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Autore: Soul Mancini    11/03/2019    5 recensioni
[System Of A Down / Nothing But Thieves;
Joeron - Daron Malakian x Joe Langridge-Brown]
«Forse me ne sarei semplicemente dovuto fare una ragione e accettare la cosa, ma per me non era così semplice: Daron era stato il mio primo uomo, mi aveva aiutato a scoprire quel nuovo aspetto della mia sessualità, le prime volte era stato paziente e dolce quando gli avevo manifestato le mie paure e le mie insicurezze.»
«Non sapevo spiegarmi cosa fosse successo di preciso. Pareva una nottata come tante altre, io e Joe ci eravamo incontrati ed eravamo stati a letto insieme... poi lui aveva imbracciato la mia chitarra e, con sguardo malinconico, aveva cantato per me.»
[La mia prima (e speriamo non ultIma) shot su questa fantastica e improbabile coppia che ormai shippo da mesi *-*
PRIMA CLASSIFICATA al contest "Fluff e/o R18" indetto da Arianna.1992 sul forum di EFP.]
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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ReggaeFamily

Essendo questa una sorta di song-fic, vi consiglio l'ascolto di questo brano durante la lettura:

System Of A Down – Roulette






Left a message





«Vieni, posa la testa sul mio petto, ed io t'acquieterò con baci e baci.»
Lord Byron



Il mio corpo era in fiamme, potevo avvertire un rivolo di sudore dietro l'altro scorrermi lungo la pelle. Ancora inebriato dall'ultima ondata di piacere, rotolai di schiena sul materasso e mi immobilizzai, con il cuore che mi martellava nel petto e gli occhi sgranati. Il contatto con il cotone fresco mi fece subito rabbrividire.

Daron, con il fiato corto, si accostò a me senza smettere di darmi le spalle e fece aderire la schiena al mio petto, in cerca di calore. Io carpii subito il tacito messaggio che mi stava inviando e lo strinsi tra le braccia, affondando il viso nei suoi capelli. Feci scorrere una mano lungo il suo braccio fino a trovare la sua mano e far intrecciare le nostre dita.

Joe, sei meraviglioso” mugolò Daron tra un respiro affannoso e l'altro, gettando indietro la testa per poterla posare sulla mia spalla.

Non risposi, non sapevo bene che significato attribuire a quelle parole, non riuscivo a capire cosa provocassero in me.

Rimanemmo in quella posizione per quelli che mi parvero minuti, in cui io mi lasciai sfuggire qualche carezza sui fianchi di Daron e lui rispose con qualche piccolo e leggero bacio sul collo; poi si mise lentamente in piedi e si diresse verso il bagno, muovendosi per l'oscurità della camera.

Una volta solo sul materasso matrimoniale, mi lasciai avvolgere dal lenzuolo e da un turbine di pensieri. Eppure non sarebbe dovuta andare così, non sarei dovuto essere così malinconico dopo un momento di passione con Daron; io e lui ormai ci conoscevamo da mesi e tra noi era subito scattata una scintilla, qualcosa di impossibile da ignorare che ci impediva di stare lontani ogni volta che capitavamo nella stessa stanza. Non avevamo mai avuto occasione né motivo di parlarne, i nostri erano incontri saltuari e clandestini, ma mi era parso di capire che per Daron le cose andassero bene così.

Forse me ne sarei semplicemente dovuto fare una ragione e accettare la cosa, ma per me non era così semplice: Daron era stato il mio primo uomo, mi aveva aiutato a scoprire quel nuovo aspetto della mia sessualità, le prime volte era stato paziente e dolce quando gli avevo manifestato le mie paure e le mie insicurezze, aveva imparato a prendersi cura di me e mandarmi in estasi con ogni suo gesto, ma anche nei momenti più passionali non perdeva occasione per riservarmi dolci attenzioni e coccole. E questo suo atteggiamento mi destabilizzava, mi confondeva e non sapevo nemmeno io il perché.

Sbuffai sonoramente e decisi che ne avevo abbastanza di quel letto, su cui era impresso l'odore di Daron; mi misi a sedere sul materasso e, ancora avvolto nel lenzuolo, setacciai la penombra con lo sguardo sperando di individuare i miei vestiti. Trovai miracolosamente i miei boxer e li indossai, poi raccattai dal tappeto davanti al letto una t-shirt color senape, probabilmente di Daron, e infilai anche quella.

