Ancora
un grazie a tutte,
ragazze. I vostri commenti significano moltissimo per me, specie
perché sto cercando
di cimentarmi in un genere che non è propriamente il mio,
descrivendo
personaggi che sono tutt’altro che inclini al mio
“normale” modo di vedere le
cose, come qualcuno ha fatto giustamente notare (♥).
Questo capitolo è l’ultimo
di “Ainadamar”, storia prologo a una prossima alla
quale sto lavorando e che
dovrebbe chiamarsi: “This thing of darkness I acknowledge
mine”, citazione da
“La Tempesta” di W. Shakespeare e che vorrebbe dire
“Questa creatura dell’oscurità
che riconosco simile a me” o varianti affini.
Cosa
c’entra con LotR?
Cercherò di spiegarvelo prossimamente…
Buona lettura.
*
AINADAMAR
Silenzioso,
il Maiar aveva abbandonato le sue stanze per parlare infine con
Frodo. Senza indugiare ulteriormente si era diretto nel giardino
dabbasso, un
luogo che lui stesso amava, in particolar modo quella fontana, simbolo
dell’eterno ciclo della vita, con il suo flusso appunto senza
fine e in grado
di tradurre in realtà i pensieri più cupi di
quanti decidevano di sostarvi
presso, immersi nelle proprie riflessioni. Stimando che Frodo si
sarebbe
sentito a disagio, torturato dall’eco feroce dei suoi incubi
peggiori, non era
più riuscito a rimanere confinato nel suo appartamento.
Un
luogo idoneo alla riflessione durante le nottate insonni.
Un
luogo positivo e negativo allo stesso tempo, giacché da quel
confronto
crudo e diretto con le proprie memorie, si poteva uscire sia vincitori
che
definitivamente sconfitti.
La
seconda opzione lo aveva fatto rabbrividire e pregare i Valar,
affinché l’amico
dimostrasse ancora una volta la sua incredibile capacità di
resistere e
fronteggiare le situazioni difficili.
Ma
qualcuno lo aveva preceduto.
Avanzando
con leggerezza e senza produrre alcun rumore, si era fermato
sugli scalini d’accesso al giardino e scorto così
l’immagine da un lato
insolita, dall’altro innegabilmente dolce, di Galadriel e lo
Hobbit.
Accennò
un sorriso alla sua
ospite, speculare a quello che lei gli fece di rimando. Un miscuglio
non ben
distinto di mestizia e sollievo. Rimase fermo sui gradini, la tunica
nivea che
indossava a creare una macchia di colore lunare, visti i raggi
dell’astro che
ne valorizzavano la trama della stoffa immacolata. Gli occhi si
abbassarono
sino a focalizzarsi su un’aiuola colma di iris bianchissimi.
Socchiuse allora le
palpebre, sospirando appena percettibilmente e avvertendo lo spirare di
una
brezza tiepida dal Mare poco lontano, a Oriente, per poi tornare ad
osservare
quella scena singolare.
Che
la Signora del Castello
fosse riuscita a scalfire il muro di simulazione che Frodo aveva
costruito
intorno a sé per non farli preoccupare e che lui,
Mithrandir, per primo, non
aveva avuto il coraggio di provare a scalfire?
Che
Frodo aveva ammesso il
suo disagio sinceramente e non solo a se stesso?
Riflettendo
su questi interrogativi,
chinò appena il capo canuto, congedandosi da Galadriel e
tornando
silenziosamente nella sua stanza da letto, invisibile e discreto come
era
comparso solo alcuni istanti prima. Avrebbe rimandato il suo discorso
con il
piccolo abitante della Contea e, in cuor suo, sperava avvenisse quanto
prima.
Desiderava scambiare di nuovo quattro chiacchiere con lo Hobbit,
vederlo
sorridere di fronte alle sue trovate bizzarre, godere dello spettacolo
di
quegli occhi incredibilmente azzurri spalancarsi dallo stupore,
ascoltare la
sua voce musicale fare domande e dare risposte. Desiderò
come non mai che Frodo
Baggins tornasse se stesso.
Così
innocente e sincero da
far male il solo pensarci.
E
proprio costui, ignaro di
quanto gli stesse accadendo intorno, si allontanò
gentilmente dall’Elfo del
Bosco d’Oro, sciogliendo così
l’abbraccio che li legava. Uno sguardo
riconoscente colmò i suoi occhi azzurro cupo e, senza
cambiare posizione,
continuò ad osservare il volto luminoso della Signora dei
Galadhrim.
Uno
sguardo il suo che oltre
ad esprimere riconoscenza, comunicava però anche attesa.
Galadriel
lo comprese
immediatamente, senza stupirsi troppo. Frodo era in grado di cogliere
le
sfumature come il più perspicace degli Elfi e gli anni
trascorsi in compagnia
dei Luminosi, non avevano fatto altro che rafforzare questa
caratteristica
latente in lui, prima di venire così positivamente affinata.
Sorridendogli
con il volto
privo di ombre meste, appoggiò i piedi a terra. Il fruscio
delle vesti
accompagnò quel movimento e anche sul volto di Frodo si
dipinse un sorriso.
Rinfrancata da quello sguardo sereno, concentrò la propria
attenzione su quei
lineamenti ora distesi.
Un’immagine
bellissima che
testimoniava una purezza e un’onestà difficili da
esprimersi a parole.
Porgendogli
la mano, lo
invitò a scendere dalla fontana e quindi a seguirla.
Frodo
osservò la mano che
Galadriel gli aveva porto, comprendendo che la sua aspettativa stava
per essere
soddisfatta e tutti i suoi interrogativi forse chiariti, per afferrarla
senza
aspettare un attimo di più e, silenzioso, camminarle accanto.
