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Autore: XShade_Shinra    05/03/2019    1 recensioni
È veramente orribile affezionarsi a qualcuno, ci si affeziona anche a se stessi.
[ Fanfiction partecipante alla Challenge "COW-T #9" indetta da Lande di Fandom ]
[ Quinlan + Gus – no pair – Fix-it (finale alternativo della serie tv) ]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The Life you Deserve
È veramente orribile affezionarsi a qualcuno, ci si affeziona anche a se stessi.
Fanfiction partecipante alla Challenge "COW-T #9" indetta da Lande di Fandom
[Quinlan + Gus – no pair – Fix-it (finale alternativo)]

- Titolo: The Life you Deserve
- Autore: XShade-Shinra
- Fandom: The Strain [serie tv]
- Personaggi: Quinlan, Augustin Elizalde
- Pairing: No pair
- Genere: Introspettivo
- Rating: Verde
- Avvisi: E se, Fix-it (finale alternativo)
- Prompt: Rivelazione (M1, W4)
- Capitoli: One Shot
- Wordcount: 2019 parole
- Timeline: 4x8 e 4x10
- Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d'altronde i fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non mi appartengono (purtroppo...), ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.
- Note: Appena terminai di vedere la S4 di The Strain, volai alla mia libreria per rileggermi il finale del romanzo, perché qualcosa non tornava. La serie tv ha un finale simile al cartaceo, anche se diverso per certi aspetti (il libro è meglio), e c'è una cosa che ho notato subito: nel libro gli strigoi non sopravvivono senza il Padrone, infatti, come nei migliori romanzi sui vampiri, quando uccidi il capostipite uccidi tutta la sua stirpe; nel telefilm, invece, gli strigoi continuano a muoversi. Il mio pensiero è andato subito a Quinlan: se fosse sopravvissuto allo scontro, a mio parere, avrebbe potuto continuare a vivere dopo la morte del Padrone (contando anche il fatto che non condividevano alcun legame psichico).
Da qui il mio desiderio di scrivere questa piccola fanfiction fix-it (dove quello stupido ascensore non si rompe, tra l'altro).
La parte iniziale dei dialoghi, fino a "Ti distrae e basta", è quella avvenuta nella puntata di riferimento, poi inizia il warning "e se...".
Spero che sia di vostro gradimento! ^^



The Life you Deserve


Quinlan aspettava quel momento da tutta la vita: quella sarebbe stata la sua ultima, eterna, notte. Avrebbe finalmente sconfitto il proprio padre, liberando il mondo dal giogo di quell’essere spietato.

Negli anni lo aveva affrontato sempre da solo, ma quella volta sarebbe stato diverso. Aveva degli alleati lì con sé – esseri umani che avrebbe quasi potuto considerare degli amici – e sapeva che, con il piano che avevano messo in atto, il Padrone non avrebbe avuto scampo, se tutti avessero fatto la loro parte.

Il suo più grande difetto era il non fidarsi di nessuno, nemmeno di se stesso dopo i tanti errori che aveva commesso in quei duemila anni, per tutte le volte che il padrone era fuggito prima che lui riuscisse a dargli il colpo di grazia con la propria spada d’argento.

Voleva che il piano fosse perfetto, ed era inquieto al pensiero che si stesse affidando a carne della propria carne per riuscirci, ma, dopotutto, l’idea di aver passato secoli ad avere avuto l’aiuto degli antichi – sangue del suo sangue – senza  arrivare comunque al successo, gli faceva presagire bene, per quella volta.

Si avvicinò al tavolo dove Gus stava controllando le armi e il giovane messicano sorrise nel vederlo. Lui e Fet erano stati senz’altro quelli che più di tutti lo avevano visto in azione (ed erano vivi per raccontarlo), e il ragazzo si sentiva al sicuro con l’imponente figura del Nato intorno.

«Dimmi, a che cosa dobbiamo il tuo rinnovato impegno per la causa?», gli domandò il Nato, non sapendo i particolari del suo ritrovo con Setrakian e gli altri.