Dal momento che il chitarrista si era chiuso in bagno e non sembrava ancora intenzionato a uscire, decisi di recarmi in terrazza per fumare una sigaretta e prendere una boccata d'aria; in effetti avevo bisogno di stare da solo e meditare, anche perché Daron si sarebbe subito insospettito vedendomi così imbronciato e avrebbe iniziato a fare domande.

Nel raggiungere la portafinestra, afferrai anche una custodia viola in cui – lo sapevo – era conservata la chitarra acustica di Daron. Forse mettersi a strimpellare a quell'ora della notte poteva sembrare folle, ma ne sentivo il bisogno.

Aprii un'anta della portafinestra e, dopo aver sceso un piccolo gradino, mi ritrovai sulla piccola terrazza della stanza d'albergo, delimitata da un possente parapetto in cemento. Per non dare troppo nell'occhio, mi accomodai sul gradino e la prima cosa che feci fu accendere freneticamente una sigaretta: speravo che mi aiutasse a calmarmi e rilassarmi, ma ovviamente dovevo immaginare che non sarebbe servito a nulla, perché il mio cervello continuava a galoppare e porsi domande a una velocità impressionante.

Ero confuso. Non sapevo definire cosa effettivamente provassi per Daron e, in ogni caso, avrei dovuto reprimere qualsiasi sentimento, perché lui non l'avrebbe mai ricambiato. Ma non era affatto semplice controllare le mie emozioni quando mi baciava il viso e il collo, quando mi implorava di farmi più vicino a lui, quando mi sorrideva appena piegando la testa di lato.

Seguii con lo sguardo una nuvoletta di fumo che, sfidando l'aria tiepida di inizio estate, si sollevava leggera e conduceva i miei occhi verso la lattiginosa luna, appesa e immobile nel cielo scuro. Era così spavalda e quieta, la luna... sarei tanto voluto essere come lei.

Finii di fumare la mia sigaretta e la schiacciai nel posacenere, poi presi con impazienza tra le mani la chitarra e la accordai rapidamente. A volte, quando ero in un momento di sconforto, riuscivo a portare fuori qualche idea da proporre al resto della band; tanto valeva approfittarne e, perché no?, chiedere anche un parere a Daron.

Ma, mentre pizzicavo le corde senza impegno, mi venne in mente una frase, come un fulmine a ciel sereno.


I lack the reason why I should be so confused

Sapevo benissimo che apparteneva a una canzone e anche a quale: si trattava di Roulette, una canzone dei System Of A Down alla quale mi ero particolarmente legato da quando avevo iniziato a frequentare Daron. Non gliene avevo mai parlato per paura di sembrare sdolcinato e fuori luogo, ma pensavo davvero fosse un capolavoro.

E poi mi sentivo così: confuso senza una vera ragione.

Ripercorsi con la mente gli accordi del brano – accordi che in quei mesi avevo imparato a memoria, così come il testo e la melodia – e subito dopo presi a suonarli dall'attacco del ritornello. Mi ritrovai a sussurrare le parole del brano senza quasi rendermene conto.


I know, how I feel when I'm around you,
I don't know, how I feel when I'm around you


Ehi.”

La voce di Daron alle mie spalle mi fece sobbalzare e per poco non allentai la presa sulla chitarra. “Ah, hai finito in bagno” commentai in tono piatto, per poi mordicchiarmi il labbro inferiore con fare nervoso.

Daron aprì l'altra anta della portafinestra e si accomodò sul gradino accanto a me, per poi stamparmi un veloce bacio sulle labbra. “E tu non mi hai aspettato per la sigaretta” constatò in tono teatralmente offeso.

Complice la luna, osservai il suo viso pallido e dai lineamenti ben marcati e definiti, incorniciato da quei suoi adorabili capelli lunghi e sempre scarmigliati. A giudicare dal profumo che emanava, doveva essersi dato una rinfrescata e aver indossato degli abiti puliti.

Quasi mi vergognai di me stesso, ancora scomposto e sudato.

Che suonavi?” mi domandò, porgendomi il suo pacchetto di sigarette. Optai per fumarne un'altra e fargli compagnia.