Percorsero
diversi metri
prima di deviare sulla destra del giardino e ritrovarsi quindi di
fronte la
parete di pietra calcarea, verde di edera e candida di gardenie, che
Galadriel
aveva osservato in precedenza, dall’alto della sua stanza. Il
profumo dei fiori
era quasi stordente e a Frodo balenò dinanzi
l’immagine del giardino di Bag End
curato ad arte dalle mani
laboriose di Sam.
Scesero
una decina di
scalini, coperti qua e là di muschio vellutato ed
accedettero infine al piano
inferiore del parco. Un cantuccio seminascosto e cinto da un boschetto
di mellyrn. Quest’ala del
parco era un
piccolo angolo di Lothlórien trasferito al di là
del Mare. Se il resto del
castello poteva in qualche modo ricordare Gran Burrone o forse
addirittura
Minas Tirith, per via del candore immacolato delle mura e delle pareti,
qui le
cose cambiavano.
Il
boschetto di mellyrn risplendeva
come oro brunito.
Sia la corteccia degli alberi, sia le loro foglie erano splendenti di
riverberi
gialli e luminosi. Sollevando lo sguardo sulle cime dei mellyrn,
Frodo poté intravedere i tipici flet,
i miniappartamenti che aveva conosciuto a Lórien e sui quali
aveva dormito durante il suo soggiorno in quella Terra. In un certo
senso non
era stupito da quella scoperta, né da
quell’improvviso salto nel passato.
Galadriel era la regina dei
Galadhrim, la Gente degli Alberi per l’appunto, era
impossibile che lì a
Valinor avesse dimenticato la sua vera natura. A completare quel quadro
di oro
splendente concorreva un intero prato di elanor,
dai tipici fiorellini a stella e dai petali appuntiti, risplendente
come non
mai per via di quel rifrangersi intrecciato di riflessi.
Un
cambiamento improvviso, ma
ugualmente mozzafiato rispetto al candore perlaceo che invece
caratterizzava il
piano superiore del giardino.
Voltò
la testa in segno di domanda e Galadriel gli rivolse
un’espressione enigmatica
che lo fece irrigidire. Stava accadendo tutto come nel loro incontro a
Lórien,
quando il vaticinio improvviso della Dama lo aveva più
spaventato che
rassicurato. La mano calda dell’Elfo però
continuava a stringere la sua
premurosamente e ciò lo rese ancora più confuso.
Galadriel
percepì quell’improvvisa titubanza da parte della
piccola creaturina,
ritrovandosi lei stessa immersa nel déjà-vu
del loro primo incontro.
Chiuse, infatti, gli occhi per un attimo, e tornò quindi a
guardarlo per
accarezzargli lievemente una guancia.
“Non
hai nulla da temere”, lo rassicurò con voce
affettuosa.
“Lo
Specchio…”, articolò Frodo.
“Non ho dei bei ricordi…”,
spiegò, mentre un
intrecciarsi di voci si rincorrevano nella sua testa.
Will you look into the mirror?
>>What will I see?
Not even the wisest can say, for the mirror
shows many
things. Things that are, things that were, and some things that have
not yet
come to pass.
>>I cannot do this alone.
You are a Ring-bearer, Frodo. To bear a ring of
power
is to be alone. This task was appointed to you, and if you do not find
a way,
no one will.
>>Then, I know what I must do.
It's just I am
afraid to do it.
“Avevo
visto immagini di
Legolas, Merry e Pippin, Sam quindi… Gandalf con le sue
nuove vesti. La Contea
così come l’avevo lasciata, poi devastata, piena
di Orchi, come avrei scoperto
al mio ritorno. Sam in catene… infine l’Occhio e
l’Anello che diventava sempre
più pesante, come avesse voluto tuffarsi nelle acque dello
Specchio”, elencò
ricordando adesso chiaramente quanto la superficie riflettente aveva
profetizzato e portandosi istintivamente le mani al collo, come a
cercare la
catenina con il cerchietto dorato.
Non
trovandolo però sollevò
di nuovo lo sguardo smarrito su Galadriel.
“Ricordo la tua visione,
Frodo”, annuì costei, spiacendosi di vederlo di
nuovo confuso e sofferente, a
cercare quell’Anello che sembrava essere diventato una sorta
di appendice mai
dimenticata, data quella reazione immediata. Le sue stesse parole,
colme di
notizie nefaste, si facevano spazio negli scomparti della sua memoria...
I know what it is you have seen, for it is also
in my
mind…
The Fellowship is breaking.
Already it has begun.
He will try to take the Ring.
You know of whom I speak.
One
by one, it will destroy them all.
“…ma appartiene al passato”,
continuò tornando in sé. “Se siamo qui,
non è per
rivangare le cose che sono state”.
Frodo sospirò pesantemente,
facendo scivolare via la sua mano da quella di Galadriel per
avvicinarsi ancora
di più presso lo Specchio. “Per un attimo mi
è sembrato di trovarmi ancora lì…
ho quasi percepito la presenza fisica dell’Anello”.
L’Elfo
era rimasto invece
qualche metro più in là, osservando la figuretta
dello Hobbit e ascoltando
attentamente le sue parole. “È il passato,
Frodo”, ribadì con l’usuale tono
melodico
della voce, ma con, allo stesso tempo, una determinazione che forse
strideva
con la sua aura solitamente quasi fragile. “Dovresti darti
una possibilità…
guardare al futuro”, aggiunse sibillina.
