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Autore: Bloody Wolf    04/03/2019    9 recensioni
[FrostIron | Death!Character | Angst | Hurt!Comfort ]
Una storia dalle note cariche di dolore e di sofferenza, una storia senza un lieto fine in cui Stark si ritroverà ad affrontare qualcosa di addirittura più grande degli dei, affiancato da un Dio che, a differenza di altri, non lo guarda con pietà.
Chiunque decida di leggere questo scritto lo prego di leggere le note iniziali per farsi un'idea di che cosa leggerà.
Grazie.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Tony Stark/Iron Man
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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DISCLAIMER

Questa storia è nata da una serie di mie… no, ok, avevo (è) un momento un po' triste della mia vita e la tristezza si è impossessata di me, facendomi scrivere i primi due capitoli di questa storia che però, non penso che sarà troppo lunga.

Prima di lasciarvi alla lettura volevo scrivervi alcune righe per, diciamo, avvertirvi:

La prima riga la spendo per dirvi che questa è una storia Death Character ovvero in cui uno dei personaggi principali muore, quindi non aspettatevi il classico Happy Ending (o forse sì?… chi lo sa).

La seconda riga ve la scrivo per dirvi che ho cercato, anzi sto cercando di scrivere il meno dettagliatamente possibile la malattia in sé (ovvero il tumore), non perché non voglia ma perché ho paura di cadere in errori in cui qualcuno si può anche sentire tirato in mezzo per via di situazioni similari o altro, quindi vi chiedo principalmente scusa se qualcosa vi infastidisce e anzi se fosse così vi pregherei di dirmelo affinché io possa rimuovere la storia, grazie.

La terza riga è per il fattore hurt/comfort in cui ho riversato la storia, questo per avvertirvi che ci saranno situazioni di vomito, di autolesionismo (più psicologico che fisico) quindi se vi danno fastidio non è la storia per voi.

La quarta e ultima riga la uso per i personaggi che userò perché vorrei che capiste il perché io ho messo OoC. Tony nella mia storia non si lascerà aiutare, non vorrà alcun aiuto e già dal primo capitolo diciamo che si arrenderà al suo destino; Loki ricordate che in questa storia lo uso basandolo sulla vecchia storia in cui si narra che sia stato lui a donare agli umani il fuoco, quindi per ciò io lo vedo molto curioso verso l’uomo, diciamo diverso dal dominatore mezzo folle che hanno dipinto nei film della Marvel… un Dio furbo ma intelligente che non distrugge ma studia.

Detto ciò la storia è ambientata alcuni anni dopo la morte di Thanos (del tipo leviamoci l’omone violetto dai piedi che è meglio xD) e basta, vi ringrazio per chi ha anche solo letto le note introduttive che sono lunghissime mannaggia…

Buna lettura e scusate se questa storia è triste e orribile, scusate ancora.

1.

“Lei è Anthony Edward Stark, giusto?”

Il medico era entrato nella stanza sfogliando una cartelletta dal colore blu, aveva gli occhi abbassati su di essa e gli occhiali gli scivolarano lentamente verso la punta del naso.

Alzò gli occhi guardando l’uomo che se ne stava comodamente seduto sulla sedia di fronte alla scrivania; camminò con pacatezza accomodandosi nella poltrona, accese il monitor che aveva di fronte e, una volta aperto il fascicolo di fronte a sé ed essersi schiarito la voce, parlò dopo un cenno atto a confermare l’identità di Tony.

“Non ci girerò in torno molto, lei ha un tumore. Si è già diffuso nei polmoni, nello stomaco e nel fegato.”

Il medico fece una breve pausa cercando di scorgere qualche emozioni sul volto dell’uomo ma decise che fosse meglio finire il discorso prima di sentire cosa avesse da dire quel paziente, sfogliò quelle pagine tornando a parlare in maniera fluida ed evitando di usare termini particolarmente tecnici.

“Lei è arrivato in ospedale per via del dolore allo stomaco e per via del sangue che, sempre più spesso, si ritrovava a vomitare. Si pensava ad un’ulcera o ad una gastrite perforante ma i risultati della biopsia sono stati questi. Dalle analisi che le abbiamo fatto il fegato è quello messo meglio tra tutti e tre gli organi. I suoi polmoni sono pieni di masse tumorali maligne.”

