte angustiava quel sorriso da fotomodello. C’era qualcosa, qualcosa che non andava bene ma che non riusciva totalmente a cogliere. Sospirò rumorosamente, passandosi una mano tra i capelli scuri, appena mossi, e soffiò una voluta di fumo nell’aria. La Banda del Blocco. Quello stralunato gruppetto di ragazzi straordinari che gli aveva completamente disastrato l’esistenza. Non ci aveva sofferto particolarmente quando un Denis rosso e imbarazzato gli aveva rivelato di aver baciato il suo amico, Kuzma, non ci era rimasto male perché sapeva quanto amore provasse quel ragazzino nei suoi confronti. A volte si chiedeva se si meritasse davvero quell’affetto spropositato, quel comportamento da cagnolino felice che assumeva e pensava che forse Denis era troppo buono per il suo stesso bene. Poteva fare il duro quanto voleva, ma era un pasticcino e lo dimostrava l’amore quasi tossico che li legava, quel sentimento forte e prorompente che li aveva legati insieme, che era andato oltre al sesso ma si era tramutato in un legame stabile, forse litigioso, forse sbagliato, ma comunque forte, indistruttibile. O meglio, Yurij avrebbe voluto che fosse indistruttibile perché si era legato al ragazzo più di quanto volesse ammetterlo a sé stesso. C’era una gioia nuova nel vederlo aprire gli occhioni la mattina, nel spettinargli la massa arruffata di capelli, nel ricordargli che sarebbe stato meglio mangiare con la bocca chiusa, nel sentirlo cantare sotto la doccia. Era speciale, il giovane Denis, più speciale di quanto potesse far pensare l’immagine di bulletto di periferia senza niente da perdere.
-A cosa pensi, ragazzo?
Marina era silenziosamente entrata nella stanza, e gli era caduta affianco, la vestaglia rosa malamente drappeggiata addosso, i capelli con una spessa ricrescita castana che avrebbero avuto urgentemente bisogno di una nuova tinta, il trucco semi tolto e le unghie acuminate smaltate di rosso. Non era fine, Marina Petrachenko, non era aggraziata ma era la migliore amica che potresti trovare.
-A Denis. Ai suoi strampalati amici. Alla nostra vita.- rispose malinconicamente Yurij, accavallando le lunghe gambe magre. Si voltò verso l’amica e le accese una sigaretta – Cosa ne pensi, Marin’ka?
-Che ci siamo trovati due perle di ragazzi anche se sono matti.- commentò lei, appoggiando la testa sulla spalla aguzza di lui.
Nelle stanze affianco si sentiva il sordo russare di Denis e l’ansimare leggero di Valerya e i due giovani si sorrisero, tornando poi a guardare l’impietosa luna siberiana illuminare il Blocco, violento e malvagio. Anche loro erano persi, esattamente come lo erano i loro fidanzati, persi e mai più ritrovati, vittime di una città che li aveva avvolti nelle sue spire e li aveva uccisi, lentamente, facendoli propri e rendendoli per sempre schiavi dei palazzoni sovietici e delle fabbriche sullo sfondo. Marina e Yurij erano due persone bruciate dalla vita, rovinate dal fumo a poco prezzo e dalla solitudine, dalla tossicità della loro amicizia, dal lento trascinarsi di giornate tutte uguali, ma avevano entrambi trovato un motivo in più per resistere là dentro: il capo della Banda del Blocco e la rossa tutta matta erano riusciti in qualche modo a rompere le loro barriere, a dare loro una forza nuova, a convincerli che ci sarebbero stati ancora giorni degni di essere vissuti.
-Mi sono innamorato di Denis.- disse Yurij, così, a bruciapelo – Pensavo fosse solamente una storia di sesso e invece … mi sono innamorato.
