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Autore: stormy    03/05/2005    6 recensioni
How do you pick up the threads of an old life? How do you go on, when in your heart you begin to understand there is no going back? There are some things that time cannot mend. Some hurts that go too deep, that have taken hold…
Genere: Malinconico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frodo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ancora un grazie a tutte, ragazze. I vostri commenti significano moltissimo per me, specie perché sto cercando di cimentarmi in un genere che non è propriamente il mio, descrivendo personaggi che sono tutt’altro che inclini al mio “normale” modo di vedere le cose, come qualcuno ha fatto giustamente  notare ().
 
Questo capitolo è l’ultimo di “Ainadamar”, storia prologo a una prossima alla quale sto lavorando e che dovrebbe chiamarsi: “This thing of darkness I acknowledge mine”, citazione da “La Tempesta” di W. Shakespeare e che vorrebbe dire “Questa creatura dell’oscurità che riconosco simile a me” o varianti affini.

Cosa c’entra con LotR?

Cercherò di spiegarvelo prossimamente… 

Buona lettura.

*

AINADAMAR

Capitolo tre
Oro

 

Lo sguardo affettuoso di Gandalf, di un cobalto intenso e ombreggiato da sopracciglia candide e cespugliose, incrociò quello colmo di tristezza di Galadriel. 

Silenzioso, il Maiar aveva abbandonato le sue stanze per parlare infine con Frodo. Senza indugiare ulteriormente si era diretto nel giardino dabbasso, un luogo che lui stesso amava, in particolar modo quella fontana, simbolo dell’eterno ciclo della vita, con il suo flusso appunto senza fine e in grado di tradurre in realtà i pensieri più cupi di quanti decidevano di sostarvi presso, immersi nelle proprie riflessioni. Stimando che Frodo si sarebbe sentito a disagio, torturato dall’eco feroce dei suoi incubi peggiori, non era più riuscito a rimanere confinato nel suo appartamento. 

Un luogo idoneo alla riflessione durante le nottate insonni.

Un luogo positivo e negativo allo stesso tempo, giacché da quel confronto crudo e diretto con le proprie memorie, si poteva uscire sia vincitori che definitivamente sconfitti. 

La seconda opzione lo aveva fatto rabbrividire e pregare i Valar, affinché l’amico dimostrasse ancora una volta la sua incredibile capacità di resistere e fronteggiare le situazioni difficili. 

Ma qualcuno lo aveva preceduto. 

Avanzando con leggerezza e senza produrre alcun rumore, si era fermato sugli scalini d’accesso al giardino e scorto così l’immagine da un lato insolita, dall’altro innegabilmente dolce, di Galadriel e lo Hobbit. 

Accennò un sorriso alla sua ospite, speculare a quello che lei gli fece di rimando. Un miscuglio non ben distinto di mestizia e sollievo. Rimase fermo sui gradini, la tunica nivea che indossava a creare una macchia di colore lunare, visti i raggi dell’astro che ne valorizzavano la trama della stoffa immacolata. Gli occhi si abbassarono sino a focalizzarsi su un’aiuola colma di iris bianchissimi. Socchiuse allora le palpebre, sospirando appena percettibilmente e avvertendo lo spirare di una brezza tiepida dal Mare poco lontano, a Oriente, per poi tornare ad osservare quella scena singolare. 

Che la Signora del Castello fosse riuscita a scalfire il muro di simulazione che Frodo aveva costruito intorno a sé per non farli preoccupare e che lui, Mithrandir, per primo, non aveva avuto il coraggio di provare a scalfire? 

Che Frodo aveva ammesso il suo disagio sinceramente e non solo a se stesso? 

Riflettendo su questi interrogativi, chinò appena il capo canuto, congedandosi da Galadriel e tornando silenziosamente nella sua stanza da letto, invisibile e discreto come era comparso solo alcuni istanti prima. Avrebbe rimandato il suo discorso con il piccolo abitante della Contea e, in cuor suo, sperava avvenisse quanto prima. Desiderava scambiare di nuovo quattro chiacchiere con lo Hobbit, vederlo sorridere di fronte alle sue trovate bizzarre, godere dello spettacolo di quegli occhi incredibilmente azzurri spalancarsi dallo stupore, ascoltare la sua voce musicale fare domande e dare risposte. Desiderò come non mai che Frodo Baggins tornasse se stesso. 

Così innocente e sincero da far male il solo pensarci. 

E proprio costui, ignaro di quanto gli stesse accadendo intorno, si allontanò gentilmente dall’Elfo del Bosco d’Oro, sciogliendo così l’abbraccio che li legava. Uno sguardo riconoscente colmò i suoi occhi azzurro cupo e, senza cambiare posizione, continuò ad osservare il volto luminoso della Signora dei Galadhrim.

Uno sguardo il suo che oltre ad esprimere riconoscenza, comunicava però anche attesa. 

Galadriel lo comprese immediatamente, senza stupirsi troppo. Frodo era in grado di cogliere le sfumature come il più perspicace degli Elfi e gli anni trascorsi in compagnia dei Luminosi, non avevano fatto altro che rafforzare questa caratteristica latente in lui, prima di venire così positivamente affinata. 

Sorridendogli con il volto privo di ombre meste, appoggiò i piedi a terra. Il fruscio delle vesti accompagnò quel movimento e anche sul volto di Frodo si dipinse un sorriso. Rinfrancata da quello sguardo sereno, concentrò la propria attenzione su quei lineamenti ora distesi.

