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Autore: _Andromeda_95    11/03/2019    0 recensioni
- E non si vergogna. Non si vergogna di offrire il suo cuore al mondo intero. “Ecco, questo sono io” sembra dire. “Guardatemi trasformare il mio dolore in speranza, guardatemi mentre combatto ogni giorno per lei.” -
Genere: Malinconico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Ho scritto la prima parte di questa storia qualche mese fa, dopo una conversazione abbastanza triste con un'amica. Credevo fosse pefetta così, ma non ho mai voluto pubblicarla perchè mi sembrava di invadere una sfera troppo intima, di speculare su qualcosa di troppo personale. Poi però mi è ricapitata tra le mani mentre ascoltavo Two of Us, ed è successo qualcosa. So che scrivere significa rappresentare le emozioni, dare emozioni. So che significa permettere a qualcuno di rivedersi nelle pagine. So che Louis ha scritto quella canzone con l'intento di dare speranza, dopo aver attraversato il periodo più difficile di sempre. Così ho voluto provarci anche io. Spero di esserci riuscita, almeno in parte.
Buona lettura.
E.

 

Pain



 
Corre. Stringe il volante tra le mani, le nocche quasi bianche, il piede che preme sull’acceleratore. Corre per arrivare in tempo. Corre con disperazione. Corre ripetendosi nella testa che “non è possibile. Non adesso. Non così”
Con le lacrime agli angoli degli occhi e il nodo in gola e il senso di colpa a mangiarlo dentro. Non si capacita di come lui non abbia potuto chiamarlo. Non riesce a credere che sono arrivati fino a quel punto. Non capisce come abbiano fatto a perdersi così.
Una lacrima sfugge al suo controllo mentre pensa che sarebbe già dovuto essere con lui. Sarebbe dovuto essere al suo fianco a tenerlo stretto, non in un’auto in una corsa contro il tempo. Se arrivasse troppo tardi non se lo perdonerebbe mai.
Inchioda dietro un’ambulanza e scende in tutta fretta, un rasoio e una bottiglia d’acqua in una mano. Non gli importa nemmeno di essere visto, l’unica cosa che conta è raggiungere lui. Raggiungere lei.
Non appena entra nella hall avverte un piccolo capogiro. Non gli piacciono gli ospedali, non gli piace il reparto di oncologia, si sente soffocare lì dentro. Si avvicina alla reception, prende un bel respiro e chiede “Salve, mi sa dire in che stanza è Johanna Deaking?”

L’infermiera esita. Harry è sicuro che l’abbia riconosciuto, ma dopo qualche secondo di tentennamento si sente domandare “Lei è un parente?”

Harry esita. Non lo sa più. Louis non è più suo marito ma è ancora il suo cuore. Non è più il suo fidanzato ma ha ancora la sua anima. È coperto da questa nuvola di incertezza e dolore e confusione e l’unica cosa a cui riesce a pensare è che deve andare, deve raggiungerlo prima che sia troppo tardi. Allora si decide e “sono il compagno di suo figlio. La prego, mi faccia passare” implora con gli occhi lucidi.

“Secondo piano, stanza 2809.”

Il volto di Harry si distende dal sollievo. “Grazie”

Harry sente la donna richiamarlo mentre si dirige verso le scale. “Signor Styles? Si sbrighi.”