Si schiarì la voce e girò quel fascicolo nella direzione dell’uomo, sospirò decidendosi a dargli il famigerato colpo di grazia.

“Non possiamo nemmeno operarla per via dell’irregolarità che abbiamo riscontrato nel suo sangue, possiamo solo farle delle chemio per aiutarla. Morirebbe sotto i ferri anche solo se le facessimo la anestesia quindi… mi dispiace.”

Tony si portò una mano al volto e ridacchiò, si alzò in piedi e si sistemò i polsini dell’abito firmato che indossava, quella situazione non poteva essere altro se non uno scherzo di cattivo gusto, lui era Iron Man, lui era un genio, un filantropo, un eroe e non avrebbe accettato di morire così banalmente, non poteva essere vero.

“Pensa davvero che io le creda?”

Il dottore sospirò e fissò quell’uomo che sembrava sul punto di rompersi da un momento all’altro, era sempre difficile raccontare ad un paziente che in un modo o nell’altro, tra pochi mesi o pochi anni, sarebbe morto senza possibilità di rimediare.

“Guardi lei stesso, siamo il migliore ospedale in tutti gli Stati Uniti, ci sta pagando proprio per questo motivo, non avremmo motivo di mentirle signor Stark.”

Era vero.

Era tutto vero. Stava per morire, stava per morire mangiato da un male incurabile e lui non poteva farci nulla…

Aveva combattuto di tutto: titani folli, chitauri, invasioni di robot e malvagi di ogni genere ma ora era lì, in uno studio di pochi metri a guardare negli occhi un essere umano, uno che era fatto esattamente come lui di carne e di ossa, di tessuti e di tendini. Anche il palladio aveva cercato di ucciderlo, di sconfiggerlo eppure aveva vinto anche contro quello, lo aveva superato grazie al suo genio e alla sua determinazione, doveva superare anche quella malattia con le sue forze, doveva farcela a tutti i costi, lui era l’uomo di metallo dopo tutto….

È tutto finito gli diceva la sua coscienza, sarcastica e realista come sempre.

Doveva ancora fare tantissime cose, non poteva semplicemente spegnersi in quel modo così subdolo e insulso, non lui, non poteva!

Chiuse gli occhi e si portò l’indice e il pollice a stringersi il ponte del naso con forza, gemette e decise di valutare le opzioni con freddezza: erano due mesi che vomitava senza motivo, all’inizio pensava fosse colpa della grande quantità di alcool che ingeriva ma, con il passare del tempo, il vomito venne sostituito dal sangue sempre più spesso. I dolori allo stomaco era divenuti lancinanti e soffocanti obbligandolo spesso a fermarsi per dare grosse boccate di aria, aveva semplicemente pensato a degli attacchi di panico. Non si era mai curato, aveva dato una passata di spugna sopra a tutto, aveva affogato qualsiasi cosa con fiumi di alcool e di cattiveria ma ormai il ripensarci era troppo tardi.

Friday aveva cercato di dirgli che c’era qualcosa che non andava, che i livelli nel suo sangue erano irregolari ma lui aveva attribuito tutto quello a quel maledetto alcool, quanto era stato stupido...

“Quanto tempo mi resta?”

Chiese con una voce bassa, soffocata da quel dolore immenso che sentiva già diffondersi dentro di sè, sentiva quasi quel veleno che gli scorreva nelle vene come un albero malefico che metteva radici dentro ad un terreno fertile.

Riaprì gli occhi e li puntò in quelli dell’uomo, di quel professionista che, chissà quante volte, si era ritrovato in quella terribile situazione e Tony si ritrovò a non invidiarlo nemmeno per scherzo, doveva essere orribile annunciare la morte di qualcuno e farlo per lavoro.

“Due mesi forse tre… non possiamo calcolare perfettamente quanto ci vorrà soprattutto visto il fattore che non possiamo operarla. Mi dispiace.”

Il genio si guardò attorno alzando una mano con eleganza, cercò un bagno con gli occhi e, una volta individuato, ci si fiondò all’interno mettendosi a carponi vomitando bile mista a sangue. I suoi occhi lacrimavano dallo sforzo immane mentre il dolore si diffondeva crudele in quel corpo dilaniato.

