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Autore: whitemushroom    03/03/2019    3 recensioni
[...]Se lo ho convinto a lasciarmi proseguire le ricerche in maniera più graduale e sicura è stato proprio perché di quel ragazzo che è stato il mio primo esperimento ormai non vi è più nulla da recuperare. E, sotto quegli occhi che mi fissano sotto il trucco bianco, c’è una luce che nemmeno l’Imperatore riesce a comprendere fino in fondo. [...]
Storia partecipante al contest Le nostre ali per il nono anniversario del mitico thexiiiorderforum. Tema: Ho commesso un errore al quale non si può porre rimedio
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Kefka Palazzo, Leo Cristophe
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Secondo errore

 

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Personaggi: Cid del Norte Marquez (sinistra); Kefka Palazzo (destra)
Fandom: Final Fantasy VI
Rating: giallo
Avvertenze: il rapporto creatore / creatura per quel che mi riguarda si avvicina molto al concetto padre / figlio, quindi stavolta ho adattato un po' il tema del contest alle mie esigenze.


“Nonno …”
Corre da me, trafelata. Ha le guance rosse per la corsa, e non ha la sua bambola “… sta arrivando un’aereonave. Una tutta rossa”.
Mi accompagna alla finestra, e seguo il suo dito fino al punto che si fa più grande ad ogni istante che passa. Corro ai fogli sparsi nella scrivania, e li lancio al massimo della velocità in un cassetto.
Il rapporto può attendere. “Celes, vai nella tua camera e restaci”
“Ma nonno …”
“ORA!”
Sì, non mi vergogno di riprendere a respirare solo quando sento lo scatto della serratura magnetica al piano di sopra.
Solo poche persone conoscono la mia attuale residenza, e di queste nessuna che io desideri particolarmente incontrare. Dopotutto questo posto non si chiama Isola del Silenzio per nulla. Se non fosse che tra qualche anno dovrò mandare Celes a scuola (dovrà pur iniziare una vita “normale”) potrei anche seriamente ponderare di rimanere qui per il resto dei miei giorni.
L’aereonave atterra, i motori si spengono.
Il vapore fischia.
Il rumore del mare arriva dalle finestre, così come il silenzio innaturale dei gabbiani.
Potrei tendere l’orecchio e contare i passi che separano il velivolo dalla mia abitazione, ma sarebbe inutile.
I suoi passi non fanno rumore.
Quello è il mio cuore, e non fa che cercare di esplodermi nelle orecchie.
“Qualcuno ha dimenticato come si fanno i salti di gioia? Devo forse METTERMI A PIANGERE?”
Piangere? Vorrei poterlo fare.
Almeno un velo di lacrime mi impedirebbe di guardarlo in faccia.
Lo conoscevo … un tempo. Il suo entusiasmo era il mio. Aveva creduto nella mia ricerca Magitek anche quando ero stato tentato di prendere quegli appunti, scagliarli nel camino e comunicare all’Imperatore Gestahl che convogliare la magia degli Esper in soggetti umani era un’idea impossibile. Quando si era offerto volontario per testare su di sé il frutto dei miei studi e della tecnologia imperiale lo consideravo ormai da tempo il figlio che il tempo ed il lavoro non mi avevano mai concesso.
“Perché questa faccia tutta triste? Vado a fare ciao ciao al mio PAPARINO e questo è quello che mi ritrovo?” dice, con quella voce che gracchia e che sentirebbero da qui a Narshe.
“Cosa vuoi, Kefka?”
Credevo che le ultime dicerie provenienti dalla capitale fossero soltanto stupide malelingue da damigelle annoiate, ma devo ricredermi. Kefka Palazzo, il terzo uomo più potente dell’Impero, veste come il più ilare dei pagliacci. Sgargiante, confusionario e confuso. Le enormi piume con cui si lega i capelli sembrano essere state appena strappate da chissà quale animale.
Ha davvero iniziato a truccarsi. “Non ho mai creduto nelle visite di cortesia”.
Sulle sue labbra tinte di viola appare uno di quei sorrisi che nessuno vorrebbe mai vedere. “Oh, che noia, che noia, che noia, nemmeno un po’ di sana conversazione. Kefka Palazzo, secondo generale dell’impero, ed il brillante scienziato Magitek, Cid del Norte Marquez, si incontrano dopo tanti anni e si sente solo un cosa vuoi, Kefka?” risponde. “Se questa fosse una storia avresti già fatto scappare tutti i lettori!”