 Il vecchio Frodo della Contea non doveva poi essere diverso dall’essere con gli occhi scintillanti di attesa e speranza come quello che sostava ancora seduto ad un passo da lei.

Un’immagine bellissima che testimoniava una purezza e un’onestà difficili da esprimersi a parole. 

Porgendogli la mano, lo invitò a scendere dalla fontana e quindi a seguirla. 

Frodo osservò la mano che Galadriel gli aveva porto, comprendendo che la sua aspettativa stava per essere soddisfatta e tutti i suoi interrogativi forse chiariti, per afferrarla senza aspettare un attimo di più e, silenzioso, camminarle accanto. 

Percorsero diversi metri prima di deviare sulla destra del giardino e ritrovarsi quindi di fronte la parete di pietra calcarea, verde di edera e candida di gardenie, che Galadriel aveva osservato in precedenza, dall’alto della sua stanza. Il profumo dei fiori era quasi stordente e a Frodo balenò dinanzi l’immagine del giardino di Bag End curato ad arte dalle mani laboriose di Sam. 

Scesero una decina di scalini, coperti qua e là di muschio vellutato ed accedettero infine al piano inferiore del parco. Un cantuccio seminascosto e cinto da un boschetto di mellyrn. Quest’ala del parco era un piccolo angolo di Lothlórien trasferito al di là del Mare. Se il resto del castello poteva in qualche modo ricordare Gran Burrone o forse addirittura Minas Tirith, per via del candore immacolato delle mura e delle pareti, qui le cose cambiavano. 

Il boschetto di mellyrn risplendeva come oro brunito. Sia la corteccia degli alberi, sia le loro foglie erano splendenti di riverberi gialli e luminosi. Sollevando lo sguardo sulle cime dei mellyrn, Frodo poté intravedere i tipici flet, i miniappartamenti che aveva conosciuto a Lórien e sui quali aveva dormito durante il suo soggiorno in quella Terra. In un certo senso non era stupito da quella scoperta, né da quell’improvviso salto nel passato.
 
Galadriel era la regina dei Galadhrim, la Gente degli Alberi per l’appunto, era impossibile che lì a Valinor avesse dimenticato la sua vera natura. A completare quel quadro di oro splendente concorreva un intero prato di elanor, dai tipici fiorellini a stella e dai petali appuntiti, risplendente come non mai per via di quel rifrangersi intrecciato di riflessi. 

Un cambiamento improvviso, ma ugualmente mozzafiato rispetto al candore perlaceo che invece caratterizzava il piano superiore del giardino.

Un ricordo ulteriore prese forma nella sua mente. Ancora di più quando vide, sulla destra dell’ellisse che li ospitava, quello che conosceva con il nome di Specchio di Galadriel. La bassa e poco profonda vasca d’argento incassata nella pietra che, colmata d'acqua, era in grado di rivelare immagini del passato, del presente e del futuro, risplendeva, infatti, nella penombra, come la stella lucente di Eärendil. 

Voltò la testa in segno di domanda e Galadriel gli rivolse un’espressione enigmatica che lo fece irrigidire. Stava accadendo tutto come nel loro incontro a Lórien, quando il vaticinio improvviso della Dama lo aveva più spaventato che rassicurato. La mano calda dell’Elfo però continuava a stringere la sua premurosamente e ciò lo rese ancora più confuso. 

Galadriel percepì quell’improvvisa titubanza da parte della piccola creaturina, ritrovandosi lei stessa immersa nel déjà-vu del loro primo incontro. Chiuse, infatti, gli occhi per un attimo, e tornò quindi a guardarlo per accarezzargli lievemente una guancia. 

“Non hai nulla da temere”, lo rassicurò con voce affettuosa. 

“Lo Specchio…”, articolò Frodo. “Non ho dei bei ricordi…”, spiegò, mentre un intrecciarsi di voci si rincorrevano nella sua testa. 

Will you look into the mirror?

>>What will I see?

Not even the wisest can say, for the mirror shows many things. Things that are, things that were, and some things that have not yet come to pass.

>>I cannot do this alone.

You are a Ring-bearer, Frodo. To bear a ring of power is to be alone. This task was appointed to you, and if you do not find a way, no one will.

>>Then, I know what I must do. It's just I am afraid to do it.  

“Avevo visto immagini di Legolas, Merry e Pippin, Sam quindi… Gandalf con le sue nuove vesti. La Contea così come l’avevo lasciata, poi devastata, piena di Orchi, come avrei scoperto al mio ritorno. Sam in catene… infine l’Occhio e l’Anello che diventava sempre più pesante, come avesse voluto tuffarsi nelle acque dello Specchio”, elencò ricordando adesso chiaramente quanto la superficie riflettente aveva profetizzato e portandosi istintivamente le mani al collo, come a cercare la catenina con il cerchietto dorato. 

Non trovandolo però sollevò di nuovo lo sguardo smarrito su Galadriel.
 
“Ricordo la tua visione, Frodo”, annuì costei, spiacendosi di vederlo di nuovo confuso e sofferente, a cercare quell’Anello che sembrava essere diventato una sorta di appendice mai dimenticata, data quella reazione immediata. Le sue stesse parole, colme di notizie nefaste, si facevano spazio negli scomparti della sua memoria...
 

I know what it is you have seen, for it is also in my mind…

The Fellowship is breaking.

Already it has begun.

He will try to take the Ring.

You know of whom I speak.

One by one, it will destroy them all.

“…ma appartiene al passato”, continuò tornando in sé. “Se siamo qui, non è per rivangare le cose che sono state”.
 