“Guardare
al futuro?”, chiese
Frodo abbassando lo sguardo e fissandolo per un attimo su un punto
indefinito
tra sé e Galadriel. “Quale futuro?”,
domandò poi con voce incredula. “Verso
quale futuro dovrei guardare, Mia Signora? Ho davanti
l’Eternità e,
contrariamente a quello che credevo, non c’è nulla
di cui essere lieti…”.
“Sbagli,
Frodo”, ribatté
invece l’Elfo incamminandosi con passi lenti verso la vasca
argentata.
“L’Eternità non sarà
interamente grama con te, come adesso temi”, aggiunse
voltandosi di nuovo verso lo Hobbit e ritrovandosi così di
fronte a lui.
“L’Eternità
non sarà interamente
grama con me, come adesso temo…? Non capisco”.
“Guarda
al futuro”.
All’ennesimo
invito di
Galadriel, Frodo diresse lo sguardo, in quel frangente plumbeo come un
cielo
autunnale, verso il bagliore argenteo che nasceva sulla superficie
della vasca,
grazie al riflesso della Luna.
Guarda
al futuro…
Galadriel
annuì, prima di
afferrare la brocca brunita adagiata sul terreno, riempirla con le
acque
limpide della sorgente che sgorgava presso uno degli alberi dalle
grandi foglie
dorate e versarne il contenuto trasparente nello Specchio.
“È pronta, Frodo”,
comunicò subito dopo. Il suo volto era ermetico in quel
momento, quasi grave.
A
causa di questo, Frodo non
si sentì affatto rassicurato. L’atteggiamento e le
parole della sua ospite
erano più che contraddittori ai suoi occhi. Non riusciva a
comprendere da
quanto si erano detti cosa lo avrebbe aspettato. Incerto, si
voltò comunque
verso lo specchio d’acqua che sembrava aspettarlo. Sapeva che
l’Elfo conosceva
già l’esito del vaticinio e il fatto che
continuasse a guardarlo così
cripticamente non lo stava aiutando.
Doveva
esserci però un motivo
per il quale era stato condotto lì.
Un
motivo perché era stato invitato
a guardare nello Specchio.
Un
motivo per il quale
Galadriel gli aveva detto che la sua esistenza a Valinor non sarebbe
stata per
sempre così travagliata.
L’Eternità
non sarà interamente grama con te, come adesso temi
…
Guarda
al futuro…
Appoggiando
le mani sul bordo
della vasca, chiuse per un attimo gli occhi. Sentiva lo sguardo
dell’Elfo su di
sé, il silenzio della notte, quell’odore
fortissimo di fiori che lo circondavano,
la luce dorata che rendeva tutto ulteriormente irreale
nonché simile ad un
sogno e, concentrandosi sul pulsare del suo cuore che avvertiva
forsennato, si
disse che era giunto il momento.
Galadriel
era rimasta al suo
fianco e da lì ne osservò il volto, quando infine
prese a fissare l’acqua
cristallina che riempiva lo Specchio Incantato. Lo vide spalancare gli
occhi,
mentre le immagini si susseguivano una dietro l’altra e la
profezia del suo
futuro sfilava repentina davanti al suo sguardo.
L’aria
tutt’intorno sembrava
essersi all’improvviso come immobilizzata, poi era diventata
densa in maniera
insopportabile, l’eco assordante di pianti, grida e gemiti si
era resa all’improvviso
udibile ed assordante, facendo impallidire sgomenta la Dama, infine
tutto era
tornato di nuovo sereno.
Frodo
era rimasto a lungo con
lo sguardo incollato allo Specchio, stordito da quanto aveva visto e
ascoltato,
poi si era voltato lentamente verso Galadriel.
L’Elfo
gli apparve
all’improvviso luminoso come una stella e
l’impressione venne confermata dallo
sguardo di lei, tornato limpido e di un blu intenso. Un sorriso
rassicurante le
incurvava le labbra. L’immagine divenne
all’improvviso sfocata e poi
indistinta. Rimase davanti ai suoi occhi come una macchia candida con i
contorni sfumati da un pittore poco attento. Lo stesso valeva per il
giardino che
li ospitava. Tutto era diventato simile ad un quadro di verde, giallo
oro e
nero amalgamati arbitrariamente.
Lacrime
calde e salate gli rigavano
le guance adesso rosate dall’emozione. Gli occhi erano
splendenti, un azzurro
intenso, come ravvivato dalla componente salina del pianto.
Galadriel
gli si avvicinò,
sorridendo ora dolcemente, felice di vederlo così emozionato
e finalmente in
grado di esprimere quello che provava. Da Elfo la aveva sempre stupita
la
semplicità degli Hobbit. Quell’esternare le
passioni, positive o negative che
fossero. Era rimasta però senza parole quando si era resa
conto che Frodo aveva
perso quella capacità, trascinando avanti i suoi giorni
fortemente inibito ed
evidentemente infelice.
Gli
sfiorò il viso
asciugandogli le tracce umide che ancora scendevano e, sempre
sorridendo, lo
riprese per mano e condusse al piano superiore, tornando
così di nuovo a
sedersi sulla fontana presso la quale si erano incontrati.
Il
rumore dell’acqua
zampillante sembrava essersi quasi attutito, come a fungere da colonna
sonora
appena accennata al dialogo che di lì a poco avrebbe avuto
luogo.
L’acqua
adesso cadeva giù
goccia a goccia.
Stilla
dopo stilla.
Lacrima
dopo lacrima,
accompagnando lo sfogo silenzioso dello Hobbit.
