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Autore: inzaghina    11/03/2019    5 recensioni
Sirius Black è uno dei pochi superstiti di una generazione decimata dalla Prima Guerra Magica; un gruppo di ragazzi che viveva fieramente, amava follemente e credeva fermamente di riuscire a sconfiggere il mago più oscuro del XX secolo. All'alba di una nuova guerra, trovandosi rinchiuso della casa di famiglia, tanto odiata sin dai tempi dell'infanzia, il Malandrino rivive ricordi dolorosi, simbolo al tempo stesso di momenti della sua vita vissuti intensamente, che non possono lasciarlo indifferente e che lo portano a desiderare di poter fare qualcosa di concreto per aiutare Harry a sconfiggere Voldemort.
"A volte credo che tutti noi abbiamo avuto la fortuna di trovare degli amori e delle amicizie talmente intensi, che non potevano durare troppo, perché avrebbero finito con il consumarci."
[Storia partecipante al contest "Non è tempo per noi" indetto da RosmaryEFP sul forum di EFP.]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Marlene McKinnon, Sirius Black | Coppie: Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Marauders Tales - Cronache di vita Malandrina'
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La condanna dei sopravvissuti
 

 
“Vivere è la cosa più rara al mondo.
La maggior parte della gente esiste e nulla più.”
Oscar Wilde
 

 
Le note dell’assolo di chitarra risalirono fino alla stanza più isolata della tetra casa londinese ed al suo immusonito proprietario, che aveva raggiunto l’Ippogrifo per estraniarsi dal resto dei presenti. Proprio lui, che una volta aveva adorato vivere al centro dell’attenzione, che non aveva mai esitato a organizzare e a prender parte ad assurdi scherzi il cui epilogo doveva avvenire in Sala Grande, in quel momento avrebbe desiderato sparire, senza lasciare nessuna traccia. Oppure semplicemente tornare a essere Felpato: con la possibilità di andarsene da quella casa che detestava e respirare l’aria pura, che era solo un miraggio nella metropoli londinese. Quella canzone però evocava in lui ricordi troppo vividi – un tempo della sua in cui aveva creduto di avere, finalmente, tutto – e non aveva alcuna speranza di riuscire ad ignorarla. Gli anni passati a Hogwarts erano stati quelli più felici della sua vita, aveva trovato amici cui non importava quale fosse il suo cognome, aveva vissuto avventure che sarebbero sembrate troppo assurde per essere vere ed aveva amato follemente, vivendo quell’amore che puoi considerarti fortunato a provare almeno una volta nella vita…
 