Xxx

“Tony, posso darti delle erbe medicinali per alleviare il dolore...”

Banner era immobile, tra le mani teneva delle buste con verdure ed erbe strane di cui non conosceva nemmeno l’esistenza; era tutto così patetico ora, anche la presenza di Bruce in quel momento era così noiosa e fastidiosa da obbligare il genio a ridacchiare in maniera ironica e, una volta guardato quell’uomo tramite quelle spesse lente che indossava, ringhiò alzandosi e sputandogli addosso tutta la cattiveria di cui era disposto.

“Ti facevo più sveglio, Banner… Non saranno quelle a salvarmi, men che meno la vostra schifosa e patetica...”

Si dovette fermare dal finire quella frase per via di un colpo di tosse che lo scosse a partire da quei polmoni malati fino alla punta delle dita con cui si copriva la bocca. Respirò un attimo fulminando con gli occhi l’amico che, istintivamente, aveva fatto un passo in avanti per corrergli incontro e aiutarlo.

“Non voglio la vostra pietà, ecco cosa intendevo. Sono qui per dare definitivamente le dimissioni come Avengers. Vedo che la notizia del mio stato di salute vi è già giunta.”

Prese fiato e ridacchiò puntando la penna che teneva fra le dita verso il dottore prima di tornare a parlare con quel tono sottile e quasi doloroso per chi, come Bruce, lo conosceva e sapeva quanto quel suo modo di fare fosse testardo e autolesionista.

“Nat dovrebbe imparare a farsi un po' gli affari suoi a mio avviso, dove è Fury?”

L’alter-ego di Hulk si ritrovò a sospirare e ad abbassare la testa prima di indicargli la direzione giusta, Tony annuì vedendo che l’amico non aveva saputo ribattere alle sue parole, era tutto così difficile e non voleva rendere tutto ancora più doloroso.

Camminò per quei corridoi a testa alta, incontrò alcuni agenti dello SHIELD che, cauti lo lasciavano passare prima di girarsi a guardarlo con quella pietà che iniziava a stare stretta a quell’uomo che aveva sempre fatto di tutto per evitare quella parola e quel modo di fare con tutto se stesso. Strinse i denti e si conficcò le corte unghie nei palmi per impedirsi di girarsi ed insultare quei cadetti irriverenti, sarebbe morto sì ma non sarebbe diventato un icona di sofferenza e di isterismo, quello mai!

Si fermò di fronte alla porta che il collega gli aveva indicato, era socchiusa a le voci al suo interno risuonarono chiare alle sue orecchie, obbligandolo a starsene immobile nell’ombra di quel legno sottile che li divideva, con le lacrime a bussare per l’ennesima volta in quella settimana ai suoi occhi.

“Ci deve essere un modo, Thor, consulta chi vuoi ma aiutateci a salvare Stark!”

La voce di Fury risuonò fredda e sicura alle orecchie del genio che se lo immaginò mentre puntava un dito verso il Dio nordico in maniera completamente poco minacciosa. Un piccolo sorriso si aprì sulle sue labbra stirando di un poco quelle labbra secche.

Era passata solo una settimana e ancora non si rendeva conto quanto in fretta quella malattia lo stesse divorando.

“Non c’è cura, il corpo umano è debole rispetto al nostro e Padre Tutto dice che non possiamo interferire con il ciclo della vita e della morte. Mi dispiace che Midgard debba perdere un grande guerriero come l’Uomo di Latta.”

La voce di Thor, in contrasto con quella fredda e bisognosa di monocolo, era calda e pacata, Tony quasi lo vide con quell’espressione addolorata e colpevole mentre diceva quelle parole che sembravano trapassargli l’anima come una lama avvelenata. Si appoggiò allo stipite incrociando le braccia al petto e adagiò la testa al legno cercando di non fare troppo rumore, era consapevole che più ascoltava quella conversazione e più la sua anima sarebbe stata straziata, dilaniata da quelle poche ed infime parole.

“Loki non può fare nulla? Sarà morto quattro volte e...”

