Fanfic su artisti musicali > Monsta X
Segui la storia  |       
Autore: AstridDBG    01/03/2019    0 recensioni
Padre Jooheon ha un disperato bisogno di qualcuno che lo aiuti all'orfanotrofio. Finalmente arriva Suor Sanga, l'unica donna tra tanti bambini e ragazzi, ognuno a suo modo speciale.
Genere: Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Rumori di spari squarciarono il silenzio della notte. Era una cosa non rara, in quelle parti. Zona di confine tra i regni di due clan malavitosi, era spesso terreno di morte e pianti. Di giorno tuttavia pullulava di vita, gente povera e tranquilla si impegnava per provare a tirare avanti il più possibile, chi aveva figli da mandare a scuola e chi genitori da accudire. In questa duplicità viveva don Jooheon, e da lui dipendeva anche la vita di vari orfanelli. Era tutto il giorno che aspettava suor Sanga, e stava iniziando a preoccuparsi del suo mancato arrivo. Non aveva modo di contattarla, e della sua venuta era stato avvisato tramite una raccomandata, arrivata qualche giorno prima. Erano anni che chiedeva che gli venisse inviato un aiuto, perché ormai solo quello dato dai volontari non bastava, ma nessuno voleva andare in un luogo così pericoloso. Il suono dei colpi di pistola era arrivato come distrazione dalla sua preoccupazione, infatti appena li sentì prese la valigetta del pronto soccorso e si fiondò fuori dall’orfanotrofio. Aveva una paura tremenda, andare fuori da solo, con solo una torcia quasi scarica, perché sapeva che spesso i lampioni non funzionavano. Si fece il segno della croce una volta messo piede in strada, e si diresse verso la provenienza degli spari.
 
Aveva combinato un pasticcio, perché era così stupido? Questo era il succo dei pensieri che giravano nella testa di Changkyun, solo espresso con tono più mite. Stava scappando dal suo ormai vecchio capo, che aveva appena derubato. Non era un ragazzo che dava nell’occhio, stava sempre sulle sue e cercava di non creare casini, a differenza degli altri scagnozzi. Ed era stato grazie a queste sue caratteristiche che era per caso riuscito a sentire una conversazione che non avrebbe dovuto ascoltare, in cui il boss diceva al suo braccio destro che doveva spostare quattro miliardi di Won che si trovavano nella cassaforte, assieme al codice per aprirla. Solo che poi se ne erano andati, lasciando Changkyun con le mani in tasca che si stringevano attorno ai ferri per scassinare le serrature, la sua specialità. Poi le sue gambe si mossero da sole, portandolo via dal corridoio buio in cui si trovava e davanti alla porta dell’ufficio del boss. In un attimo fu dentro e in ancor meno aveva aperto la cassaforte. I soldi erano già dentro ad una sacca, quindi la prese e uscì. Doveva fingere di non aver nulla da nascondere, e indossò la sua più perfetta espressione di indifferenza. A quell’ora non c’era molta gente in giro nel palazzo del boss, e i pochi che incontrò non fecero domande: non si durava molto se si era curiosi, lì. Stava per uscire dal palazzo quando qualcuno lo chiamò e una goccia di sudore freddo gli scese lungo il centro della schiena.
«Ehi, tu, dove stai andando?»
«Ehi, amico, il Destro mi manda a spostare ‘sta merda.» disse lui, scuotendo leggermente la borsa che tiene su una spalla. «Non m’ha detto cosa ma credo sia della grana del cazzo.»
L’altro lo guardava un po’ di sottecchi, come se avesse notato che qualcosa non quadrava, ma non riusciva a capire cosa. Per sopravvivere in un ambiente del genere devi sviluppare un sesto senso, e il suo stava dicendo qualcosa.
«Bello, voglio finire ‘sto impegno al più presto. Se vuoi darmi una mano poi ci facciamo una birra e ne rolliamo una. Stai?»
«Chi ti credi, merdina, mica mi faccio vedere con un poppante del cazzo come te in giro. Sparisci, checca.»
