Fanfic su artisti musicali > Blink-182
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Autore: Tame_san_03    05/03/2019    0 recensioni
Hello there! (The angel from my nighmare ;)...)
Mi sono immaginata il primo incontro tra Skye e Mark. L’idea mi è venuta guardando un’intervista proprio al bassista. Ad un certo punto gli è stata posta la domanda: “È vero che, quando Tom ha chiesto a Skye se voleva uscire con te, lei ha detto di no?” E lui ha risposto “Si è vero”
Quindi eccomi qua, spero vi piaccia.
Genere: Comico, Demenziale, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Mark Hoppus, Tom DeLonge, Travis Barker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non potevo credere a quello che i miei occhi stavano vedendo.

 

Scossi la testa, esasperata: avrei dovuto pensarci meglio prima di accettare quell'incarico.

 

La nostra troup stava preparando le attrezzature delle registrazioni, mentre quei tre tipi strani si stavano vestendo completamente di bianco. Uno di loro era basso, molto magro, ricoperto da tatuaggi e sul volto aveva un'espressione che sembrava dire: "Accidenti, chi me l'ha fatto fare?"

 

Dando un'occhiata agli altri due soggetti capii che non aveva tutti i torti e che probabilmente quel ragazzo pieno di inchiostro sottopelle era in realtà il più tranquillo del gruppo.

 

Poco più in là, alle prese con una chitarra verde chiaro, che, seguendo le mie poche conoscenze in fatto di punk rock, identificai come una chitarra elettrica, stava parlando con un regista. Era magro, alto e con le spalle larghe. Una bandana a scacchiera bianca e nera gli copriva in parte i capelli scuri, che dalla mia postazione mi parevano più blu notte che marroni. Mi sembrava anche di vedere qualcosa sul suo labbro inferiore, probabilmente un piercing. Stava canticchiando sottovoce ed era piuttosto carino, anche se aveva un po' la faccia da idiota.

 

Spostai lo sguardo sull'altro ragazzo. Anche se era leggermente più basso del chitarrista, era senza dubbio il maggiore: avrebbe potuto avere quasi trent'anni, a differenza degli altri due che ne avevano probabilmente meno di venticinque.

 

Ma, a quando pareva, questo non gli impediva di fare lo scemo del villaggio... seriamente, era completamente fuso: girava intorno agli altri due membri con una chitarra che, riguardo alla forma, era simile a quella del compagno, ma aveva il manico più lungo e solo quattro corde al posto di sei, era di colore bianco sporco e ricoperta di adesivi. Il suo possessore aveva tutta l'aria di essere al settimo cielo: indossava dei pantaloni bianchi e larghi, delle scarpe anch'esse bianche e una camicia del medesimo colore ancora non abbottonata. In volto aveva un'espressione infantile e divertita e i capelli castani totalmente in aria gli conferivano un'aspetto un po' sbarazzino. Anche lui era bello, sopratutto per quei due occhi azzurro ghiaccio che, nonostante la distanza, riuscivo a vedere alla perfezione.

 

Ad un tratto si mise a cantare a squarciagola e a muovere freneticamente le dita sulle corde, producendo un suono caldo e profondo e solo allora mi resi conto che, nonostante fosse collegata all'implificatore, quella che stava suonando non doveva essere una normale chitarra elettrica.

 

"Mark! Mark! Senti questo" disse poi il ragazzo alto con il piercing al labbro. Iniziò a suonare un pezzo molto veloce, probabilmente inventato al momento.

 

"Sì fratello!" gli rispose quello che dedussi chiamarsi Mark.

 

Il terzo ragazzo, quello basso e tatuato, provò ad accompagnare quel riff con dei colpi statici della batteria.

 

Anche il maggiore era intento a cercare il ritmo giusto, ma non riuscí a metterlo in pratica perché venne fermato da un uomo con i capelli brizzolati, abbastanza alto e dall'aria sveglia che annunciò l'inizio delle riprese. Era Jonas, il nostro aiutoregista.

 

"Ragazzi, si comincia... su forza. Hoppus?" chiese voltandosi verso Mark.

 

"Si è il mio cognome" esclamò lui saltellando sul posto, contento come un bambino a cui i genitori avevano appena comprato il gelato.

