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Autore: RedeNetele    02/03/2019    1 recensioni
Quando rifiuta per l'ennesima volta il corteggiamento di un pretendente sgradito, ad Aneta viene assegnata una punizione esemplare: viene nominata Figlia della Luna. Quello che potrebbe quasi sembrare un titolo onorifico è in realtà una condanna a morte: le Figlie della Luna sono infatti vittime sacrificali, giovani donne che vengono immolate agli Skald, il popolo selvaggio e misterioso che esige un tributo di sangue in tutte le Terre dell'Ovest.
Quando gli uomini-lupo vengono a prenderla, Aneta crede che la sua vita sia finita. Le basta però conoscere Devin, l'arrogante principe degli Skald, per capire che, in realtà, essa è solo agli inizi.
***
ATTENZIONE: non ho ancora deciso quale sarà il "carattere" di questa storia. Non escludo che in futuro ci siano scene di sesso e violenza. Regolatevi di conseguenza.
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La luce dorata della sera che filtrava attraverso le fronde degli alberi non faceva nulla per calmare il turbamento di Aneta. Più passava il tempo e più la ragazza si convinceva che essersi unita alla processione che stava scortando Cylia al menhir ai margini della foresta fosse stata una pessima, pessima idea.

Il sacrificio di Malina era stato un affare privato: per evitare proteste e disordini, il Marchese aveva disposto che il tutto si svolgesse quasi in segreto. La fanciulla, orfana di entrambi i genitori, era stata prelevata dalla casa della zia che le dava ospitalità da un drappello di guardie comandate da Lord Gawel e da suo figlio, dopodiché nessuno l'aveva più vista, né aveva più avuto notizie di lei.

Dal momento che non vi erano stati imprevisti, il Marchese aveva deciso di rendere pubblica la cerimonia che vedeva protagonista Cylia: gli abitanti di Piana Bianca non erano obbligati a prendervi parte, ma era loro permesso scortare la sfortunata giovane fino a poca distanza dalla radura in cui avrebbe avuto luogo il sacrificio.

Aneta calcolò che avessero risposto all'invito in cinquanta, una piccola folla che procedeva silenziosa lungo la mulattiera che tagliava trasversalmente il bosco che si estendeva tutt'attorno al villaggio. Quasi tutti curiosi, stimò la giovane. Non erano in molti quelli che erano veramente lì per dire addio a Cylia: si trattava per lo più di persone che volevano capire cosa sarebbe successo, che volevano vedere cosa si provava a trovarsi nella poco invidiabile posizione della fanciulla.

Poveretta, pensò Aneta, con una punta di vergogna. A nessuno gliene frega veramente qualcosa di lei. È una cosa davvero triste.  Ed era lei la prima a sentirsi in torto: nemmeno la conosceva, Cylia, non le aveva parlato che un paio di volte e nei suoi confronti non provava altro che un po' di pietà. Aveva voluto essere presente per il semplice fatto che sperava che, vedendo come si svolgeva la prima parte della cerimonia, l'idea di essere data in dono agli Skald e alla loro strana Dea le sembrasse un po' meno terribile. Ma si era sbagliata: il quieto terrore di Cylia, che procedeva come in trance, gli occhi sbarrati e le lacrime silenziose che le solcavano le guance scarne, e il dolore dei suoi famigliari, che piangevano e singhiozzavano senza però osare toccare la ragazza, avevano fatto nascere in lei qualcosa di buio e terribile.

Aneta si guardò attorno, cercando di capire se le persone che le stavano attorno condividessero almeno in parte il suo turbamento. Le chiacchiere sussurrate che avevano caratterizzato i primi muniti di marcia erano ben presto sfumate e ora gli unici suoni che si levavano dalla piccola processione erano i singhiozzi dei parenti di Cylia, lo scalpiccio di diverse decine di piedi e il passo cadenzato dei cavalli montati da Lord Gawel e Lord Marek. 

Ma il silenzio è dovuto alla noia o all'angoscia? Non era in grado di giudicare, o forse non voleva farlo.

Chi soffriva era certamente Ela, che camminava al suo fianco nascondendo tra le mani viso lentigginoso nel tentativo di celare le lacrime, i capelli rossi arruffati e spettinati. La giovane soffocò un singulto e Aneta provò una stretta al cuore. La ragazza era più vecchia di lei di pochi mesi ed era la sua sorella di latte, dal momento che sua madre aveva allattato Aneta quando questa aveva perso la mamma e poi si era presa cura di lei e di Marete quando Bromyr era stato troppo impegnato per farlo.

