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Autore: syila    03/03/2019    6 recensioni
Il giovane atleta sgranò un largo sorriso e la stanza parve illuminarsi; Arkadji ne rimase abbagliato, come ogni volta che lo vedeva stampato sulla Pravda, proiettato sullo schermo dei cinegiornali, dipinto nei manifesti celebrativi e propagandistici che avevano fatto di Victor Nikiforov un'icona vincente della Russia Socialista.
Poteva tollerare di dividere quel sorriso con milioni di altri russi, ma non che Victor lo riservasse in privato a qualcun altro come adesso stava facendo con lui.
|Questo extra fa parte della raccolta: Il Sole a Mezzanotte|
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Victor Nikiforov, Yakov Feltsman
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il Sole a Mezzanotte'
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Grandi Speranze

“Quando amai Estella con l'amore di un uomo, l'amai semplicemente perché la trovavo irresistibile. L'amavo a dispetto della ragione, a dispetto di ogni promessa, a dispetto della mia pace, a dispetto della speranza, a dispetto della felicità, a dispetto di ogni possibile scoraggiamento.”
Charles Dicken


Il cerchio dorato prodotto dal lampadario appeso sopra il tavolo della cucina non riusciva a raggiungere gli angoli della stanza, che restavano immersi in una densa penombra dai contorni incerti.
A tratti la luce sfarfallava seguendo i capricci dei cali di tensione, piuttosto frequenti in inverno, quando la vecchia rete elettrica, rabberciata alla meglio dopo la fine della guerra, doveva sopportare il massimo sforzo.

Victor alzò lo sguardo all'ennesimo balbettio della corrente, ma invece di posarlo di nuovo sul libro che stava leggendo lo lasciò vagare sulle pareti nude, annerite dal fumo della cucina economica e sul mobilio male assortito che arredava il grande ambiente.
L'appartamento aveva conosciuto tempi migliori, molto prima che due Guerre mondiali e una rivoluzione lo avessero offeso e depredato, lasciandogli solo qualche ricordo delle eleganti vestigia, come l'impianto dell'acqua e l'incredibile raffinatezza di uno scaldabagno a legna, evidentemente troppo pesante da rubare.
Peccato che anche la legna fosse diventata un bene di lusso e per procurarsela Yakov faceva i salti mortali; quindi veniva usata soprattutto per cucinare e lo scaldabagno funzionava solo nei mesi freddi.
Un brivido gelido gli sfiorò la schiena e il giovane si rinserrò nella coperta cercando una posizione più comoda sul vecchio divano sfondato, tuttavia questo non servì a scaldarlo.
Avrebbe dovuto essere a letto già da un pezzo, ma non riusciva a staccarsi dall'appassionante lettura di un trattato di astronomia, che il suo allenatore era riuscito a scovare su una bancarella di libri usati a poco prezzo.
Victor era un lettore onnivoro, divorava qualsiasi argomento toccasse il suo interesse; poteva essere un libro di cucina, un romanzetto d'appendice, un saggio di storia o filosofia; quando si immergeva nella lettura sparivano il freddo, le ristrettezze, l'angoscia dei ricordi.
Viaggiava da un universo all'altro, molto più lontano di quanto facesse nella realtà per le sue competizioni.
I compagni di squadra lo invidiavano perché lui aveva preso l'aereo e aveva visto l'America, il Canada, Parigi, mentre ignoravano che fosse andato molto più lontano volando con la fantasia; era stato sulla Luna, su Marte, viaggiava nel tempo tra il passato remoto dell'Impero Romano e il futuro prossimo dei viaggi spaziali.
Un nuovo grappolo di brividi lo costrinse a capitolare.
Non poteva ammalarsi, non a stagione ancora in corso e con una seria ipoteca sul terzo titolo mondiale.
Le Lune di Giove potevano aspettare, la sua sveglia invece sarebbe suonata implacabile alle sei di mattina; appallottolò il libro nella coperta e si accinse ad avventurarsi in quel cubicolo gelido che Yakov si ostinava a definire “bagno”.
Certo, rispetto al casottino di legno all'aperto che aveva avuto a disposizione durante lo sfollamento in campagna, era una reggia, ma lui li aveva visti i bagni degni di questo nome a New York e il paragone risultava impietoso.
Aveva appena spento la luce in cucina quando dal corridoio udì dei passi cadenzati salire con disciplinata sicurezza le scale del palazzo e poi fermarsi sul ballatoio; dopo una manciata di istanti alcuni colpi decisi si abbatterono sulle vecchie assi di legno della porta e rimbombarono cupamente nel silenzio dell'edificio.
“Compagno Feltsman, apri!”
Victor non sempre rifletteva sulle conseguenze delle sue azioni.
Nel pattinaggio accadeva di continuo, assecondava l'istinto e il più delle volte la sua coraggiosa incoscienza lo premiava con medaglie e riconoscimenti.
Accadeva spesso anche nella vita quotidiana ed era la disperazione di Yakov, perché lo rendeva imprevedibile e ingovernabile: mai che rispettasse un orario, un appuntamento e le motivazioni che adduceva erano di un tale, sconfortante candore, che anche il vecchio allenatore poteva solo arrendersi.

