{ IV ♦ L’Universo è Nato Per I Tuoi Occhi }
8 Marzo 2011, mattino.
Cleo
apre gli occhi piano, senza fretta.
Nella
spaziosa camera matrimoniale, i mappamondi e i telescopi sono immersi
nell’oscurità, il momento di affrontare il mattino
ancora lontano:
ma fin da quando è piccola, in quanto a interesse il buio ha
sempre
avuto la meglio sulla luce, quindi la ragazza si solleva sui gomiti e
si mette a sedere. Come ogni volta, il respiro di chi condivide con
lei il calore di quelle mura è il buongiorno che attende
davvero; un
respiro non sempre regolare, ma presente — un vero e proprio
dono.
A
questo quieto segno si aggiunge anche un mormorio appena percepibile
quando la mora si allunga verso l’altro lato del letto e i
riccioli
sfiorano il volto del compagno; invece, le dita sanno bene dove
fermarsi e sembrano voler abbracciare il cuore, là dove il
battito
risponde subito al tocco.
Il
corpo nudo non esita a reagire appena incontra quello di Socrate, la
pelle va in fiamme mentre Cleo appoggia il capo sul petto amato; e
una scia di baci delicati prelude a quello che il giovane
riceverà
appena il sonno abbandonerà anche lui — cosa che
accade da lì a
qualche istante dopo, come comprende la ragazza quando
sente le braccia del marito stringerla.
«Dormi
ancora un po’, Cleo, non tutti sono allodole mattiniere come
te»,
borbotta questi girandosi e portandola sotto di sé,
affondandola tra
i cuscini e il tepore della vita, rendendo più profondo il
suo
sorriso. «Allora io sto sopra», replica quindi lei,
appena prima di
rovesciare le posizioni e soffiare piano. Inspirare, respirare;
cercarsi, trovarsi, appartenere.
Nell’ombra
che inizia appena a languire davanti al sole e il silenzio, le mani
si sfiorano e poi s’intrecciano, la carne di entrambi non
resiste
oltre e finisce per unirsi, senza tuttavia tralasciare una pacata
dolcezza: la chiave della loro profondità. Le parole e i
giudizi
degli altri si mutano in vano interesse, ora; i problemi non sono
dimenticati, ma divengono una realtà che solamente loro due
riescono
a comprendere appieno, sia in fragilità e sacrifici che in
quel
legame che il dolore ha reso teneramente inscindibile.
Cosa
c’è di più prezioso di una bellezza
così delicata da essere
irripetibile in ogni suo istante? Cosa più intenso di uno
sguardo
che potrebbe essere spezzato nel tempo di un battito, e quindi si
rivela degno di essere vissuto fino in fondo?
Così
si amano fino a quando non è più lecito rimanere
sotto le coperte;
e le dita si tengono vicine in ogni azione che accompagna la
giornata.
Il
mare brilla mentre Cleo appoggia la testa sul tavolo della cucina e
vorrebbe dormire ancora, ride insieme a Socrate quando questi
solletica dispettosamente la moglie; e potrebbe starli a guardare per
ore mentre si danno battaglia con quei poveri cuscini dalla vita
precaria, vorrebbe donare tutto il suo grande respiro al giovane e
permettergli la certezza anche di un solo, altro giorno con
chi lo ama senza condizioni.
Non
in un angolo bensì in bella vista, vicino ai testi
universitari e
ben ripulito da polvere e oblio, il telescopio difettoso apre il suo
nero occhio e permette di vedere ogni scena che accade in quella
casa, dai sorrisi che comunque resistono fino
alle
fugaci lacrime che la notte copre; perché niente
è facile, lì,
anche se la forza è tanta e la speranza sempre presente.
Quanta
energia e fedeltà,
tanto facile da trovare in entrambi.
«Oggi
a cosa ci dedichiamo, quindi? Moto apparente dei corpi celesti o
classificazione spettrale? Popolazioni stellari? Supernove?»
«Ohi,
ohi, si calmi, professore: io sarò un’allodola
mattiniera — più
o meno —, ma neanche lei scherza in quanto a
iperattività, sa?»
«Ma
come? Proprio tu, che un giorno diverrai la nostra ambasciatrice
extragalattica, mi rispondi così… mi sa che tra
noi due il vero
astronauta sono io, diciamola tutta.»
«Beh,
non per riportarti sul suolo terrestre, ma almeno io sono
vestita.»
Mai
la fragilità ha avuto volto più bello; mai
come in questi
momenti.
Cleo
apre gli occhi piano, senza fretta.
Nella
spaziosa camera matrimoniale, i mappamondi e i telescopi sono immersi
nell’oscurità, il momento di affrontare il mattino
ancora lontano:
ma fin da quando è piccola, in quanto a interesse il buio ha
sempre
avuto la meglio sulla luce, quindi la ragazza si solleva sui gomiti e
si mette a sedere.
«Mamma,
sei già sveglia?»
Dalla
parte di Chiara le lenzuola sono fredde: come ogni notte, le si
è
addormentata tra le braccia dopo la lunga lettura serale,
riempiendole la mente di un altro sogno e del profumo di Luca. Pur
nell’assenza di chiarore, riconosce che la bambina ancora
stringe
tra le mani il suo diario, e sorride mentre le accarezza i capelli.
«Tu invece non hai nemmeno dormito, vero, piccolo
terremoto?»