Di ritorno dagli allenamenti di Quidditch del venerdì, James Potter e Sirius Black seguivano i loro compagni di squadra, i gemelli Prewett, Lexie ed Alistair Ashworth e Trish Jordan verso la torre di Grifondoro. “Dici che riusciremo a segnare almeno sedici gol prima che quel buffone di Corner prenda il boccino?”
“Grazie della fiducia, capitano” s’imbronciò la giovane Jordan, new entry di quell’anno nella squadra.
“Voglio solo essere preparato” borbottò il Cacciatore, mentre Sirius rideva sguaiato, presto imitato da Fabian e Gideon.
Lexie roteò gli occhi, enunciando la parola d’ordine alla Signora Grassa. “Di certo non parti sconfitta, Trish... purtroppo Corner ha dalla sua la maggiore esperienza, ma tu sei sicuramente più agile e scattante” le disse diplomaticamente.
“E poi abbiamo altre tre settimane di allenamento” le ricordò Fabian.
“Sarebbe anche ora di vincere nuovamente la Coppa” aggiunse il gemello.
Patricia annuì risoluta. “Farò del mio meglio” promise.
“Non ti avrei preso in squadra se così non fosse” le rispose James in tono grave, raramente scherzava su un argomento come il Quidditch, era un fatto ben noto, e i suoi compagni fecero del loro meglio per assumere la sua stessa espressione seria.
“Tu hai già finito i compiti di Incantesimi?” domandò Alistair, occhieggiando alcuni dei loro compagni del terzo anno, seduti ad uno dei tavoli sotto la finestra.
“No, sai che sono una frana, Al!”
“Nemmeno io e scommetto che Drew non li ha ancora cominciati… possiamo farli insieme” propose il biondo.
I due studenti del terzo anno s’incamminarono, lasciando quelli del quinto a pochi passi dall’ingresso, dove il loro arrivo aveva interrotto una partita a Gobbiglie di alcuni piccoletti del primo anno.
Gideon coinvolse James in un nuovo dibattito sul modo migliore per sconfiggere Corvonero, spingendo Lexie a roteare teatralmente gli occhi, con Fabian che l’osservava di sottecchi, accanto ad un Sirius stranamente immobile. Gli occhi grigi del Battitore erano puntati sulle morbide onde dorate, che incorniciavano il viso lentigginoso di Marlene McKinnon, e sulla sua bocca, i cui angoli erano sollevati nella tipica risata cristallina della ragazza, che si stava scatenando insieme a Mary MacDonald, a ritmo dell’ultima canzone dei Bolidi Ribelli. ¹ 
“Quando ti deciderai a chiederle di uscire?” domandò l’altro Battitore della squadra rosso-oro.
“Potrei farti la stessa domanda su te ed Alex...” ribatté svelto, costringendo l’amico a passarsi una mano tra i ciuffi disordinati di capelli ramati e stringersi nelle spalle.
“È diverso...”
“E perché mai?”
“Noi siamo anche compagni di squadra e non vorrei rovinare l’equilibrio del gruppo.”
“Stronzate!”
“E la tua scusa quale sarebbe invece?”
“Lenie mi considera un cazzone” confessò, guardando, ipnotizzato, la bionda intonare il ritornello della canzone, stringendo la bacchetta tra le mani, come se fosse un microfono.
“E tu falle cambiare idea” gli consigliò Fabian, prima di avviarsi verso gli amici.
“Falle cambiare idea? Più facile a dirsi che a farsi” borbottò Sirius, seguendo l’amico verso i compagni del quinto.
James si era stravaccato su una poltrona, accanto al tavolino dove Frank aiutava Peter con i compiti di trasfigurazione, Lexie si era abbandonata invece accanto ad Alice, decidendosi ad imitarla e ad iniziare il tema per Lumacorno, senza poter sfruttare l’aiuto di Lily, di ronda con Remus quella sera.
“Non credevo ti piacessero i Bolidi Ribelli, Marlene” commentò Sirius, interrompendo per un attimo il ballo della giovane McKinnon.
“Ci sono tante cose che non sai di me, Sirius Black” gli rispose enigmatica, prima di chiudere gli occhi color del cielo, per seguire meglio il ritmo e riprendere a cantare a squarciagola.
Le labbra di Sirius si sollevarono in un sorriso sghembo, prima che le sue iridi incontrassero quelle nocciola di Fabian, seduto, casualmente, accanto a Lexie.
 
“E come dovrei fare se volessi conoscerti meglio?” si decise a chiedere il Malandrino, il mercoledì successivo, ritrovandosi solo con Marlene, poco dopo l’alba, in Sala Comune.
La ragazza, accoccolata sul davanzale, intenta a fissare il panorama mozzafiato, si riscosse ed incontrò lo sguardo argentato del primogenito di Casa Black. “Non credevo che Sirius Black perdesse il suo tempo a conoscere meglio le ragazze…” ribatté infine, inarcando le sopracciglia chiare.
“Allora ci sono tante cose che anche tu non sai di me…”
Marlene osservò il sorriso ironico di Sirius, attorcigliandosi una lunga ciocca di capelli ricci intorno all’indice destro. “E chi ti dice che mi interessi farlo?” gli chiese, spiazzandolo.
Questa volta Sirius scoppiò in una sonora risata, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni e riflettendo sulle parole giuste da dire a quella ragazza che, come il resto delle sue compagne di stanza, pareva immune al suo fascino. “Diciamo che, visto il tuo buon gusto in fatto di musica, immagino che potremmo avere altri interessi comuni…” dichiarò infine, in tono di voce suadente.
Marlene sostenne il suo sguardo, finendo con il ricambiare il sorriso seducente del Battitore. “Potrei darti una chance…” rispose, prima di fare una breve pausa, “a patto che tu non utilizzi mai più il tono che sei abituato ad utilizzare con le oche con cui ti accompagni di solito” lo redarguì.
Il Malandrino sollevò le mani in segno di resa. “Andata! Quindi… quando possiamo passare un po’ di tempo insieme, da soli?”
“Non così in fretta, Black!”
Le iridi argentee di Sirius si spalancarono sgomente. “Mi sembrava che avessi acconsentito…”
“Io ho usato il condizionale, caro mio” gli ricordò la ragazza, ridacchiando.
“Mi farai davvero penare, eh?”
Marlene lo deliziò nuovamente con la sua coinvolgente risata argentina. “Facciamo un patto… voi vincete la partita contro i Corvi e battete quel pieno di sé di Corner e io accetterò di uscire con te… che ne dici?”
“Dico che insieme ci divertiremo un mondo, Marlene McKinnon” le rispose, incrociando il suo sguardo, mentre la giovane roteava gli occhi esasperata.
 