“Dovevi essere a casa per cena, dove ti sei perso Vitya!”
“All'angolo della strada c'era un'anziana babuska con un organetto, raccontava la storia della Principessa Vassilissa e mi sono fermato ad ascoltare...”
“Non sei un po' troppo cresciuto per le favole?”
“Non mi risulta che ci sia un'età per smettere di crederci!”
“Diamine! Un giorno o l'altro mi farai morire di crepacuore! O di rabbia! Adesso vieni a mangiare o si fredda tutto!”




Tolse il chiavistello nel momento esatto in cui Yakov faceva la sua apparizione in corridoio con la lisa vestaglia di flanella blu gettata alla meglio sulle spalle e gli intimava di aspettare.
Si trovò così a fronteggiare un uomo alto, così alto da sfiorare col cappello l'architrave della porta.
I due rimasero a studiarsi per un lungo istante, in silenzio; Victor, perché aveva realizzato che l'uomo indossava un pesante cappotto militare e lui, perché forse si aspettava di trovarsi davanti l'attempato allenatore.
"Il Compagno Feltsman?" chiese toccandosi la visiera in uno sbrigativo cenno di saluto, il tempo necessario a riprendere il controllo della situazione.
"Vitya, quante volte ti ho detto di chiedere chi è prima di aprire, qui non siamo in campagna e..." la voce gli morì in gola quando i suoi timori presero la forma di un ufficiale del KGB accompagnato da altri quattro soldati, rimasti a piantonare il ballatoio.
Era il genere di visita che gli toglieva il sonno la notte , che lo portava a camminare in fretta per strada e a non soffermarsi più di tanto davanti ai negozi o coi conoscenti.
Lo stesso genere di visita che centinaia di cittadini dell'Unione Sovietica ricevevano in quegli anni difficili e a cui era impossibile sottrarsi; l'invito consegnato dalla polizia militare non contemplava un rifiuto e quello che succedeva dopo non era materia di discussione in casa, a scuola, in fabbrica o da qualunque altra parte.
Esistevano delle mezze verità mormorate cautamente: qualcuno era tornato, magari dopo un paio di giorni, una settimana, un mese, degli altri non si era saputo più nulla, ma Yakov, grazie ai suoi agganci al Dipartimento dello Sport sapeva cosa succedeva davvero: attività sovversive, atteggiamenti filo-americani, spionaggio, tradimento, una condotta... Poco consona ai dettami del Partito, qualsiasi cosa questo significasse.
Bastava un semplice sospetto a giustificare perquisizioni, interrogatori, arresti e infine la deportazione.
Una piccola parte di lui ne prese atto con sollievo.
Almeno avrebbe smesso di sospettare di tutto e tutti.
E in fondo non poteva dirsi sorpreso: Vitya aveva un carattere che definire vivace era un eufemismo; piaceva al pubblico per gli stessi motivi per cui poteva dispiacere a qualche ottuso burocrate di Mosca.
"Sono io Yakov Feltsman" si qualificò con fermezza tanto da spostare l'attenzione dell'ufficiale da Victor fino a lui.
Se fosse stato meno coinvolto dalle circostanze avrebbe notato come lo sguardo del militare stesse indugiando con particolare insistenza sulla figura del suo allievo.
"Colonnello Arkadji Ivanovich Salchov del Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti di Mosca, porto un ordine di trasferimento che riguarda te e il compagno Victor Maximilianovich Nikiforov" riferì l'uomo in modo conciso.
"Yakov..."
Il giovane campione di pattinaggio aveva visto il suo viso farsi terreo e aveva temuto che collassasse lì in corridoio; accennò un passo verso di lui, ma l'allenatore lo bloccò con un gesto di diniego.
"Trasferimento? Puoi chiarirmi di cosa si tratta compagno Colonnello? Dal Dipartimento dello Sport non ho ricevuto alcuna comunicazione."
A dispetto della vertigine che gli ottundeva le orecchie e gli premeva le tempie, il suo cervello ragionava in modo febbrile.
Doveva rimanere lucido e calmo.
Soprattutto calmo.
Se Vitya si fosse fatto prendere dal panico e dall'ansia la situazione sarebbe precipitata rapidamente.
“Non dipende dal Dipartimento dello Sport compagno, questa disposizione viene direttamente dal Cremlino”
In seguito alle parole dell'ufficiale nell'ingresso scese il gelo.
Victor si era fatto pallido, nonostante fosse sempre con la testa tra le nuvole, aveva capito anche lui che si trattava di qualcosa di serio e per prevenire una qualsiasi reazione che potesse peggiorare le cose Yakov ruppe la rigida catatonia in cui era sprofondato e chiese, con una voce che faticò a riconoscere per sua “Qual è la nostra destinazione?”
Il Colonnello prese atto della domanda con interesse “Non andiamo lontano. Preparate i bagagli, portate solo i vostri effetti personali e gli oggetti indispensabili. I miei uomini sono qui per aiutarvi con le cose più ingombranti”
Quella non era una rassicurazione, ma neppure una condanna.
Yakov sapeva per esperienza che una domanda in più era già troppo, quindi si limitò ad annuire e ad indicare a Vitya la sua stanza "Forza, vai a prendere le tue cose."
Incredibilmente il suo allievo non aprì bocca, non diede fiato a qualche stupida recriminazione polemica o reazioni fuori luogo; rispose con un cenno affermativo e imboccò il corridoio seguito da un paio di soldati.
Però le cose belle durano poco e i miracoli hanno la brutta tendenza a non ripetersi.