Frodo
soffermò lo sguardo
sull’ambiente che lo circondava. Scorse, al di là
del bordo della balaustra, le
acque del Mare appena illuminate dalla fioca luce dell’alba.
Il
sorgere del Sole era
vicino.
“Ho
visto la Contea …”,
iniziò voltandosi a guardare l’Elfo quieto e
regale seduto a suo lato che lo
invitò a continuare con un cenno della testa.
“Gondor…”, proseguì.
“… i Porti
Grigi”.
Galadriel
annuì ancora,
confermandogli così il fatto che già sapesse.
“Conosci
le loro spose?”.
“Non
sono sicuro… Merry
potrebbe aver sposato la sorella di Fatty, ma non l’ho
riconosciuta
chiaramente”.
Di
fronte ai quei dubbi,
Galadriel parlò. Era lieta di spiegare i punti oscuri di
quanto Frodo aveva
visto. Molte cose erano successe nella Terra di Mezzo da quando
l’avevano
lasciata.
Anche
lei le aveva apprese
grazie al suo Specchio Incantato.
Diversi
giorni prima aveva deciso di interrogare l’oracolo acquatico.
Quella decisione era scaturita dopo settimane di ripensamenti e
congetture che
l’avevano vista però sconfitta. Assolutamente
incapace di allontanare
l’immagine mesta dello Hobbit dalla propria mente e di giorno
e ancor peggio di
notte, aveva abbandonato il proprio letto nuziale come in trance,
bloccata
all’ultimo momento dalla presa gentile, ma decisa della mano
di Celeborn
intorno al suo braccio nudo.
Facendo
una smorfia di impotenza, vista la momentanea incapacità di
spiegarsi e riassumere coerentemente tutti i dubbi che
l’avevano accompagnata
negli ultimi giorni, aveva sospirato affranta e, di fronte
all’occhiata colma
di dolcezza e sostegno di Celeborn, accennato un sorriso,
accarezzandogli una
guancia con mano tremante e ceduto a quell’invito tacito che
le consigliava di
confidarsi con lui.
“Voglio
interrogare lo Specchio”, aveva dichiarato con voce ferma,
soffermando nuovamente il proprio sguardo sul bel volto di Celeborn,
per
coglierne ogni singola sfumatura di fronte a quella che sapeva essere
una
pazzia.
“È
per Frodo, sbaglio forse?”.
“No…
anche se è mia intenzione cercare di veder chiaro nel mio
futuro e
intuire forse qualcosa del suo…come
conseguenza…”, aveva cercato di spiegarsi.
“Sapevo
che lo avresti fatto prima o poi”, aveva parlato Celeborn,
accennando un sorriso mesto.
“Tu…
sapevi?”.
“Sono
giorni che deambuli tra queste mura senza sollievo. Inoltre la
preoccupazione nei tuoi occhi è palese, Mia
Signora”, aveva chiarito l’Elfo,
indossando con gesti abili un lungo abito bianco, corredandolo con un
mantello
azzurro cielo.
“Cosa
stai facendo?”, aveva domandato Galadriel osservando i
movimenti del
compagno e sentendosi arrossire sotto quello sguardo acuto ed
intelligente.
“Ti
accompagno”, aveva risposto lui con un mezzo sorriso,
porgendole a sua
volta una veste immacolata e aiutandola ad indossarla, senza aggiungere
nessun’altra parola.
Era
rimasta a lungo di fronte la vasca brunita, eretta e fiera nel suo
mantello candido, come in contemplazione. Prima di riempirla aveva
cercato
ancora una volta il sostegno negli occhi del Signore dei Galadhrim che
rimaneva
a una certa distanza.
Rassicurata
da un impercettibile cenno affermativo di quella testa regale,
aveva compiuto quel gesto così usuale per lei, versando il
liquido trasparente
della brocca nello Specchio.
Si
era concentrata con tutta se stessa, gli occhi chiusi, completamente
distaccata da quanto la circondava, ma nulla era accaduto. La
superficie
acquatica era rimasta immobile e nessun vaticinio era stato leggibile.
Di
fronte a quell’iniziale fallimento, non aveva desistito, ma
ancora per
due, tre volte nulla era avvenuto.
Era risuonata allora nell’aria
l’eco beffarda di quanto aveva detto un
tempo a Frodo, dopo aver superato la prova a cui l’aveva
sottoposta l’Unico
Anello.
I passed the test.
I will diminish, and go into the West, and
remain
Galadriel…
I will diminish…
I will diminish…
I
will diminish…
“Perderò
i miei poteri…”, aveva ripetuto allora a voce
alta, mentre il coro
scoraggiante e stridulo provocato dalla natura incantata delle acque,
che
alimentavano anche la fontana superiore, si estingueva.
“Ciò è quanto dissi a
Frodo… è così… ho perso i
miei poteri”, aveva continuato, sentendo la
disperazione sopraffarla e delle lacrime inaspettate bruciarle gli
angoli degli
occhi, ora colmi di delusione.
Celeborn
aveva tratto un profondo sospiro, intimamente lacerato di fronte a
quell’immagine estremamente fragile della sua sposa. In cuor
suo si era aspettato
un epilogo del genere, non per questo però ne gioiva. Si era
illuso in qualche
modo con lei che le capacità divinatorie sarebbero tornate
all’improvviso. Osservando
lo Specchio e le sue acque assolutamente immobili, gli era parso mesto
oltre
ogni dire, ma aveva sollevato di nuovo lo sguardo sul volto di una
Galadriel
indecisa sul da farsi come mai l’aveva vista.
“Prova
ancora…”, l’aveva invitata.