La Coppa venne passata dalle mani di James a quelle di Sirius, che non era in squadra l’ultima volta che Grifondoro l’aveva vinta, al suo secondo anno. Si prese un attimo per osservarla, per poi passarla a Fabian, che gli diede una gran pacca sulla spalla. Gli occhi grigi del Battitore di concentrarono poi sui loro compagni di casa, scatenati e festanti sugli spalti, cercando i capelli dorati di Marlene, individuandoli tra la chioma ramata di Lily e quella castana di Mary, vicino a Frank ed Alice, stretti in un abbraccio celebrativo.
Alla festa di quella sera, Marlene passò quasi tutto il tempo con le compagne di stanza, mentre Sirius ed il resto della squadra venivano coinvolti in ogni singolo brindisi, rendendo praticamente impossibile al Battitore di parlare in privato con la ragazza. Dopo che la McGranitt fu costretta a salire alla Torre, per mandare gli studenti a letto, ricordando loro che la vittoria nella Coppa era importante, ma che gli esami erano sempre più vicini, solo pochi superstiti rimanevano in Sala Comune.
“Potrei quasi pensare che mi tu mi stia evitando…” sussurrò Sirius, lasciandosi cadere accanto a Marlene, seduta a gambe incrociate sul pavimento, con la schiena appoggiata al divano su cui Lily, Alice e Mary ridacchiavano, guardando Fabian e Lexie baciarsi appassionatamente contro la parete della scala che conduceva ai dormitori femminili.
Seguì lo sguardo della ragazza, sollevando gli angoli della sua bocca in un sorriso orgoglioso. “Era ora!”
“Lo credo anch’io” annuì Marlene. “Lexie continuava a sostenere che fossero solo amici, ma non ci credeva nemmeno lei…”
“Fabian aveva paura di rovinare le dinamiche di squadra” commentò, prima di puntare le iridi argentee nelle sue. “Io credo che bisogni sempre seguire il cuore, non trovi?”
Marlene afferrò un ciuffo di capelli, com’era solita fare quando pensava, o quando era nervosa, decidendosi poi ad annuire e ad alzarsi, porgendo la mano a Sirius. Lui l’afferrò, prima di seguirla verso il davanzale dove l’aveva trovata quella mattina di metà maggio, ansioso di sentire cosa volesse dirgli.
“Mantengo sempre le promesse, Sirius Black…” gli disse, prima di sedersi sul marmo freddo e fargli posto al suo fianco.
“Non avevo alcun dubbio” dichiarò, incrociando nuovamente il suo sguardo, notando gli infiniti disegni che potevano essere creati, unendo le lentiggini che le punteggiavano il viso.
“Cos’avevi in mente?” domandò lei, quando Sirius si fu seduto al suo fianco.
“Ti sorprenderò” le sussurrò, compiacendosi nel vederla arrossire sotto il suo sguardo indagatore.
“Vedremo, Sirius Black” ridacchiò lei. “Complimenti per la vittoria, comunque” aggiunse poi, prima di posargli un bacio sulla guancia e raggiungere le sue amiche, ancora impegnate ad osservare Lexie e Fabian, così come i Malandrini, Gideon e Frank.
 