Mmh... nulla di che, tentavo di comporre” buttai lì, evitando di incrociare il suo sguardo.

E sei riuscito a combinare qualcosa?”

Scossi il capo e presi una boccata di fumo, che però mi infastidì. Non avevo più voglia di fumare, desideravo solo gettarmi tra le braccia di Daron e godermi il suo profumo, che ogni volta mi inebriava. Stargli così vicino senza sfiorarlo mi devastava.

Ti sei messo la mia maglietta” osservò lui con fare divertito, dopo circa un minuto di silenzio.

Mi strinsi nelle spalle. “Se vuoi te la rendo.”

Daron ridacchiò e posò la testa sulla mia spalla. “La puoi tenere per tutto il tempo che vuoi.”

Quel contatto con lui, quel gesto così affettuoso, mi scaldò subito il cuore, ma qualche istante dopo mi stavo già maledicendo: non dovevo prendere la cosa così seriamente, non potevo lasciarmi trasportare da quelle emozioni sconosciute e indefinite che facevano capolino dentro me.

Schiacciai con rabbia la sigaretta ancora a metà nel posacenere e mi lasciai sfuggire un pesante sospiro.

Ehi Joe... tutto bene?” domandò Daron titubante, senza sollevare il capo dalla mia spalla.

In quel momento mi sentii fortunato perché non poteva incrociare il mio sguardo.

Sì. Perché me lo chiedi?” Finsi tranquillità, ma i miei muscoli erano tesi e rigidi.

Oggi sei silenzioso. E un po' nervoso.”

Non è niente” mi affrettai a dire.

Daron posò una mano sul mio fianco e prese ad accarezzarlo piano. “Guarda che, per qualsiasi cosa, puoi parlare con me. Siamo amici.”

Già, eravamo amici. Mi venne quasi da ridere, ma non lo feci.

Ti va di suonare qualcosa per me?” cambiò discorso, dato che non mi degnai di rispondergli.

Avvampai leggermente: non ero abituato a richieste del genere, quando Daron mi sentiva suonare era per caso o per mia spontanea volontà. In realtà mi sentivo un po' in soggezione a esibirmi per lui, perché lui era comunque Daron Malakian, un chitarrista di tutto rispetto e con molta più esperienza di me.

Joe, ci sei? Mi stai ascoltando?”

Sì, sto pensando a cosa suonare.”

Le mie dita presero a muoversi da sole e in maniera automatica sulle sei corde della chitarra, non ebbi nemmeno il tempo di pensare a cosa suonare, perché la canzone era come intrappolata nello strumento e nelle mie mani.

Daron sicuramente la riconobbe dalla prima nota, ma non commentò e non si mosse, restò appollaiato sulla mia spalla ad ascoltare.


I have a problem that I cannot explain,
I have no reason why it should have been so plain,
Have no questions but I sure have excuse,
I lack the reason why I should be so confused

Rimasi sorpreso da me stesso: stavo davvero cantando un brano dei System Of A Down davanti al loro chitarrista? Cantare non mi dispiaceva, durante i live dei Nothing But Thieves ricoprivo il ruolo di corista e avevo perfino registrato alcune parti in studio, ma mai mi sarei sognato di farlo davanti a Daron.

Eppure ero lì, fuori controllo, a soppesare ogni parola di quel testo e scandirla per bene, come per evidenziare la sua importanza.

E per me era davvero così, sentivo mie quelle frasi e volevo aprirmi con Daron, volevo che le ascoltasse almeno una volta. Tanto non poteva immaginare che dietro quel brano, da lui stesso composto, si celasse un fondo di verità.


I know, how I feel when I'm around you,
I don't know, how I feel when I'm around you,
Around you


Intonai il ritornello con grande trasporto, sempre più consapevole che quelle frasi mi rispecchiavano.

Daron si era raddrizzato per potermi osservare e infatti sentivo il suo sguardo addosso, ma non lo incrociai mai. In un certo senso avevo paura della sua reazione.


Left a message but it ain't a bit of use,
I have some pictures, the wild might be the deuce,
Today you saw, you saw me, you explained,
Playing the show and running down the plane


Ero così emozionato! Non riuscivo a nascondere il leggero tremore nella mia voce, addirittura sentivo gli occhi lucidi e brucianti. Daron sicuramente mi trovava patetico, non stavo facendo una gran bella figura.