«A quello che mi ha detto il vecchio: mi ha fatto capire che, per quanto lo vorresti, se sei coinvolto in qualcosa non scappi», rispose l’altro, sincero.

«Deve avergli fatto piacere il tuo ritorno».

«Sì, ma non troppo. L’hanno trovato per colpa mia».

«Erano tanti anni che gli davano la caccia. Non pensarci troppo. C’è chi ha molte più colpe di te». Le parole di Quinlan gli fecero venire un brivido lungo la schiena. Era come se quegli occhi rossi potessero essere in  grado di sondargli l’anima.

«Tu non immagini cosa ho fatto», disse, con la mente a quei soldi sporchi che aveva preso da Eichhorst. Se non lo avesse fatto lui, lo avrebbe fatto qualcun altro, ma il patema che gli gravava sul cuore, per essere stato però proprio lui ad aprire le danze, non lo avrebbe mai abbandonato.  

«Non voglio saperlo. La lista sarà lunga e tediosa», disse il Nato, letale. «Ma una cosa la so: auto-flagellarti non ti rafforza. Ti distrae e basta».

Gus aprì la bocca e chiamò il Nato con il nome che si portava appresso da due millenni, seppur in parte modificato: «Quinlan?», ma subito ci ripensò. Sapeva bene che il mezzovampiro si era lasciato sfuggire il Padrone molte volte, ma era certo che sfogarsi proprio con lui su ciò aveva fatto non sarebbe stata una buona idea, se voleva sopravvivere ancora un po’. «Che farai dopo?», gli domandò, per cambiare argomento.

Quinlan rimase a parlare ancora un po’ con l’umano, dopotutto gli piaceva la sua compagnia. «Non ci sarà un dopo per me», rispose il Nato. Il suo tono era incolore e monocorde, come se fosse un argomento per lui estraneo.

«Cosa vuoi dire, amigo?» chiese l’altro, smettendo di controllare le armi per dare piena attenzione a ciò che gli voleva dire Quinlan.

«Quando morirà il Padrone, morirò anche io». Sempre quel tono, lento e cadenzato. La morte non sembrava un argomento capace di smuoverlo.

«Come puoi dire una cosa del genere senza… senza…», Gus faticò a trovare le parole adatte. Era molto difficile che il mezzovampiro facesse trapelare le proprie emozioni, ma almeno per una cosa irreparabile come quella si sarebbe aspettato un comportamento diverso. Avrebbe voluto dire “senza battere ciglio”, ma ricordò che i vampiri non lo facevano per natura. «... senza essere triste».

Quinlan avrebbe sospirato, se solo avesse potuto usare ancora i polmoni. «Dopo duemila anni, anelo solo la morte, Augustin Elizalde».

«Perché dici questo?».

«Tutte le persone che ho conosciuto in vita mia sono morte, a parte il Padrone, e dopo averlo eliminato avrò adempiuto il mio destino, ciò per cui sono nato. Diventerò polvere e ad attendermi ci sarà una gloriosa morte».

Gus fece roteare gli occhi. Quinlan aveva un grosso difetto, a parte essere un mezzovampiro: era sempre taciturno, ma quando si metteva a fare quei discorsi parlava troppo, e a Gus interessava più la pratica della teoria. «Come puoi esserne così sicuro?», si informò a quel punto.

«Io e il Padrone siamo legati, la sua morte mi ucciderebbe. È una cosa che ho accettato nel momento stesso in cui ha ucciso le persone care che mi stavano accanto».

«Questo non risponde alla mia domanda», gli fece notare l’altro con un ghigno sul volto.

«Il Lumen», rispose quella volta, diretto e pratico.

L’Occido Lumen, il libro con la storia dei vampiri. Il vecchio del negozio dei pegni aveva fatto di tutto per averlo e lo avevano protetto fino a rischiare le loro vite.

«E se il Lumen sbagliasse?»