Frodo sospirò pesantemente, facendo scivolare via la sua mano da quella di Galadriel per avvicinarsi ancora di più presso lo Specchio. “Per un attimo mi è sembrato di trovarmi ancora lì… ho quasi percepito la presenza fisica dell’Anello”. 

L’Elfo era rimasto invece qualche metro più in là, osservando la figuretta dello Hobbit e ascoltando attentamente le sue parole. “È il passato, Frodo”, ribadì con l’usuale tono melodico della voce, ma con, allo stesso tempo, una determinazione che forse strideva con la sua aura solitamente quasi fragile. “Dovresti darti una possibilità… guardare al futuro”, aggiunse sibillina. 

“Guardare al futuro?”, chiese Frodo abbassando lo sguardo e fissandolo per un attimo su un punto indefinito tra sé e Galadriel. “Quale futuro?”, domandò poi con voce incredula. “Verso quale futuro dovrei guardare, Mia Signora? Ho davanti l’Eternità e, contrariamente a quello che credevo, non c’è nulla di cui essere lieti…”. 

“Sbagli, Frodo”, ribatté invece l’Elfo incamminandosi con passi lenti verso la vasca argentata. “L’Eternità non sarà interamente grama con te, come adesso temi”, aggiunse voltandosi di nuovo verso lo Hobbit e ritrovandosi così di fronte a lui. 

“L’Eternità non sarà interamente grama con me, come adesso temo…? Non capisco”. 

“Guarda al futuro”. 

All’ennesimo invito di Galadriel, Frodo diresse lo sguardo, in quel frangente plumbeo come un cielo autunnale, verso il bagliore argenteo che nasceva sulla superficie della vasca, grazie al riflesso della Luna. 

Guarda al futuro…

“Lo Specchio?”, domandò allora fissando la Dama di Lothlórien. 

Galadriel annuì, prima di afferrare la brocca brunita adagiata sul terreno, riempirla con le acque limpide della sorgente che sgorgava presso uno degli alberi dalle grandi foglie dorate e versarne il contenuto trasparente nello Specchio. “È pronta, Frodo”, comunicò subito dopo. Il suo volto era ermetico in quel momento, quasi grave. 

A causa di questo, Frodo non si sentì affatto rassicurato. L’atteggiamento e le parole della sua ospite erano più che contraddittori ai suoi occhi. Non riusciva a comprendere da quanto si erano detti cosa lo avrebbe aspettato. Incerto, si voltò comunque verso lo specchio d’acqua che sembrava aspettarlo. Sapeva che l’Elfo conosceva già l’esito del vaticinio e il fatto che continuasse a guardarlo così cripticamente non lo stava aiutando. 

Doveva esserci però un motivo per il quale era stato condotto lì.

Un motivo perché era stato invitato a guardare nello Specchio.

Un motivo per il quale Galadriel gli aveva detto che la sua esistenza a Valinor non sarebbe stata per sempre così travagliata. 

L’Eternità non sarà interamente grama con te, come adesso temi … 

Guarda al futuro… 

Appoggiando le mani sul bordo della vasca, chiuse per un attimo gli occhi. Sentiva lo sguardo dell’Elfo su di sé, il silenzio della notte, quell’odore fortissimo di fiori che lo circondavano, la luce dorata che rendeva tutto ulteriormente irreale nonché simile ad un sogno e, concentrandosi sul pulsare del suo cuore che avvertiva forsennato, si disse che era giunto il momento. 

Galadriel era rimasta al suo fianco e da lì ne osservò il volto, quando infine prese a fissare l’acqua cristallina che riempiva lo Specchio Incantato. Lo vide spalancare gli occhi, mentre le immagini si susseguivano una dietro l’altra e la profezia del suo futuro sfilava repentina davanti al suo sguardo.

L’aria tutt’intorno sembrava essersi all’improvviso come immobilizzata, poi era diventata densa in maniera insopportabile, l’eco assordante di pianti, grida e gemiti si era resa all’improvviso udibile ed assordante, facendo impallidire sgomenta la Dama, infine tutto era tornato di nuovo sereno. 

Frodo era rimasto a lungo con lo sguardo incollato allo Specchio, stordito da quanto aveva visto e ascoltato, poi si era voltato lentamente verso Galadriel. 

L’Elfo gli apparve all’improvviso luminoso come una stella e l’impressione venne confermata dallo sguardo di lei, tornato limpido e di un blu intenso. Un sorriso rassicurante le incurvava le labbra. L’immagine divenne all’improvviso sfocata e poi indistinta. Rimase davanti ai suoi occhi come una macchia candida con i contorni sfumati da un pittore poco attento. Lo stesso valeva per il giardino che li ospitava. Tutto era diventato simile ad un quadro di verde, giallo oro e nero amalgamati arbitrariamente. 

Lacrime calde e salate gli rigavano le guance adesso rosate dall’emozione. Gli occhi erano splendenti, un azzurro intenso, come ravvivato dalla componente salina del pianto. 

Galadriel gli si avvicinò, sorridendo ora dolcemente, felice di vederlo così emozionato e finalmente in grado di esprimere quello che provava. Da Elfo la aveva sempre stupita la semplicità degli Hobbit. Quell’esternare le passioni, positive o negative che fossero. Era rimasta però senza parole quando si era resa conto che Frodo aveva perso quella capacità, trascinando avanti i suoi giorni fortemente inibito ed evidentemente infelice. 

Gli sfiorò il viso asciugandogli le tracce umide che ancora scendevano e, sempre sorridendo, lo riprese per mano e condusse al piano superiore, tornando così di nuovo a sedersi sulla fontana presso la quale si erano incontrati. 

