Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: Sophie Ondine    09/03/2019    4 recensioni
Dal testo:
-Un giorno, non ti è dato sapere come, non ti è dato sapere quando, tu e il tuo amore vi incontrerete nuovamente. Non avrete ricordi della vostra vita precedente, ma verrete attratti l’una all’altro senza neanche accorgervene, non potrete fare niente per impedirlo. Quello che è accaduto in questa vita, si ripeterà nuovamente e ancora e ancora, fino a quando il vostro amore non troverà realizzazione. È questo il destino delle anime gemelle.-
***
Cosa succederebbe se due anime, separate nella vita precedente, si reincarnassero? Che cosa attira una semplice ragazzina con la passione per il teatro verso un gelido demone? Nonostante la Vita si diverta a metterli sempre l'uno contro l'altra, cosa farà il Destino?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 5

 

Come temeva, quella mattina Midoriko ricevette una brutta notizia, direttamente dalle pagine del giornale. Si era alzata di buon’ora, colpa la mancanza di sonno della sera precedente: non aveva trovato pace, rigirandosi continuamente prima su un fianco e poi sull’altro, senza mai provare per un attimo un accenno di sonnolenza o di stanchezza. Sentiva dentro di sé la rabbia crescere, soprattutto quando le tornavano in mente le parole di Sesshomaru No Taisho e la risata provocatrice di Naraku. Avrebbe voluto avere un’arma in quel momento, per poterli eliminare fisicamente dalla faccia della Terra.
Quello che interessava ai suoi avversari non era l’arte, l’anima del libro scritto da suo marito anni prima, ma solo i soldi che avrebbe portato l’opera. Lo avrebbero adattato secondo quelli che per loro erano i “gusti del pubblico”, lacerandolo e mutilandolo terribilmente, lei lo sapeva bene, se lo sentiva, in più i diversi anni passati nel mondo dello spettacolo le avevano riservato delle lezioni difficili da dimenticare.
Quello che all’apparenza poteva sembrare solo un ammasso di cellulosa tenuta insieme da una copertina colorata, per lei era un tesoro dal valore inestimabile: dentro vi era racchiusa l’essenza stessa della sua vita, del suo amore con Seiji, suo marito. Lei lo aveva promesso, aveva promesso a Seiji che avrebbe difeso quel piccolo tesoro a tutti i costi, non lo avrebbe snaturato. Se mai avesse ceduto alle lusinghe di Sesshomaru o Naraku, si sarebbe trovata davanti un’opera completamente diversa e lei si sarebbe sentita la diretta responsabile della “seconda morte” di Seiji.

E poi c’erano i suoi ragazzi. Da quando suo marito era morto lei aveva perso interesse in qualsiasi cosa, le erano rimaste solo la recitazione e la sua famiglia, ma ancora una volta il destino l’aveva messa a dura prova portandole via anche sua sorella prima del tempo. Era stato in quel momento che aveva deciso di ritirarsi dalle scene, troppo stanca per poter recitare una parte oltre il palcoscenico, troppo affaticata dai dolori che aveva dovuto sopportare, troppo esausta a causa del suo cuore. Le erano rimaste molti beni materiali e immobili, ma nonostante ciò lei si sentiva sempre più vuota, nemmeno le offerte che continuavano ad arrivarle dal mondo del teatro sembravano risvegliarla da quello stato di torpore perenne.
Poi un giorno, quasi come se fosse stata un’ispirazione venuta dal nulla, si era chiesta se non potesse ricominciare da zero partendo dalle basi: una scuola di recitazione. L’idea le era venuta mentre guardava un film trasmesso in tv e lei non riusciva a capacitarsi di come la gente potesse guardare qualcosa di talmente squallido, recitato tra l’altro da attori che definire mediocri era un complimento. E poi ecco la soluzione: perché non istruire lei stessa degli attori validi?
Lei avrebbe insegnato loro come muoversi sul palcoscenico, come studiare un personaggio, in che modo modulare la voce e quale fosse il metodo migliore per catalizzare su di sé l’attenzione del pubblico. Nel corso dei giorni successivi quella che sembrava una semplice fantasia si trasformò in un progetto concreto. Nonostante si fosse ritirata da tempo dalle scene, Midoriko aveva ancora un po’ di soldi a disposizione, in parte dovuti alla sua famiglia di origine e in parte per i diritti di autore che ancora percepiva dal libro di suo marito. I costi, purtroppo, si rivelarono più elevati del previsto, ma Midoriko era riuscita ancora una volta a cavarsela grazie alle conoscenze che possedeva, che le garantivano una sponsorizzazione che lei ripagava ogni anno.
Aveva cercato in moltissime scuole di Tokyo per trovare quelli che secondo lei potevano essere dei potenziali attori. Ci era voluto un po’ di tempo ma alla fine aveva trovato i ragazzi che facevano per lei. Con il tempo si era anche affezionata a loro: ad Ayame per la spontaneità, a Sango per il carattere volitivo, si divertiva a vedere i teatrini comici di Miroku e Jakotsu, le piaceva l’espressione schiva di Hakudoshi che gli conferiva un’aura di mistero, apprezzava Bankotsu per quella sicurezza che traspariva dal suo atteggiamento e lo stesso valeva per Koga, mentre adorava il sorriso dolce e timido di Kohaku e il lato giocherellone di Shippo, per poi arrivare fino alla delicatezza di Kanna e alla forza di Rin.