La voce di Fury si bloccò, probabilmente di fronte ad una negazione con il capo da parte del dio, una terza voce si aggiunse alle loro, una voce che Tony conosceva benissimo e dalla quale non si aspettava nulla di diverso che quelle parole, quel soldato era sempre così prevedibile da fargli quasi paura.

“Possiamo solo stargli vicino, accompagnarlo e sperare che non si isoli del tutto, glielo dobbiamo. Se siamo qui oggi è grazie a lui.”

Non ce la faceva più, si staccò da quella parete fredda e si allontanò da quella stanza, camminò a passo svelto fino al garage dove aveva lasciato l’auto, ci si fiondò dentro respirando a pieni polmoni cercando di contrastare quell’amarezza che lo stava inondando con furia. Pietà, era quello che meritava dopo tutto ciò che aveva fatto? Meritava solo quella allora? Cosa aveva combattuto a fare se ora sarebbe diventato polvere da spargere in un lago assieme a finte lacrime e a quello schifoso perbenismo che sembrava averlo circondato in maniera completa?!

Parcheggiò e scese salendo in casa passo dopo passo, si fermò a metà scala e si ritrovò a scaricare il proprio dolore e la propria frustrazione contro il muro.

Il primo pugno si abbatté su quella superficie con fermezza, il secondo divenne più rapido e silenzioso mentre gli altri si susseguirono sempre più feroci e dolorosi. Il muro si stava lentamente sporcando di sangue e le sue mani si stavano sfaldando, la sua pelle si arrossava e si spaccava a contatto di quel muro ruvido e pallido che aveva di fronte.

Urlò accanendosi ancora su quella parete trasformando la furia in disperazione, si accasciò quando non sentì più le mani e i suoi occhi avevano finito le lacrime da versare a terra.

Si rialzò distrutto barcollando, andò verso il bagno con passo lento e con gli occhi stanchi, la sua mente però elaborò un pensiero semplice quanto veritiero: non voleva morire.

Si appoggiò alla parete e si lasciò scivolare a terra, si guardò per alcuni secondi le mani che tremavano di dolore e poi negò iniziando a ridere, era una risata isterica contornata da lacrime sofferte e pesanti.

Il suo corpo aveva deciso che era giunta l’ora di lasciare che si chiudesse quel sipario che più volte Tony aveva rischiato di chiudere: Afganistan, New York, Ultron, Titano e tutto ciò che aveva passato…

Aveva rischiato di morire ogni singola volta che aveva indossato quell’armatura, pensava di essere preparato a tutto quello ma ora che ci era di fronte, ne era terrorizzato, non voleva spegnersi in mezzo al proprio vomito e nel proprio letto. Una vocina dentro di lui continuava a ripetergli che era giusto così, che ormai non c’era più nulla da fare, che doveva solo attendere di stare sempre peggio ed infine rantolare fino a morire nella più completa agonia e solitudine.

I suoi occhi circondarono quella stanza accorgendosi solo in quel momento di quanto fosse vuota, c’erano molti mobili di alta fattura, c’era una tecnologia che a molti era preclusa ma nell’intero piano della sua casa non c’era nulla di suo.

Non sarebbe cambiato nulla, era cresciuto nella solitudine e nell’ombra di un padre che esigeva troppo da lui ed ora…

sarebbe morto solo, circondato da tutto ciò di cui lui andava fiero.

Solo.

“FRIDAY contatta il medico, digli che non farò le chemioterapie, tanto morirò lo stesso.”

Si portò le mani nei capelli e li strinse con forza, il suo intero corpo vibrò di dolore ma dentro di sé sapeva che tutto quello se lo meritava, era una grande ruota che girava e quel male incurabile era per tutti quegli innocenti che erano morti a causa sua, quel sangue che gli impregnava le mani senza nemmeno averlo visto.

Il sangue di Charlie Spenser gli lordava ancora le mani e lo sguardo di quella madre che, per colpa sua, aveva perso un figlio era terrificante, il solo ricordo gli riportò alla mente quel lontano giorno in cui uno dei suoi missili gli era scoppiato di fianco cambiandogli l’intera vita, era stato fortunato ad avere di fianco a sé Yinsen che lo aveva salvato da una morte orribile. Era giusta la sua scomparsa, era colpa sua, solo ed esclusivamente colpa sua!