-Era l’ora, vecchio maiale.- Marina gli diede una spallata affettuosa – Den è un ragazzo a posto, non ti farà male stare con lui. Ti dà delle responsabilità nuove, forse riesce a mettere a freno la tua follia. Se sei occupato a pensare a come salvaguardare lui, non avrai tempo per pensare invece a come autodistruggerti. Anche tu hai bisogno di qualcuno, Yura. Qualcuno che ti ami, e Denis ti ama alla follia. Glielo leggi negli occhi, quanto ti adora, quanto ti venera. E forse è un bene che sia così: hai bisogno di qualcuno che ti tenga ancora a terra, amico. Non potrò sempre esserci io al tuo fianco.
Yurij annuì e spense la sigaretta nel posacenere. Ovviamente, Marina aveva ragione.
Denis era la sua nuova ragione di vita, la sua luce nel cielo di novembre, la sua benzina da buttare su un fuoco che aveva smesso di ardere da anni. Aveva trovato in lui tutto quello che gli mancava, tutto l’amore che non aveva mai ricevuto, tutta la venerazione di cui aveva sempre avuto bisogno. Si sentiva pronto a dare al ragazzo tutto quello che voleva purché restasse al suo fianco e gli ricordasse quanto era bello vivere, quanto era bello vedere il sole la mattina, ridere e piangere. Aveva bisogno di Denis più di quanto fosse capace di ammetterlo a sé stesso.
-Non lascerò che se ne vada.- mormorò, chiudendo per un secondo gli occhi grigi – Non ho intenzione di abbandonarlo a sé stesso, abbiamo troppo bisogno l’uno dell’altro.
-Marin’ka, vieni a dormire?- si intromise la vocina di Lera.
I due si voltarono e la videro sull’uscio del salotto, i capelli scarlatti legati in due lunghe trecce e la camicina da notte rosa che le cadeva sgraziata sul corpo rotondo.
Marina sorrise e si alzò, raggiungendola e posandole un bacio sul naso
-Certo che vengo a dormire, tesoro. Sei la cosa più speciale che mi sia mai capitata, lo sai?
Lera si strinse nelle spalle e la abbracciò, posandole il capo sulla spalla.
-Ti amo. Mi basta sapere questo.
Le due donne si sorrisero e intrecciarono le loro manine, una lentigginosa con le unghie mordicchiate e uno pallida, con le unghie fresche di manicure. Erano completamente diverse, Marina e Valerya, ma forse era proprio per quello che erano perfette insieme. Si salvavano, nella devastazione dettata dal Blocco, si appoggiavano una all’altra per uscire da un divorzio distruttivo e da una follia congenita. Cercavano di resistere al vuoto totale che le aspettava se si fossero lasciate andare, e per farlo si aggrappavano disperatamente una all’altra, convinte che insieme niente sarebbe stato in grado di trascinarle nel baratro.
Yurij le guardò baciarsi appena e ritirarsi per mano nella loro camera. Aveva notato che Marina aveva tolto la fede. Scosse la testa e sorrise al muro, per poi alzarsi e tornare a letto. Denis dormiva scompostamente tra le coperte, ancora nudo, un filo di bava a colargli sul mento e la bocca spalancata. Yurij si sdraiò di nuovo tra le coltri, e strinse a sé il ragazzo, baciandogli i capelli scompigliati. Sapeva di sudore, sesso, muschio e qualcosa che era solo ed esclusivamente Denis. Un profumo buonissimo di cui Yurij si sarebbe inebriato fino alla nausea. Lasciò che il ragazzo si aggiustasse nel sonno e lo abbracciasse pesantemente. Lo strinse con forza a sé, e si morse il labbro quasi a sangue. Non lo avrebbe lasciato andare nemmeno a rischio della propria vita, non in quel momento, non quando aveva disperatamente bisogno di lui. Voleva Denis così tanto da fare male, voleva saperlo al suo fianco, voleva vederlo sorridere, voleva amarlo con tutta passione e la dedizione possibile.
-Yura … sei sveglio?- brontolò Denis, aprendo mezzo occhio.
-Dormi, cucciolo.- sussurrò dolcemente l’uomo in risposta, baciandogli la fronte – Ti amo tantissimo.