“Se è davvero questo l’unico modo per
cercare di aiutare Frodo, non devi arrenderti dopo alcuni primissimi
tentativi.
Sei stata una veggente per la maggior parte della tua esistenza. Parte
di quel
potere positivo deve essere rimasto in te anche qui a Valinor, come
è accaduto
al piccolo Hobbit, sebbene alle prese con una forza diametralmente
opposta alla
tua”.
Udendo
quel messaggio di speranza scandito da quella bella voce virile,
colma di sostegno, la Dama aveva cercato di liberare la propria mente
dai
residui di quell’eco doloroso che ribadiva la sua sconfitta e
che non aveva
risparmiato nemmeno lei. Aveva ricacciato indietro
l’afflizione ed era tornata
a concentrarsi.
Nulla
di notevole si era verificato inizialmente, ma poi le acque dello
Specchio
avevano iniziato a muoversi, dapprima impercettibilmente, in seguito
sempre di
più, infine una luce luminosa ne era scaturita e immagini
variegate e complete
si erano invece susseguite sulla superficie liquida in movimento.
Passato,
presente e futuro della Terra di Mezzo e di Valinor si erano
intrecciati,
facendole avere un quadro generale molto più ampio di quello
che si era
immaginata. E quanto aveva avuto modo di conoscere, l’aveva
di molto sollevata.
Soprattutto per Frodo. Nella fattispecie aveva visto esattamente parte
del
futuro del piccolo Hobbit, richiedendo al suo fisico ed alla sua mente
uno
sforzo grandissimo, che l’aveva fatta sentire
all’improvviso come svuotata e
crollare a terra, piegandosi sulle proprie ginocchia prive di forze.
Celeborn
le era stato subito accanto, chiamandola allarmato e trovandola
semicosciente. Le aveva allora accarezzato il volto pallido, ma tiepido
come
sempre e aveva sentito le mani nobili dalle dita sottili, stringere le
sue e
mormorare un flebile: “Ho visto…”.
“Lo
so…”, le aveva risposto sollevato, invitandola a
non sforzarsi
ulteriormente e, sollevandola da terra, l’aveva presa in
braccio e ricondotta
nelle proprie stanze, liquidando con un gesto rassicurante e imperioso
della
mano le ancelle che erano loro accorse incontro, vedendo lo stato di
sofferenza
nel quale sembrava immersa la propria signora.
Era
stato lui a occuparsi di lei, accorto e gentile. Le aveva tolto le
lunghe
vesti, appena macchiate di verde alla base per via del contatto con il
prato
del giardino e ricoperte qua e là di foglioline e rametti,
per farla distendere
sul letto, coprirla amorevolmente e vegliarla per tutta la notte e nei
successivi quindici giorni.
Tale
era stato il tempo della degenza e nulla rimaneva adesso di quel
malessere.
Era
guarita.
Il
suo organismo aveva recuperato gradualmente forza, così come
la sua
mente aveva riacquistato immagini, ricordi e capacità di
intendere,
momentaneamente venuti meno.
Forse
adesso aveva davvero perso i propri poteri.
Definitivamente.
Tuttavia
era stato per Frodo e non c’era null’altro da
aggiungere.
“Il
Signore della Terra di
Buck ha sposato Estella Bolger, sorella di Fredegar, come hai intuito.
Il Conte
Peregrin invece ha preso in sposa Diamante di Lungo
Squarcio”, rispose,
focalizzandosi di nuovo sul suo ansioso interlocutore.
Frodo
sorrise udendo i titoli
onorifici con i quali si era riferita ai due cugini.
L’espressione
affettuosa
dipinta sul suo volto intenerì l’Elfo. Il legame
che legava agli Hobbit sarebbe
davvero durato per l’Eternità, a prescindere dalla
loro presenza o non presenza
a Valinor.
“Hanno
ricevuto la giusta
onorificenza per quanto hanno portato avanti”, sorrise
serena, ricordando il
volto allegro dei due Hobbit della Terra di Buck.
“Sono
felice per loro”, annuì
Frodo sincero. “Li ho conosciuti giovani e spensierati. Li ho
rivisti avanti
negli anni e più maturi, ma per me rimarranno Merry e Pippin
per sempre”,
aggiunse a voce appena più bassa, velata da un
impercettibile nota malinconica.
“C’era un matrimonio…”, si
riprese subito dopo, curioso di chiarire i numerosi
punti oscuri insiti in ciò che aveva visto per degli attimi
brevissimi.
“Faramir…”,
rispose la Dama
di Lórien. “Il figlio di Diamante e Peregrin.
Sposerà Goldilocks… Gamgee”.
“Gamgee?”,
chiese Frodo
genuinamente sorpreso. “Sam e Pip con-suoceri?”,
rise spontaneamente, non
riuscendo a pensare a nulla di più improbabile in un certo
senso. “Ce n’è per
riempire più di un albero genealogico”,
considerò poi riferendosi alla passione
Hobbit per eccellenza.
“Arwen
Undómiel ed Elassar…”.
“Vivono
felici a Gondor,
Frodo. Regnano su quelle terre con saggezza. La Terra di Mezzo sta
conoscendo
una nuova era. Estremamente prolifica e indubbiamente
pacifica”.
“Esattamente
come quando
l’abbiamo lasciata”, disse Frodo, mentre, ad occhi
chiusi, rivedeva i volti
sereni sebbene un po’ invecchiati della Stella del Vespro e
di Aragorn. L’età
non li aveva però imbruttiti, piuttosto aveva loro conferito
una sorte di luce.
Il riflesso della loro felicità interiore,
considerò tra sé, riaprendo gli
occhi e rivolgendosi di nuovo a Galadriel.