Marlene scoprì che anche Sirius manteneva le sue promesse alla fine della lezione di Astronomia del martedì seguente. Gli studenti di Grifondoro e Tassorosso stavano lasciando la torre, quando il moro si materializzò al suo fianco, sorridendole. “Pronta per il nostro primo appuntamento?” domandò in tono suadente.
“Ora?”
Lui annuì, prima di tirare fuori del tessuto argenteo dalla sua tasca e farle segno di seguirlo, dietro ad una statua. “E il professore?”
“James e Remus sono a conoscenza del piano, ci reggeranno il gioco e si faranno aiutare dagli altri, se necessario” la rassicurò, prima di coprirsi con quel mantello impalpabile, sparendo davanti ai suoi occhi sbalorditi.
“Hai un mantello dell’invisibilità?”
“In realtà è di James, ma lo presta anche a noi Malandrini…” disse, prima di sollevarlo, per fare spazio anche a lei.
“Dove andiamo?” domandò la ragazza, ritrovandosi separata dal corpo di Sirius solo da una manciata di centimetri ed inspirando il suo profumo muschiato.
“Di nuovo sulla torre…” le sussurrò all’orecchio, provocandole una serie di brividi lungo la schiena. “So quanto ami osservare il cielo stellato” aggiunse poi, illuminando fiocamente i corridoi e una pergamena che stringeva nella mano sinistra.
“E come fai a saperlo?”
“Credo di sapere molte cose che ti riguardano, Marlene McKinnon” dichiarò, scandendo con lentezza ogni sillaba del suo nome.
Ancora una volta la ragazza si ritrovò senza parole, stupita dall’onestà di quello che molti consideravano semplicemente uno sbruffone pieno di sé , ma che, era evidente, celava molto di più, dietro quella facciata costruita ad arte. “E questa cosa sarebbe?” domandò, scrutando la mappa nella sua mano.
“Il segreto del nostro successo” mormorò Sirius ambiguamente.
Tornati nell’aria fresca della notte, il Battitore posò il mantello a suolo, vi poggiò sopra la mappa ed evocò una coperta, facendo segno a Marlene di accomodarsi.
“Hai una voce meravigliosa” si complimentò il ragazzo, dando inizio ad un discorso che spaziò dai gusti musicali, ai libri preferiti, ai programmi per l’estate, fino ad addentrarsi nei progetti futuri, che sembravano ancora così lontani nel tempo. Per svariati minuti i due si godettero il cielo trapuntato di stelle, parlando di tutto e di niente, godendosi la solitudine, senza alcuna necessità di apporre un’etichetta a quanto stava accadendo, anche se era innegabile che avessero molto in comune e che la nottata stesse procedendo positivamente.
“Chissà quante ragazze avrai portato quassù” commentò ad un certo punto Marlene, puntellandosi su un gomito per studiare meglio il suo viso in penombra.
“Sei la prima in assoluto” dichiarò Sirius, incontrando il suo sguardo e sostenendolo senza alcuna fatica.
Lei capì che stava dicendo il vero, annuendo, prima di aprirsi nel suo caratteristico sorriso genuino, che coinvolgeva anche il resto del viso e in particolar modo gli occhi. Quando Marlene McKinnon sorrideva, anche i suoi occhi rispecchiavano la sua felicità e, perdendosi in quelle pozze d’acquamarina, Sirius sentì il cuore martellargli nel petto e si chiese se le sue labbra fossero morbide come sembravano. Mentre si chiedeva se baciarla sarebbe stato troppo prematuro, una stella cadente illuminò il cielo con la sua scia ammaliante.
“Esprimi un desiderio!”
“L’ho fatto” le sussurrò, incrociando nuovamente il suo sguardo e perdendosi in quegli occhi così limpidi.
“Cos’hai desiderato?” gli domandò, avvicinandosi lievemente a lui.
“Se te lo dico poi non si avvera…” mormorò, prima di posare con dolcezza la bocca sulla sua, accarezzando delicatamente il labbro inferiore con la punta della lingua e lasciando che le propriemani si perdessero nei suoi boccoli dorati.
 