I know, how I feel when I'm around you,
I don't know, how I feel when I'm around you

Lasciai fluire fuori le mie emozioni insieme alle note dell'assolo, senza pensare più all'opinione di Daron. Avevo bisogno di dar voce ai miei tormenti, lo stavo facendo e questo mi faceva infinitamente bene. In questo io e Daron eravamo simili: solo con la musica riuscivamo a esternare pensieri e sentimenti, a parole non eravamo tanto bravi.


I know, how I feel when I'm around you,
I don't know, how I feel when I'm around you,
Around you, Around you, Around you

Mi tremavano le mani e il labbro inferiore, mentre le lacrime spingevano alla base degli occhi per scivolare via.

Ero completamente sotto shock.

Sollevai lo sguardo e incrociai finalmente quello di Daron.




Non sapevo spiegarmi cosa fosse successo di preciso. Pareva una nottata come tante altre, io e Joe ci eravamo incontrati ed eravamo stati a letto insieme... poi lui aveva imbracciato la mia chitarra e, con sguardo malinconico, aveva cantato per me. Mai mi sarei aspettato di sentirgli eseguire Roulette con tanta intensità e con la voce rotta dall'emozione, ma soprattutto non avrei mai immaginato di trovare i suoi occhi lucidi e cupi. Quando si scontrarono con i miei, notai subito una lacrima scorrere lungo la sua guancia, lucente sotto il bagliore della luna.

Joe Langridge-Brown stava di fronte a me, con la chitarra posata sulle ginocchia, in lacrime. E io non sapevo assolutamente cosa fare, perché ero un coglione; io non sapevo mai cosa fare, ero sempre il primo ad aver bisogno di essere confortato. Ma quella scena mi spezzava il cuore, era troppo doloroso vedere il biondo in quelle condizioni, dovevo assolutamente fare qualcosa.

Per prima cosa gli sfilai con delicatezza la chitarra dalle braccia e la posai a terra accanto a me, poi gli afferrai una mano e la strinsi tra le mie. Tremava appena.

Ehi, che c'è?” gli chiesi dolcemente, senza mollare un attimo il suo sguardo.

Lui in tutta risposta scosse il capo, facendo oscillare i suoi capelli biondi e ondulati, e altre lacrime rotolarono giù dai suoi occhi.

Okay, la situazione mi stava decisamente sfuggendo di mano, Joe stava male e io dovevo capire perché. Stavo per tempestarlo di domande, quando mi resi conto che, fossi stato al posto suo, non avrei mai sopportato le insistenze di un'altra persona. Così mi limitai a strattonarlo delicatamente per un braccio e attirarlo a me, per poi stringerlo in un abbraccio. Lo cullai, gli lasciai leggeri baci tra i capelli, giocherellai con quelle ciocche dorate che mi piacevano così tanto. Non fui capace di aggiungere altro, sarei stato capace solo di portare fuori qualche fesseria e rovinare tutto.

Joe prendeva dei respiri profondi per cercare di calmarsi, ma le sue lacrime continuavano imperterrite a inondare la mia t-shirt.

Ero disperato, non sapevo più che fare e che pensare; vederlo in quello stato e non sapere il motivo mi faceva male, ero in ansia.

Joe, ti prego, dimmi qualcosa... sto impazzendo!” Alla fine non avevo resistito, ero esploso.

Non posso” mugolò lui.

Con una smorfia di disappunto, lo afferrai per le spalle e lo scostai da me in modo da poterlo guardare in faccia. “Che cazzo dici? Andiamo, abbiamo sempre parlato di qualsiasi cosa, non ti devi porre problemi!”

Ma stavolta non posso. Davvero, lascia perdere, ora mi passa. Che idiota sono stato...” tentò invano di dissuadermi, passandosi una mano sugli occhi con fare sprezzante.

Pensi che io sia scemo? O che mi arrenderò così facilmente? Non sei l'unico testardo qui!” Tacqui per qualche secondo e frugai nella mia mente in cerca delle parole giuste. “Davvero ti senti... così?” formulai infine, leggermente a disagio.

Era sempre difficile comunicare con Joe, per certi versi eravamo troppo simili e in alcuni momenti mi pareva di avere a che fare con un me più giovane.

Lui sgranò gli occhi – per un attimo mi ci persi, in quegli enormi pozzi liquidi.