La fanciulla non piangeva per se stessa - aveva marito già da un paio d'anni e quindi non era una candidata per il sacrificio - bensì per Cylia. Le due erano buone amiche e avevano condiviso i lunghi pomeriggi dell'infanzia: quando Aneta era stata troppo impegnata a mescolare intrugli di erbe selvatiche e a inventare pozioni fantastiche, immaginandosi strega o guaritrice, le due ragazzine si erano perse in mille confidenze di sogni e paure. Se ad Aneta non era mai piaciuta molto, quella ragazzetta con i capelli color topo e un naso troppo lungo, provava comunque un profondo affetto nei confronti di Ela e vederla in quello stato la faceva soffrire.

Allungando una mano verso l'amica, le strinse affettuosamente un braccio. "Coraggio" le disse, senza però trovare la forza di piegare le labbra in un sorriso. Ela abbassò le mani e la fissò con i suoi occhi verdi, resi meno brillanti del solito dal velo di lacrime che li ricopriva. "Non è giusto" sussurrò con voce roca.

Aneta stirò le labbra in una smorfia amareggiata. "Lo so. Mi dispiace che sia toccato proprio a lei."

Ela annuì e poi strinse stizzosamente i pugni, mentre le gote le si facevano rosse per la rabbia. "Ma perché hanno scelto proprio lei?"chiese, facendo eco all'amica. "Non è giusto!" ripeté, senza curarsi di tenere sotto controllo il tono di voce.

Nell'udire l'esclamazione della ragazza, un paio di uomini che camminavano poco più in là le lanciarono degli sguardi incuriositi e Aneta trasalì. "Shh!" intimò all'amica, facendole segno di non usare un tono tanto alto. "Parla piano: è meglio che non ti sentano dire certe cose."

Sebbene non l'avesse mai dichiarato pubblicamente e in modo incontrovertibile, era assolutamente chiaro che il Marchese non intendeva tollerare rimostranze o tentativi di insubordinazione: la scorta di soldati che accompagnava il piccolo corteo era un segnale piuttosto inequivocabile del fatto che Lord Gawel era intenzionato a soffocare sul nascere ogni forma di protesta.

Occhieggiando verso i due uomini che l'avevano sentita lamentarsi, Ela annuì un paio di volte e poi tornò a chinare il capo, mentre una coppia di grosse lacrime silenziose le scivolavano lungo le guance.

Dieci minuti più tardi, la processione che accompagnava Cylia nel suo ultimo viaggio giunse ai piedi della ripida scalinata di pietra che conduceva alla radura in cui si trovava il menhir. I gradini di granito, scuri e consunti dai mille e mille passi che li avevano percorsi, si trovavano lì da tempo immemore, irregolari e apparentemente innocui. Con una sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco, Aneta si chiese quante fanciulle in lacrime fossero passate di lì, e quante fossero invece le persone che li avevano risaliti con un animo più leggero.

Senza una parola, il Marchese e suo figlio smontarono da cavallo e porsero le briglie dei loro corsieri ai due scudieri che li accompagnavano. "Non proseguirete oltre" disse Lord Gawel, innalzandosi sul primo scalino. "Oggi non oltrepasserete questo limite estremo: da qui in avanti, la Figlia della Luna proseguirà da sola il cammino che la condurrà verso l'elevazione."

Nell'udire quelle parole, Aneta storse le labbra in una smorfia di disgusto. Figlia della Luna, ripeté in silenzio, senza riuscire a mitigare il lampo di disprezzo che le attraversò il volto. Che grandissima idiozia. Cylia non è figlia di nessuna luna: è figlia di Bhert, il fornaio, e forse dei Tre Re. Non ha nulla a che fare con le divinità di quei barbari pagani.

"In lei", proseguì il Marchese, "rivive una legge antica, che forse abbiamo dimenticato troppo a lungo: se vogliamo avere, dobbiamo innanzitutto dare."

Con la coda dell'occhio, Aneta vide Ela sussultare. Voltandosi discretamente verso l'amica, la giovane le rivolse una preghiera silenziosa. Ti prego, non fare idiozie, la implorò, notando un tremito sottile scuotere le braccia della ragazza dai capelli rossi.

Senza aggiungere altro, Lord Gawel discese dal gradino sul quale era salito e raggunse i suoi uomini. Senza degnare Cylia di un'occhiata, rivolse un cenno d'assenso al Capitano della Guardia. Al gesto del Marchese, due uomini si mossero e affiancarono la giovane vittima, sostenendola per le braccia e sospingendola verso la scalinata che l'avrebbe condotta alla radura con il menhir.

Cylia, che fino a quel momento aveva pianto in silenzio, si lasciò sfuggire un lamento gutturale, simile a quello di un animale ferito. Fu come se le forze l'abbandonassero e la giovane si ripiegò sulle ginocchia: se non cadde a terra, fu solo grazie ai due soldati che le stringevano le braccia.

Un passo alla volta, la ragazza fu condotta su per gli antichi scalini di granito. Già le prime persone accennavo ad allontanarsi, intuendo che non ci sarebbe stato altro da vedere, quando un grido improvviso spezzò il silenzio che aveva regnato sino a quell'istante.

"Cylia!" 

   
 
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