Quella sera aveva sancito l’inizio ufficiale della storia tra Sirius Black e Marlene McKinnon, che avevano fatto ritorno alla torre di Grifondoro poco prima dell’inizio delle lezioni mattutine e che avevano scatenato più di una crisi isterica, e qualche lancio di fatture, tra le numerose fan del Malandrino presenti nel castello. Rivivendo quei momenti felici, che gli anni ad Azkaban gli avevano quasi cancellato dalla memoria, Sirius riuscì a sorridere, anche se pensare a Marlene, e al modo in cui era stata strappata dalla sua vita, gli faceva male ogni giorno. Non riusciva a smettere di pensare che sarebbe dovuto essere al suo fianco, quel dannato giorno di agosto del 1981, quando lei ed il resto della sua famiglia vennero sterminati dai seguaci di Voldemort.
“Non ho saputo proteggerti, Lenie” mormorò, accarezzando distrattamente il collo di Fierobecco, che sbuffò in risposta.
Il padrone di casa rimase ad osservare la piazza assolata per qualche istante, accorgendosi solo in un secondo momento che la musica era cessata, decidendosi a chiudere la porta della stanza dell’Ippogrifo dietro di sé e ad incamminarsi lungo la scala. “Sirius lo sa che state ascoltando i suoi vecchi dischi?” la voce di Remus al di là della porta della biblioteca lo spinse a rendere nota la propria presenza. “Mi fa piacere se voi ragazzi ascoltate un po’ di buona musica” disse, strizzando l’occhio ai Weasley e a Hermione.
“Io non avevo dubbi sul fatto che Sirius fosse d’accordo!” esclamò uno dei gemelli, Sirius non sapeva dire quale, visto che se li confondeva sempre.
“Questa roba comunque non l’abbiamo trovata nella camera di Sirius, anche perché non ci siamo andati” puntualizzò Ginny, mentre il resto del gruppo annuiva.
“Ah no?”
Ron scosse la testa, prima che Hermione prendesse la parola. “Abbiamo trovato tutto in questa scatola, nascosta sotto al letto in una camera sulla cui porta c'era scritto Proprietà di Regulus.”
“Mio fratello…”
“Non sapevo avessi un fratello, Sirius” commentò l’altro gemello, ma ancora un volta Sirius non sapeva quale fosse dei due.
L’ex Battitore si lasciò cadere su una poltrona, fissando il contenuto della scatola che Ron gli aveva passato, trovandoci cose che aveva creduto perse per sempre, eliminate da quella pazza di sua madre, cimeli che il suo fratellino aveva invece messo in salvo.
“Ci lasciate un minuto, ragazzi?” disse Remus, avvicinandosi all’amico.
“Ovviamente” rispose Ginny risoluta, trascinandosi dietro i gemelli, mentre Hermione faceva lo stesso con Ron.
“Tutto bene, Sirius?”
L’uomo sollevò faticosamente gli occhi sull’amico di una vita, incontrando il suo sguardo stanco, convinto di star sfoggiando la medesima espressione stupita. “Credevo che tutto questo fosse stato bruciato da quella carogna di mia madre…”
“Regulus ti voleva bene.”
Sirius annuì. “Anche se io non ho fatto nulla per impedirgli di commettere gli errori madornali che lo hanno condotto alla morte…”
“Non potevi scegliere per lui” gli ricordò Remus.
“No, ma avrei potuto fare di più per fargli capire che la sua era la scelta sbagliata.”
“Penso che l’abbia sempre saputo, ma non aveva il tuo coraggio…”
“Il nostro, vorrai dire…”
“Il nostro” annuì Remus, facendogli un piccolo sorriso.
“Ho commesso così tanti errori nella mia vita…”
“E chi non ne ha commessi, scusa?” lo rimbrottò il licantropo, sedendosi di fronte a lui.
“I miei però hanno causato la morte di troppe persone a cui volevo bene” mormorò il moro, prendendosi la testa tra le mani, evitando di soffermarsi sul contenuto della scatola davanti a sé.
“Non è colpa tua, Sirius… e lo sai bene!”
“Se io avessi accettato di essere il Custode Segreto di James e Lily, Harry non sarebbe orfano” ribatté in tono duro, senza lasciargli alcuna possibilità di replicare, “se fossi stato più vicino a mio fratello lui non sarebbe diventato Mangiamorte, come sognava mia madre… e se avessi avuto il coraggio di portare avanti la mia scelta, rompendo definitivamente con Marlene al sesto anno, lei non sarebbe stata trucidata da quelle bestie!”
“Tutto questo non è vero, Sirius” dichiarò Remus con fermezza, fissandolo, finché l’altro non ebbe sollevato gli occhi lucidi di lacrime su di lui. “Voldemort dava la caccia a Lily e James e non si sarebbe mai fermato, nessuno ci assicura che non ti avrebbe torturato fino a farti confessare, o che non ti avrebbe letto la mente… tuo fratello, lo ribadisco, avrebbe potuto seguire il tuo esempio e Marlene e la sua famiglia non sono certo stati uccisi per colpa tua, i McKinnon erano sostenitori di Silente e, per questo, nemici giurati dei Mangiamorte” gli ricordò.
“Quella stronza di mia cugina lo aveva detto che dovevo lasciarla, ma io ho creduto che sarei stato in grado di proteggerla…” rispose, sentendo una lacrima solitaria percorrergli il viso smagrito.
“Marlene era una fiera sostenitrice di quello in cui tutti noi credevamo, così come la sua famiglia, essere la tua ragazza non l’ha messa in pericolo più delle scelte compiute, che ha difeso fino all’ultimo dei suoi giorni. Non infangare così la sua memoria” dichiarò Remus, notando una foto dei due, risalente all’inverno del sesto anno, nella scatola e passandola all’amico.
Sirius strinse l’istantanea tra le mani, scrutando il sorriso di Marlene, che si estendeva agli occhi limpidi, e quei suoi ricci morbidi e profumati, osservò poi se stesso, geloso del ragazzo che era stato e dell’amore che aveva condiviso con la giovane che stringeva a sé nel parco innevato. In quello scatto era immortalato un loro abbraccio, destinato a ripetersi all’infinito, seguito da un bacio sulla punta del naso di Lenie e dalla sua risata cristallina, non aveva permesso ai Dissennatori di rubargli i ricordi e non avrebbe nemmeno dovuto infangarli, come gli stava ricordando Remus.
 