Lo
sbadiglio della piccola rivela una diversa realtà, e anche
il suo
morbido abbraccio. «Sì, invece, anche
più di te.»
Madre e figlia sono due luci
che pulsano nel buio del silenzio, l’anima di chi se
n’è andato
ma non è mai lontano da loro; e ogni mattina, tra
l’alba e il
tempo che lenisce, la
prima
risente la voce
della
seconda
chiederle: «Mamma,
si può amare per sempre?»
Forse
le stelle osservano insieme a lei il sorriso che le increspa le
labbra e le dita che scorrono sulla copertina verde di quel diario
solo
all’apparenza comune;
e come la prima volta, quando gli occhi della bambina hanno implorato
una risposta sincera alla domanda più difficile —
papà
non tornerà mai più, vero?
—, lei lo apre e glielo posa
tra le mani, per
mostrarle come le anime si possano comunque sentire e incontrare
l’un
l’altra.
«Sì,
si può amare per sempre»,
risponde,
«così come tutti possono diventare immortali, se
lo si vuole.»
«E
come?»
«La
parola magica, ciò che spiega tutto, è il
ricordo: se tu non
dimenticherai mai come qualcuno ti ha amato, il modo in cui ti ha
sorriso, quanto ti ha dato e tutto ciò che di te ha
protetto, allora
quel qualcuno non lascerà mai questo mondo. Vivrà
in te, dovunque
andrai sarà lì al tuo fianco; e combatterete,
piangerete e
crescerete insieme, vi veglierete a vicenda, sempre vicini e
presenti.» Proprio
tu me
lo insegni ogni giorno.
Gli
occhi dolci di Chiara, immediatamente riconoscibili e amabili nel
loro essere la perfetta eredità di Luca,
si spalancano insieme alla bocca e chiedono di più; ma
nessuna parola l’abbandona, perché non
c’è alcun bisogno di
parlare. «Una pagina ancora», sussurra infine,
prendendo il diario
di Cleo e sfogliando tutte le parole che hanno costituito la sua
vita.
A
volte la donna lo ritrova intriso di qualche lacrima, sottolineato
con colori accesi, decorato con disegni: un cuore che ne insegue un
altro e
impara da questo,
mentre gli anni passano e diventano tre,
quattro, cinque da quando sei diventato l’unica stella che
non
tramonta.
«Si
può amare per sempre?»
Non
ha mai avuto esitazioni davanti a quella domanda; e sa che Luca
può
sempre sentirla, tra il mare che non dimentica nulla e l’intensa
luce che conduce fino al cielo.
«Si
può vivere per sempre?»
«Tu
stessa sei la risposta perfetta.»
Il suo riflesso, e molto di più.
Un
sorriso sereno, una nuova luce in fondo allo sguardo che già
riflette la corsa degli
astri. «Perché ognuno di
noi è nato per mostrare e donare qualcosa, come
papà sempre
diceva.»
Per
non aver paura di essere quelli che siamo; per non essere soli.
Ti
sento sorridere, amore mio: non
c’è oblio che possa allontanarci
dalla bellezza
che ci hai mostrato, né
dall’ombra della tua anima.
E
così come tu non
smetterai mai di vivere, te
lo prometto, non lo faremo
nemmeno noi.
NOTE
I
titoli delle sezioni sono tutti richiami musicali; se volete, potete
ascoltarli come sottofondo mentre leggete, perché si legano
perfettamente al capitolo:
●
“Dipingi
il Cielo, e una Stella” è un omaggio a Paint
a Sky with Stars,
album di Enya;
●
“Di
Noi Due…” si rifà a Two,
brano dei Sleeping
At Last;
●
“… E
dell’Ombra del Cuore” riprende il ritornello di Cosmic
Love,
dei Florence
+ The Machine;
●
“L’Universo
è Nato
Per
I Tuoi Occhi”
si rifà a Saturn,
sempre
dei
Sleeping
At Last.
ANGOLO AUTRICE
Salve
a tutti **
Allora,
l’idea per questa storia è nata grazie al contest Equilibrio,
ideato da Little_Rock_Angel
e fonte d’ispirazione per più di una trama.
I
punti di partenza erano un telescopio difettoso e la morte di un
personaggio, e da ciò è stato creato il mondo,
letteralmente;
tuttavia, alla fine sono giunta a scegliere questa traccia:
rappresentare la tenerezza dell’amore più giovane,
quando nessuno
pensa alle tristezze e ai problemi della vita, e il successivo
momento in cui un grande dolore/ostacolo giunge a scombinare i piani.
A
questo punto, come si reagisce? Ci si lascia davanti al problema,
consci
del fatto che sia difficile relazionarsi con
esso, o
lo si affronta insieme e più forti di prima?
La
mia risposta l’ho data, optando sempre e
comunque
per una delicatezza di fondo e
sfumando il finale, utilizzando anche l’espediente di un
diario e
di scene introdotte da date come istantanee di vita e memorie sempre
presenti che noi, come fa Chiara, possiamo leggere e tenerci strette.
Un
ringraziamento a chiunque sia giunto fino a qui, ma anche a chi si
è
fermato prima e ha comunque speso parte del suo tempo sulle mie
parole; un abbraccio sentito, inoltre, a Ori_Hime
per la costante presenza e a mystery_koopa
per la dolcezza.
Quest’ultimo
capitolo in particolare è dedicato a te.
Un
caro saluto,
Manto.