La
luce dorata della sera che filtrava attraverso le
fronde degli alberi non faceva nulla per calmare il turbamento di
Aneta. Più
passava il tempo e più la ragazza si convinceva che essersi
unita alla
processione che stava scortando Cylia al menhir ai margini della
foresta fosse
stata una pessima, pessima idea.
Il
sacrificio di Malina era stato un affare privato: per evitare proteste
e
disordini, il Marchese aveva disposto che il tutto si svolgesse quasi
in
segreto. La fanciulla, orfana di entrambi i genitori, era stata
prelevata dalla
casa della zia che le dava ospitalità da un drappello di
guardie comandate da
Lord Gawel e da suo figlio, dopodiché nessuno l'aveva
più vista, né aveva più
avuto notizie di lei.
Dal
momento che non vi erano stati imprevisti, il Marchese aveva deciso di
rendere
pubblica la cerimonia che vedeva protagonista Cylia: gli abitanti di
Piana
Bianca non erano obbligati a prendervi parte, ma era loro permesso
scortare la
sfortunata giovane fino a poca distanza dalla radura in cui avrebbe
avuto luogo
il sacrificio.
Aneta
calcolò che avessero risposto all'invito in cinquanta, una
piccola folla che
procedeva silenziosa lungo la mulattiera che tagliava trasversalmente
il bosco
che si estendeva tutt'attorno al villaggio. Quasi
tutti curiosi, stimò la giovane. Non erano in
molti quelli che erano
veramente lì per dire addio a Cylia: si trattava per lo
più di persone che
volevano capire cosa sarebbe successo, che volevano vedere
cosa si provava a trovarsi nella poco invidiabile
posizione della fanciulla.
Poveretta, pensò
Aneta, con una punta di vergogna. A
nessuno gliene frega veramente qualcosa di lei. È
una cosa davvero triste.
Ed era lei la prima a sentirsi in torto: nemmeno la conosceva, Cylia,
non le
aveva parlato che un paio di volte e nei suoi confronti non provava
altro che
un po' di pietà. Aveva voluto essere presente per il
semplice fatto che sperava
che, vedendo come si svolgeva la prima parte della cerimonia, l'idea di
essere
data in dono agli Skald e alla loro strana Dea le sembrasse un po' meno
terribile. Ma si era sbagliata: il quieto terrore di Cylia, che
procedeva come
in trance, gli occhi sbarrati e le lacrime silenziose che le solcavano
le
guance scarne, e il dolore dei suoi famigliari, che piangevano e
singhiozzavano
senza però osare toccare la ragazza, avevano fatto nascere
in lei qualcosa di
buio e terribile.
Aneta
si guardò attorno, cercando di capire se le persone che le
stavano attorno
condividessero almeno in parte il suo turbamento. Le chiacchiere
sussurrate che
avevano caratterizzato i primi muniti di marcia erano ben presto
sfumate e ora
gli unici suoni che si levavano dalla piccola processione erano i
singhiozzi
dei parenti di Cylia, lo scalpiccio di diverse decine di piedi e il
passo
cadenzato dei cavalli montati da Lord Gawel e Lord Marek.
Ma
il silenzio è dovuto alla noia o all'angoscia? Non
era in grado di giudicare, o forse non
voleva farlo.
Chi
soffriva era certamente Ela, che camminava al suo fianco nascondendo
tra le
mani viso lentigginoso nel tentativo di celare le lacrime, i capelli
rossi
arruffati e spettinati. La giovane soffocò un singulto e
Aneta provò una
stretta al cuore. La ragazza era più vecchia di lei di pochi
mesi ed era la sua
sorella di latte, dal momento che sua madre aveva allattato Aneta
quando questa
aveva perso la mamma e poi si era presa cura di lei e di Marete quando
Bromyr
era stato troppo impegnato per farlo.
La
fanciulla non piangeva per se stessa - aveva marito già da
un paio d'anni e
quindi non era una candidata per il sacrificio - bensì per
Cylia. Le due erano
buone amiche e avevano condiviso i lunghi pomeriggi dell'infanzia:
quando Aneta
era stata troppo impegnata a mescolare intrugli di erbe selvatiche e a
inventare pozioni fantastiche, immaginandosi strega o guaritrice, le
due
ragazzine si erano perse in mille confidenze di sogni e paure. Se ad
Aneta non
era mai piaciuta molto, quella ragazzetta con i capelli color topo e un
naso
troppo lungo, provava comunque un profondo affetto nei confronti di Ela
e
vederla in quello stato la faceva soffrire.
Allungando
una mano verso l'amica, le strinse affettuosamente un braccio.
