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Autore: WhiteLight Girl    01/03/2019    1 recensioni
Fanfiction Crossover tra le varie serie di Digimon, in questa prima parte Tamers e Frontier, nella prossima Adventure.
Qualcosa si muove nell'acqua, non è un mistero che sia parte del problema, perché quando Izumi esce dall'ascensore l'acqua scorre sul corridoio davanti a lei e fino ai piedi dei suoi amici. Cosa ci fa quell'acqua putrida nell'ascensore del centro commerciale 109 di Shibuya? Da dove viene? Izumi probabilmente lo sa, ma non è in grado di rispondere a questa domanda.
Personaggi: Takato, Ruki (Rika), Henry, Ryo, Zoe (Izumi), Takuya, Koushi, Kouichi, Junpei (JP), Tomoki (Tommy), Guilmon, Renamon, Terriermon, MonoDramon...
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 6
Se fossimo ragazzi normali...

Fu la sensazione di precipitare che riportò Takato alla realtà, l’oscurità totale lo avvolgeva stringendolo in una morsa che all’inizio non fu in grado di contrastare. Non riusciva ad avere percezione di sé, a sentire i propri arti e ciò che lo circondava. Poi arrivò il calore del lenzuolo stropicciato che si era impigliato attorno ai piedi scoperti ed alle sue mani, mentre qualcuno lo scuoteva per svegliarlo.

La voce di Hirokazu lo raggiunse in quel momento, fu prima un ronzio indistinto ed ovattato, poi le sue parole riecheggiarono nella testa di Takato e lo colpirono con la forza di un cannone.

«Takato! Svegliati!»

Le palpebre pesanti gli impedirono di spalancare gli occhi, l’intorpidimento di muoversi, gli sfuggì solo un mugugno infastidito e sperò che questo bastasse a far capire all’amico che non ne aveva alcuna voglia, ma Hirokazu lo scosse ed un altro paio di mani si aggiunsero per strattonarlo e costringerlo a mettersi a sedere.

Takato si fece forza, dischiudendo un occhio a fatica ed agitando un braccio per scrollarseli di dosso. «Che c’è? Non c’è scuola, oggi.»

Smisero di scuoterlo, ma ancora lo tiravano verso il bordo del letto. La voce di Kenta era ansiosa, quando gli parlò. «Non importa, Ryou è scomparso.»

Takato afferrò il lembo della coperta e cercò di portarlo fin sopra la testa, la notizia non gli era nuova, non era la prima volta che accadeva. «Starà bene, se la sa cavare.» affermò.

Il silenzio dei due gli permise quasi di riaddormentarsi, il cuscino morbido gli parve riavvolgerlo in un abbraccio ed invitarlo di nuovo nel mondo dei sogni, dimenticò quasi la presenza degli amici fino a quando Kenta sbuffò impaziente. A Takato parve di vederlo scuotere il capo attraverso l’occhio socchiuso.

«Ho chiamato suo padre, che ha parlato con Yamaki e sai lui cosa gli ha detto?» gli domandò l’amico.

Fecero una pausa, forse per dargli il tempo di riflettere sulle opzioni, ma lui si sentiva ancora troppo intontito anche solo per provare a pensarci. «Uhm?»

«Gli ha detto che è tutto sotto controllo!» sbotto Hirokazu.

Takato strinse le braccia attorno al cuscino, le parole che gli ronzavano in testa ancora prive di significato. «Eh?»

«Sai cosa significa quando Yamaki dice che è tutto sotto controllo.» concluse Kenta.

Takato ebbe un sussulto e si sentì all’improvviso sveglio, una scarica di adrenalina gli diede la forza per rimettersi a sedere, così sbatté il cuscino contro la parete e sbarrò gli occhi solo per richiuderli un istante dopo a causa della luce. «Che sta succedendo qualcosa di cui ha perso il controllo. Maledizione.»

Passò una mano sul volto e strofinò le palpebre con le dita. «Avete provato a chiedere agli altri?» domandò con un sospiro.

Hirokazu lo colpì sulla nuca. «Mi chiamo Scemo, per caso?» gli chiese.

Takato lo spinse di lato e si alzò, scivolando verso l’armadio ed afferrando i vestiti. «Scusa, è l’abitudine.»

Kenta sbuffò ed incrociò le braccia, aspettandolo affianco alla porta della stanza. «Sono tutti per strada, hanno detto che ci aspetteranno ad Hypnos.»

Takato recuperò la biancheria pulita, il pensiero di Ryou da solo non l’aveva mai spaventato, sapeva che aveva passato molto più tempo di lui nel Digital World, sapeva che ne conosceva ogni zona meglio di chiunque altro e che non perdeva occasione per tornarci, ma sapeva anche che quando partiva Yamaki non aveva alcun problema a riferirglielo, nel caso glielo avessero chiesto. Quella volta, a quanto pare, non l’aveva fatto.