 

In effetti aveva un po' un'aria infantile.

 

"Ecco, abbottonati la camicia, si gira!" disse entusiasta Jonas prima di allontanarsi dalla band.

 

Sentii il ragazzo con il piercing incitare i suoi compagni "Dai ragazzi, siete pronti?! Dobbiamo spaccare i culi"

 

Non riuscii ad udire la risposta degli altri due perché l'aiutoregista mi venne incontro e mi chiese se fosse tutto al suo posto.

 

Guardai la scaletta sul foglio che tenevo in mano: "Telecamere posizionate con i nostri colleghi già sul posto, copione studiato...  mancano solo gli strumenti da posizionare"

 

"Quelli hanno insistito per portarli loro"

 

Gettai un'occhiata al set e li vidi alle prese con piatti, tamburi, casse e chitarre.

 

"Certo che sono proprio strani" commentai.

 

"Più che strani direi fuori di testa" rispose ridendo lui "Non li hai mai sentiti?"

 

Scuotendo la testa mi sentii quasi in colpa.

 

"Andiamo! Veramente? I Blink-182! Dammit, Josie... no?"

 

"Beh, magari li ho sentiti alla radio, ma non li ascolto"

 

"Per me è un onore lavorare con loro" i suoi occhi si illuminarono come davanti ad una nuova videocamera "Non sai quanto sono emozionato"

 

Iniziammo a girare dopo qualche minuto e rimasi scioccata da quello che i miei occhi videro. Nella prima scena uscirono da un aereo imitando i Backstreet Boys e dopodiché, vestiti con delle strane giacce nere che mi sembravano molto dei giubbotti antiproiettile, si misero a ballare una strana coreografia da loro inventata così su due piedi.

 

Fin qui tutto secondo il copione, finché si misero a fare gli stupidi; crearono nuove scenette e alla fine stravolsero praticamente l'intero programma. Dico solo che mi ritengo molto fortunata a non averli visti correre nudi in riva al mare.

 

Tutto sommato però il video stava pian piano prendendo forma e perfino il regista dovette ammettere che, nonostante l'idiozia, quei ragazzi ci sapevano fare: avevano fantasia, ritmo e una dose fin troppo abbondante di energia.

 

In quelle quattro ore di registrazioni li conobbi meglio. Quello basso e tatuato si chiamava Travis, era calmo, simpatico e gentile; se ne stava tranquillo dietro la sua batteria e certe volte mi sembrava addirittura timido dato che davanti alle telecamere abbassava spesso lo sguardo per non farsi riprendere in volto. Peccato... aveva dei gran begli occhi azzurri.

 

Il chitarrista con i capelli blu si chiamava Tom e oltre al piercing aveva un tatuaggio sulla spalla sinistra che scendeva fino all'avambraccio. Era divertente, un po' pervertito e molto socievole ,e fu quello che si comportò più da idiota sul set: a differenza del compagno non aveva vergogna a mostrarsi al pubblico in condizioni disagianti.

 

In All The Small Things lui era il solo cantante. La sua voce era abbastanza alta, tanto che la definirei quasi acuta, tuttavia era piuttosto orecchiabile e si prestava alla perfezione con il tono della canzone.

 

Mark, il terzo componente della band nonché il maggiore, era molto estroverso e propenso agli scherzi: durante una delle piccole pause rubò le chiavi dell'appartamento al cooproduttore per farlo rimanere fuori casa, ma venne scoperto e rincorso per cinque minuti di fila, fino a che, sfinito, non si rinchiuse in uno sgabuzzino ad aspettare che il suo inseguitore si calmasse.

 

Quando questo accadde, riprendemmo le prove e Mark spruzzò Travis con la canna dell'acqua. Lui e Tom si sganasciarono dalle risate, mentre il povero batterista, bagnato fradicio da capo a piedi, dovette stare a torso nudo per non inumidire tutti i tamburi.

 

A quel punto mi chiesi come quel povero ragazzo potesse sopportare Mark ogni giorno: io al suo posto l'avrei già strozzato, insieme a quell'altro.

 

Nonostante tutto però ci divertimmo molto a girare.

   
 
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