“Parlatemi
di Sam, Mia
Signora”.
“Anch’egli
è molto felice,
Frodo. Il suo matrimonio con Rosie è benedetto dai Valar.
Hanno avuto una
famiglia numerosa. Tu hai avuto modo di conoscere solo Elanor, ma sono
nati
altri piccoli. Il secondogenito, Frodo-lad, porta il tuo stesso nome.
Poi sono
arrivati Rose, Merry, Pippin, Goldilocks, Hamfast, Daisy, Primrose,
Bilbo,
Ruby, Robin e Tolman. Sam è un padre giusto e molto
amato”.
Frodo
rimase in silenzio
trovando però conferma alle sue supposizioni. Aveva visto
con i suoi stessi
occhi la nascita dell’unione tra Rosie e Sam e adesso aveva
la conferma che
fosse di fatto indistruttibile. L’immagine di una Bag End pullulante di esserini dalle
orecchie a punta con il capo
colmo di riccioli biondi e dallo sguardo dolce lo fece sorridere e
sospirare di
malinconia al tempo stesso. Una morsa lo strinse forte
all’altezza del cuore,
mentre sentiva gli occhi farsi di nuovo umidi.
“Mi
mancano…”, mormorò
fiocamente, come riflettendo ad alta voce.
“Ti
manca la Contea?”,
inquisì Galadriel accortasi del repentino cambio di umore
nella creatura bruna
che adesso teneva ambo le mani strettamente chiuse intorno al bordo
della vasca
sulla quale erano seduti.
“Sì…
mi manca la mia vita lì…
ho nostalgia di tutto… soprattutto delle persone”.
“Perché
hai deciso di attraversare
il Mare, Frodo?”, azzardò allora la Dama.
“Non
so se si possa parlare
di una vera e propria decisione… non riuscivo più
a… vivere, a riprendere il
filo della mia esistenza dopo la distruzione dell’Anello e la
liberazione della
Contea. Era come se non appartenessi più a quei
luoghi...”, iniziò a spiegare
il giovane, la mente rivolta agli ultimi mesi nella Terra di Mezzo.
“Inoltre mi
ero reso conto che la mia presenza amareggiava in qualche modo
l’esistenza di
tutti coloro che mi erano vicini. Io non avevo più nulla da
vivere, né da
scrivere. Per questo me ne sono andato. Ho consegnato il Libro
Rosso a Sam, perché
era giusto che fosse lui a tenerlo e a continuare a riempire quelle
pagine. Non
era invece tale che continuassi a farlo preoccupare. Ho fatto la scelta
migliore andandomene, ma credo di essere stato allo stesso
tempo… egoista. Ho
pensato… solo a me. L’ho visto, Mia
Signora… ho visto Sam, mentre versava milioni
di lacrime a causa mia, dopo la mia partenza. Forse ancora di
più di quelle che
versava quando stavo male, ma condividevamo ancora lo stesso tetto. Ho
sentito
la sua voce… qui, la voce di tutti gli altri, prima che voi
arrivaste e poi
presso lo Specchio… Credevo di risolvere tutto
allontanandomi dalla Contea, ma i
Valar non erano dello stesso parere…”. Il discorso
era stato lungo, articolato
su delle lunghe pause e acceso nel finale. La voce salita di qualche
tono, a
testimoniare il dispiacere profondo che quelle immagini avevano
originato.
“Non
è stato egoismo, Frodo…
Samwise e tutti gli altri hanno sofferto molto per la tua partenza,
sentono
ancora la tua mancanza, ma cercano di vivere al meglio la loro
esistenza. Non
hanno reso vani i tuoi sforzi. Non hanno vanificato l’esito
dell’Avventura
dell’Anello, lasciandosi abbattere dalla
sofferenza”, parlò Galadriel
osservandolo adesso distante, le iridi cupe.
“Perché tu stai vanificando i loro
sforzi invece? Perché stai permettendo all’Anello
di avere la meglio sulla tua
natura? Questa è stata certamente modificata durante il
corso della Quest, Frodo, ma non
distrutta. Hai
conosciuto la corruzione, hai convissuto con lei a lungo, ma
continuando a
sentirti più legato a lei che ai tuoi affetti e alla tua
vita non riuscirai ad
allontanarla da te”.
Frodo
sentì le lacrime scorrergli
di nuovo sul volto, mentre rivedeva davanti a sé alcuni
flashback del passato,
e il tono privo dell’usuale amabilità, seppure non
irato o acuto, di Galadriel
scudisciava i suoi nervi già fortemente provati.
Quanti
avevano perso la vita
lottando contro Sauron?
Quante
volte Sam lo aveva
protetto?
Quanto
audaci erano stati
Merry e Pip a dispetto della loro natura pacifica?
Quanto
coraggiosi ed abili in
battaglia erano stati Aragorn, Legolas, Gimli, Éomer, Dama
Éowyn e tutti gli
eserciti che con loro avevano combattuto?
Stava
davvero vanificando
tutto, lasciandosi amareggiare dal suo personale rapporto con
l’Anello?
A
cosa era servito lottare
allora se adesso, a distanza di un tempo che iniziava ad essere
cospicuo, lui
soccombeva a quelle vecchie ferite e a quegli incubi notturni?
L’obiettivo
della Ricerca era
stato quello di riportare la serenità nella Terra di Mezzo,
perché allora si
era tagliato fuori da quell’atmosfera gioiosa ritrovata,
annullando gli sforzi
altrui?