Ognuno di quei ragazzi le era entrato nel cuore, come se fosse un figlio. Grazie a loro aveva trovato la forza di alzarsi la mattina ed avere l’entusiasmo di portare a termine qualcosa. Erano ragazzi spontanei, senza malizia e che credevano ancora che il mondo si divideva tra buoni e cattivi, che il confine tra bene e male fosse netto e non esistessero le sfumature.
Metterli nelle mani di quei due sarebbe stato un tradimento.
Con questi pensieri Midoriko si era alzata ed era scesa giù in salotto per fare colazione, mentre scendeva le scale si allacciava in vita la vestaglia di seta rossa. Quando si sedette al tavolo chiese gentilmente a Jinenji di portarle il suo solito tè verde ed il giornale del mattino.
Non appena il giornale fu tra le sue mani, si trovò davanti agli occhi la cruda verità: Sesshomaru non scherzava affatto la sera prima.
Sulla pagina della sezione cultura campeggiava a lettere capitali un articolo scritto da Tsubaki Tsukino che diceva: “Il rischio di vivere di successi passati”.
Nell’articolo la giornalista denigrava senza tanti complimenti il duro lavoro di Midoriko come insegnante, riconoscendole senza dubbio i fasti della giovinezza, ma sottolineando come questi avessero dato alla testa della donna, la quale aveva messo su una compagnia di adolescenti inesperti ed ancora acerbi, dotati di una recitazione mediocre e a livello dilettantistico. L’articolo si chiudeva con un consiglio caustico rivolto a lei: “Cara signora Midoriko, pensi a godersi il suo meritato riposo”.
Il sangue le salì al cervello con quell’ultima frase. Sapeva che Tsubaki era spietata, ma non si era mai spinta così lontano come questa volta. Era più che ovvio che dietro a tutto questo c’era lo zampino di Sesshomaru e Naraku.
Quando Jinenji arrivò con la tazza di tè fumante Midoriko non lo ringraziò come era solita fare, tanto era la furia che sentiva crescere dentro di lei. Non solo pensava alle cattiverie gratuite che i suoi allievi erano stati costretti a subire non di certo per colpa loro, e secondo lei nemmeno del tutto veritieri perché dal canto suo erano stati impeccabili considerando la poca esperienza, ma iniziarono a farsi strada nella sua mente pure tutte le complicazioni a livello pratico che avrebbe dovuto affrontare: quell’articolo significava cattiva pubblicità per la sua scuola, che a sua volta avrebbe portato con sé la retrocessione da parte dei suoi sponsor.

Maledetti Sesshomaru e Naraku, non stavano usando le maniere dolci fin da ora.

I suoi pensieri vennero interrotti dall’ingresso di Kagome in sala, la quale arrancava verso il tavolo con passo incerto e gli occhi cisposi.

-Buongiorno…- bofonchiò prendendo posto di fianco alla zia e afferrando la tazza di tè che Midoriko aveva lasciato intatta.