«Il Lumen non sbaglia». Gus aveva già sentito quella frase, proprio da quel burbero vecchio che non avrebbe potuto partecipare a quell’ultima battaglia.

«Ehi, non puoi saperlo», incalzò il ragazzo. «Io credo che tu non debba andare a morire così». Quelle parole piene di umana pietà fecero scaldare il cuore del Nato. Sembrava quasi che a quel ragazzo importasse di lui.

Era bello avere quelle persone intorno: non aveva mai avuto degli amici umani, ed era abbastanza certo che il padrone gli avrebbe portato via anche loro. Era inutile e stupido affezionarsi, l’avrebbe dovuto sapere, e invece… «Io sono l'unico che può affrontare il padrone: ho perso tutto, non ho alcun legame qui. Quando si ha qualcuno di vivo da difendere si è piú deboli, perché in cuor tuo vorrai sempre tornare da lui in qualche modo».

«Anche io, allora, dovrei morire, solo perché non c’è più nessuno qui ad aspettarmi?!», chiese Gus con la tempra focosa che lo caratterizzava. Aveva perso tutti: la madre, il fratello (non che lo rimpiangesse), il cugino Raul, gli amici, l’Ángel de Plata, Setrakian. Tutti. Non gli era rimasto nessuno.

«E quella ragazza?», chiese Quinlan, ricordando che Augustine si fosse legato a un’umana.

«Aanya?», chiese l’altro per conferma. «Lei… chissà se è ancora viva… Forse potrei andare a cercarla, dopo tutto questo».

Quinlan increspò appena le labbra in quello che poteva essere benissimo un sorriso di scherno. «Lo farai», disse, sicuro. Lo aveva già visto nei secoli e glielo aveva dimostrato anche da poco Fet, ma, soprattutto, glielo confermava il padrone con ogni strigoi: alla fine, per quanto flebile fosse un legame, nemmeno la morte poteva reciderlo. «Combatterai per lei, perché vuoi rivederla, e questo non ti farà mettere il gioco fino alla fine».

«Oppure ho troppa paura di sapere se è morta, o peggio se è stata cambiata dal Padrone», mormorò Gus. Era terribile sentire ogni morte sulla propria coscienza, pesante come un mattone. Diede le spalle a Quinlan, tornando a occuparsi delle armi. La verità era che voleva espiare questo suo peccato prima di andare all’inferno, unico posto che meritava; ecco perché avrebbe fatto di tutto per non morire prima che il Padrone tornasse polvere alla polvere. «Il Lumen dice anche dove andrai, una volta morto?». Quella domanda gli venne in mente come un fulmine a ciel sereno.

«No, ma non è difficile da intuire».

Fantastico, se lo sarebbe ritrovato all’inferno!

Gus sorrise a quell’eventualità. «E non ti piacerebbe vivere la tua vita, prima di bruciare in eterno tra le fiamme?».

«Ho sempre vissuto la mia vita», ribatté il mezzovampiro, toccato nell’orgoglio.

«Una vera vita. Senza aver paura di affezionarti a qualcuno perché sai che il Padrone farà di tutto per portartelo via», aggiunse, per spiegarsi meglio.

Quinlan aveva provato più di una volta a fingersi quello che non era – un umano completo – ed era andata sempre male. Il padrone aveva provato a spezzarlo in ogni modo, dapprima per convincerlo a riunirsi a lui, poi per il puro godimento nel farlo soffrire.  «I secoli mi hanno insegnato che non faccio parte del vostro mondo».

Gus sbatté sul tavolo di alluminio il corpo di una pistola, sentendosi in collera per le parole del Nato. «Cosa c’entra?! Tu meriti un po’ di pace, Quinlan! Tutti la meritano!». Il messicano si era lasciato trascinare troppo nel discorso: molte delle persone che aveva conosciuto non desideravano altro che la felicità o la pace, e non credeva possibile che il mezzovampiro aspirasse solo a quella falsa pace che gli avrebbe dato la vendetta – lui non era come Setrakian.