L'allenatore stava fornendo al Colonnello un elenco dei beni da portare via quando dalla camera di Victor si levò un grido seguito da un tonfo sordo, qualcosa di pesante era caduto a terra e all'ufficiale, corso a vedere di cosa si trattava, si presentò una scena curiosa: il giovane era impegnato a contendersi un pattino con uno dei soldati.
L'altro giaceva sul pavimento col borsone da cui era uscito.
"Che succede?"
Il sottoposto iniziò a parlare ma fu sovrastato dal vociare indignato di Victor.
"Non sa maneggiare l'attrezzatura! Voleva tirarli fuori e li ha fatti cadere! Potevano rompersi e sono nuovi!"
"E noi non vogliamo rovinare i pattini del compagno Campione del mondo." esordì calmo il Colonnello "Sono un bene dello Stato, di un certo valore."
Il soldato abbozzò delle scuse e venne spedito di là col commilitone ad aiutare gli altri; Victor invece ripose i pattini nel borsone e li mise al sicuro sul letto.
"Sei tu che ti occupi dell'attrezzatura sportiva compagno Nikiforov?" domandò Arkadji facendo vagare lo sguardo sull'angusto spazio della stanza.
"Si, da quando avevo otto anni; Yakov mi ha insegnato a farlo e da allora sono io a provvedere"
"Giusto, perché affidare la propria sicurezza a mani estranee quando si può fare da soli? Alla fine l'unica persona su cui puoi contare davvero sei solo tu."
Victor annuì conciliante; quell'uomo lo metteva a disagio, non tanto per il ruolo che ricopriva quanto per l'idea che sotto la superficie pacata e pragmatica si nascondesse un'indole molto pericolosa.
"Hai molti libri vedo."
Il giovane interruppe la preparazione dei bagagli e prima che potesse dire o fare alcunché lo vide prendere un volume dallo scaffale; il Colonnello iniziò a sfogliarlo con un atteggiamento quasi svogliato, tuttavia il suo proprietario era certo che non lo avesse scelto a caso.
"Mi piace leggere, mi aiuta a trovare gli spunti dei miei programmi" precisò tenendolo d'occhio, mentre un sottile nervosismo si impadroniva di lui; viveva in un'epoca disgraziata in cui il piacere della lettura, dell'arte, della cultura e anche dello sport non poteva mai essere fine a sé stesso; nutrire il proprio ego appagandolo con piaceri futili alimentava il culto dell'individualismo, quanto mai pericoloso in un regime comunista.
"E hai trovato qualche spunto interessante in Dickens?"
Decine, avrebbe voluto rispondergli, la sua società vittoriana non era poi molto diversa dalla nostra, ti guardi mai attorno compagno Colonnello? Anche qui ci sono bambini e anziani che muoiono di fame e al posto dei ricchi borghesi ci sono i gerarchi del Partito, a cui tutto è permesso!
Ma quel pensiero rimase appeso ad una ruga che increspò appena la sua fronte bianca.
"È un romanzo di formazione giovanile" argomentò cauto.
"Grandi Speranze è una celebrazione del Capitalismo; secondo Dickens l'unico modo che ha il protagonista per emergere è arricchirsi; suggerisce che il denaro è la sola qualità necessaria ad avere il rispetto e l'attenzione della società."