Ed Harry corre. Ancora. Sale due gradini alla volta, evita dottori e infermieri nei corridoi, il cuore che batte veloce nel petto e la paura nelle ossa. E poi eccole. Le ragazze. Le sue ragazze. Lottie, Fizzy e le gemelle, strette in un abbraccio, rannicchiate su se stesse, le mani aggrappate alle spalle delle altre. E un po’ più distante Liam, le spalle rigide e le braccia abbandonate lungo i fianchi, mentre fissa il vetro di quella camera di terapia intensiva. Nessuno si è accorto di lui.  Harry adesso ha paura. Non sa come farà e guardare in faccia quella famiglia dopo tutto quello che è successo, dopo tutto quello che ha fatto. Non sa cosa fare per alleviare il loro dolore. Ma poi Lottie alza lo sguardo e lo vede, e Harry non può più nascondersi. Resta ancora immobile mentre vede gli occhi di Lottie riempirsi di ancora più lacrime e sussurrare un “Haz” appena percettibile. Lottie scioglie l’abbraccio con le sue sorelle e fa un passo indietro, ed è in quel momento che Harry lo vede. Louis è magro, e più piccolo di quanto Harry ricordasse ed è rannicchiato contro il petto di sua sorella Fizzy. Sembra così fragile mentre si lascia stringere dalle sue sorelle e cerca di non piangere.
Non appena Lottie si allontana, Louis alza la testa nella sua direzione, e crolla. Gli occhi blu si riempiono di lacrime, singhiozza e corre nella sua direzione. Harry non può fare altro che aprire le braccia e lasciargli affondare il viso nel suo petto. Lascia cadere il rasoio e la bottiglia d’acqua che teneva ancora in mano e lo stringe forte. Lo stringe ed inspira il suo odore. Non è il solito odore di Louis, lui non odora mai di dolore.  Non odora mai di disperazione.
Louis si aggrappa alla sua maglietta mentre tra i singhiozzi ripete sempre e solo una frase.
“Sei qui. Sei qui. Sei qui.” E si stringe ancora di più a Harry, le unghie conficcate nel suo petto e i naso nell’ incavo del suo collo.
È un insieme di “Grazie” e “come hai fatto” e “non ce la faccio”

Harry gli accarezza i capelli mentre piange, mentre Louis si permette di essere vulnerabile per la prima volta dopo tanto tempo. Harry si accorge con la coda dell’occhio di Dan che esce dalla stanza di Jay e raggiunge le ragazze e Liam in un’altra stanza. Sono soli adesso, seduti su delle scomode sedie di una fredda corsia di ospedale, con tante cose taciute e tante ferite esposte, ma sono insieme, ed è questo ciò che conta.
Harry continua a cullarlo e stringerlo, una mano sul collo  intrecciata ai capelli e l’altra ad accarezzargli la schiena. Vuole che parli, che si sfoghi, ma non ha il coraggio di chiedere.

È Louis a rompere la loro bolla di dolore, quando con voce piccola e rauca dal pianto chiede “come hai fatto?” Non lo guarda, si vergogna.

“Mi ha avvertito Liam.”

Louis alza per la prima volta lo sguardo, negli occhi il senso di colpa “perdonami se non ti ho chiamato. Io- Io…” un altro singhiozzo, altre lacrime che gli impediscono di parlare.

“ è tutto ok Lou. L’importante è che sia qui.”

“no non è vero. Avrei dovuto chiamarti, avevi diritto di sapere. Lei avrebbe voluto vederti e adesso… adesso non può.”  Il labbro inferiore trema, Louis fatica a trattenere le lacrime. Appoggia il capo sulla spalla di Harry, che gli prende la mano e intreccia le loro dita.

“Non fa niente Louis. Lo capisco. E anche lei.”

“non puoi saperlo.” Mormora Louis.

“ sì che lo so. Sei suo figlio Lou. E lei non è mai stata capace di essere arrabbiata con te per più di dieci minuti. Sapeva che non mi avresti chiamato. E sapeva anche che eri tu ad aver bisogno di me, non lei.”

“Sembri così sicuro di quello che dici”

“ Lo sono. Ricordi quel giorno, il mese scorso, in cui eri tornato a casa per stare con Ernest e Doris?”

Louis lo guarda confuso mentre annuisce. Harry sorride a labbra strette. “Mi ha chiamato quel pomeriggio e mi ha chiesto di venire qui. Abbiamo parlato un po’. Mi ha detto che aveva paura per te. Mi ha chiesto di starti vicino nonostante tutto. Le ho risposto che non ti avrei mai lasciato affrontare tutto questo da solo. Poi lei mi ha sorriso nel modo in cui sorride solo a me e mi ha detto -  mio figlio a volte è decisamente un idiota, è per questo che si è lasciato scappare una persona come te. Ti prego, prenditi cura di lui.-“

Louis sorride appena. “Sì, è una cosa decisamente da mamma.”