Abbassò il capo come se si fosse offeso, ma a stento trattenne un sospiro di sollievo. Girò i tacchi e si allontanò da quel posto, i piedi che scalpitavano per mettersi a correre, ma il cervello gli diceva che sarebbe stato peggio. Ogni metro che faceva, sentiva la borsa pesare sempre di più, e diventare più grande, come un bersaglio che si ingrandiva a dismisura. Non riusciva a pensare a dove nascondere i soldi, in modo che potesse prenderli in un secondo momento, perché sarebbe stato più veloce a scappare senza di essa. Sovrappensiero non si accorse di essere entrato in territorio nemico. Ecco dove lo avrebbe nascosto! Gli altri non sarebbero potuti entrare in massa a cercarlo, armati soprattutto, senza che il clan rivale se ne accorgesse e andasse all’attacco. Girò un po’ a vuoto, ma ogni minuto allo scoperto era sempre più rischioso. Avrebbe dovuto aver fiducia nella dea bendata, che non lasciasse scoprire a nessuno il suo nascondiglio, giusto per un paio di giorni, in modo che si calmassero le acque. Vide una grata che conduceva a un seminterrato, con sopra sparsa immondizia e casse di legno rovesciate, e gli sembrò che non fosse aperta da tempo. Il lucchetto era arrugginito ma riuscì ugualmente a forzarlo. L’aria che lo investì una volta aperta la botola lo fece quasi vomitare, tanto puzzava di muffa e altre cose che era meglio non sapere. Mise la borsa dietro la porta, in modo che non si vedesse nel caso qualcuno fosse entrato. Cercò di risistemare tutto com’era prima, e si allontanò, cercando di stare sul confine tra le due zone. Doveva disfarsi del telefono e aveva già un piano. Si diresse verso una delle zone più frequentate dai taxi, e una volta arrivato cercò una preda. Vide un uomo sul bordo della strada, con un trolley in una mano e una sigaretta accesa nell’altra. Gli si avvicinò, tirando fuori una sigaretta dal pacchetto.
«Scusi, signore…» disse a questo, che lo guardo sospettoso, prima di rendersi conto che aveva davanti un ragazzetto. Changkyun sollevò la paglia. «Ha da accendere? Ho prestato il mio alla mia ragazza e ovviamente è diventato suo.»
Il signore rise e mise una mano in tasca, per prendere l’accendino e lo porse al ragazzo. «Cosa non si fa per le donne.»
«Vero, ma se non ci fossero dovremmo accontentarci delle mani. Alla fine non mi frega un cazzo di un accendino in meno, ogni tanto.»
L’uomo rise, un po’ in imbarazzo, e si riprese l’accendino che il ragazzo gli porgeva.
«Guardi, ce n’è uno libero. Lasci che l’aiuti, sa, per sdebitarmi.» E così facendo prese il trolley e si avvicinò al taxi, al quale aprì il baule e ci mise la valigia, l’uomo non fece nemmeno in tempo a reagire, se Changkyun fosse stato un ladro non avrebbe avuto difficoltà a rubargli tutto. E invece lui, senza farsi vedere, aveva infilato il telefono nella tasca esterna del trolley. Salutò l’uomo, ringraziandolo ancora per avergli acceso la sigaretta, e si allontanò. Non aveva percorso che un paio di vie quando si accorse che qualcosa non andava, le mani in tasca stringevano i ferri per scassinare, anche se sapeva che non lo avrebbero aiutato molto. Poi iniziarono i colpi, che sembravano arrivare da tutte le parti.
 
I colpi erano cessati e subito il loro posto era stato preso dalle sirene della polizia. Per strada c’erano gruppetti di persone che erano usciti dai loro appartamenti per commentare, morbosamente curiosi della possibile strage avvenuta. Don Jooheon chiese indicazioni per raggiungere il luogo, così da poter prestare primo soccorso. Tante volte le ambulanze non venivano fatte arrivare, bloccate dai clan rivali, in modo che ci fossero più vittime possibili tra i nemici, anche a costo di quella dei propri compari. Per gli abitanti della zona era ormai normale vedere il giovane prete sui luoghi degli scontri. Fortunatamente non c’era nessun morto, per lo meno in strada, e i feriti erano pochi, di entrambe le fazioni, nessuno colpito in modo grave. Dopo una ventina di minuti le ambulanze erano arrivate, quindi il prete lasciò le cure in mano a chi di competenza e si avviò verso casa. Certo non si aspettava, svoltato l’angolo, di trovare una suora, con il vestito tutto spiegazzato e sporco, che trasportava una vecchia valigia.
«Sorella, cosa ci fa qua?»
La suora si girò e guardò la persona che l’aveva chiamata, e vide che era un giovane prete, coi capelli biondi un po’ scompigliati.
«Oh, fratello,» disse lei con voce leggermente roca, poi si schiarì la voce e ricominciò. «qui c’è appena stata una sparatoria…»
«Lei è appena arrivata?» chiese lui, e quando lei annuì in risposta capì che doveva essere lei. «Ma certo, lei è suor Sanga! La stavamo aspettando tutto il giorno. Io sono don Jooheon, mi segua, mi segua, che la accompagno all’orfanotrofio. Non è un posto sicuro questo.»
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Monsta X / Vai alla pagina dell'autore: AstridDBG