"Pip lo fa per amore!" esclamò Victor con veemenza, l'ufficiale inarcò un sopracciglio e l'interlocutore proseguì "Vorrebbe solo essere degno di Estella"
"Una strategia fallimentare; alla fine lui si ritrova povero e la bella ragazza gli offre una tiepida amicizia, invece del suo amore... Un po' poco considerato il suo affannarsi nei capitoli precedenti." concluse il Colonnello Salchov con benevola accondiscendenza.
"È un finale aperto!"
"Oh, compagno Nikiforov mi sorprendi: un talento sui pattini e un fine critico letterario. Non mi stupirei se una volta ritirato dall'attività agonistica entrassi in politica, o finissi in un... Campo di lavoro. Una delle due, sono indeciso."
Quando il giovane riuscì a riprendersi da quelle parole, che alle sue orecchie suonavano elogiative, ironiche e minacciose al tempo stesso vide che l'ufficiale aveva chiuso il volume infilandolo in una delle capaci tasche del suo cappotto.
"Il... Libro!"
"Lo terrò io, per prudenza."
"Dickens non è un autore proibito!" esclamò il suo interlocutore.
"No, ma qualcuno potrebbe suggerirlo al Političeskoe bjuro molto presto; basta soffiare nell'orecchio giusto il nome giusto e questo non vale solo per gli scrittori, vivi o morti che siano. Tu... Intendi, vero compagno?"
Salchov si era avvicinato e nonostante Victor fosse piuttosto alto per la media della sua generazione quell'uomo lo sopravanzava di una spanna abbondante.
Che fosse una persona pericolosa non era più solo una percezione e lui indietreggiò istintivamente di un passo.
"Sono convinto che troverai qualche spunto interessante anche nella nostra tradizione" continuò dal momento che il silenzio del giovane sportivo minacciava di prolungarsi ad oltranza "Nelle fiabe russe ad esempio, immagino conoscerai la saga della Principessa Vassilissa."
Victor si fece bianco come un lenzuolo; quella citazione non era una coincidenza; solo una settimana prima si era fermato ad ascoltare l'anziana cantastorie all'angolo della strada.
Ricordava l'evento, perché Yakov lo aveva rimproverato del suo ritardo e gli aveva chiesto, anzi no, imposto di evitare ulteriori deviazioni e distrazioni durante il tragitto da casa alla pista di pattinaggio.
Il suo allievo sapeva quanto fosse paranoico sulla sicurezza, se fosse dipeso da lui avrebbe dovuto girare coi paraocchi e la testa infilata sotto il marciapiede!
Sul momento aveva liquidato i suoi rimbrotti come l'ennesimo sfogo da tutore apprensivo, invece il Colonnello aveva dato una spaventosa conferma alle sue paure: lo stavano sorvegliando e chissà da quanto tempo!
Non nascondeva dei segreti, non cospirava con nessuno, non frequentava posti o soggetti malfamati, ma paradossalmente in una società distorta erano proprio le vite più limpide ad essere a rischio.
"Lo terrò come un suggerimento prezioso, compagno Colonnello." disse infine a bassa voce.
Arkadji Salchov capì che il messaggio era stato recepito e annuì soddisfatto.