 

***

-Posso domandarvi una cosa?- chiese la voce fanciullesca.

-Dimmi-

-Ecco, l’altro giorno mi stavo chiedendo… quando morirò, voi vi dimenticherete di me?-

Un attimo di esitazione, un momento sospeso nel nulla. Poi la risposta.

-Non dire stupidaggini-

Queste furono le ultime parole che sia Rin che Sesshomaru ricordavano del sogno fatto quella notte. Entrambi si erano svegliati di soprassalto, come se fossero stati strappati fisicamente da quel mondo onirico e ovattato. Per Rin non era la prima volta, già da bambina ricordava sogni simili, che le lasciavano addosso una sensazione di calore ma allo stesso tempo di perdita, come se le mancasse qualcosa e dovesse ritrovarla per forza.
Al contrario, per Sesshomaru quella era la prima volta. Solitamente lui dormiva molto poco e i suoi sogni erano solo delle macchie nera senza forma. Quando si alzò a sedere sul letto, si sentì il fiato corto e leggermente sudato, se ne accorse quando si passò una mano sulla fronte fredda.
Si guardò il palmo della mano per qualche secondo, meditabondo. Non era mai successo qualcosa del genere, sentiva nel petto qualcosa di sconosciuto. Rimase qualche secondi cercando di darsi una spiegazione plausibile e poi si ricordò che la sera prima aveva provato una sensazione simile quando aveva visto quella ragazzina recitare a piedi nudi: la sensazione di familiarità si era risvegliata in quel momento.
“Ma quale familiarità” pensò subito scettico tra sé e sé. Non conosceva quella ragazzina se non perché l’aveva incontrata qualche volta in circostanze del tutto casuali.
Con la mano artigliata da demone, scostò le coperte e si alzò. Per prima cosa decise di farsi una doccia, per lavare via quella sensazione così scomoda.
Dopo essersi vestito, scese al piano di sotto per fare colazione con suo padre. Lo trovò comodamente seduto alla sedia che troneggiava a capotavola al centro della stanza, intento a leggere il giornale mentre mangiava la sua abituale colazione.
Sesshomaru non si disturbò nemmeno a dirgli buongiorno, si sedette occupando il posto alla sua destra e si versò del caffè nero bollente nella tazza davanti a lui.
Inu No Taisho sollevò lo sguardo dai fogli di giornale, guardò il figlio per qualche secondo e poi disse:-Devo complimentarmi con te, Sesshomaru. Stai adottando una tattica molto sottile ma efficacie-

Sesshomaru lo guardò senza alcun slancio emotivo, si limitò a dire:-Ti avevo detto che ci stavo lavorando- e buttò giù un generoso sorso di caffè.
Suo padre ora si complimentava con lui, ma non sapeva che in realtà tutto quello che stava facendo non era assolutamente per affezione nei confronti del genitore, anzi, sarebbe stata anche la sua rivincita e la prova della sua superiorità. Ma era necessario che lui non facesse trasparire tale progetto: aveva bisogno del suo appoggio per poter agire in maniera indisturbata.

-Sono proprio curioso di vedere cosa farai la prossima volta-continuò Inu No Taisho piegando il giornale e mettendolo via.

Quella mattina però aveva in serbo per Sesshomaru molte più sorprese di quante lui se ne aspettasse, infatti, in maniera non molto delicata, fece il suo ingresso in salotto lui: Inu-Yasha.
Sesshomaru lo vide avanzare con atteggiamento spavaldo verso di lui: aveva i capelli spettinati e indossava ancora il pigiama, le pantofole non erano minimamente contemplate nella sua mise.
Lo youkai sentì istintivamente salire un ringhio di rabbia e fastidio, quel maledetto mezzo demone aveva la capacità di irritarlo solamente con la sua presenza, e lui che pensava che si sarebbe messo nei guai a New York per non vederlo mai più. Evidentemente era stato più cauto di quanto non sperasse.

-Beh, non vieni a salutare il tuo fratellino?- sghignazzò Inu-Yasha rivolto verso di lui mentre allargava le braccia pronte ad accogliere un abbraccio che sapevano non sarebbe mai arrivato.

Sesshomaru non raccolse la provocazione e si girò in direzione del padre, in cerca di risposte.