-Anche io ti amo, amore. Non sai nemmeno quanto.- disse Denis, prima di cadere di nuovo addormentato a ricominciare a russare rumorosamente.
Yurij sorrise, nel buio della camera. Oh, eccome se lo sapeva. Eccome se lo sapeva.
 
E alla fine, eccolo lì. Sul treno per Saratov. Zaino tra le gambe, cuffie sulle orecchie e lacrime che scorrevano sul viso, Kuzma stava partendo. Aveva preso quella decisione tra il pianto e la disperazione, un momento dopo essersi reso conto di starsi per buttare giù dal Cavalcavia. In bilico sopra la strada trafficata, aveva cercato di prendere in mano la sua vita una volta per tutte: voleva davvero morire? No, forse non era ancora arrivato il suo momento. Aveva chiuso gli occhi, e si era detto resisti, Kuzjen’ka. Resisti, aveva urlato nella notte, a pieni polmoni, gli occhi annebbiati e una bottiglia di vodka vuota ai piedi. Era stato in quell’attimo, quando si era davvero trovato tra la vita e la morte che aveva deciso di partire, di scappare, di lasciarsi alle spalle una vita che non sopportava più. Aveva pensato ai suoi amici, aveva disperatamente pensato alla Banda e a tutto quello che avevano significato per lui ma sapeva anche che non ce l’avrebbe più fatta a stare lì. Voleva ancora bene a tutti loro, ma sapeva che ormai era arrivato a un livello di sopportazione tale da non rendergli più possibile di resistere oltre. Forse scappare sarebbe stata la soluzione giusta, lasciarsi alle spalle una città maledetta, una famiglia odiata, un’esistenza che ormai lo stava distruggendo.
Pensò a quel giorno in cui erano corsi dietro a quello stesso treno sul quale era seduto in quel momento, a quel Corriamo, amici, che aveva urlato Denis, il suo bellissimo Denis, e non riusciva quasi a rendersi conto che adesso era lui quello che stava correndo, che stava fuggendo da un incubo che sopportare si era fatto impossibile. Si passò una mano tra i capelli e poggiò la fronte contro al finestrino. Stava scappando di casa, ma sapeva che alla sua alcolizzata madre non sarebbe importato. Stava scappando di casa, e sapeva che i suoi amici ne sarebbero stati distrutti. Si sentiva in colpa per star loro facendo una cosa del genere, per andarsene così, senza aver detto addio ma ormai non era più in grado di resistere oltre. Avrebbero dovuto essersi comportati in modo diverso se l’avessero voluto ancora lì con loro. Era stanco, Kuzma, così tanto stanco da sentirsi male. Passò una mano sul vetro, guardando le luci del Blocco e trattenne un singhiozzo. C’era stato un tempo in cui non aveva creduto possibile poter scappare da Ekaterimburg, ma adesso si stava rendendo conto che era perfettamente fattibile, bastava solo che i tempi fossero maturi. Stava per abbandonare la città che più aveva odiato, quella periferia maledetta che l’aveva lentamente ucciso, quell’inferno urbano che non aveva fatto altro se non ferirlo e trascinarlo con sé in un baratro dove non c’era china di risalita.
Pensò ai suoi amici, e nuove lacrime corsero sul suo viso. Pensò a Sasha, e sperò con tutto il cuore che potesse guarire dall’anoressia, che riuscisse finalmente ad essere forte, a prendere in mano la sua vita. Pensò a Ylja, e gli chiese scusa, scusa per non aver accettato la sua relazione, scusa per tutto quello che gli aveva detto. Desiderò che potesse vivere la storia d’amore più bella di sempre. Pensò a Valya, ricordando con un mezzo sorriso i suoi occhi blu come il cielo notturno, e ripose in un angolino del cuore quel segreto scioccante che si sarebbe portato nella tomba perché poteva essere un fuggitivo ma non avrebbe mai tradito la memoria di un’amica. Pensò a Lera, e una lacrima corse solitaria sulla guancia, pensando alla sua speciale rossa, alla ragazza che portava sulle spalle, ai suoi occhi di tenebra, al suo sorriso infantile, alle sue meravigliose bambole di porcellana, e si chiese se ce l’avrebbe fatta, a uscire vincitrice da quel mondo infame. Infine, pensò a Denis, e si chiese con che cuore stava abbandonando il suo migliore amico. Non avevano fatto pace, lo stava lasciando con il peso della loro ultima litigata, non aveva accettato le sue scuse, non aveva fatto nulla ma a quel punto, cosa importava? Cosa importava, quando era stato sul punto di suicidarsi, quando stava fuggendo come un disperato per vivere la vita che si meritava? C’erano tante cose in sospeso, con la Banda del Blocco, tanti interrogativi a cui rispondere, tante lacrime da asciugare, tante battute da spiegare, tanti orrori da dimenticare ma lui li stava lasciando, di modo che se la sbrigassero un po’ da soli.