 

Lanciò la bottiglia vuota contro la parete rimanendo immobile ad osservare quel contenitore andare in frantumi, seguì con gli occhi, resi opachi dalla quantità di alcool che aveva ingerito, quei tasselli di vetri che ora giacevano immobili sul suo pavimento.

“Merda.”

Fece un paio di passi per andare verso il bagno, era ubriaco e le sue gambe lo reggevano con fatica.

Aveva cercato di lottare, di mantenere alto il buon umore ma più le persone cercavano di avvicinarsi a lui e più lui le respingeva, forse lo faceva per la vergogna di mostrarsi conciato in quel modo o forse ancora perché non li voleva accanto.

Aveva mandato via tutti, uno dopo l’altro li aveva allontanati e rifiutati ed era certo che avrebbe continuato a farlo con chiunque si sarebbe presentato lì per vedere come stava, come se lui avesse bisogno di quello sguardo affranto su di sé!

Pepper l’aveva letteralmente mandata al diavolo chiudendola fuori dal suo appartamento e intimandole di non farsi mai più vedere.

Tony! Guardati. Guarda come ti stai riducendo, non puoi lasciarti andare in questo modo! Puoi contrastarlo, puoi ritardare l’inevitabile se decidi di fare le terapie...”

L’uomo indurì lo sguardo evitando di guardarla, irrigidì la mascella e sorridendo con quel ghigno ironico e fastidioso che lei stessa aveva sempre amato ma che, giustamente, in quel momento gli sembrò come un urlo disperato di un condannato a morte.

L’inevitabile? Pep sii realista, sto morendo e non saranno due mesi avanti o indietro a cambiare il corso della storia, della mia storia.”

La donna scosse la testa muovendo quella lunga coda a destra e a sinistra con enfasi, lui si girò camminando verso di lei e quando riuscì ad incontrare quello sguardo distrutto e infuriato, semplicemente negò con la testa ridacchiando di fronte a quel dolore e a quella voglia di non rassegnarsi di fronte a quel destino crudele.

Sto morendo, non tentate di irrorarmi la pillola, tempo due o tre mesi e dovrete organizzare un funerale, sono certo che sarà uno di quelli pieni di persone ipocrite in cui direte che ero una brava persona e tutte quelle balle da film.”

La donna lo aveva guardato con le lacrime che scorrevano sulle sue guance, non aveva mai amato quel lato crudele e realista del suo carattere perché purtroppo con il suo essere cinico mostrava tutta la realtà nella sua sfumatura più orrida.

Lasciatemi solo morire in pace, non vi chiedo molto. Vattene ora, voglio restare solo.”

La donna iniziò a urlare e cercò di farsi sentire ma le orecchie dell’uomo erano sorde ad ogni supplica e ad ogni insulto possibile, non poteva e non voleva sentirli.

Morirai solo, Tony. Ti vogliamo tutti bene, permetterci di aiutarti!”

I giorni erano scivolati uno dopo l’altro, fogli dello stesso calendario tenuti assieme da una colla ormai inesistente. La disperazione non era nella sua natura, si era buttato a capofitto su un nuovo prototipo, avrebbe realizzato quell’ultima armatura, non lo avrebbe fatto per se stesso ma per Peter, gli avrebbe lasciato tutto quello…

Gli aveva promesso che lo avrebbe difeso e sostenuto in quel mondo fatto di eroi e di cattivi, di persone buone e di persone cattive ma ora, a distanza di anni, lui semplicemente si stava spegnendo e nulla poteva ravvivare quella fiamma.

Lanciò il cacciavite che teneva stretto tra le mani, si fermò aggrappandosi alla scrivania con le dita e con le unghie prendendo dei respiri sempre più profondi per cercare di colmare quel dolore che sembrava perforarlo da parte a parte.

Strinse i denti gemendo di dolore mentre il suo corpo cedeva sotto il proprio peso obbligandolo a rannicchiarsi a terra premendosi la parte indolenzita con forza.

Stava perdendo peso, giorno dopo giorno il suo corpo stava rifiutando qualsiasi cosa, solida o liquida che fosse, vomitava spesso e la bile che gli passava nella gola gli bruciava l’aria stessa che respirava.