Ignorando
le lacrime che
continuavano a scendere e cercando di trattenere i singhiozzi che
avvertiva in
gola, riprese a parlare. “Rosie
morirà…”, mormorò, rivedendo
l’immagine
dell’ormai anziana Hobbit circondata da fiori rosa e adagiata
in una bara
candida. Uno Hobbit che, dalla vivacità dello sguardo, aveva
riconosciuto
subito come Sam, nonostante l’aspetto fisico notevolmente
diverso, i capelli
ormai bianchi e il volto che esprimeva una sofferenza profonda per la
morte di
colei che era stata una compagna di vita per moltissimi anni.
Rispettando
la decisione dello
Hobbit nel cambiare parzialmente argomento, Galadriel rispose:
“Accadrà nel FO
61… compiuti i 98 anni”.
“Ho
visto uno Hobbit con in
mano il Libro Rosso di Bilbo, sul
molo… presso Grey Havens. Guardava verso Ovest… i
capelli biondi mossi dal
vento… poco distante da lei un altro Hobbit con in braccio
un piccolo di
qualche anno…”, descrisse Frodo, guardando la Dama
della Luce. “Elanor…?”,
azzardò quindi, dando voce al suo dubbio.
“Sì…
con suo marito, Fastred di
Verdolmo, e il piccolo Elfstan…”.
Lo
Hobbit allora si lasciò
sfuggire un mormorio di sorpresa, necessitando di qualche istante per
riprendersi. “È strano… per me,
pensarla madre… quando ho lasciato la Terra di
Mezzo era una bambina…”, spiegò
incredulo e come cosciente solo adesso che
nella Terra di Mezzo il tempo avesse davvero continuato la sua corsa.
“Amava le
mie storie… passavamo molte sere seduti sui gradini del
portico di Bag End, respirando il
profumo dei fiori
del giardino, bevendo limonata e mangiando dolci…”.
“È
molto graziosa, Frodo. È
stata spesse volte scambiata per un Elfo e si è guadagnata
appunto il
soprannome di Elanor la Bella. È una delle dame di
Arwen”, spiegò Galadriel
sorridendo al ricordo della nipote.
“Perché
una Fontana delle
Lacrime è qui? Valinor non è il regno della
gioia?”, chiese lo Hobbit
improvvisamente, assorbendo quelle informazioni, conscio del fatto che
lui non
aveva vissuto quei cambiamenti. “No…”,
si rispose da solo. “Almeno, non per
tutti allo stesso modo…”.
La
Dama annuì. “Questa fontana
è alimentata dalla sorgente che hai visto dabbasso. Avendo
vissuto il vaticinio
per via di questa stessa acqua, hai avuto modo di sentire il pianto di
Sam e di
tutti coloro che hanno perso la vita nella Terra di Mezzo a causa
dell’Anello. Sono
le tue memorie, Frodo. La fontana ha dato loro voce, ma non ha
inventato nulla.
Sei stato tu a fornirle quel materiale. È tutto nella tua
testa, racchiuso nel
tuo cuore e nella tua anima. È però uno strumento
dalla doppia faccia, può
aiutare o condannare definitivamente. E Valinor non è immune
dal male. Qui
penetra con minore vigore, ma vi penetra. Prima della vicenda
dell’Anello, ne
era completamente privo e le acque della sorgente non avevano nessun
potere…
Non devi però temerle. Non più almeno. Hai
superato la prova…”.
Come
ho fatto io… aggiunse
poi silenziosamente tra se e sé.
Frodo
rimase per un po’ in
silenzio, assimilando quelle nozioni e cercando di capire cosa volesse
dire hai superato la prova. Prese
così a
parlare, illustrando l’ultima immagine che aveva visto.
“Tutto
quello che ho scorto,
è destinato ad avverarsi, Mia Signora?”.
“Abbiamo
avuto modo di
appurare in più di un’occasione che i vaticini
dello Specchio sono
indiscutibili”.
Lo
Hobbit spalancò allora gli
occhi, avendo conferma dell’impossibile solo a pensarsi
appena qualche ora
prima.
“Dunque
Sam verrà qui… dopo
la morte di Rose… dopo aver consegnato il Libro
Rosso ad Elanor?”, espresse infine, sentendo la
voce tremargli e sentendosi
all’improvviso soffocare.
“Ti
piacerebbe rivederlo,
Frodo? Passare l’Eternità accanto al tuo migliore
amico?”.
“Ho
pensato spesse volte a
come sarebbe stato se avessimo avuto l’opportunità
di rivederci, ma essendo un
qualcosa legato ad una sua traversata verso Ovest, mi sono sempre detto
che era
impossibile… che io e Bilbo eravamo qui perché ci
era stato accordato un
permesso speciale… cosa che Sam e tutti gli altri componenti
della Compagnia
meriterebbero… ma che non hanno avuto”.
“Alcuni
di loro lo avranno…”,
intervenne Galadriel. “Gimli e Legolas… dopo
Samwise”, disse infine l’Elfo,
sorridendo dolcemente.
L’inconsueta
coppia formata
dal concreto Mastro Nano e dall’etereo Principe di Mirkwood,
fece sorridere di stupore
Frodo, ma quel sorriso divenne qualcosa di più avendo
conferma del fatto che
Sam e così parte della Contea lo avrebbero raggiunto.
Quasi
stordito dall’energia
che sentì attraversargli il corpo senza preavviso e
sentendosi di riflesso,
vivo come non lo era da secoli, sostenne lo sguardo amorevole della
Signora di
Lóthlorien, ora conscio di cosa volesse dire aver
superato la prova. Aveva archiviato parte di quelle memorie,
non aver ceduto di nuovo al loro carico di disperazione e malinconia
pur
avendole risentite grazie al potere di quell’acqua incantata,
ecco cosa voleva
dire.