Così come?” borbottò.

Confuso. Come dice la canzone, insomma” spiegai con fare impacciato.

Io non ce la faccio più” sbottò lui in maniera del tutto inaspettata, staccandosi bruscamente da me. “Io mi sento esattamente come recita il testo di Roulette, ho cercato di mandarti un messaggio mentre cantavo quella canzone. Ma dimentica tutto ciò, terrò per me queste...”

No” lo interruppi con voce ferma, incrociando le braccia al petto. “Ora mi dici tutto, dall'inizio alla fine, perché voglio e devo sapere. Cazzo, conosco ogni singolo millimetro del tuo corpo e nemmeno una millesima parte della tua mente, e questa cosa non mi va giù.” Lo inchiodai con lo sguardo, determinato come non mai.

Vuoi sapere tutto? io... ci provo, ma ti avviso che dopo ciò non ci potremo più vedere.”

Il mio cuore prese a fare le capriole nel petto a quelle parole. Cosa stava blaterando? Non avrei mai sopportato l'idea di non vederlo più, ormai era diventato una parte di me.

Inizialmente mi ero imposto di non lasciarmi coinvolgere dal punto di vista sentimentale, ma come avrei potuto rimanere indifferente alla sua dolcezza, alla sua intelligenza, al suo modo spontaneo e genuino di tirarmi su di morale e farmi sorridere? Ormai ero fregato.

Parla” lo incitai, addolcendo un poco il tono della voce.

Okay.” Prese un profondo respiro, ma la sua voce non smise di tremare. “Io non... non so di preciso cosa provo quando sto con te, ma... quello che devi sapere è che non riesco a essere distaccato, per me non è soltanto sesso.” Joe aveva ripreso a piangere e sembrava gli mancasse il fiato. “Ho represso tutto ciò per tanto tempo, perché so che a te non interessa. Ho cercato scuse su scuse anche con me stesso, mi sono... convinto e ho convinto anche te, recitando. Finché oggi non mi sono lasciato andare e ti ho lanciato un messaggio, sperando che mi vedessi e capissi.”

Avevo spalancato occhi e bocca, incredulo, mentre il cuore martellava furiosamente nel petto. “Mi stai dicendo che... che ti sei innamorato di me?”

Non lo so!” ammise in tono esasperato, passandosi una mano tra i capelli scompigliati.

Mi portai una mano sul petto, all'altezza del cuore, poi mi morsi il labbro inferiore. Era arrivato il mio turno di parlare.

Prima, però, non resistetti e mi fiondai addosso a lui, intrappolandogli le labbra in un bacio caldo e lento. Lui rispose immediatamente, affondando le dita tra i miei capelli e tirandoli leggermente. Un brivido mi corse lungo la schiena e d'istinto strinsi Joe ancora più forte.

Fu dura per me separarmi da lui, quel semplice contatto mi aveva infuocato da capo a piedi.

Mentre riprendevo fiato prima di parlare, lui si osservava le mani abbandonate in grembo.

Okay. Joe, guardami e ascoltami.” Gli sollevai il mento affinché mi fissasse negli occhi, poi gli sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. “Ti sei mai domandato di cos'avessi bisogno io? Ti sei mai chiesto se davvero volessi una persona al mio fianco? Chiariamoci: non saremo mai i fidanzatini perfetti, non andremo mai in giro mano nella mano, non ti porterò mai a cena fuori per San Valentino e non ti farò trovare i cornetti caldi al mattino. Niente matrimoni, cene di famiglia e progetti da sogno... perché io sono imperfetto, strano e anche infinitamente stronzo, voglio che tu lo sappia e non ti faccia illusioni. Ma se c'è una cosa su cui non devi mai dubitare è che per me sei... speciale, molto più di un amico di letto, e mi troverai sempre pronto ad accoglierti e ascoltarti quando ne avrai bisogno. Non so come definire tutto ciò, ma... anche se sembro insensibile e senza cuore... beh, a te ci tengo.”

Ero davvero stato io a pronunciare quelle parole?

Joe aveva smesso di piangere e mi scrutava con un'espressione indecifrabile. Rimase in silenzio per diversi secondi, a meditare su cosa avrebbe potuto rispondermi, poi le sue labbra si incresparono in un debole sorriso – finalmente – e piegò la testa di lato. “Mi stai forse dicendo che ti sei innamorato di me?”