In tutti quegli anni non aveva fatto altro che essere lì per tutti, si era sacrificato per il loro bene, li aveva protetti, aiutati, sostenuti, ma adesso era arrivato il momento di pensare a sé stesso, di recuperare la sua vita, di ricostruirsi un’esistenza nuova sulle ceneri di una buttata al macero. Non aveva chiesto scusa, non aveva detto addio, non aveva fatto altro che fare uno zaino e prendere il primo treno per la Russia europea, per cercare di cancellare i demoni che lo perseguitavano, per mettere a tacere i suoi incubi, per rinascere come l’araba fenice. Era pronto, Kuzma, pronto ad affrontare una nuova serie di eventi, pronto a lottare per nuovi ideali, pronto a riscriversi una storia nelle violente stelle del cielo russo.
Tirò fuori dalla tasca del cappotto la vecchia foto della Banda del Blocco e sorrise appena, baciando lentamente ognuno di loro, lasciando che qualche lacrima bagnasse ogni viso. Se ne stava andando, una volta per tutte.
Il treno si mise in moto e cominciò ad allontanarsi dal Blocco, e nuovi singhiozzi lo scossero, lì, solo, nello scompartimento buio e vuoto. Guardò Ekaterimburg allontanarsi per sempre da lui, guardò la sua città lasciarlo andare dalla sua presa dannata e lanciò un ultimo bacio, un ultimo saluto, un ultimo sguardo a quei palazzi sovietici, a quelle strade violente, a quelle luci della fabbriche di periferia. Strinse forte la fotografia tra le mani e un’ultima lacrima colpì il viso di Denis.
Corriamo, amici, avevano detto tanti anni prima.
-Addio, amici.- mormorò Kuzma, chiudendo gli occhi – Addio.

 
Kонец - THE END

***
E così, è finita. Non riesco ancora a crederci. La folle storia della Banda del Blocco è giunta alla sua naturale conclusione, e mi mancheranno, mi mancheranno da morire. Mi mancherà Denis, e la sua sfacciataggine, Sasha e la sua dolcezza, Lera e la sua follia, Valya e il suo coraggio, Ylja e la sua speranza, Kuzma e la sua solitudine. Mi mancheranno anche Yurij, Viktor e Marina. Ho lottato tanto, con questa storia, ognuno dei ragazzi della Banda porta con sé un pezzetto di me, un mio dramma, una mia avventura, sono tutti parte integrante della sottoscritta e questo mi fa commuovere. Vi giuro, sto piangendo, perché mi sono affezionata in maniera quasi disperata ai miei personaggi. Cosa vi devo dire, eccoli qui, con le loro debolezze, i loro dolori, la loro devastazione. Li ho amati, e li amerò per sempre. Grazie a tutti quelli che hanno recensito, seguito e letto la storia, e un grazie speciale va ad AlexEire e lei sa perchè *-*
Cosa vi devo dire, eccoci qui, noi ragazzi della Banda del Blocco. Ekaterimburg non ci ha uccisi. Siamo ancora qua. Siamo ancora vivi.
Proshay, druzey.
Un bacio fortissimo a tutti, la vostra commossa
Charlie 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Lost In Donbass