Il rumore dell’acqua zampillante sembrava essersi quasi attutito, come a fungere da colonna sonora appena accennata al dialogo che di lì a poco avrebbe avuto luogo.

L’acqua adesso cadeva giù goccia a goccia.

Stilla dopo stilla.

Lacrima dopo lacrima, accompagnando lo sfogo silenzioso dello Hobbit. 

Frodo soffermò lo sguardo sull’ambiente che lo circondava. Scorse, al di là del bordo della balaustra, le acque del Mare appena illuminate dalla fioca luce dell’alba.

Il sorgere del Sole era vicino. 

“Ho visto la Contea …”, iniziò voltandosi a guardare l’Elfo quieto e regale seduto a suo lato che lo invitò a continuare con un cenno della testa. “Gondor…”, proseguì. “… i Porti Grigi”. 

Galadriel annuì ancora, confermandogli così il fatto che già sapesse.

“Merry e Pippin si sono sposati…”, considerò lo Hobbit, con una nota di meraviglia palpabile nel tono di voce. 

“Conosci le loro spose?”. 

“Non sono sicuro… Merry potrebbe aver sposato la sorella di Fatty, ma non l’ho riconosciuta chiaramente”. 

Di fronte ai quei dubbi, Galadriel parlò. Era lieta di spiegare i punti oscuri di quanto Frodo aveva visto. Molte cose erano successe nella Terra di Mezzo da quando l’avevano lasciata. 

Anche lei le aveva apprese grazie al suo Specchio Incantato. 

Diversi giorni prima aveva deciso di interrogare l’oracolo acquatico. Quella decisione era scaturita dopo settimane di ripensamenti e congetture che l’avevano vista però sconfitta. Assolutamente incapace di allontanare l’immagine mesta dello Hobbit dalla propria mente e di giorno e ancor peggio di notte, aveva abbandonato il proprio letto nuziale come in trance, bloccata all’ultimo momento dalla presa gentile, ma decisa della mano di Celeborn intorno al suo braccio nudo.

 Come risvegliatasi da qualche brutto sogno aveva allora osservato il volto grave del consorte, la fronte dai riverberi madreperlacei segnata da una ruga interrogativa e nello sguardo di un blu cupo esplicita una domanda, per quanto muta. 

Facendo una smorfia di impotenza, vista la momentanea incapacità di spiegarsi e riassumere coerentemente tutti i dubbi che l’avevano accompagnata negli ultimi giorni, aveva sospirato affranta e, di fronte all’occhiata colma di dolcezza e sostegno di Celeborn, accennato un sorriso, accarezzandogli una guancia con mano tremante e ceduto a quell’invito tacito che le consigliava di confidarsi con lui. 

“Voglio interrogare lo Specchio”, aveva dichiarato con voce ferma, soffermando nuovamente il proprio sguardo sul bel volto di Celeborn, per coglierne ogni singola sfumatura di fronte a quella che sapeva essere una pazzia. 

“È per Frodo, sbaglio forse?”. 

“No… anche se è mia intenzione cercare di veder chiaro nel mio futuro e intuire forse qualcosa del suo…come conseguenza…”, aveva cercato di spiegarsi. 

“Sapevo che lo avresti fatto prima o poi”, aveva parlato Celeborn, accennando un sorriso mesto. 

“Tu… sapevi?”. 

“Sono giorni che deambuli tra queste mura senza sollievo. Inoltre la preoccupazione nei tuoi occhi è palese, Mia Signora”, aveva chiarito l’Elfo, indossando con gesti abili un lungo abito bianco, corredandolo con un mantello azzurro cielo. 

“Cosa stai facendo?”, aveva domandato Galadriel osservando i movimenti del compagno e sentendosi arrossire sotto quello sguardo acuto ed intelligente. 

“Ti accompagno”, aveva risposto lui con un mezzo sorriso, porgendole a sua volta una veste immacolata e aiutandola ad indossarla, senza aggiungere nessun’altra parola.

Silente anch’essa, la Dama lo aveva seguito presso quell’angolo di giardino che ospitava lo Specchio Incantato. 

Era rimasta a lungo di fronte la vasca brunita, eretta e fiera nel suo mantello candido, come in contemplazione. Prima di riempirla aveva cercato ancora una volta il sostegno negli occhi del Signore dei Galadhrim che rimaneva a una certa distanza. 

Rassicurata da un impercettibile cenno affermativo di quella testa regale, aveva compiuto quel gesto così usuale per lei, versando il liquido trasparente della brocca nello Specchio. 

Si era concentrata con tutta se stessa, gli occhi chiusi, completamente distaccata da quanto la circondava, ma nulla era accaduto. La superficie acquatica era rimasta immobile e nessun vaticinio era stato leggibile. 

Di fronte a quell’iniziale fallimento, non aveva desistito, ma ancora per due, tre volte nulla era avvenuto.

Era risuonata allora nell’aria l’eco beffarda di quanto aveva detto un tempo a Frodo, dopo aver superato la prova a cui l’aveva sottoposta l’Unico Anello. 

I passed the test.

I will diminish, and go into the West, and remain Galadriel… 

I will diminish…

I will diminish…

I will diminish… 

“Perderò i miei poteri…”, aveva ripetuto allora a voce alta, mentre il coro scoraggiante e stridulo provocato dalla natura incantata delle acque, che alimentavano anche la fontana superiore, si estingueva. “Ciò è quanto dissi a Frodo… è così… ho perso i miei poteri”, aveva continuato, sentendo la disperazione sopraffarla e delle lacrime inaspettate bruciarle gli angoli degli occhi, ora colmi di delusione. 