-Tuo fratello è arrivato ieri sera, mentre eri a teatro. Era stanco per il lungo viaggio ed è andato subito a dormire. Mi sorprende che tu non abbia sentito il suo odore al tuo rientro-

Anche Sesshomaru si sorprese di quella sua falla: come era possibile che il tanfo che suo fratello si portava dietro non fosse arrivato alle sue narici fin troppo sensibili?
Era talmente sovrappensiero che non ci aveva fatto caso, ancora sentiva un lieve odore di lavanda mischiato al profumo di un mazzo di garofani.
Inu-Yasha vide che il fratello non accennava a dargli una risposta, quindi si sedette a tavola e si servì.

-Sarà un Natale in famiglia con i fiocchi- disse poi sarcastico, guardando suo padre e Sesshomaru. Il primo sperava fosse così, il secondo ne dubitava fortemente.

 

***

Rin quella mattina si svegliò come le era capitato molte volte: di soprassalto dopo il sogno così realistico che aveva avuto. Ancora una volta lo stesso scenario, gli stessi luoghi, le stesse sensazioni, la stessa figura alta e affusolata. Se chiudeva gli occhi riusciva a vedere ancora davanti a lei i capelli argentati della figura maschile. Argentati, come quelli di Sesshomaru. Rin ripesando a lui si diede della stupida: come aveva potuto credere che quell’uomo fosse una persona gentile?
Corrugò le sopracciglia, contrariata. Non aveva mai immaginato che potesse dire qualcosa di così freddo e spietato alla signora Midoriko, senza avere alcuno scrupolo per tutte le altre persone coinvolte, lei per prima. Scosse la testa, dandosi ancora una volta della stupida, ma questa volta perché secondo lei gli stava dedicando più attenzione del dovuto, dopotutto era stato solo un estraneo gentile con lei, questo non voleva dire che dovesse esserlo per forza nell’animo.
Rin si voltò in direzione della finestra e vide la sagoma di un vaso, modesto e piccolino, ma che conteneva il mazzo di fiori più bello di sempre, almeno secondo lei. I garofani bianchi troneggiavano là, sul davanzale, facendo mostra della loro semplicità e bellezza disarmante. Rin non aveva idea di chi potesse averglieli mandati, ma si sentiva pervasa da un sentimento di calore, gratitudine e gioia esplosiva.
Poi la ragazzina lentamente si alzò dal letto e andò a prepararsi per andare alla scuola di recitazione: era abitudine per tutti i giovani attori incontrarsi lì dopo uno spettacolo, come una sorta di prolungamento dei festeggiamenti.
Rin mentre finiva di acconciarsi i capelli decise di prendere un garofano dal mazzo e di intrecciarlo nel codino laterale che era solita farsi da un po’ di anni. Anche se era dicembre, lei avrebbe avuto un pizzico di allegria addosso, e poi il colore era perfetto per quella stagione.
Salutò velocemente sua nonna e corse a prendere l’autobus. Non appena fu sulla strada che l’avrebbe portata all’edificio della compagnia Sengoku, incontrò Ayame, Sango, Kohaku e anche Kagome, la quale, sebbene non fosse un’attrice, ormai faceva parte della compagnia a tutti gli effetti.

-Rin, aspettaci!- urlò Ayame, sbracciandosi da lontano.

Non appena furono tutti insieme, Rin notò un’ombra nelle loro espressioni. Si chiese cosa potesse essere successo.

-Buongiorno, ragazzi. Ma cosa sono quei musi lunghi? Non siete contenti?- domandò candidamente.

Si guardarono tutti in silenzio, interrogandosi quasi mentalmente chi dovesse essere il designato a dare a Rin la brutta notizia. Alla fine fu Kohaku a farsi avanti.

-Rin, vedi ieri sera Ayame non aveva tutti i torti ad essere agitata. Non so se hai letto il giornale stamattina, ma a quanto pare quella giornalista, Tsubaki Tsukino, non è stata molto gentile nei nostri confronti, anzi direi il contrario- confessò il ragazzo guardando l’asfalto sotto i suoi piedi. Rin invece, a quelle parole, sentì l’asfalto scomparire. Un vuoto allo stomaco la prese di sorpresa.