Migliore
amico…
rimbombarono quelle due all’apparenza semplici parole
nella sua testa, riscaldandogli l’anima.
Padron
Frodo…
Signor
Frodo…
E
se Sam non lo considerasse il
suo migliore amico invece?
Se
si sentisse legato a lui
solo da un legame servo-padrone?
Era
riuscito a fargli capire
che in realtà per lui non era mai stato un servitore,
bensì un pari?
Sam
sarebbe davvero giunto a
Valinor per stare con lui spontaneamente o semplicemente avrebbe
seguito il suo
grandissimo senso del dovere, ritrovandosi così a seguire il
suo padrone anche
nell’Eternità?
Erano
pensieri crudi questi,
che gli procuravamo un dolore quasi più sordo di quello
della lama avvelenata di
Morgul.
Ma
qualcosa nel più profondo
gli diceva che non poteva essersi sbagliato fino a quel punto.
Sam
non poteva considerarlo
solo come il suo padrone.
Era
un’amicizia profonda e
speciale la loro, rinsaldata dagli avvenimenti che avevano avuto modo
di vivere
insieme, si ripeté caparbiamente, percependo parte del
calore precedente
l’intromissione di quei pensieri scomodi, tornare.
Galadriel
osservò il volto
rosato del piccolo abitante della Contea. Il pallore sembrava
scomparso, le
guance erano accese, la voglia di vivere sembrava circolare di nuovo in
quel
corpo provato da quei lunghi anni di sofferenza. Vedendolo riflettere
senza
esternare i suoi pensieri rimase anch’essa in silenzio,
sebbene avesse sentito
forte l’istinto di chiedergli qualcosa di più. Il
suo aspetto raggiante però
soddisfece in qualche modo la curiosità, esprimendo molto
più quanto avrebbero
fatto mille parole.
La
luce alabastrina dell’alba
squarciava il cielo all’orizzonte. Uno spettacolo come sempre
mozzafiato quello
della nascita del giorno. L’Elfo immerse una mano
nell’acqua fresca della fontana,
che aveva ripreso a essere alimentata da getti copiosi, ma quello che
avvertì
non fu angoscia, piuttosto un senso di tranquillità, forse
ritrovata.
Prova
superata.
I will not say, do not
weep, for not all tears are an evil.
Il
pianto non è sempre
sintomo di sofferenza.
Felicità.
Speranza.
Ciò
era quanto veniva
esternato in quel frangente.
Frodo
lasciò che le tracce
salate uscissero ancora a lungo dai suoi occhi. Non si accorse dello
sguardo
ceruleo di Celeborn né di quello blu di Gandalf il Bianco
che osservavano la
scena da prospettive diverse, ma entrambe nascoste. Lo stesso sorriso
disteso
ed enigmatico aleggiava però sui loro volti, mentre un
ringraziamento
telepatico giungeva in contemporanea alla mente di Galadriel.
Costei
avvertì immediatamente
le presenze dissimulate del consorte e del Maiar e li
salutò, splendente come
il mattino nascente che li circondava.
Un
sorriso gioioso sul bel
volto regale, grata loro per quel supporto.
Osservò
poi Frodo voltarsi
verso l’acqua che riempiva la vasca alle loro spalle e
fissò anch’essa il
riflesso di quel volto gentile, appena tremante per via dei getti
acquatici
provenienti dall’alto. Un’ultima lacrima solitaria
scivolò giù per la guancia
un tempo paffuta, ma ora non più cerea. La sfumatura rosata
dell’emozione la
faceva apparire meno scarna di quanto in realtà non fosse,
così come il fisico
minuto sembrava rinvigorito dalle ultime scoperte e gli occhi simili a
due
turchesi che scintillavano come il diamante più prezioso.
Frodo
immerse ambo le mani
nell’acqua per poi passarsele sul volto e così
rinfrescarsi. Le guance
scottavano al tatto, ma non era la solita febbriciattola a renderle
roventi.
Avvertire di nuovo l’entusiasmo pulsargli dentro dopo quella
che sembrava
davvero un’eternità. Ecco la causa.
Con
il volto ancora umido
scese dalla fontana, invitando silenziosamente Galadriel a seguirlo.
Dopo
pochi passi, si fermò
nei pressi della balaustra che si estendeva a sinistra del muro
ricoperto
dall’edera e dal cuscino di morbide gardenie.
Anch’essa nivea, la ringhiera
sembrava risplendere grazie al riflesso della luce mattutina. Da quel
punto il
Mare in lontananza era uno spettacolo di bellezza unica.
Ovviando
l’altezza del muro
altrimenti per lui proibitiva, si sollevò sulle punte dei
piedi e appoggiò le
braccia sul marmo del davanzale. Il vento leggero gli solleticava il
volto
disteso, asciugando le ultime gocce d’acqua.
“Ti
darai una possibilità?”
Dimenticherai
il passato?
La
mano di Galadriel si era
posata sulla sua spalla, mentre le labbra rosee formulavano dolcemente
quella
domanda. Annuì allora con un silenzioso cenno del capo,
mentre guardava
avidamente il Mare che risplendeva cristallino davanti ai suoi occhi
luminosi,
ringraziando mentalmente l’alba che stava cedendo il posto a
un mattino, dopo
molto tempo, portatore di speranza.
Il
suo Sole sembrava essere finalmente
giunto.
La
nebbia argentea della sua
esistenza iniziava parzialmente a dileguarsi.