Le sue mani avevano preso a tremare da qualche giorno, era diventato tutto così difficile e doloroso da farlo desistere di fronte a qualsiasi cosa, nemmeno le lacrime ormai uscivano più da quegli occhi gonfi e circoscritti da occhiaie violacee.

Si sforzò di alzarsi da quel pavimento così freddo da passare attraverso i quattro strati di vestiti che indossava, sentiva quel ghiaccio entrargli sotto la pelle e, se da un lato quel freddo sembrava alleviare di un poco quel dolore atroce, dall’altra tremava sperando solo che quella tortura finisse presto.

Si lasciò cadere a peso morto sul proprio letto, strofinò il naso su quelle lenzuola che sapevano di pulito, sorrise mentre la tristezza si diffondeva nuovamente nella sua testa facendogli portare una mano ad afferrare la coperta in lana e coprirsi completamente sotto ad essa prima di sospirare e chiudere gli occhi, cercando nel sonno il conforto del sollievo.

Due volte alla settimana una donna, una allegra signora spagnola, veniva nel suo appartamento a ripulire, lo aveva trovato in situazioni imbarazzanti ma essa, consapevole di ciò che l’uomo si stava ostinando a sopportare da solo, non si era mai esposta o lamentata di nulla anzi, aveva solo sorriso a Tony.

Quel sorriso genuino e amorevole gli aveva ricordato tanto quello dolce di sua madre, gli aveva semplicemente risposto con un sorriso tirato e stanco, ma dopo settimane e giorni di apatia quello che ne uscì fu sincero, genuino e spontaneo…

Sì addormentò con quel sorriso stampato in mente, come era possibile che il sorriso di una sconosciuta fosse più confortante delle persone che conosceva?

Si addormentò così, con quella domanda nella testa che lo opprimeva e lo buttava a terra con forza.

 

“Tony è un mese che ti hanno trovato il cancro; hai intenzione di mostrarti anche solo a noi comuni bastardi chiamati Avengers? Ti ricordo che ne fai parte fino a quanto non muori!”

Tony si passò la mano sul volto stanco e, con poca convinzione, spense quella conversazione di appena dieci secondi, la bassa luce che metteva il cellulare gli dava fastidio agli occhi. Sbuffò rigirandosi nelle lenzuola e gemendo per il dolore che aveva in tutto il suo esile corpo.

Non se la sentiva di affrontare una conversazione qualsiasi, figurarsi se doveva avere a che fare con Fury, voleva solo stare da solo in quella stanza al buio sotto a quelle coperte che lo riscaldavano.

Ogni notte era diversa dall’altra, c’era la notte che si ritrovava a socchiudere gli occhi e rimanere in quello stato di dormiveglia che lo portava ad ascoltare il proprio respiro e il proprio corpo; altre notti le passava sveglio a fissare il soffitto immaginando che in esso ci fosse una risposta, una specie di cartello divino ma più ci pensava e più si intristiva ferendosi con le lacrime che correvano sulle sue guance; erano poche le notte in cui riusciva a riposare davvero, in cui riusciva effettivamente a spegnere il cervello completamente perché esse si trasformavano in nottate infernali in cui il dolore lo soffocava e lo ghermiva con una potenza tale da renderlo instabile ma senza dargli la possibilità di svegliarsi da quel tremendo sogno.

Bevi, Stark.”

Quella voce la conosceva, l’aveva già sentita da qualche parte, eppure la sua mente stanca e assonnata non riusciva a distinguerla, i suoi occhi rilevarono solo una macchia bianca che si muoveva verso la sua bocca e che la riempiva di un liquido dal gusto ferroso e speziato; quella macchia si allontanò e Tony era quasi certo che assomigliasse ad un teschio.

L’ultima cosa che si ricordò di quel “sogno” fu un tocco freddo, una mano che gelida si era posata sulla fronte dandogli sollievo da quel dolore insopportabile ed atroce.

La luce della mattina arrivò veloce e Tony si ritrovò ad aprire gli occhi sbattendo le palpebre con calma, si mise a sedere indolenzito ma, stranamente, senza il consueto urto di vomito che lo accompagnava ogni singola mattina.