Celeborn aveva tratto un profondo sospiro, intimamente lacerato di fronte a quell’immagine estremamente fragile della sua sposa. In cuor suo si era aspettato un epilogo del genere, non per questo però ne gioiva. Si era illuso in qualche modo con lei che le capacità divinatorie sarebbero tornate all’improvviso. Osservando lo Specchio e le sue acque assolutamente immobili, gli era parso mesto oltre ogni dire, ma aveva sollevato di nuovo lo sguardo sul volto di una Galadriel indecisa sul da farsi come mai l’aveva vista.

“Prova ancora…”, l’aveva invitata. “Se è davvero questo l’unico modo per cercare di aiutare Frodo, non devi arrenderti dopo alcuni primissimi tentativi. Sei stata una veggente per la maggior parte della tua esistenza. Parte di quel potere positivo deve essere rimasto in te anche qui a Valinor, come è accaduto al piccolo Hobbit, sebbene alle prese con una forza diametralmente opposta alla tua”. 

Udendo quel messaggio di speranza scandito da quella bella voce virile, colma di sostegno, la Dama aveva cercato di liberare la propria mente dai residui di quell’eco doloroso che ribadiva la sua sconfitta e che non aveva risparmiato nemmeno lei. Aveva ricacciato indietro l’afflizione ed era tornata a concentrarsi. 

Nulla di notevole si era verificato inizialmente, ma poi le acque dello Specchio avevano iniziato a muoversi, dapprima impercettibilmente, in seguito sempre di più, infine una luce luminosa ne era scaturita e immagini variegate e complete si erano invece susseguite sulla superficie liquida in movimento. Passato, presente e futuro della Terra di Mezzo e di Valinor si erano intrecciati, facendole avere un quadro generale molto più ampio di quello che si era immaginata. E quanto aveva avuto modo di conoscere, l’aveva di molto sollevata. Soprattutto per Frodo. Nella fattispecie aveva visto esattamente parte del futuro del piccolo Hobbit, richiedendo al suo fisico ed alla sua mente uno sforzo grandissimo, che l’aveva fatta sentire all’improvviso come svuotata e crollare a terra, piegandosi sulle proprie ginocchia prive di forze. 

Celeborn le era stato subito accanto, chiamandola allarmato e trovandola semicosciente. Le aveva allora accarezzato il volto pallido, ma tiepido come sempre e aveva sentito le mani nobili dalle dita sottili, stringere le sue e mormorare un flebile: “Ho visto…”. 

“Lo so…”, le aveva risposto sollevato, invitandola a non sforzarsi ulteriormente e, sollevandola da terra, l’aveva presa in braccio e ricondotta nelle proprie stanze, liquidando con un gesto rassicurante e imperioso della mano le ancelle che erano loro accorse incontro, vedendo lo stato di sofferenza nel quale sembrava immersa la propria signora. 

Era stato lui a occuparsi di lei, accorto e gentile. Le aveva tolto le lunghe vesti, appena macchiate di verde alla base per via del contatto con il prato del giardino e ricoperte qua e là di foglioline e rametti, per farla distendere sul letto, coprirla amorevolmente e vegliarla per tutta la notte e nei successivi quindici giorni.
 
Tale era stato il tempo della degenza e nulla rimaneva adesso di quel malessere.

Era guarita.

Il suo organismo aveva recuperato gradualmente forza, così come la sua mente aveva riacquistato immagini, ricordi e capacità di intendere, momentaneamente venuti meno.

Forse adesso aveva davvero perso i propri poteri.

Definitivamente.

Tuttavia era stato per Frodo e non c’era null’altro da aggiungere. 

“Il Signore della Terra di Buck ha sposato Estella Bolger, sorella di Fredegar, come hai intuito. Il Conte Peregrin invece ha preso in sposa Diamante di Lungo Squarcio”, rispose, focalizzandosi di nuovo sul suo ansioso interlocutore. 

Frodo sorrise udendo i titoli onorifici con i quali si era riferita ai due cugini. 

L’espressione affettuosa dipinta sul suo volto intenerì l’Elfo. Il legame che legava agli Hobbit sarebbe davvero durato per l’Eternità, a prescindere dalla loro presenza o non presenza a Valinor.

“Hanno ricevuto la giusta onorificenza per quanto hanno portato avanti”, sorrise serena, ricordando il volto allegro dei due Hobbit della Terra di Buck. 

“Sono felice per loro”, annuì Frodo sincero. “Li ho conosciuti giovani e spensierati. Li ho rivisti avanti negli anni e più maturi, ma per me rimarranno Merry e Pippin per sempre”, aggiunse a voce appena più bassa, velata da un impercettibile nota malinconica. “C’era un matrimonio…”, si riprese subito dopo, curioso di chiarire i numerosi punti oscuri insiti in ciò che aveva visto per degli attimi brevissimi. 

“Faramir…”, rispose la Dama di Lórien. “Il figlio di Diamante e Peregrin. Sposerà Goldilocks… Gamgee”. 

“Gamgee?”, chiese Frodo genuinamente sorpreso. “Sam e Pip con-suoceri?”, rise spontaneamente, non riuscendo a pensare a nulla di più improbabile in un certo senso. “Ce n’è per riempire più di un albero genealogico”, considerò poi riferendosi alla passione Hobbit per eccellenza. 

 “È così…”, confermò l’Elfo sorridendo con lui. 

“Arwen Undómiel ed Elassar…”. 