“Mi stai forse dicendo che i peggiori due mesi della mia vita sono stai causati da quella pazza di tua cugina?”
“Hai detto bene, Lenie. Mia cugina è pazza ed io ci tengo troppo a te per metterti in pericolo.”
“Ma lo hai letto anche tu, Sir! La mia famiglia è già considerata una delle peggiori traditrici del proprio sangue. Credi davvero che il fatto che io e te stiamo insieme cambi qualcosa?”
“Non lo so… quello che so è che non ti voglio mettere in pericolo e preferisco soffrire standoti lontano, piuttosto che stare insieme a te e temere per la tua vita.”
“E quello che voglio io non conta niente?!”il tono di voce di Marlene si alzò di un’ottava.
“No, se può metterti in pericolo” ribatté lui, in tono definitivo.
“Fuori da qua tutti noi saremo comunque in pericolo, Sirius! Non voglio che Voldemort ed i suoi seguaci, oltre a seminare morte e disperazione, decidano come dobbiamo vivere e di chi ci possiamo innamorare.”
“Tu mi ami?” mormorò incredulo, scrutando il suo viso con attenzione.
“E perché credevi che stessi soffrendo così?!” ribatté, guardinga.
“Perché mi ero comportato da stronzo, esattamente come tutti ti avevano avvertito che avrei fatto.” 
 
Ricordava chiaramente quel mattino in Sala Comune, arrivato dopo una rottura di quasi due mesi, provocato dalla lettera di minacce di Bellatrix. Marlene aveva messo in chiaro che non voleva farsi dire da nessuno come vivere la sua vita, Remus ovviamente aveva ragione, ma Sirius non riusciva a smettere di rammaricarsi per l’epilogo della loro storia.
“Non ho nemmeno avuto il tempo di chiederle di sposarmi… avrei dovuto farlo più in fretta, come avevate fatto tu e James” mormorò, tracciando i contorni del viso della ragazza con l’indice della mano destra.
“Questo non avrebbe cambiato molto le cose… anzi, posso assicurarti che anche per me non passa giorno in cui non pensi che avrei potuto fare di più per proteggere Mary e riuscire a sposarla.”
“Se non avessi aspettato lei avrebbe saputo quanto l’amavo.”
“Lei lo sapeva, Sirius. Guarda bene la foto che stringi tra le mani. Concentrati sullo sguardo di Marlene, sai anche tu che parlava con gli occhi…”
Sirius annuì, fissando con un’intensità nuova la foto, riuscendo a sorridere, osservando il se stesso diciassettenne baciare il naso all’insù di Marlene, riuscendo a farla ridere.
“Avevo pianificato tutto per il suo ventunesimo compleanno…” mormorò.
“Me lo ricordo” gli rispose Remus. “James ed io eravamo sicuri che non saremmo riusciti a mantenere il segreto molto più a lungo…”
“Sarebbe stata una sposa bellissima” bisbigliò, figurandosela vestita di bianco, in un giorno primaverile dal cielo terso, con l’aria frizzante profumata di rose e di camelie, i suoi fiori preferiti.
“Sicuramente” concordò il suo migliore amico.
“E noi saremmo stati fottutamente felici insieme.”
“Su questo non ho alcun dubbio” dichiarò Remus, accorgendosi che Sirius s’era nuovamente perso nei ricordi.
 