Si guardò attorno notando in quel momento una macchia rossa scuro sul proprio cuscino, allungò una mano portando i polpastrelli a sfiorarne la consistenza ormai secca. Le sue dita si sporcarono di un leggero alone di magenta ma nella testa di Tony si ripresentò quello strano sogno, si diede del folle nel momento in cui si rese conto che era sicuramente il proprio sangue che, nella notte, aveva sputato probabilmente dopo un attacco di tosse.

Eppure…

Ferro e spezie. Quel sapore e quella definizione di essenza sembravano così particolari da sognarsi in un sogno dettato dalla febbre del suo corpo ormai stanco di combattere…

Si alzò in piedi e, barcollando, raggiunse il proprio bagno fermandosi sulla soglia di esso. Non se la sentiva per nulla di guardarsi allo specchio, di vedere il fantasma di se stesso, sospirò afferrando un asciugamano dirigendosi verso la cucina dove, una volta bagnato il panno con dell’acqua fresca, si ripulì dalla stanchezza della nottata tormentata. Le sue labbra erano sporche di quel liquido che non aveva un’origine sensata ma decise che forse era meglio non indagare nemmeno e continuare a pensare che esso fosse solo ed esclusivamente un rifiuto che il suo organismo stava cercando di eliminare.

Quella mattina aveva voglia di mangiare, di ingoiare qualcosa per il puro gusto di sentire qualcosa che gli scivolava giù per la gola così optò per una bella tazza di caffè, amaro come lo aveva sempre amato.

Afferrò la tazza con le mani tremanti, se la portò al volto socchiudendo gli occhi e annusando quel profumo che sembrava così delizioso e ravvivante da dargli sollievo. Sorrise mentre appoggiava la ceramica alle labbra, ne percepì il calore che non era troppo intenso e la inclinò per portare quel liquido scuro a contatto con le proprie papille: ne avvertì il calore con una sensazione piacevole, avvertì quel gusto forte ma delicato allo stesso modo invadergli la lingua e la gola, l’aroma gli fece brontolare lo stomaco che, da troppo tempo, veniva nutrito con flebo di cibo liquido.

Non avrebbe mai pensato di ritrovarsi a piangere di fronte a una tazza di caffè, mai avrebbe pensato che una semplice cosa come quella che lo aveva salvato dal sonno miriadi di volte potesse, ora, essere diventata un elemento così ricco di sfumature.

Non gli venne nemmeno da vomitare ma, dopo pochi sorsi era già stufo ed era più che certo che se ne avesse ingerito ancora lo avrebbe rimesso vanificando tutte quelle sensazioni stupende che lo avevano fatto sentire, dopo quel lungo mese di astinenza, di nuovo vivo.

Si rannicchiò sul divano, appoggiò un secchio vuoto vicino a sé per l’eventualità di dover vomitare ed infine si ricoprì di coperte pesanti accendendo la televisione mettendo un bel film d’azione.

Il dolore sembrava essere leggero quella mattina, era solo una presenza costante ma invisibile all’interno di quel corpo che lo stava lasciando giorno dopo giorno. Erano settimane che non stava così bene e la cosa lo rincuorò un poco mentre si godeva le prime battute del film.

“Signor Stark, c’è Parker che vorrebbe parlarle, dice che non ci vorrà molto.”

La voce della sua AI lo riscosse dallo stato di dormi veglia in cui era caduto, si schiarì la voce e diede il permesso di farlo passare, aveva bisogno di vedere quel giovane, di sentire quella voce allegra e innocente invadergli la testa con quella purezza che lo aveva sempre caratterizzato.

“Passavo da queste parti, signor Stark e mi sono detto che avrei potuto passare a trovarla.”

L’uomo sorrise facendo spazio sul divano al ragazzo che, dopo avergli sorriso senza guardarlo negli occhi, gli si sedette vicino spogliando la cartella e slacciandosi la giacca primaverile. Si godettero l’uno la presenza silenziosa dell’altro mentre gli attori di quel film continuavano a scorrere veloci sullo schermo.

“Signor Stark so che le mie parole non le serviranno ma mi dispiace, non ho avuto il coraggio di venire qui prima perché temevo di trovarla in condizioni pessime e… sono un vigliacco. Mi perdoni.”