-Ma cosa dici?- chiese lei, ancora incredula.

-Ha ragione lui, Rin. È come ha detto- confermò Kagome.

Ayame e Sango si limitarono ad annuire. Si guardarono tutti e quattro con espressioni sconsolate sul viso, non riuscendo a trovare le parole giuste. Per Rin quella notizia era del tutto insensata: il pubblico aveva gradito, e anche tanto, gli applausi c’erano stati e loro si erano sentiti molto soddisfatti. Ma forse non bastava.
Eppure ad un certo punto le venne in mente una cosa, più precisamente una frase che aveva sentito ieri sera. Che fosse stato lui?

-Beh, per sapere che ne pensa Midoriko dobbiamo solo andare a scuola e sentire cosa ha da dire lei- disse poi Sango, cercando di sbloccare la situazione di disagio in cui tutti si trovavano. Fu così che ripresero a camminare, lentamente e silenziosamente.

Kohaku stava vicino a Rin, cercando di tirarle su il morale. Le altre ragazze si accorsero della situazione e risero tra di loro sotto i baffi: tutte avevano notato un certo feeling da parte di Kohaku nei confronti della loro amica.

-Ti sta molto bene- disse il ragazzo.

Rin si voltò di scatto, senza capire.

-Il garofano. Ti dona molto- continuò Kohaku, leggermente imbarazzato.

La ragazza istintivamente si portò una mano all’altezza del codino e sfiorò con le dita sottili i petali del fiori. Arrossì per il complimento e biascicò un grazie.
Quando furono tutti davanti all’ingresso della scuola, quello che videro li lasciò di sorpresa: a quanto pareva non erano gli unici a recarsi in quell’edificio di domenica mattina, ma anche Sesshomaru No Taisho aveva avuto la stessa idea.
Lo youkai se ne stava lì, in piedi, in attesa di qualcuno. Per i ragazzi non era affatto difficile capire chi fosse quella persona che tanto desiderava incontrare.

-Se cerca mia zia, arriverà a breve- disse subito Kagome gentilmente.

Rin, invece, sentì crescere dentro di lei un moto di rabbia incontenibile: i tratti del viso si stravolsero all’istante, facendo capire quali fossero i suoi sentimenti in quel momento.
Sesshomaru ringraziò con il solito tono freddo. Poi il suo occhio cadde subito sulla figura minuta di Rin. Sembrava completamente un’altra persona giù dal palcoscenico: così piccola da sembrare una bambina, il viso pulito e senza trucco.
Se ne stava lì a guardarlo con espressione truce, o almeno così pensava lei perché lui non ne fu impressionato nemmeno un po’, non  incuteva di certo timore. Notò poi una cosa, un dettaglio molto piccolo ma che sui suoi capelli scuri spiccava come la luna piena in un cielo nero: aveva indossato uno dei fiori che lui le aveva fatto recapitare la sera prima. Le donava molto, non c’era dubbio. Dopotutto le era venuta in mente lei quando li aveva visti.
Sesshomaru decise di non pensarci troppo.

-Siete stati bravi, ieri sera- disse con il suo solito tono freddo.

A quelle parole Rin si sentì, se possibile, ancora più arrabbiata di prima. Ma come si permetteva di prenderli in giro, quando era più che evidente nella sua mente che dietro quella critica così aspra ci fosse lui. Emise un respiro bello forte, per farsi sentire. Ma gli altri non sembravano essersene accorti, anzi sembravano prendere sul serio le parole di quell’uomo, ma in fin dei conti non avevano sentito cosa aveva detto ieri e Rin aveva promesso a Midoriko di non farne parola.

-Dice davvero?- domandò Ayame piena di speranza.

-Sì- rispose asciutto Sesshomaru, lanciando un’occhiata a quella ragazzina che non accennava a nascondere la sua espressione di disappunto. Doveva ammettere che era abbastanza divertente vederla così arrabbiata.

-Cosa ci fa qui?- tuonò poi una voce alle loro spalle. I ragazzi subito si voltarono e videro avvicinarsi la figura di Midoriko, la quale avanzava con passo nervoso.