La dacia sull'isola di Kamenny, ribattezzata Isola dei Lavoratori fin dagli esordi del Regime, voleva essere un premio dei vertici del Partito, un riconoscimento agli indiscussi meriti sportivi del compagno Nikiforov e del suo allenatore.
Quando Yakov aveva messo piede nell'ingresso maestoso della villa si sarebbe messo a piangere dal sollievo, aveva temuto per la loro sorte durante tutto il viaggio e nemmeno il fatto che fossero diretti alla foce della Neva invece che a Mosca lo aveva tranquillizzato completamente.
La gente scomoda veniva fatta sparire in molti modi: una zavorra al collo e un tuffo nel fiume erano una alternativa come tante altre.
Solo nel momento in cui il Colonnello gli aveva consegnato i documenti che attestavano il legittimo usufrutto della proprietà e aveva lasciato una delle auto parcheggiata sul vialetto a disposizione dei loro spostamenti poté finalmente rilassarsi e crollò sul divano davanti al camino mettendosi a russare come un trattore.
Anche Victor si sarebbe messo a piangere, ma dalla disperazione; la dacia era tanto bella quanto fatiscente.
A occhio e croce sarebbero servite settimane di lavori e pulizie per renderla abitabile.



Il verde tenero di Aprile ingentiliva ormai i rami nodosi degli alberi secolari quando la dacia fu pronta a ricevere degnamente i primi ospiti.
Si festeggiavano la fine dei lavori di ristrutturazione che l'avevano riportata all'antico splendore, ma soprattutto la terza medaglia d'oro di Victor ai mondiali di pattinaggio, che legittimava, semmai ce ne fosse stato bisogno, la nuova, magnifica residenza.
Il neo campione si stava godendo il divertente siparietto di Yakov intento a corteggiare Lilien'ka in giardino quando sentì un discreto colpo di tosse alle sue spalle che lo costrinse a voltarsi.
“Colonnello Salchov!” esclamò sorpreso “Non pensavo saresti venuto compagno.”
“Ho ricevuto l'invito, sarebbe stato scortese rifiutare, inoltre ero curioso di sapere come vi eravate sistemati e se la casa è di vostro gradimento.”
Il sorriso del suo interlocutore si allargò appena, perché aveva colto nell'espressione seria e imperturbabile dell'ufficiale un ombra di disagio; socializzare non doveva essere il suo forte; si era presentato in uniforme ed era bastato quello per creare un palpabile imbarazzo tra gli invitati, che fino ad allora avevano chiacchierato e riso ad alta voce.
“Vieni, ti porto a fare un giro nel nostro castello” cinguettò il giovane levando le castagne dal fuoco a tutti quanti; una volta sparita la coppia la rumorosa compagnia riprese a ciarlare allegramente ad alto volume.
“Un castello eh?” disse Salchov guardandosi attorno; la monumentale scalinata di legno, i trofei d'arme appesi alle pareti e l'enorme camino del salone giustificavano da soli il regale appellativo.
“L'idea non è mia, ma dei vecchi proprietari, vedi?” Victor prese dalla mensola sul camino una vecchia foto virata al seppia protetta da una sobria cornice in legno scuro, sotto l'immagine della famiglia riunita al completo con animali e servitù davanti alla dacia appena costruita campeggiava la scritta zagorodnyy dvorets , traducibile come palazzo o villa di campagna “Però somiglia più ad un castello gotico...” concluse il giovane tutto soddisfatto.
“Da romanzo dell'orrore” gli fece notare Arkadji “Hai trovato anche un fantasma per caso?”
“Adesso che mi ci fai pensare di notte si sentono degli strani rumori in soffitta... Diamine... Non riuscirò più a chiudere occhio" concluse incrociando le braccia al petto con un'espressione molto preoccupata.
Arkadji la trovò divertente finché si accorse che era... Reale.
"Non dovresti lasciarti suggestionare da questo vecchio edificio, è normale che le travi portanti scricchiolino e soprattutto non dovresti lasciarti suggestionare da certe letture... Inopportune. Meglio Dickens allora"
Victor spalancò gli occhi stupito davanti all'oggetto che l'ufficiale gli stava porgendo: era il libro che gli aveva sequestrato qualche mese prima durante il trasloco.
"Grandi Speranze!"
"Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere riaverlo, consideralo un regalo per l'inaugurazione della nuova casa, solo... Evita di esporlo in salotto, in bella vista."
Il giovane atleta sgranò un largo sorriso e la stanza parve illuminarsi; Arkadji ne rimase abbagliato, come ogni volta che lo vedeva stampato sulla Pravda, proiettato sullo schermo dei cinegiornali, dipinto nei manifesti celebrativi e propagandistici che avevano fatto di Victor Nikiforov un'icona vincente della Russia Socialista.
Poteva tollerare di dividere quel sorriso con milioni di altri russi, ma non che Victor lo riservasse in privato a qualcun altro come adesso stava facendo con lui.
Non era di una donna che poteva essere geloso; aveva già abbastanza informazioni sul brillante talento sportivo da stabilire che nutrisse verso il genere femminile solo un interesse tiepido e distratto.
Molto presto avrebbe dovuto affrontare quell'argomento con lui, la sua ingenuità e la sua esuberanza erano un miscuglio pericoloso e Feltsman non aveva abbastanza polso per tenerlo a freno; ma ci sarebbero stati un tempo e un'occasione giusti, adesso poteva lasciargli le briglie lente e pensare a godersi la festa.
"Si potrebbe assaggiare un po' di quella Sharlotka* che ho visto sul tavolo in giardino?"
Victor annuì entusiasta.
"Dobbiamo sbrigarci però, i dolci di Lilia spariscono subito!"
"Sarebbe un peccato, perché dopo dovrei arrestare i colpevoli..."
Il giovane pattinatore si fermò sulla porta, poi la sua espressione perplessa si sciolse in una risata tintinnante, forse il monolito di ghiaccio di cui era composto l'ufficiale si stava lentamente sciogliendo, aveva perfino fatto una battuta di spirito!
"Oh... E come farai con le prove del misfatto, saranno già finite nello stomaco degli ospiti!"
Arkadji rispose con un lieve sorriso, che ingentilì i lineamenti severi e lo invitò con un cenno del capo a fargli strada.
Era un bene che ignorasse cosa era in grado di tirare fuori dalle budella dei suoi prigionieri.
Almeno per un po'.