"Coraggio" le disse, senza però trovare la forza di piegare
le labbra
in un sorriso. Ela abbassò le mani e la fissò con
i suoi occhi verdi, resi meno
brillanti del solito dal velo di lacrime che li ricopriva. "Non
è
giusto" sussurrò con voce roca.
Aneta
stirò le labbra in una smorfia amareggiata. "Lo so. Mi
dispiace che sia
toccato proprio a lei."
Ela
annuì e poi strinse stizzosamente i pugni, mentre le gote le
si facevano rosse
per la rabbia. "Ma perché hanno scelto proprio lei?"chiese,
facendo
eco all'amica. "Non è giusto!" ripeté, senza
curarsi di tenere sotto
controllo il tono di voce.
Nell'udire
l'esclamazione della ragazza, un paio di uomini che camminavano poco
più in là
le lanciarono degli sguardi incuriositi e Aneta trasalì.
"Shh!"
intimò all'amica, facendole segno di non usare un tono tanto
alto. "Parla
piano: è meglio che non ti sentano dire certe cose."
Sebbene
non l'avesse mai dichiarato pubblicamente e in modo incontrovertibile,
era
assolutamente chiaro che il Marchese non intendeva tollerare
rimostranze o
tentativi di insubordinazione: la scorta di soldati che accompagnava il
piccolo
corteo era un segnale piuttosto inequivocabile del fatto che Lord Gawel
era intenzionato
a soffocare sul nascere ogni forma di protesta.
Occhieggiando
verso i due uomini che l'avevano sentita lamentarsi, Ela
annuì un paio di volte
e poi tornò a chinare il capo, mentre una coppia di grosse
lacrime silenziose
le scivolavano lungo le guance.
Dieci
minuti più tardi, la processione che accompagnava Cylia nel
suo ultimo viaggio
giunse ai piedi della ripida scalinata di pietra che conduceva alla
radura in
cui si trovava il menhir. I gradini di granito, scuri e consunti dai
mille e
mille passi che li avevano percorsi, si trovavano lì da
tempo immemore,
irregolari e apparentemente innocui. Con una sgradevole sensazione alla
bocca
dello stomaco, Aneta si chiese quante fanciulle in lacrime fossero
passate di
lì, e quante fossero invece le persone che li avevano
risaliti con un animo più
leggero.
Senza
una parola, il Marchese e suo figlio smontarono da cavallo e porsero le
briglie
dei loro corsieri ai due scudieri che li accompagnavano. "Non
proseguirete
oltre" disse Lord Gawel, innalzandosi sul primo scalino. "Oggi non
oltrepasserete questo limite estremo: da qui in avanti, la Figlia della
Luna
proseguirà da sola il cammino che la condurrà
verso l'elevazione."
Nell'udire
quelle parole, Aneta storse le labbra in una smorfia di
disgusto. Figlia della Luna,
ripeté in silenzio, senza
riuscire a mitigare il lampo di disprezzo che le attraversò
il volto. Che grandissima idiozia.
Cylia non è figlia di
nessuna luna: è figlia di Bhert, il fornaio, e forse dei Tre
Re. Non ha nulla a
che fare con le divinità di quei barbari pagani.
"In
lei", proseguì il Marchese, "rivive una legge antica, che
forse
abbiamo dimenticato troppo a lungo: se vogliamo avere, dobbiamo
innanzitutto dare."
Con
la coda dell'occhio, Aneta vide Ela sussultare. Voltandosi
discretamente verso l'amica,
la giovane le rivolse una preghiera silenziosa. Ti
prego, non fare idiozie, la implorò, notando un
tremito sottile scuotere le
braccia della ragazza dai capelli rossi.
Senza
aggiungere altro, Lord Gawel discese dal gradino sul quale era salito e
raggunse
i suoi uomini. Senza degnare Cylia di un'occhiata, rivolse un cenno
d'assenso
al Capitano della Guardia. Al gesto del Marchese, due uomini si mossero
e
affiancarono la giovane vittima, sostenendola per le braccia e
sospingendola
verso la scalinata che l'avrebbe condotta alla radura con il menhir.
Cylia,
che fino a quel momento aveva pianto in silenzio, si lasciò
sfuggire un lamento
gutturale, simile a quello di un animale ferito. Fu come se le forze
l'abbandonassero e la giovane si ripiegò sulle ginocchia: se
non cadde a terra,
fu solo grazie ai due soldati che le stringevano le braccia.
Un
passo alla volta, la ragazza fu condotta su per gli antichi scalini di
granito.
Già le prime persone accennavo ad allontanarsi, intuendo che
non ci sarebbe
stato altro da vedere, quando un grido improvviso spezzò il
silenzio che aveva
regnato sino a quell'istante.
"Cylia!"