Scoppiai a ridere senza un vero motivo, scaricando tutta la tensione che avevo accumulato, e strinsi il mio adorato Joe in un abbraccio. Era magico quel ragazzo.

Non lo so,” sussurrai, “ma qualsiasi cosa sia, voglio che ti faccia stare meglio. Allora?”

Allora cosa?” domandò, con il viso sepolto nell'incavo della mia spalla.

Vuoi continuare a vedermi anche dopo quello che ti ho detto?”

Ma certo!” pigolò, per poi lasciarmi una scia di baci sul collo. “Abbiamo fatto bene a parlarne.”

Serj dice che parlare è sempre la soluzione migliore, ma a volte io e te siamo troppo orgogliosi per farlo, eh?” commentai, poi presi a fargli il solletico nella speranza di vederlo ridere.

Speranza che venne esaudita subito: Joe cominciò a ridacchiare e si divincolò dalla mia stretta. “Dai, smettila, che stronzo! E poi non ti faccio schifo? Sono ancora sudaticcio, dovrei darmi una lavata.”

Risi a mia volta. “Ma non dire cazzate, tu non vai da nessuna parte! Rientriamo, piuttosto, che qui fuori comincia a fare fresco.”

Ci sollevammo a fatica dal gradino, ridacchiando e rischiando di perdere l'equilibrio; recuperai la mia chitarra, rientrai in camera e chiusi con malagrazia la portafinestra.

Joe si guardava intorno spaesato, indeciso sul da farsi, poi posò lo sguardo su di me che nel frattempo sistemavo il mio strumento in un angolo della stanza.

Comunque Roulette l'hai cantata da dio, non avevo mai ricevuto una serenata così particolare” commentai con un sorrisetto e mi scaraventai sul letto.

Una serenata? Mah... se la vuoi interpretare così” borbottò.

Osservai la sua figura ancora in piedi al centro della stanza e, anche se l'oscurità mi impediva di scorgere il suo viso, me lo immaginai con un'espressione corrucciata e pensosa.

Beh, che fai? Rimani in piedi tutta la notte?” lo apostrofai con una punta di ironia.

Ah, scusa, mi ero un attimo perso nei miei pensieri” ammise, per poi sedersi sul bordo del letto.

Non pensare, a volte fa male” gli suggerii. “Vieni, posa la testa sul mio petto.

Joe si stese al mio fianco e rotolò fino a me, allora lo trascinai sopra di me e lui posò l'orecchio all'altezza del mio cuore.

Non era la prima volta che ci scambiavamo effusioni e coccole, ma quella volta tra noi intercorreva una nuova consapevolezza.

Mentre facevo scorrere le dita sulla sua spalla e lungo la schiena, mi accorsi che i suoi muscoli erano ancora tesi e tremavano appena.

Hai freddo? Ti sei tranquillizzato?” gli domandai con premura.

Un po'.”

Pensai a un modo per aiutarlo a rilassarsi, ma in realtà non c'era nulla su cui riflettere: lo tempestai di baci tra i capelli, sul viso, ovunque.

Lui sospirava, finalmente beato e tranquillo, e si aggrappava a me, ricambiando con dedizione quelle attenzioni.

E, mentre inspiravo il dolce profumo dei capelli soffici e dorati di Joe, pensavo che finalmente avevo capito e sapevo come mi sentivo quando stavo con lui.




♥ ♥ ♥ ♥ ♥



Lo so, lo so: ultimamente sto scrivendo solo storie struggenti e malinconiche, ma giuro che è solo un periodo, passerà! Anche perché non è da me, e i miei lettori abituali lo sanno bene!

Che dire? Questa coppia così particolare, la Joeron, mi prende un sacco e la sto shippando da diversi mesi, ma solo ora ho avuto modo di scrivere qualcosa da poter pubblicare qui su EFP. Spero che la cosa non sia risultata troppo strana!

Ringrazio la giudice del contest e i miei adorati lettori, sempre pronti a supportarmi (soprattutto Kim, che in questo caso mi ha COSTRETTO a scrivere una Joeron XD), ammiro e ringrazio chiunque sia giunto fin qui :3

Alla prossima!!! ♥



   
 
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