“Per
favore Malik… Lo sai che sono terrorizzato
dall'acqua.”
“Non devi far altro che abbandonarti, ci sono io a
sorreggerti.”
“Bastardo come sei sono sicuro che mollerai la
presa appena cerco di galleggiare.”
“Novizio. Devi imparare. O così o
niente.”
Altair si zittì. Si lasciò cullare
dall'acqua, nel piccolo fiumiciattolo appena fuori Gerusalemme. Il sole
brillava e rendeva il fiume uno paradiso di riverberi dorati e celesti.
Malik reggeva saldamente Altair sotto l'ascella, mentre con l'altra lo
guidava verso un punto dove non si toccava. Ad ogni passo Altair si
irrigidiva e Malik stringeva di più la presa.
“Ci siamo quasi.” Avvertì
Malik, ma Altair non ne volle più sapere.
“Torniamo indietro.”
“Col cavolo! Imparerai a nuotare, qui e
subito.”
“Te ne prego Malik, torniamo
indietro…” Disse Altair, quasi con il groppo in
gola. Era inusuale sentirlo con quella voce oscurata dalle lacrime.
“Si può sapere cosa ti
prende?” Domandò Malik, ma non ottenne nessuna
risposta, Altair sudava freddo, Malik sentiva il cuore battere contro
la sua mano, avendola sotto l'ascella dell'Assassino.
“Sorreggimi.” Disse soltanto.
Sembrava più una richiesta d'aiuto. Erano a tanto
così dal punto più profondo di quel fiume. Malik
cercò di decifrare l'espressione di Altair. Non ci
riuscì. Non aveva la più vaga idea di cosa stesse
accadendo. L'acqua li accarezzava dolcemente, la brezza era
stranamente piacevole e il cuore di Altair era ancora fin troppo
rumoroso. Quella situazione non garbava affatto a Malik. Doveva fare
qualcosa, ma, appena le dita cominciavano ad allentare la presa, Altair
sembrava una piovra pronta all'attacco. La sua reazione era di una
totale disperazione che Malik si prese di pena. L'Assassino non poteva
subire un altro shock come quello, altrimenti, non si sarebbe neanche
più lavato. Pian piano procedettero a ritrovo verso la riva.
Poi Altair si fermò.
“Cosa c'è?” Malik era pronto
ad un altra crisi.
“Grazie.” Disse, sempre con la voce
pronta a rompersi in pianto.
Malik sistemò i suoi calzoni sopra il ramo di un
albero, facendoli penzolare affinchè l'acqua si sarebbe
asciugata. Il fuoco scoppiettava accanto ad Altair, che non si era
voluto svestire. Sedeva ancora con le ginocchia al petto, lo sguardo
concentrato ed iperterrito verso qualcosa che Malik non vedeva,
nè comprendeva. Oggi quel suo fratello ed amico non riusciva
proprio a capirlo. L'aveva sorretto e aveva cercato di fare qualcosa
per poter affrontare insieme a lui la sua paura, ma adesso si chiedeva
se fosse stato giusto o se l'aveva sorretto abbastanza.
Mise a far cuocere qualcosa da mangiare e domandò
ad Altair se aveva fame. Rispose negativamente con un accenno della
testa.
Nel frattempo che mangiava, Malik pensò a cosa
aveva causato l'idrofobia del suo caro fratello. Ricordava bene che ce
l'aveva sempre avuta. Fin da quando erano piccini, Malik ricordava bene
a come Altair stava aggrappato alla tunica di Al Mualim, piangendo e
pregando di non entrare nel fiume. A quel tempo ciò gli
procurava un senso di disagio e voleva aiutarlo, ma Al Mualim non
glielo permetteva mai e ancora oggi, Altair si ritrovava con una lacuna
che per lui era abissale. Evitare i nemici via acqua era di certo un
gran vantaggio, ma Altair peccava di questa mancanza.
“Ho freddo.” Annunciò Altair,
interrompendo il groviglio di pensieri di Malik.
“Ti devi togliere i vestiti, altrimenti prenderai
un malanno.” Lo rimbrottò il ragazzo. Altair
sembrava non ascoltare.
“Ma avrò freddo comunque.”
Malik sbuffò “Il tuo ragionamento
è inutile. Dai spogliati.” Si alzò e
gli andò vicino, e Altair si ritrasse.
“Sono stanco delle tue bambinate. Prima nel fiume e
lì avrei anche potuto capirlo, ma qui non mi sta bene.
Spogliati o sarò costretto a farlo io.” La sua
voce era irritata, e come se lo era. Aveva sprecato una giornata
preziosa, magari altri suoi fratelli avevano portato a termine missioni
più importanti. Altair stavolta non si ritrasse quando Malik
gli mise le mani sulle spalle e si lasciò svestire. Prima
gli abbassò il cappuccio fradicio, scoprendo il viso
attonito dell'Aquila. Facendo finta di nulla, Malik sganciò
la piccola cintola al di sopra del petto, facendo cadere la daga in
terra. Poi si occupò della cintura e del drappo rosso.
Lì Malik sentì una grande tensione scuotergli le
budella. Non era tanto quanto il gesto che lo tratteneva dal fare
altro, ma il fatto che Altair non reagisse. Il drappo
scivolò sensualmente sui suoi fianchi. I vestiti erano zuppi
e aderiti perfettamente al suo corpo maledettamente scolpito. Malik
distolse lo sguardo, e si allontanò per appendere quel
drappo là dove aveva lasciato i suoi calzoni. Rimase
lì fermo con il tessuto in mano, come se ne studiasse la
texture, e Altair lo sorprese alle spalle.
“Cosa fai?”
“Ringraziarti.”
“Di cosa?”
“Mi hai sorretto.”
“Te l'avevo detto che l'avrei fatto. Sei mio
fratello.”
“Non l'hai fatto con quello scopo.”
“Avrei dovuto lasciarti allora? Ma cosa ti passa
per la testa?” Malik si sentiva esasperato. Lasciò
cadere il drappo rosso e abbracciò Altair. Pensò
ancora che forse non aveva sorretto solo l'Aquila, ma anche se stesso.
Essere Assassini ti lascia dentro qualcosa, ti insegna e ti toglie
qualcos'altro. Potevano essere persi o impazzire, per quanto
ne sapevano, senza quel Credo. “Nulla è reale,
tutto è lecito” ma fin dove tutto poteva sembrare
reale e cosa era lecito nella vita di un Assassino?
Altair si strinse a quel fratello tanto paziente. Malik era
davvero un amico prezioso. A volte non aveva altre definizioni per
descrivere la loro amicizia. Ricordava solo che era una cosa che si era
protratta fin da quando si erano conosciuti, e da allora, il mondo di
Altair era cambiato.
Erano cambiati e cresciuti insieme.
“Non mi fare prendere più spaventi del
genere.” Alitò Malik sul suo collo.
Altair annuì. Si avvicinarono al fuoco e la notte
li circondò, proteggendo il loro sonno.