“Davvero non vuoi anticiparmi nulla su quello che stai organizzando per il mio compleanno?” domandò, per l’ennesima volta, Marlene, stiracchiandosi con lentezza e voltandosi verso di lui.
“Certo che no… sei terribilmente curiosa, te l’ho mai detto?”
“Forse una volta o due…” ribatté, arricciando il naso, avvicinandosi a lui e trovando rifugio nel suo abbraccio, lasciando che i corpi nudi entrassero in collisione.
“Non tentare di distrarmi…” la redarguì Sirius, prima di sospirare di piacere, quando la donna prese a baciarlo sul collo, facendogli dimenticare ogni minaccia.
“Non vuoi proprio confessarmi nulla?” chiese Marlene, dopo svariati piacevoli minuti, liberando le labbra del fidanzato.
“Mmmh, no” rispose, ridacchiando dopo essersi trovato faccia a faccia con un broncio decisamente adorabile. “Quegli occhi da cucciolo non funzioneranno…”
“Sei crudele” decretò lei, facendogli la linguaccia.
“Forse, ma mi pare di ricordare che nessuna delle mia sorprese ti abbia mai deluso” constatò l’Auror.
Il sorriso aperto di Marlene fece capolino sul suo volto, illuminando gli occhi chiari ed il resto del viso; Sirius posò quindi la propria bocca sul sorriso accanto al quale amava svegliarsi ogni mattina e che si augurava di vedere ogni giorno della sua vita, dopo averle posto la fatidica domanda.
“Ti amo da impazzire, Marlene McKinnon!”
“E io amo te, Sirius Black… anche se non mi vuoi dire cosa stai escogitando per il mio ventunesimo compleanno.”
Lui sbuffò, prima di baciarla sulla punta del naso, riuscendo a farla ridere di nuovo.
 