Tutti, tranne Rin, non capirono il motivo di tale rabbia. Kagome quella mattina aveva notato la zia piuttosto nervosa e alterata, ma non aveva avuto il coraggio di chiederle cosa fosse successo, ma forse nei prossimi minuti avrebbe avuto la sua risposta.
Sesshomaru rimase fermo a guardare la donna.
Midoriko avanzava il più velocemente possibile, aveva il fiatone e le guance le si erano leggermente imporporate, nessuno l’aveva mai vista così in quello stato. Quando si trovò davanti a Sesshomaru, si concesse alcuni secondi per riprendere fiato, non lo avrebbe affrontato parlando affannosamente.

-Mi sembra che quello che mi ha detto ieri si sia avverato, quindi non capisco la sua visita di questa mattina, tra l’altro la scuola è aperta solo per i miei allievi!-

Ayame, Sango, Kagome e Kohaku divennero loro malgrado spettatori involontari di quella litigata, Rin invece sentiva che finalmente qualcuno stava cantandogliene quattro a quell’uomo che lei avrebbe finito per odiare, se lo sentiva.
Sesshomaru non raccolse la provocazione, guardava Midoriko con espressione annoiata. Nonostante ammirasse la forza con cui cercava di difendersi, per lui era tutta energia sprecata, perché sarebbe stata solo questione di tempo ed avrebbe ceduto.

-Non so di cosa stia parlando- disse lui.

A quelle parole Midoriko divenne ancora più paonazza, come se la rabbia avesse preso il sopravvento e tutto il controllo del suo corpo. Nessuno l’aveva mai vista così.

-Non faccia il finto tonto, so benissimo che si nasconde la sua firma e quella di Naraku dietro a quella recensione- tuonò lei, avvicinandosi a lui e puntando gli occhi su di lui.

Gli altri ragazzi, tranne Rin, rimasero scioccati nel sentire quelle parole. Ayame guardava per terra la punta dei suoi piedi, Sango e Kagome rimasero a bocca aperta mentre Kohaku si girò verso Rin, quasi a cercare delle risposte da lei.
La ragazza, invece, se ne stava lì in piedi a guardare con aria soddisfatta la sua insegnante inveire contro quell’essere senza cuore, finalmente qualcuno che gliele cantava.

-Ha una fervida immaginazione- soffiò lui, quasi come se fosse un’accusa- Ma non sono venuto qui per parlare della recensione, a quanto pare negativa che ha ricevuto da Tsubaki. Sono qui per ricordarle i vantaggi che potrà avere nel firmare un contratto con la società di mio padre- continuò Sesshomaru senz alcuna esitazione.
Rin rimase, se possibile, anche più sconvolta a sentire quelle parole, dette come se niente fosse e ignorando completamente le parole di Midoriko. Ma come si permetteva?

Midoriko esplose una volta per tutte:- Le ho già detto che non lascerò mai che lei o chiunque altro possiate rovinare un’opera come il “Sengoku Monogatari” e…- ma la frase non ebbe un seguito.
Midoriko si portò subito una mano all’altezza del cuore, mentre le parole le morivano in bocca ed emetteva un verso di dolore, serrando le labbra e chiudendo  gli occhi. Sentì una fitta al cuore forte, come se una freccia le avesse trapassato quel’organo così vitale. Si accasciò a terra, poggiandosi sulle ginocchia.

-Zia!- urlò subito Kagome preoccupata, precipitandosi verso di lei.

Anche Rin, come Sango, corse in soccorso della sensei.

-Che succede?- chiese ancora più spaventata Kagome. Non poteva sopportare che anche sua zia potesse andarsene a causa di un malore.

Sesshomaru rimase esattamente nella stessa posizione.

-Sensei- disse Rin, mentre portava la mano sul braccio della donna.

-Non preoccupatevi, non è niente- disse Midoriko, con il fiato corto a causa della fatica che stava facendo per far finta di stare bene. In realtà non stava affatto bene, quello non era “niente”, ma non voleva spaventare i suoi allievi e, più di tutti, non voleva spaventare Kagome.
Rin, vedendola in quello stato, si sentì le lacrime salire, provava una grande pena nel vedere ridotta così una donna straordinaria come la sua sensei. E tutto quello per colpa di un essere spietato come Sesshomaru No Taisho.
Sollevò lo sguardo arrabbiato verso il demone, il quale continuava a starsene lì in piedi senza battere ciglio, senza l’ombra di una minima preoccupazione sul suo viso.
Rin sentì l’odio e l’astio travolgerla.