L’uomo si girò verso quel giovane che lui stesso aveva strappato dai quartieri e che aveva buttato in una vita molto più pericolosa e imprevedibile, non doveva essere lui a chiedere scusa con quel tono basso e innocente, lui non aveva fatto nulla di che, dopotutto, era un ragazzo a cui era stato già strappato via qualcuno di importante e non era nei suoi piani quello di ricordarglielo…

“Non mi chiedere scusa, Parker, sono io quello che ti ha lanciato in questo mondo, devi essere tu a scusarmi.”

Sbuffò sentendo il ragazzo che singhiozzava vicino a sé, non avrebbe pianto, doveva essere forte per Peter e dimostrargli che non aveva paura di quella malattia ma i suoi occhi si velarono comunque.

“Non voglio che lei muoia, io… io… io non so che fare senza di lei.”

Si leccò le labbra prima di respirare socchiudendo gli occhi e decidendo di parlare con un tono dolce e quasi amorevole mentre con una mano, uscita da sotto la miriade di coperte, andava a scompigliare i capelli del ragazzo sorridendogli con calore.

“Mi hai dimostrato di essere degno di indossare il costume. Con il mio aiuto o senza, tu sei e sarai per sempre Spider Man, devi solo continuare ad essere te stesso e andrà tutto bene.”

Il giovane si fermò a guardare quell’uomo che aveva di fianco, era scarno e aveva un colore pallido, quasi grigiastro; il suo braccio era magro e il suo viso era inciso dal dolore che stava patendo. Iniziò a negare con il capo mentre quella mano lo scompigliava amorevolmente.

“No, la prego non se ne vada, andrà tutto bene, Signor Stark...”

L’uomo aprì gli occhi e li fissò in quelli del giovane, si sentì così sbagliato in quel momento da obbligarsi a negare, se con Pepper aveva cercato di metterla di fronte all’irreparabile, così come lo aveva definito lei, Tony non se la sentiva di parlare in quel modo a quel ragazzo.

“Peter, non sarà facile né per me né per voi, mi devi promettere che andrai avanti, che aiuterai chi ne ha bisogno e che diventerai un supereroe. Sei intelligente e sveglio per la tua età, dovrai solo supportare il team e fargli capire quanto vali.”

Prese una pausa mentre lasciava quella mano sulla testa di quel giovane in cui si rispecchiava moltissimo, spesso lo guardava e rivedeva in lui le sue stesse scelte e i suoi pensieri ed era tutto così sbagliato, così orribile perché Tony sapeva dove aveva sbagliato e in cosa aveva sempre peccato mentre quel giovane era così simile ma così diverso da obbligarlo a proteggerlo cercando di impedirgli di fare certi errori ma aveva fallito, lui era fallito ed era gli mancava solo di cadere per un’ultima volta e spegnersi, per sempre.

“Non devi essere triste per me, ragazzino. Moriremo tutti prima o poi, giovani o vecchi e se questo è il mio destino lo accetto… ho combattuto spesso mettendo in gioco la mia vita ma mi va bene così, se vuoi aiutarmi fallo capire agli altri, impediscigli di guardarmi con quegli occhi che trasudano pietà, per favore.”

Il giovane annuì sorridendogli in maniera spenta ma consapevole che quella richiesta fosse più che sensata da parte di un uomo che aveva sempre camminato a testa alta nonostante tutto, lo aveva visto spezzato dopo che aveva scoperto cosa gli nascondesse Rogers ma nonostante quello, lui era quello che alla prima occasione si era lanciato a proteggere la terra e che aveva tenuto testa al Titano.

“Lo farò, glielo prometto Signor Stark.”

[To Be Continued...]


 

Allora ora che siete giunti fino a qui devo ovviamente dire due parole perché spero di aver reso Peter il ragazzo che Miryel con le sue storie ci ha fatto amare alla follia, donna ti chiedo scusa perché lo so che tu non ami Tony con nessun altro ma ti prometto che qui la coppia verrà accennata anzi, penso che se ci sarà un bacio verso la fine sarà più che tanto quindi sarà sufficiente.

Chiedo scusa anche a Shilyss perché questo sarà un Loki a mio avviso differente, più umano nel senso completo del termine….

Detto ciò torno a piangere per via di tutto ciò e ciao.

 

   
 
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