“Vivono felici a Gondor, Frodo. Regnano su quelle terre con saggezza. La Terra di Mezzo sta conoscendo una nuova era. Estremamente prolifica e indubbiamente pacifica”. 

“Esattamente come quando l’abbiamo lasciata”, disse Frodo, mentre, ad occhi chiusi, rivedeva i volti sereni sebbene un po’ invecchiati della Stella del Vespro e di Aragorn. L’età non li aveva però imbruttiti, piuttosto aveva loro conferito una sorte di luce. Il riflesso della loro felicità interiore, considerò tra sé, riaprendo gli occhi e rivolgendosi di nuovo a Galadriel. 

“Parlatemi di Sam, Mia Signora”. 

“Anch’egli è molto felice, Frodo. Il suo matrimonio con Rosie è benedetto dai Valar. Hanno avuto una famiglia numerosa. Tu hai avuto modo di conoscere solo Elanor, ma sono nati altri piccoli. Il secondogenito, Frodo-lad, porta il tuo stesso nome. Poi sono arrivati Rose, Merry, Pippin, Goldilocks, Hamfast, Daisy, Primrose, Bilbo, Ruby, Robin e Tolman. Sam è un padre giusto e molto amato”. 

Frodo rimase in silenzio trovando però conferma alle sue supposizioni. Aveva visto con i suoi stessi occhi la nascita dell’unione tra Rosie e Sam e adesso aveva la conferma che fosse di fatto indistruttibile. L’immagine di una Bag End pullulante di esserini dalle orecchie a punta con il capo colmo di riccioli biondi e dallo sguardo dolce lo fece sorridere e sospirare di malinconia al tempo stesso. Una morsa lo strinse forte all’altezza del cuore, mentre sentiva gli occhi farsi di nuovo umidi. 

“Mi mancano…”, mormorò fiocamente, come riflettendo ad alta voce. 

“Ti manca la Contea?”, inquisì Galadriel accortasi del repentino cambio di umore nella creatura bruna che adesso teneva ambo le mani strettamente chiuse intorno al bordo della vasca sulla quale erano seduti. 

“Sì… mi manca la mia vita lì… ho nostalgia di tutto… soprattutto delle persone”. 

“Perché hai deciso di attraversare il Mare, Frodo?”, azzardò allora la Dama. 

“Non so se si possa parlare di una vera e propria decisione… non riuscivo più a… vivere, a riprendere il filo della mia esistenza dopo la distruzione dell’Anello e la liberazione della Contea. Era come se non appartenessi più a quei luoghi...”, iniziò a spiegare il giovane, la mente rivolta agli ultimi mesi nella Terra di Mezzo. “Inoltre mi ero reso conto che la mia presenza amareggiava in qualche modo l’esistenza di tutti coloro che mi erano vicini. Io non avevo più nulla da vivere, né da scrivere. Per questo me ne sono andato. Ho consegnato il Libro Rosso a Sam, perché era giusto che fosse lui a tenerlo e a continuare a riempire quelle pagine. Non era invece tale che continuassi a farlo preoccupare. Ho fatto la scelta migliore andandomene, ma credo di essere stato allo stesso tempo… egoista. Ho pensato… solo a me. L’ho visto, Mia Signora… ho visto Sam, mentre versava milioni di lacrime a causa mia, dopo la mia partenza. Forse ancora di più di quelle che versava quando stavo male, ma condividevamo ancora lo stesso tetto. Ho sentito la sua voce… qui, la voce di tutti gli altri, prima che voi arrivaste e poi presso lo Specchio… Credevo di risolvere tutto allontanandomi dalla Contea, ma i Valar non erano dello stesso parere…”. Il discorso era stato lungo, articolato su delle lunghe pause e acceso nel finale. La voce salita di qualche tono, a testimoniare il dispiacere profondo che quelle immagini avevano originato. 

“Non è stato egoismo, Frodo… Samwise e tutti gli altri hanno sofferto molto per la tua partenza, sentono ancora la tua mancanza, ma cercano di vivere al meglio la loro esistenza. Non hanno reso vani i tuoi sforzi. Non hanno vanificato l’esito dell’Avventura dell’Anello, lasciandosi abbattere dalla sofferenza”, parlò Galadriel osservandolo adesso distante, le iridi cupe. “Perché tu stai vanificando i loro sforzi invece? Perché stai permettendo all’Anello di avere la meglio sulla tua natura? Questa è stata certamente modificata durante il corso della Quest, Frodo, ma non distrutta. Hai conosciuto la corruzione, hai convissuto con lei a lungo, ma continuando a sentirti più legato a lei che ai tuoi affetti e alla tua vita non riuscirai ad allontanarla da te”. 

Frodo sentì le lacrime scorrergli di nuovo sul volto, mentre rivedeva davanti a sé alcuni flashback del passato, e il tono privo dell’usuale amabilità, seppure non irato o acuto, di Galadriel scudisciava i suoi nervi già fortemente provati. 

Quanti avevano perso la vita lottando contro Sauron?

Quante volte Sam lo aveva protetto?

Quanto audaci erano stati Merry e Pip a dispetto della loro natura pacifica?

Quanto coraggiosi ed abili in battaglia erano stati Aragorn, Legolas, Gimli, Éomer, Dama Éowyn e tutti gli eserciti che con loro avevano combattuto?

Stava davvero vanificando tutto, lasciandosi amareggiare dal suo personale rapporto con l’Anello?

A cosa era servito lottare allora se adesso, a distanza di un tempo che iniziava ad essere cospicuo, lui soccombeva a quelle vecchie ferite e a quegli incubi notturni?