Fine


⋆ La voce della conoscenza ⋆

Carissimi eccoci di nuovo qua! ^^
Come promesso inizia con questo extra la serie di approfondimenti e retroscena dei nostri vampiri on ice.
I primi saranno dedicati al passato di Vitya, cresciuto nell'oppressivo regime sovietico, tanto prodigo di benefici e favori coi suoi eroi, quanto terribile e spietato con gli oppositori (veri o presunti che fossero).
È in questo clima di paranoia, paura e sospetto che avviene il primo incontro del giovane campione mondiale di pattinaggio col Colonnello Salchov, un incontro destinato ad avere ripercussioni pesanti in futuro.
Il suo arrivo a tarda sera getta nel panico Yakov e l'allievo, che temono un arresto, mentre in realtà il Colonnello è venuto a portare buone notizie, il Partito vuole premiare il ragazzo e il suo allenatore con una lussuosa dacia sull'isola di Kamenny, quella che tornerà protagonista in futuro di tante vicende dei nostri beniamini.
Galeotto furono l'incontro e il libro di Dickens, che Vitya ha difeso con tanta foga, i due sono destinati a rivedersi e sarà la prima di molte altre volte, come scopriremo nel prossimo capitolo dove una trasferta a Mosca spalancherà a Victor i famigerati sotterranei della Lubianka, dove venivano rinchiusi e torturati i cosidetti "nemici del popolo".
A che titolo il bel russo verrà coinvolto e soprattutto come farà ad uscirne vivo lo scoprirete mediamente a breve °-°
Restate sintonizzati e non perdete d'occhio le copertine di pile, perderle in quel labirinto degli orrori è un attimo! °-°

Terminologia e traduzioni:
Sharlotka: tipico dolce russo a base di pesche.


   
 
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