Alza le braccia, teatrale, e le dita sembrano scavare nell’aria stessa della mia casa. “MA, poiché ho TANTE cose di cui occuparmi, per stavolta non mi offenderò! Vuoi davvero sapere perché sono qui?”
Il pensiero mi fulmina.
Era lì, nascosto nella mia testa.
Nascosto così bene che si manifesta solo quando mi rendo conto che lo sguardo di quel mostro non è più puntato nella mia direzione.
“Il nostro imperialissimo imperatore ha il culo un po’ pesante negli ultimi giorni. Quindi ha mandato ME a prendere Beta”.
“Non si era parlato di renderla operativa prima di almeno altri dieci anni”
Delle gambe si muovono davanti alle scale.
Sono davvero le mie?
Perché tremano, e non certo per il concreto numero di anni che devono trascinare ogni giorno.
“L’ultimo esperimento di conferire la magia agli umani in dosi massicce mediante il sistema Magitek non è andato a buon fine. E TU dovresti saperlo, Kefka”
“Cosa? COSA? Non è andato a buon fine?” si china in avanti, e con un dito fa il gesto di pulirsi le orecchie. “Yuuu-huuu, svegliati, vecchio! Stai forse dicendo che IO non sia la più sublime, incredibile, magnifica, SUPERIORE, POTENTE ed INDISTRUTTIBILE delle tue creazioni?”
“Tu sei un errore, Kefka. Un mio errore”
L’Imperatore … l’Imperatore non comprende. Ho dovuto aggrapparmi con le unghie a tutto il suo buonsenso per non farmi rinchiudere nel dipartimento Magitek a Vector per sfornare decine e decine di Kefka pronti a scagliare palle di fuoco al suo comando. A schiacciare le loro menti con incrementi esponenziali di magia Esper fino a friggere loro il cervello pur di avere soldati eccezionali.
Se lo ho convinto a lasciarmi proseguire le ricerche in maniera più graduale e sicura è stato proprio perché di quel ragazzo che è stato il mio primo esperimento ormai non vi è più nulla da recuperare. E, sotto quegli occhi che mi fissano sotto il trucco bianco, c’è una luce che nemmeno l’Imperatore riesce a comprendere fino in fondo. “Un errore imperdonabile”.
“Io? Un errore? Che cosa cattiva da dire. Stai forse cercando di spezzarmi il cuore?”
Il trucco può mascherare tante cose.
Ma non il guizzo che gli attraversa gli occhi. “Nah, non ne sei nemmeno capace. Sei solo un vecchio noioso, ed io mi diverto a DISTRUGGERE i vecchi noiosi. Crash, boom, crack … hai capito?”
I macchinari captano l’aumento di energia Magitek. Suonano almeno tre allarmi diversi e lungo le pareti si accendono i deflettori.
“Lo sai cosa non mi piace di voi sapientoni? Cancellate gli errori! Puff, come se non fossero mai esistiti!”
La magia artificiale, ormai parte integrante del suo DNA, gli vibra intorno alle dita come una scarica elettrica. “E se per una volta fossero gli errori a cancellare voi?”
L’unica possibilità è raggiungere il piano inferiore. La porta della sala di clonazione è pensata per resistere a più di un colpo di energia Magitek. Sempre che i livelli di Kefka non siano aumentati negli ultimi anni, ma non ho molte altre possibilità.
Non raggiungerei l’uscita da questa casa nemmeno se avessi trent’anni di meno. E, anche se vi riuscissi per chissà quale miracolo, non posso certo andarmene da solo.
“Ora che ci penso … L’Imperatore ha chiesto solo di Beta. Non mi pare abbia detto nulla di te. Ma proprio nulla nulla nulla nulla. E lo sai cosa vuol dire?”
La scarica diventa più forte.
Gli salta da una mano all’altra.
I rilevatori di energia hanno smesso di suonare, ed uno esplode in una massa di fumo.
I livelli inferiori sono troppo lontani, anche lanciandomi di peso per le scale.
“Nonno, che sta succedendo?”
Ed il ghigno, coperto dal trucco e dai decori, si allarga come quello di una bestia.
Perché non è folle, è qualcosa di più.
“Che è il momento del ka-booom, bambolina!”
Torna in camera, Celes.
“Bye bye, professor Cid!”