L’obiettivo della Ricerca era stato quello di riportare la serenità nella Terra di Mezzo, perché allora si era tagliato fuori da quell’atmosfera gioiosa ritrovata, annullando gli sforzi altrui? 

Ignorando le lacrime che continuavano a scendere e cercando di trattenere i singhiozzi che avvertiva in gola, riprese a parlare. “Rosie morirà…”, mormorò, rivedendo l’immagine dell’ormai anziana Hobbit circondata da fiori rosa e adagiata in una bara candida. Uno Hobbit che, dalla vivacità dello sguardo, aveva riconosciuto subito come Sam, nonostante l’aspetto fisico notevolmente diverso, i capelli ormai bianchi e il volto che esprimeva una sofferenza profonda per la morte di colei che era stata una compagna di vita per moltissimi anni. 

Rispettando la decisione dello Hobbit nel cambiare parzialmente argomento, Galadriel rispose: “Accadrà nel FO 61… compiuti i 98 anni”. 

“Ho visto uno Hobbit con in mano il Libro Rosso di Bilbo, sul molo… presso Grey Havens. Guardava verso Ovest… i capelli biondi mossi dal vento… poco distante da lei un altro Hobbit con in braccio un piccolo di qualche anno…”, descrisse Frodo, guardando la Dama della Luce. “Elanor…?”, azzardò quindi, dando voce al suo dubbio. 

“Sì… con suo marito, Fastred di Verdolmo, e il piccolo Elfstan…”. 

Lo Hobbit allora si lasciò sfuggire un mormorio di sorpresa, necessitando di qualche istante per riprendersi. “È strano… per me, pensarla madre… quando ho lasciato la Terra di Mezzo era una bambina…”, spiegò incredulo e come cosciente solo adesso che nella Terra di Mezzo il tempo avesse davvero continuato la sua corsa. “Amava le mie storie… passavamo molte sere seduti sui gradini del portico di Bag End, respirando il profumo dei fiori del giardino, bevendo limonata e mangiando dolci…”. 

“È molto graziosa, Frodo. È stata spesse volte scambiata per un Elfo e si è guadagnata appunto il soprannome di Elanor la Bella. È una delle dame di Arwen”, spiegò Galadriel sorridendo al ricordo della nipote. 

“Perché una Fontana delle Lacrime è qui? Valinor non è il regno della gioia?”, chiese lo Hobbit improvvisamente, assorbendo quelle informazioni, conscio del fatto che lui non aveva vissuto quei cambiamenti. “No…”, si rispose da solo. “Almeno, non per tutti allo stesso modo…”. 

La Dama annuì. “Questa fontana è alimentata dalla sorgente che hai visto dabbasso. Avendo vissuto il vaticinio per via di questa stessa acqua, hai avuto modo di sentire il pianto di Sam e di tutti coloro che hanno perso la vita nella Terra di Mezzo a causa dell’Anello. Sono le tue memorie, Frodo. La fontana ha dato loro voce, ma non ha inventato nulla. Sei stato tu a fornirle quel materiale. È tutto nella tua testa, racchiuso nel tuo cuore e nella tua anima. È però uno strumento dalla doppia faccia, può aiutare o condannare definitivamente. E Valinor non è immune dal male. Qui penetra con minore vigore, ma vi penetra. Prima della vicenda dell’Anello, ne era completamente privo e le acque della sorgente non avevano nessun potere… Non devi però temerle. Non più almeno. Hai superato la prova…”. 

Come ho fatto io… aggiunse poi silenziosamente tra se e sé. 

Frodo rimase per un po’ in silenzio, assimilando quelle nozioni e cercando di capire cosa volesse dire hai superato la prova. Prese così a parlare, illustrando l’ultima immagine che aveva visto.

“Tutto quello che ho scorto, è destinato ad avverarsi, Mia Signora?”. 

“Abbiamo avuto modo di appurare in più di un’occasione che i vaticini dello Specchio sono indiscutibili”. 

Lo Hobbit spalancò allora gli occhi, avendo conferma dell’impossibile solo a pensarsi appena qualche ora prima.

“Dunque Sam verrà qui… dopo la morte di Rose… dopo aver consegnato il Libro Rosso ad Elanor?”, espresse infine, sentendo la voce tremargli e sentendosi all’improvviso soffocare. 

“Ti piacerebbe rivederlo, Frodo? Passare l’Eternità accanto al tuo migliore amico?”. 

“Ho pensato spesse volte a come sarebbe stato se avessimo avuto l’opportunità di rivederci, ma essendo un qualcosa legato ad una sua traversata verso Ovest, mi sono sempre detto che era impossibile… che io e Bilbo eravamo qui perché ci era stato accordato un permesso speciale… cosa che Sam e tutti gli altri componenti della Compagnia meriterebbero… ma che non hanno avuto”. 

“Alcuni di loro lo avranno…”, intervenne Galadriel. “Gimli e Legolas… dopo Samwise”, disse infine l’Elfo, sorridendo dolcemente. 

L’inconsueta coppia formata dal concreto Mastro Nano e dall’etereo Principe di Mirkwood, fece sorridere di stupore Frodo, ma quel sorriso divenne qualcosa di più avendo conferma del fatto che Sam e così parte della Contea lo avrebbero raggiunto. 

Quasi stordito dall’energia che sentì attraversargli il corpo senza preavviso e sentendosi di riflesso, vivo come non lo era da secoli, sostenne lo sguardo amorevole della Signora di Lóthlorien, ora conscio di cosa volesse dire aver superato la prova. Aveva archiviato parte di quelle memorie, non aver ceduto di nuovo al loro carico di disperazione e malinconia pur avendole risentite grazie al potere di quell’acqua incantata, ecco cosa voleva dire. 