«Se Yamaki non vuole che sappiamo qualcosa allora è qualcosa che dobbiamo assolutamente sapere.» disse.


NEL DIGITAL WORLD

Justimon incassò l’ennesimo colpo con un gemito mal trattenuto; quella si stava rivelando la notte più faticosa della sua vita.

La fata ed il cavaliere sarebbero potuti sembrare quasi normali Digimon, se non fosse stato per il loro instancabile ed inspiegabile desiderio di divorare tutto ciò che li circondava.

Justimon aveva visto decine di Digimon dissolversi in dati e venire assorbiti, nelle ultime ore. Aveva cercato di salvarne molti e con qualcuno c’era anche riuscito, mentre altri gli erano scivolati tra le dita lasciandogli una dolorosa sensazione di inutilità nel petto. Si premette una mano sullo stomaco, là dove il cavaliere gli aveva tirato il calcio, gambe e braccia gli dolevano. Iniziava a chiedersi se i suoi nemici fossero imbottiti di steroidi, se sarebbero riusciti a combatterlo ininterrottamente fino a riuscire ad ucciderlo, senza pause e senza riposo. Quasi si pentiva di non aver avvertito gli amici del suo viaggio, un po’ di aiuto gli avrebbe fatto comodo; se avesse avuto Takato, Jenrya e Ruki a guardargli le spalle sarebbe stato tutto più facile, pensò, anche se muoversi tra i fossi lasciati dalle zone che si erano dissolte sarebbe stato comunque difficile, anche se avrebbe significato che anche loro sarebbero stati con lui in quell’impresa, stanchi ed affamati dopo una battaglia durata una nottata intera.

Tornò a guardare la fata, le ali ferme dietro la schiena nonostante lei fosse sospesa a mezz’aria, il corpo sinuoso coperto dal costume attillato, gli occhi coperti. Ripensò a Sakuyamon, al fatto che l’avrebbe affrontata volentieri anche lei per proteggere il Digital World ed i suoi abitanti, e sorrise tra sé.

La vide muoversi con gli occhi appannati per la stanchezza, generare un tornado e spedirlo dritto contro un capannello di Digimon svenuti, decine di Agumon ed Ogremon vennero annientati davanti ai suoi occhi senza che lui riuscisse a fare nulla per impedirlo.

La rabbia di CyberDramon si riversò nell’oscurità in cui Ryou era immerso e si mescolò al suo rammarico, fondendosi ad essa in una furia disperata che portò Justimon a sollevare il braccio e richiamare il suo attacco.

«Lama cosmica!» gridò.

Ma perfino la voce faceva fatica ad uscirgli dalla gola. Calò il braccio, ma il cavaliere lo deviò con un colpo del polso. Justimon cercò di girargli attorno, di raggiungere la fata per impedirle di uccidere ancora e colpirla mentre era distratta ad assorbire gli ultimi dati degli Agumon e degli Ogremon, ma il cavaliere lo colpì agli stinchi e lo atterrò.

In quel poco tempo che aveva avuto a disposizione durante il combattimento, quando erano stati gli altri Digimon ad attaccare i nemici e lui era riuscito a pensare, Justimon aveva realizzato che era e sarebbe rimasto uno scontro impari. Per quanto potessero indebolirli, per quanto potessero attaccarli, metterli alle strette e colpirli, la fata ed il cavaliere continuavano ad assorbire dati, a recuperare le forze, a ricaricarsi.

Per avere un vero vantaggio Justimon avrebbe dovuto impedire loro di ricaricarsi oppure fare lo stesso, sentiva che le forze lo stavano abbandonando ed ormai neanche l’adrenalina che gli pompava in corpo sembrava servire più a tenerlo in piedi.

Inspirò forte, cercando di tenere a bada le fitte allo stomaco, e sollevò il capo aspettandosi un secondo colpo che non arrivò mail.

La fata ed il cavaliere stavano guardando l’orizzonte, ignorando lui e gli altri Digimon come avevano fatto tante volte quella notte. Rimasero in attesa per alcuni istanti, poi presero il volo entrambi, muovendosi nello stesso momento ed iniziando a correre. Justimon non ebbe la forza di seguirli, cadde in ginocchio tra gli altri Digimon sopravvissuti allo scontro e si abbandonò contro il terreno freddo. Le poche energie che gli erano rimaste lo abbandonarono in fretta, lasciandolo troppo stanco per poter muovere anche un solo muscolo. Chiuse gli occhi mentre il familiare brivido della biodigievoluzione che si scioglieva percorreva tutto il suo corpo. Sentì MonoDramon respirare al suo fianco e dischiuse le palpebre per riuscire a vederlo ed assicurarsi di come stesse. Mise a fuoco il suo muso appena in tempo per vedere la luce del giorno scivolare rapida su di lui, portando con sé il nuovo mattino.

   
 
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