“IO TI UCCIDERÒ! TI UCCIDERÒ! TI UCCIDERÒ! E POI TI UCCIDERÒ!”
“Va bene, Kefka, ne riparliamo tra una decina d’anni”.
Mi occorrono diversi minuti per capire che sono ancora vivo. Celes, ancora in piedi davanti alla porta della sua stanza, sembra una statua di sale.
Avrei dovuto immaginarlo che l’Imperatore Gestahl non avrebbe mai mandato in missione il suo migliore mastino senza un guinzaglio adatto a riportarlo indietro.
Kefka si divincola, scaglia bestemmie per la stanza e poi lentamente cade a terra. Qualunque congegno sia inserito nel palmo dell’uomo di fronte a me smette di brillare e si spenge.
Tante cose si possono dire di Leo Cristophe, primo generale dell’Impero, tranne che non abbia il senso del tempismo.
Ma anche quello del dovere.
“Complimenti per questo suo capolavoro, dottor Cid” mormora, scansando Kefka con la punta dello stivale “Ancora non mi capacito di come questi scherzi da laboratorio possano attirare l’attenzione del nostro sovrano”.
Dalla porta entrano quattro soldati, e ad un suo cenno portano via Kefka.
Le espressioni al di sotto degli elmi parlano da sole.
E io ho bisogno di un bicchiere d’acqua. Di un bicchiere d’acqua e di accasciarmi sul divano per i prossimi cinque giorni.
“Quella bambina è il soggetto Beta?”
“Sì”.
Ci osserva, Celes.
La seppur scarsa quantità di energia Magitek trasfusa dentro di lei cessa di reagire ai residui dell’incantesimo di Kefka, e riprende colore sulle guance. Nel suo sguardo, in quei bellissimi occhi di bambina, non c’è alcuna traccia della pazzia che ha dilaniato il mio primo esperimento.
Vi è paura, e questo per lei non l’ho mai voluto.
“Non mi guardi così, generale Cristophe. Non è stata una mia idea” rispondo “Non diventerà un altro Kefka”.
E non impazzirà perché le ho somministrato flussi Magitek di portata assai inferiore, ed in maniera graduale. Né perché vi è stata sottoposta sin dalla nascita, mentre Kefka era già un adulto quando decise di partecipare al mio esperimento.
Diventerà una ragazza meravigliosa, con una vita “normale”, e lo farà perché voglio starle vicino, mandarla a scuola e parlarle di Magitek ed incantesimi il meno possibile. Sarò il nonno ed il padre che la porteranno alle feste eleganti di Jidoor, e finché non sarò un vecchio decrepito la porterò tutte le estati al mare, a farle prendere l’aria buona.
L’Imperatore vuole altri soldati Magitek: potenti come Kefka, ma meno … fuori di testa.
Eppure mi aveva lasciato tanto tempo.
“Molte cose sono cambiate a Vector, dottor Cid. Non mi è dato comprendere i pensieri del nostro signore, ma ha richiesto la presenza della bambina con la massima urgenza” mormora, quasi come una lama scagliata tra i miei pensieri. Le sue mani, grandi e piene di cicatrici, si serrano. “E su questo non intendo transigere. Prepari i bagagli della piccola”.
“Ma non potete …”
Poi la osservo. Con la coda dell’occhio, come faccio sempre.
Da sopra le scale, Celes solleva la manina.
Un po’ titubante, ma accenna un piccolo saluto in direzione del generale.
Non ho idea di quanto abbia capito del nostro discorso, ma lei gli sorride.
Come quando gioca con me.
E quello che appare, nascosto tra le pieghe degli anni e le cicatrici di guerra, sembra un sorriso di risposta.
“Non le accadrà nulla, dottore. Mi occuperò personalmente di lei”.
Già.
Forse a me sembrano tutti soldati pazzi, e sovrani che cercano solo potere per chissà quale assurda ragione.
Ma, chi lo sa, a Celes questo energumeno comparso per fermare il pagliaccio cattivo potrebbe sembrare quasi un eroe.
Il viso di Kefka, squarciato dalla follia, non mi lascia.
Posso ancora sentire la sua magia, e la sua espressione stravolta da una smania di distruzione che ha più nulla di umano. E del suo entusiasmo, della sua voglia di creare un mondo nuovo, di voler dare una forma alle mie ricerche non rimane nulla, perché avrei dovuto lanciare le mie ricerche nel fuoco ed impedire a quel ragazzo di distruggersi per la mia follia.
A quel pensiero, so cosa devo fare. “Ne sono sicuro, perché verrò anche io”.
“Non si era volutamente isolato in questo posto per non tornare più nella capitale?”
“Senza dubbio, generale. Ma è da tempo che sua maestà cercava qualcuno di competente all’istituto di ricerche Magitek”.
Perché non ha alcun senso rimanere qui, senza di lei.
Non ha senso nessuna di queste ricerche, delle aree di clonazione del genoma magico degli Esper, o il silenzio dei gabbiani e del mare quando chiama la risacca.
Probabilmente sono stato solo un illuso a sperare di poter vivere ancora così, lontano dal resto del mondo.
Qualsiasi cosa le accada voglio almeno stare vicino. Sperare di vederla quanto più possibile.
Farle sapere che, ovunque lei vada, non diventerà un mostro senza anima, o una distruttrice di mondi.
Se potrò salutarla, magari anche solo dalla finestra di un laboratorio grigio, mi sentirò forse un po’ leggero. Non sarà mai abbastanza da cancellare il mio primo, grande errore.
Forse non avrò le forze per impedirne un secondo, ma finché camminerò, finché ne avrò le forze, finché un essere folle come Kefka non si presenterà da me per saldare i conti voglio rimanerle vicino.
Come un nonno, o magari un padre.
Come un uomo che non può sbagliare due volte. “Andiamo, Celes. Mi sa che dobbiamo mettere un po’ di cose nella valigia”.

 

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Leo Cristophe




 
  
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