Migliore amico… rimbombarono quelle due all’apparenza semplici parole nella sua testa, riscaldandogli l’anima. 

Padron Frodo…

Signor Frodo…

 Gli appellativi che Sam era solito rivolgergli si palesarono allo stesso modo nella sua memoria, ma fecero male. Una fitta improvvisa e contro la quale si era trovato impreparato. La precedente sicurezza veniva repentinamente meno. 

E se Sam non lo considerasse il suo migliore amico invece?

Se si sentisse legato a lui solo da un legame servo-padrone?

Era riuscito a fargli capire che in realtà per lui non era mai stato un servitore, bensì un pari?

Sam sarebbe davvero giunto a Valinor per stare con lui spontaneamente o semplicemente avrebbe seguito il suo grandissimo senso del dovere, ritrovandosi così a seguire il suo padrone anche nell’Eternità? 

Erano pensieri crudi questi, che gli procuravamo un dolore quasi più sordo di quello della lama avvelenata di Morgul.

Ma qualcosa nel più profondo gli diceva che non poteva essersi sbagliato fino a quel punto.

Sam non poteva considerarlo solo come il suo padrone.

Era un’amicizia profonda e speciale la loro, rinsaldata dagli avvenimenti che avevano avuto modo di vivere insieme, si ripeté caparbiamente, percependo parte del calore precedente l’intromissione di quei pensieri scomodi, tornare.

Galadriel osservò il volto rosato del piccolo abitante della Contea. Il pallore sembrava scomparso, le guance erano accese, la voglia di vivere sembrava circolare di nuovo in quel corpo provato da quei lunghi anni di sofferenza. Vedendolo riflettere senza esternare i suoi pensieri rimase anch’essa in silenzio, sebbene avesse sentito forte l’istinto di chiedergli qualcosa di più. Il suo aspetto raggiante però soddisfece in qualche modo la curiosità, esprimendo molto più quanto avrebbero fatto mille parole. 

La luce alabastrina dell’alba squarciava il cielo all’orizzonte. Uno spettacolo come sempre mozzafiato quello della nascita del giorno. L’Elfo immerse una mano nell’acqua fresca della fontana, che aveva ripreso a essere alimentata da getti copiosi, ma quello che avvertì non fu angoscia, piuttosto un senso di tranquillità, forse ritrovata. 

Prova superata.

I will not say, do not weep, for not all tears are an evil. 

Il pianto non è sempre sintomo di sofferenza.

Felicità.

Speranza.

Ciò era quanto veniva esternato in quel frangente. 

Frodo lasciò che le tracce salate uscissero ancora a lungo dai suoi occhi. Non si accorse dello sguardo ceruleo di Celeborn né di quello blu di Gandalf il Bianco che osservavano la scena da prospettive diverse, ma entrambe nascoste. Lo stesso sorriso disteso ed enigmatico aleggiava però sui loro volti, mentre un ringraziamento telepatico giungeva in contemporanea alla mente di Galadriel. 

Costei avvertì immediatamente le presenze dissimulate del consorte e del Maiar e li salutò, splendente come il mattino nascente che li circondava.

Un sorriso gioioso sul bel volto regale, grata loro per quel supporto. 

Osservò poi Frodo voltarsi verso l’acqua che riempiva la vasca alle loro spalle e fissò anch’essa il riflesso di quel volto gentile, appena tremante per via dei getti acquatici provenienti dall’alto. Un’ultima lacrima solitaria scivolò giù per la guancia un tempo paffuta, ma ora non più cerea. La sfumatura rosata dell’emozione la faceva apparire meno scarna di quanto in realtà non fosse, così come il fisico minuto sembrava rinvigorito dalle ultime scoperte e gli occhi simili a due turchesi che scintillavano come il diamante più prezioso. 

Frodo immerse ambo le mani nell’acqua per poi passarsele sul volto e così rinfrescarsi. Le guance scottavano al tatto, ma non era la solita febbriciattola a renderle roventi. Avvertire di nuovo l’entusiasmo pulsargli dentro dopo quella che sembrava davvero un’eternità. Ecco la causa. 

Con il volto ancora umido scese dalla fontana, invitando silenziosamente Galadriel a seguirlo. 

Dopo pochi passi, si fermò nei pressi della balaustra che si estendeva a sinistra del muro ricoperto dall’edera e dal cuscino di morbide gardenie. Anch’essa nivea, la ringhiera sembrava risplendere grazie al riflesso della luce mattutina. Da quel punto il Mare in lontananza era uno spettacolo di bellezza unica. 

Ovviando l’altezza del muro altrimenti per lui proibitiva, si sollevò sulle punte dei piedi e appoggiò le braccia sul marmo del davanzale. Il vento leggero gli solleticava il volto disteso, asciugando le ultime gocce d’acqua. 

“Ti darai una possibilità?”

Dimenticherai il passato? 

La mano di Galadriel si era posata sulla sua spalla, mentre le labbra rosee formulavano dolcemente quella domanda. Annuì allora con un silenzioso cenno del capo, mentre guardava avidamente il Mare che risplendeva cristallino davanti ai suoi occhi luminosi, ringraziando mentalmente l’alba che stava cedendo il posto a un mattino, dopo molto tempo, portatore di speranza. 

Il suo Sole sembrava essere finalmente giunto.

La nebbia argentea della sua esistenza iniziava parzialmente a dileguarsi.

  
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