Ripensò a sua madre, ai tanti sacrifici che aveva fatto per portare avanti la famiglia, a tutto il bene che voleva a lui e a Crispin. Guadalupe avrebbe meritato più di tutti la pace, ed era morta prima di riuscire ad averla – era per questo che Gus l’aveva tenuta con sé, seppur trasformata: non poteva accettare che fosse finita per lei, non senza che avesse potuto essere felice.

Cercò di calmarsi, Gus, e si rivolse ancora a Quinlan, senza girarsi: «Se sei davvero rimasto solo al mondo, Quinlan, esattamente come me, allora non morire in questa battaglia. Ci sarò io ad aspettarti». Erano parole strane all’orecchio del Nato, sapevano di quell’amicizia che mai aveva trovato, e anche di disperazione.

Il mezzovampiro non rispose, andando a vedere come procedevano i preparativi degli altri.

L’Occido Lumen non poteva sbagliare, e nemmeno lui poteva permetterselo.

Eppure, le parole del ragazzo messicano gli rimbombavano in testa come un mantra.


È veramente orribile affezionarsi a qualcuno, ci si affeziona anche a se stessi.


***


Quando Quinlan riprese i sensi, era sdraiato a terra, circondato dagli umani con i quali aveva condiviso la battaglia che aveva avuto luogo nei tunnel sotterranei. Mosse gli occhi rossi, notando che c’erano degli assenti tra loro. Ma non importava. «Il Padrone?», chiese subito, prima di rispondersi da solo. Se lui era lì, suo padre era ancora vivo.

«Lo sapevo che non avrebbe chiesto del doc. Fet, mi devi un dollaro», ghignò Gus, divertito, mentre l’acchiappatopi gli mostrava il dito medio in tutta risposta.

Oltre a loro due, c’era solo Dutch, fu lei a rispondergli: «Lo abbiamo sconfitto», disse con occhi malinconici, nonostante il sorriso disegnato sul volto. «È finita».

«È impossibile! Se io sono qu—». Quinlan parlò con voce grossa e alta, alzandosi a sedere, ma venne interrotto da Fet.

«Il dottor Goodweather ha fatto esplodere la bomba nucleare: non ne è rimasto più nulla», disse deciso.

Gus ridacchiò allo sguardo confuso del Nato. «Guarda là, amigo», gli disse, indicando l’entrata poco lontano, dove alcuni strigoi si muovevano lenti e senza senso: non c’era più nessun burattinaio a comandarli.

Il Nato rimase a fissare i cambiati, notandone i movimenti pigri, guidati dall’istinto; non erano più una mandria, ma un insieme di scoordinati individui, senza nessuno a guidarne le azioni. Non c’erano dubbi sulla morte del padre.

Senza staccare gli occhi da ciò che stava guardando, Quinlan si toccò il corpo, come per assicurarsi che fosse vivo, e Fet gli mise una grande mano sulla spalla. «È finita», ripeté, usando le stesse parole della compagna.

«Non sappiamo cosa sia successo lì sotto, ma sei tornato su tramite l’ascensore e crediamo che Eph ti abbia spinto lì per salvarti, ma né lui né il figlio sono risaliti con te», spiegò Dutch, porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi. «È stato lui a sacrificarsi, per tutti noi».

Una volta che fu in piedi, Gus gli cinse un braccio attorno alle spalle come se abbracciasse un fratello, e quella fu l’ultima prova per Quinlan che fosse veramente vivo. «In fondo, se non vivi per gustarti la vendetta, a cosa serve?!», rise il messicano, facendo riferimento al loro discorso avvenuto prima di mettere in moto il piano.

Quinlan replicò il gesto, senza rispondere all’amico.

Già, l’Occido Lumen si sbagliava. Il Nato era sopravvissuto, poteva avere degli amici e cominciare a vivere davvero quei giorni che aveva sempre sognato, senza più il Padrone.

Quella non sarebbe stata la sua ultima notte.



Fine
XShade-Shinra


  
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