Stanno in silenzio dopo quello, la testa di Louis poggiata sulla spalla di Harry, le dita ancora intrecciate e il respiro leggero. Harry pensa che Louis si sia addormentato, quando all’improvviso “Haz?” lo chiama.

“Dimmi piccolo.”

“Cosa faccio io quando mamma non ci sarà più?” chiede con voce incrinata.

Harry prende un respiro profondo, si raddrizza sulla sedia e prende il viso di Louis tra le mani, fronte contro fronte. “Soffrirai. Soffrirai e ti sembrerà di cadere in pezzi. Ti mostrerai forte per le tue sorelle e poi piangerai in silenzio la notte rannicchiato sotto le coperte e non saprai cosa fare, in che direzione andare e ti sembrerà tutto sbagliato. Ma arriverà un momento in cui il dolore lancinante diventerà un lieve pizzicore costante con cui imparerai a convivere. Ci saranno momenti in cui ti sentirai smarrito e disorientato, altri in cui ti sembrerà che vada tutto bene. Altri in cui desidererai poter tornare indietro e cambiare le cose. Ma se c’è una cosa di cui sono certo, è che non sarai solo. Io sarò con te. Porteremo il peso insieme Lou, come sempre. Ti appoggerai alla mia spalla e andremo avanti. Piangerai contro il mio petto la notte, e io ti cullerò fino al sonno. Affronteremo tutto insieme, passo dopo passo, fino a sentire solo quel lieve pizzicore. Perché io non ti lascio. Hai capito? Non importa quante volte cercherai di allontanarmi e farmi andare via. Io. Non. Ti. Lascio.” Dice l’ultima frase stringendogli il collo sulla nuca, come a tirarlo più vicino, gli occhi fiammeggianti e la voce che si spezza.

Louis annuisce lievemente, poi gli sfiora le labbra con le sue. Si alza in piedi e lo trascina nell’altra sala dagli altri, gli occhi asciutti e il cuore un po’ più leggero. Siede accanto alle gemelle e le abbraccia strette, il mento poggiato sulla testa di Phoebe.

Quando Louis, più tardi, si accorge dell’assenza di Harry ed esce in corridoio per cercarlo, nota la porta della camera di Jay leggermente aperta. Harry è seduto accanto al letto di sua madre, una mano di Jay tra le sue e la testa bassa. Louis nota le sue spalle muoversi a scatti e il respiro pesante. Sta piangendo. Piange mentre sussurra dei “ti prego non ancora “ appena udibili. Louis vorrebbe entrare e stringerlo e confortarlo come Harry ha fatto in precedenza con lui, ma sa che non ne sarebbe in grado. Perché la verità è che solo con Harry sa essere vulnerabile, e solo davanti al dolore di Harry non riesce ad essere forte. Così gli lascia qualche minuto da solo con sua madre e il tempo per ricomporsi mentre torna dalla sua famiglia.

Harry lo raggiunge dieci minuti dopo, il volto tirato e gli occhi rossi dal pianto. Gli sorride flebile dall’altra parte della stanza e va ad abbracciare Fizzy che è sull’orlo del pianto ancora una volta.

Tutto quello che devono fare adesso è aspettare.

Succede nella notte. Liam e le ragazze sono tornati a casa, Dan è andato a far addormentare i gemelli, Harry e Louis sono seduti in dormiveglia sulle scomode sedie della corsia, le mani di nuovo intrecciate.
Il bip bip del monitor cardiaco fa da sottofondo alla loro notte di angoscia e dolore.
A destare l’attenzione di Harry è un nuovo suono, costante e leggermente acuto. Stringe inconsciamente la mano di Louis, che si desta dal sonno e si guarda intorno, disorientato. Quando anche lui riesce a distinguere quel suono si libera dalla stretta di Harry e si dirige verso la finestra che da sul letto della camera. Ed eccola lì, la fonte di ogni dolore, quel monitor che segna la fine di tutto, la fine di una vita.
E tutto ciò che Harry può fare è abbracciare Louis e tenerlo insieme per impedirgli di andare in pezzi.



 
"The day that they took you
I wish it was me instead"
   
 
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