-La prego, se ne vada!- ringhiò lei, cercando di trattenere le lacrime.

Sesshomaru, nonostante non avrebbe mai dato a vederlo, si trovò sorpreso nel vedere quella ragazzina così combattiva e incurante di chi si trovasse di fronte a lei. Non guardava in faccia nessuno.

Ammirevole.

Nel frattempo Midoriko si era alzata in piedi nuovamente, aveva raccolto le poche forze che le rimanevano e aveva poggiato una mano sulla spalla di Rin, facendosi avanti come per proteggerla.

-Ha sentito la mia allieva. Glielo chiedo cortesemente anche io, questa giornata è dedicata ai miei allievi- disse con una sorprendente calma ritrovata Midoriko.

Sesshomaru sollevò leggermente l’angolo destro della bocca, in una sorta di sorriso beffardo.

-Vorrà dire che ci vedremo presto- disse.

Midoriko lo guardò, preoccupata. Quell’uomo diceva la verità: si sarebbero visti presto, in che circostanze non lo sapeva ancora.
Chiamò poi tutti gli allievi dentro la scuola, i quali la seguirono senza battere ciglio, leggermente imbarazzati per la scena a cui avevano assistito.
Rin, che era l’ultima della fila, mentre si affrettava a lasciarsi quell’individuo repellente alle spalle, perse il garofano che aveva tra i capelli. Si girò per poterlo riprendere ma notò che qualcuno era stato più veloce di lei: Sesshomaru si era preso la briga di raccoglierlo al volo poco prima dell’impatto con il suolo. Lo guardava con espressione leggermente curiosa. Dentro di sé si chiedeva perché lo avesse indossato, forse solo per un vezzo di natura puramente estetica.
Rin lo osservò mentre contemplava il suo fiore.
Si avvicinò un po’ timorosa, cosa che Sesshomaru notò, e poi disse:- Me lo ridia, per favore- farfugliò lei con le guance rosse.
La ragazzina coraggiosa che gli aveva detto poco prima di andarsene, ora si rivolgeva con espressione timorosa e timida nei suoi confronti.

Che razza di persona era?

Non ottenendo quanto richiesto, Rin aggiunse:- Per me quel fiore è molto importante-
Importante? Aveva detto così?
Sesshomaru si trovò a scoprirsi per la terza volta sorpreso dalle parole di quella ragazzina.

-Importante?- domandò lui senza darle il garofano.

Rin si irritò e molto. La stava prendendo in giro?

-Quel fiore mi è stato regalato da una persona  che, al contrario di lei, ha gradito il nostro spettacolo e mi ha mandato un mazzo di garofani bianchi. Avrei voluto ringraziarlo, ma sul biglietto non c’era il nome…- continuò lei.

-Capisco- disse lui restituendole ciò che aveva perso. Poi si girò e se ne andò senza nemmeno salutare.

Rin rimase con il fiore in mano, guardando con aria perplessa quella sagoma strana che si allontanava.

 

 

Ciao a tutti voi, miei cari lettori. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ammetto che avrei voluto scrivere di più, ma poi ho deciso di dividere il capitolo in due parti: molte cose devono succedere e non volevo fare un grande minestrone. I nostri piccioncini si sono incontrati ancora una volta e, per ora, il sentimento di Rin non è dei migliori. Bisognerà avere pazienza, dopotutto Rin ha ancora tredici anni.

Ringrazio come sempre le persone che mi seguono e quelle che commentano, il vostro sostegno è molto importante per me. Se il capitolo vi è piaciuto lasciate pure un commento.

Vi lascio qualche piccola anticipazione: nel prossimo capitolo scopriremo qualcosa in più di questo “Sengoku monogatari”; vedremo poi Inu-Yasha entrare in scena e relazionarsi con Kagome e capiremo il motivo per cui quest’ultima non vuole parlare di sua sorella Kikyo. Per i nostri due piccioncini… beh, aspettate!

 

Sophie Ondine

 

 

 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Sophie Ondine