“Non sapevo che l’ultima volta che l’ho baciata sarebbe stata l’ultima, né che quella sarebbe stato il nostro ultimo ti amo  ho il suo sorriso scolpito in mente e non mi sembra vero che lei non sia qui, al mio fianco, a lottare contro il ritorno di Voldemort. Da quando sono scappato da Azkaban e Peter è sparito, rendendomi nuovamente prigioniero, ogni giorno mi sembra di impazzire, senza Lenie al mio fianco, so che tu mi puoi capire…”
Remus annuì, cogliendo l’amarezza nelle parole dell’amico di una vita, lo stesso amico che aveva ritenuto colpevole di un tradimento impossibile da immaginare, vista l’amicizia che avevano condiviso. “Al tuo posto impazzirei, ma devi essere forte…”
“Sono stufo di non poter fare nulla” ribatté, tirando fuori la sua natura impulsiva, che l’aveva caratterizzato sin dai primi momenti anche a scuola.
“Lo so, ti capisco, ma in questo momento se uscissi di qui finiresti solo con l’essere catturato e non ci aiuteresti comunque nella lotta contro Voldemort, Peter ed il resto dei Mangiamorte.”
“Odio il tuo essere sempre così ragionevole…”
Remus gli riservò un sorriso triste, che non raggiunse le iridi verdi colme di preoccupazione.
“Ho solo paura che James, Lily, Lenie, Mary, i gemelli e tutti gli altri siano morti invano, lo sai? Sono passati 13 anni e siamo di nuovo qui, sull’orlo di una guerra che non abbiamo alcuna idea su come vincere…”
“Silente è convinto che Harry sia la nostra speranza più grande.”
Sirius emise una risata amara, pensando al figlioccio per cui era stato poco più di un fantasma. Era arrivato così vicino a diventare una figura fondamentale nella sua vita, proponendogli di andare a vivere con lui, ma poi il lurido topastro era sparito e, con lui, erano svanite le speranze di una vita migliore per Harry, e per Sirius stesso.
“Io sono convinto che Harry sia destinato a sconfiggere Voldemort” dichiarò Remus, interrompendo il rimuginare dell’amico.
“Lo spero anch’io, ma a che prezzo? Quel ragazzo ha già perso molto più di quello che una persona normale perde nel corso di una vita intera, è costretto a vivere con i babbani più odiosi del mondo, una cosa che Lily e James volevano evitare in ogni modo, e ieri è stato addirittura attaccato dai Dissennatori…”
“So che adesso sembra impossibile da credere, ma hai visto anche tu quante persone sono pronte a credere a Silente e a Harry, pronta a schierarsi al loro fianco, contro Voldemort” gli rammentò Remus.
“Proprio come noi, appena diplomati da Hogwarts” borbottò Sirius, scuotendo la testa. “Vorrei essere ottimista e speranzoso come te, ma temo che la reclusione stia avendo un brutto effetto…”
“E io vorrei fare qualcosa per alleviare queste tue sensazioni” rispose l’amico, mentre il sorriso triste tornava ad apparire sul suo volto. “L’unica cosa che posso dirti è che, almeno finché tu non ne avrai la possibilità, ci sarò io al fianco di Harry e cercherò di fargli sentire anche la tua presenza e la tua forza, perché non ho alcuna intenzione di far sì che tutte quelle persone che abbiamo amato siano morte invano” gli promise.
“Grazie, Rem… è difficile rimanere positivi in questa situazione tremenda. A volte credo che tutti noi abbiamo avuto la fortuna di trovare degli amori e delle amicizie talmente intensi, che non potevano durare troppo, perché avrebbero finito con il consumarci, che non saremmo potuti sopravvivere troppi anni vivendo sentimenti così prepotenti…”
“Forse hai ragione” gli concesse Remus, ripensando all’amore che lo aveva legato a Mary MacDonald.
“Nonostante questo non rimpiango un solo minuto passato con Lenie…”
“Vale lo stesso per me.”
“Grazie di esserci, Rem, finché non vedrò Harry con i miei occhi temo che sarò intrattabile…”
“Gli altri ti capiscono benissimo, anche se non ti conoscono da tanto tempo come me” lo rassicurò il licantropo, prima di pescare una foto di gruppo con i loro compagni, risalente al settimo anno. Vedere Peter al fianco di Sirius faceva male, l’ex professore non riusciva a capacitarsi del tradimento di quello che era stato come un fratello ai tempi della scuola. Forse Sirius aveva ragione, avevano avuto troppo, anche se per poco tempo, e ora potevano rivivere quelle emozioni solo grazie a ricordi incancellabili.

 


1 Gruppo musicale inventato da me, di cui Sirius è un grande fan.
 

Note dell’autrice:
Buonasera miei cari lettori e benvenuti in questa nuova avventura dedicata ai Malandrini e, per essere precisi, al membro forse più sfortunato di questo gruppo di amici.
Non appena ho visto il contest di Rosmary, ho subito pensato che “Non ho tempo per noi” fosse assolutamente perfetta per la tragica storia dei Malandrini e di Sirius in particolare. Ho sfruttato il mio personale headcanon, cercando comunque di attenermi a ciò che la Rowling ha scritto, inserendo la storia tra Sirius e Marlene, oltre che accenni alla relazione tra Remus e Mary (anche se so che JKR ha detto che Tonks è stata la prima e unica donna per lui), io però adoro i miei Remus e Mary, così come gli altri personaggi intravisti nella storia: James, Lily, i gemelli Prewett, la mia OC Lexie, Alice e Frank.
Ho immaginato che questa nuova prigionia fosse una tortura per un uomo d’azione, una persona impulsiva, abituata ad agire, e che sarebbe stato plausibile che venisse travolto dai ricordi del periodo più felice della sua vita, riguardanti la ragazza che aveva insegnato ad amare a lui, che era stato un bambino cresciuto in una casa priva di affetto ed amore.
Spero che questa storia vi sia piaciuta e che vogliate lasciarmi un parere in merito.
A presto,
Francy
   
 
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